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TESTO
1. Mia mamma chiede il sale ai vicini
Ho sentito mia mamma chiedere ai vicini il sale. Ma noi avevamo sale in casa. Le ho chiesto perché chiedesse del sale ai vicini.
«Perché i nostri vicini non hanno molti soldi e spesso ci chiedono qualcosa. Ogni tanto anch'io chiedo loro qualcosa di piccolo e non costoso, in modo tale che sentano che anche noi abbiamo bisogno di loro. Così si sentiranno più a loro agio e sarà per loro più semplice continuare a chiederci tutto quello di cui hanno bisogno.»
chiederedarebisognonecessitàsolidarietàamare
inviato da Qumran2, inserito il 11/02/2022
TESTO
2. La pace è finita, andate a Messa 1
Tonino Bello, Affliggere i consolati
Il frutto dell'eucaristia dovrebbe essere la condivisione dei beni. I nostri comportamenti invece sono l'inversione di questa logica. Le nostre messe dovrebbero smascherare i nuovi volti dell'idolatria. Le nostre messe dovrebbero metterci in crisi ogni volta. Per cui per evitare le crisi bisognerebbe ridurle il più possibile. Non fosse altro che per questo. Dovrebbero smascherare le nostre ipocrisie e le ipocrisie del mondo. Dovrebbero far posto all'audacia evangelica. Non dovrebbero servire agli oppressori.
Bonhoeffer diceva che non può cantare il canto gregoriano colui che sa che un fratello ebreo viene ammazzato. Non si può cantare il canto gregoriano quando si sa che il mondo va così.
Tante volte anche noi, presi da una fede flaccida, svenevole, abbiamo fatto dell'eucaristia un momento di compiacimenti estenuanti, che hanno snervato proprio la forza d'urto dell'eucaristia e ci hanno impedito di udire il grido dei Lazzari che stanno fuori la porta del nostro banchetto.
Se dall'eucaristia non parte una forza prorompente che cambia il mondo, che dà la voglia dell'inedito, allora sono eucaristie che non dicono niente.
Se dall'eucaristia non si scatena una forza prorompente che cambia il mondo, capace di dare a noi credenti l'audacia dello Spirito Santo, la voglia di scoprire l'inedito che c'è ancora nella nostra realtà umana, è inutile celebrare l'eucaristia. Questo è l'inedito nostro: la piazza. Lì ci dovrebbe sbattere il Signore, con una audacia nuova, con un coraggio nuovo. Ci dovrebbe portare là dove la gente soffre oggi. La Messa ci dovrebbe scaraventare fuori.
Anziché dire la messa è finita, andate in pace, dovremmo poter dire la pace è finita, andate a messa. Ché se vai a Messa finisce la tua pace.
eucaristiamessasolidarietàcambiamento
inviato da Eleonora Polo, inserito il 27/06/2019
TESTO
Don Alessandro Pronzato, Pane per la Domenica, Gribaudi 1983
Infinite volte sfioriamo il Cristo e non ce ne accorgiamo. Non lo riconosciamo. Ha il torto di avere un volto “troppo noto”. Il volto del pezzente, del bambino, del collega, della cuoca, del disoccupato, del marito, della sposa, delle donna delle pulizie, del forestiero, del malato, dell'individuo male in arnese, del carcerato. Noi, che conosciamo sin troppo bene quei volti, non sappiamo riconoscerlo. E lui continua ad essere in esilio. A casa Sua.
cristopovertàamorecaritàsolidarietàultimi
inserito il 06/07/2018
TESTO
4. Auguri di Natale non in serie
Carissimi,
formulare gli auguri di Natale dovrebbe essere la cosa più semplice di questo mondo. Invece, quest'anno sto provando tanta difficoltà. Ho scritto e riscritto cento volte l'attacco di questa lettera, ma mi è parso di dire sempre delle cose estremamente banali. Come sono banali certi presepi bell'e confezionati che si acquistano ai grandi magazzini. Saranno anche attraenti con i loro svolazzi di angeli e con i loro muschi di plastica. Ma sono freddi. Perché fatti in serie.
Ecco: è proprio la «serialità» che mi mette in crisi. Ho l'impressione, cioè, di esporre anch'io la mia merce preconfezionata, e poi lasciare che ognuno si serva da solo, come nei self-service di certi ristoranti.
È qui lo sbaglio: nella pretesa di voler trovare delle formule standard, buone per tutti. Invece, a Natale, non si possono porgere auguri indistinti.
Dire buon Natale a te, Ignazio, che vivi immobilizzato da anni, dopo quel terribile incidente stradale che ti ha ridotto a un rudere, è molto diverso che dire Buon Natale a te, Franco, che hai fatto spese pazze per rinnovarti l'attrezzatura sciistica, e il 25 dicembre lo passerai in montagna, dove hai già prenotato l'albergo per la settimana bianca. Tu, Ignazio, la stella cometa del presepe non la vedi neanche, perché non puoi muovere la testa dal guanciale. E, allora, devo descrivertela io, e dirti che essa fa luce anche per te, e assicurarti che Gesù è venuto a dare senso alla tua tragedia e che, nella Notte Santa, anzi, ogni notte della tua vita, egli trasloca dalla mangiatoia per venirti accanto e farsi scaldare da te. Tu, Franco, la stella cometa non la vedi perché non hai tempo per pensare a queste cose, e in testa hai ben altre stelle. E, allora, devo provocartene io la nostalgia, e dirti che le lampade dei ritrovi mondani dove consumi le tue notti e i tuoi soldi, non fanno luce sufficiente a dar senso alla tua vita.
Dire buon Natale a te, Katia, che il 26 andrai all'altare con Cosimo, è molto diverso che dire buon Natale a Rosaria, che il mese scorso ha firmato la separazione consensuale, dopo che Gigi se n'è andato con un'altra. Perché a te, Katia, basterà l'invito a vedere nel presepe la celebrazione nuziale suprema di Dio che prende in sposa l'umanità, e già ti sentirai coinvolta nel mistero dell'incarnazione. A te, Rosaria, invece, che per la prima volta le feste le passerai sola in casa, e che non hai voglia neppure di andare a pranzo dai tuoi, occorrerà tutta la mia discrezione per farti capire che non è molto dissimile il ripudio subito da Gesù nella notte santa. Buon Natale, Rosaria. E buon Natale anche a Gigi, perché, scorgendo nel bambino del presepe il mistero della fedeltà di Dio, torni presto a casa.
Dire buon Natale a te, carissimo Nicola, che mi sei tanto vicino con la tua amicizia ma anche tanto lontano con l'ateismo che professi, è molto diverso che dire buon Natale a te, don Donato, che le parole di santità, tu sei bravo a dirmele più di quanto io non sappia fare con te. Perché tu, don Donato, hai un cuore che trabocca di tenerezza, e quando parli del Verbo che scende sulla terra e diventa l'Emmanuele, cioè il Dio con noi, si vede che ci credi a quello che dici, e daresti la vita perché anche gli altri ponessero lo sguardo su quel pozzo di luce che rischia di accecare i tuoi occhi. Mentre tu, Nicola, davanti al presepe resti impassibile, e il bue e l'asino ti fanno sorridere, e l'incanto di quella notte ti sembra una fuga dalla realtà, e rassomigli tanto a qualcuno di quei pastori (qualcuno ci deve essere pur stato!) che, all'apparizione degli angeli, non si è neppure scomposto ed è rimasto a scaldarsi davanti al fuoco del suo scetticismo. Non voglio forzare la tua coscienza: ma sei proprio sicuro che, quel bambino non abbia nulla da dirti, e che questo mistero (che tu vorresti confinare tra le favole) di Dio fatto uomo per amore, sia completamente estraneo al tuo bisogno di felicità? Auguri, comunque, perché la tua irreprensibile onestà umana trovi nella culla di Betlemme la sua sorgente e il suo estuario.
Dire buon Natale a te, Corrado, che vivi nella casa di riposo, e la sera ti lasci cullare dalle nenie pastorali, e te ne vai sulle ali della fantasia ai tempi di quando eri bambino, e la tua anima brulica di ricordi più di quanto i tratturi del presepe non brulichino di percorelle, e pensi che questo sarà forse il tuo ultimo Natale, e ti raffiguri già il momento in cui Gesù lo contemplerai faccia a faccia con i tuoi occhi... è molto diverso che fare gli auguri a te, Antonietta, che hai vent'anni e tutti dicono che non sei più quella di una volta, e l'altro giorno mi hai confidato che non fai più parte del coro e che forse quest'anno non ti confesserai neppure. Buon Natale, Antonietta. Pregherò perché tu possa trovare cinque minuti per piangere da sola davanti alla culla, e in quel pianto tu possa sperimentare le stesse emozioni di quando la semplice carta stagnola del presepe ti faceva trasalire di felicità.
Un conto è dire buon Natale a te, Gianni, che stai in ospedale e oggi anche i medici se ne sono andati e tu non vedi l'ora che arrivi il momento delle visite per poter parlare con qualcuno, e un conto è dire buon Natale a te, Piero, che in carcere nessuno verrà a trovare dopo che ne hai combinate di tutti i colori perfino a tuo padre e a tua madre. Auguri a tutti e due, comunque, e ai vostri compagni di corsia o di cella: Gesù Cristo vi restituisca la salute del corpo e quella dello spirito.
Buon Natale a te, Carmela, che sei rimasta vedova. A te, Marina, che sei felice perché le cose vanno bene. A te, Michele, che ti disperi perché le cose vanno male. A te, Mussif, e a tutti i profughi albanesi che vivono insieme nella casa di accoglienza. A te, Sahid, che guardi alla televisioni gli spettacoli dell'Unicef sui bambini irakeni e slavi decimati dalla fame, e, per un'associazione di immagini non certo molto strana, pensi ai tuoi figli che hai lasciato in Tunisia.
Dopo che l'ho poggiata sull'altare, profumata d'incenso e grondante ancora di benedizioni divine, voglio dare la mano a tutti, sicuro che nessuno tirerà indietro la sua.
Perché a Natale, felice o triste che sia, fedele o miscredente, miserabile o miliardario, ognuno avverte, chi sa per quale mistero, che di quel bambino «avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia», una volta che l'ha conosciuto, non può più fare a meno.
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inserito il 19/02/2018
TESTO
5. Ciò che dobbiamo al nostro prossimo 1
Beato Tommaso Maria Fusco, Dagli scritti di don Tommaso M. Fusco
Quattro cose noi dobbiamo al nostro prossimo:
sopportarlo nei difetti,
aiutarlo nei bisogni,
consolarlo nelle sue pene,
edificarlo con i nostri buoni esempi e con la nostra condotta.
inviato da Antonietta Pignata, inserito il 15/04/2017
TESTO
6. Misericordia, legge che abita nel cuore di chi guarda con occhi sinceri
Papa Francesco, Misericordiae Vultus, Bolla d'indizione del Giubileo della Misericordia
Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Non cadiamo nell'indifferenza che umilia, nell'abitudinarietà che anestetizza l'animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell'amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l'ipocrisia e l'egoismo.
È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.
misericordiabontàopere di misericordiavicinanzasolidarietà
inviato da Qumran, inserito il 25/08/2016
TESTO
7. Seguire Gesù irresistibile e compassionevole
Giovanni Paolo II, Omelia, 7 maggio 1990, Città del Messico
Quale meravigliosa "seduzione" emanava la persona di Gesù, che trascinava dietro di sé folle che dimenticavano persino di mangiare per essere accanto a lui ed ascoltare la sua parola!
Quale desiderio irresistibile di avvicinarsi alla fonte della Vita per soddisfare le ansie più profonde del cuore umano!
Che sensibilità ed umanità quelle di Gesù, al quale la predicazione del Regno di Dio non fa dimenticare il bisogno del sostentamento giornaliero di coloro che lo seguono!
buon pastorecompassionepredicazioneattenzione all'altrofamecaritàsolidarietà
inviato da Qumran2, inserito il 03/02/2016
TESTO
8. Occhi per il cieco e piedi per lo zoppo 1
Papa Francesco, Messaggio per la 23a Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2015)
«Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (Libro di Giobbe 29,15).
Nel discorso di Giobbe che contiene le parole «io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo», si evidenzia la dimensione di servizio ai bisognosi da parte di quest'uomo giusto, che gode di una certa autorità e ha un posto di riguardo tra gli anziani della città. La sua statura morale si manifesta nel servizio al povero che chiede aiuto, come pure nel prendersi cura dell'orfano e della vedova (vv.12-13).
Quanti cristiani anche oggi testimoniano, non con le parole, ma con la loro vita radicata in una fede genuina, di essere "occhi per il cieco" e "piedi per lo zoppo"! Persone che stanno vicino ai malati che hanno bisogno di un'assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi. Questo servizio, specialmente quando si prolunga nel tempo, può diventare faticoso e pesante. È relativamente facile servire per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per mesi o addirittura per anni, anche quando essa non è più in grado di ringraziare. E tuttavia, che grande cammino di santificazione è questo! In quei momenti si può contare in modo particolare sulla vicinanza del Signore, e si è anche di speciale sostegno alla missione della Chiesa.
malatoassistenzasolidarietàcaritàamoregratuità
inviato da Qumran2, inserito il 16/06/2015
TESTO
Quanto dai al bisognoso, è un guadagno anche per te stesso.
Quanto riduce il tuo capitale, accresce in realtà il tuo profitto.
Il pane che dai ai poveri, è esso ad alimentarti.
Perché chi prova compassione per il bisognoso, coltiva se stesso con i frutti della propria umanità.
generositàamoreelemosinacaritàcondivisionepoverisolidarietà
inviato da Qumran2, inserito il 09/06/2015
TESTO
10. La più importante domanda della vita
Ogni uomo deve decidere se camminerà nella luce dell'altruismo creativo o nel buio dell'egoismo distruttivo. Questa è la decisione. La più insistente e urgente domanda della vita è: "Che cosa fate voi per gli altri?".
inserito il 28/05/2015
TESTO
11. C'ero anch'io alla tua festa
C'ero anch'io alla tua festa, tra re, principi, cardinali ed autorità, tutti vestiti a festa.
Si festeggiava e si proclamava con inni, canti e preghiere alla tua gloria, invocando la tua venuta.
Ti cercavo, ma non ti vedevo... "Dove sarai?", mi domandavo.
Vedevo lui, vecchio e stanco, arrancare e ansimare sotto il peso dei suoi anni e lì ti immaginavo, nella figura del Santo Padre.
C'ero anch'io alla tua festa e lì in alto nel cielo lassù ti figuravo.
Poi quando la festa è terminata e tutto è scemato, quando tutto il clamore si è affievolito, allora sei arrivato... Ti sei manifestato!
Noi banchettavamo sorridenti e beati, mentre tu curvo, arrancavi appoggiato ad un bastone, senza scarpe e senza calze, curvo sotto il peso della croce, della mia croce.
Eri lì in mezzo a noi e non ti ho riconosciuto, scalzo e infreddolito ed io non ti ho vestito.
Stavi lì con la mano spianata ed io nulla ti ho dato!
Ti sei seduto ai margini della strada, guardavi speranzoso e sorridente, ma la mia indifferenza ha spento il tuo sorriso.
Che desolazione Padre, quanti proclami ha detto la mia lingua, quante parole versate nel tuo nome, oggi il vento le ha portate via...
C'ero anch'io alla tua festa, ti aspettavo e ti cercavo, ai margini confinato... Tu mi aspettavi....
Che desolazione Padre!
presenza di Diopovertàcaritàamoresolidarietàindifferenza
inviato da Luigi Argano, inserito il 17/09/2014
TESTO
12. Vuoi onorare il corpo di Cristo? (versione breve) 4
San Giovanni Crisostomo, Omelie
Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri. Non onorare Cristo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre. Colui che ha detto: "Questo è il mio Corpo", ha detto anche: "Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare".
caritàamoresolidarietàgiustiziaricchezzapovertàcultoeucaristia
inviato da Qumran2, inserito il 07/10/2013
TESTO
Luigi Pintor, Servabo ed. Bollati Boringhieri
In tutta la vita non c'è cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi.
solidarietàcaritàumiltàservizio
inviato da Qumran2, inserito il 20/09/2013
TESTO
Dio accoglie anche i doni che fate alla Chiesa, ma gradisce assai di più quelli che fate ai poveri.
poveripovertàchiesadonodonarerapporto con Diocaritàamoresolidarietà
inviato da Marcellino Pane, inserito il 18/03/2013
TESTO
Niente può renderti imitatore di Cristo, come il prenderti cura del prossimo. Anche se tu digiunassi e dormissi per terra, ma poi non ti prendi cura del prossimo, tu non hai fatto niente di grande e resti lontano dal Modello.
amorecaritàsolidarietàprossimoimitazione di Cristodigiunosacrifici
inviato da Qumran2, inserito il 04/01/2013
TESTO
16. Le debolezze del prossimo 5
San Francesco d'Assisi, Ammonizioni, XVIII, 167
Beato l'uomo che sostiene il suo prossimo nelle sue debolezze come vorrebbe essere sostenuto dal medesimo, se fosse in caso simile.
compassionesolidarietàamorefraternitàcaritàmisericordiamagnanimità
inviato da Qumran2, inserito il 04/10/2012
TESTO
17. Quando chiedere "come stai" 3
Io penso che sarebbe molto più educato chiedere: "come stai", solo quando si è veramente interessati alla risposta, solo quando si sa di avere un po' di tempo a disposizione per ascoltare l'altra persona.
attenzioneamoresolidarietàascoltointeresse
inserito il 23/09/2012
TESTO
18. Essere fedeli al proprio servizio 2
Un sacerdote pone alcune domande a una famosa benefattrice, poco prima della sua morte. "Non pensa che ciò che lei ha fatto è una goccia d'acqua in mezzo ad un'immensità di bisogni?". Risposta: "La sola cosa importante è la fedeltà personale".
Bella lezione! E' ben vero che non possiamo prendere su di noi tutti i problemi del mondo. Ma ciò che Dio richiede da ciascuno di noi è la fedeltà, è una marcia coerente con la nostra fede; è rispondere al bisogno che è posto davanti a noi.
Non dobbiamo forse riconoscere che troviamo spesso dei pretesti per non fare ciò che è posto davanti a noi? Ci stimiamo sovraccarichi di doveri che riteniamo imperativi, sollecitati da tante urgenze che potrebbero attendere, preoccupati da tanti pensieri talvolta ingiustificati.
Molto spesso, simili al sacerdote o al levita della parabola del buon Samaritano (Lc 10,25-37) vediamo il nostro prossimo nelle difficoltà, ma "passiamo oltre" poiché questa è la soluzione più facile.
Bisogna forse ricordare che il buon Samaritano - bella immagine del Signore Gesù Cristo - ha visto il ferito, si è fermato, si è avvicinato, si è chinato su di lui, l'ha curato e lo ha portato in un luogo sicuro?
Tra i nostri vicini, forse il vicino di casa, o nella nostra Chiesa, esistono certamente delle anime ferite dalla vita moderna, che giacciono (moralmente) sul ciglio della strada, incapaci di rialzarsi. Che cosa facciamo per loro?
buon samaritanofedeltàimportanza del singoloimportanza delle piccole coseindifferenzasolidarietà
inviato da Maria Maistrini, inserito il 23/09/2012
TESTO
Ernesto Olivero, Per una chiesa scalza, pag. 93
Sono convinto che dobbiamo smetterla di parlare al mondo. E' il mondo che deve parlare di noi se ci amiamo, se ci stimiamo, se ci vogliamo bene, se non ci feriamo a vicenda, se cominciamo a farci gli affari degli altri, se il carcerato, l'ammalato, l'affamato trova in noi un volto amico. Se abbiamo il coraggio di dare un nome e un cognome al peccato che nasce da dentro.
testimonianzacaritàsolidarietà
inviato da Flavio Baldi, inserito il 20/09/2012
TESTO
Mahmoud Darwish, Kazahri al-Lawzi aw Ab'ad (come il fiore di mandorlo o più lontano)
Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell'acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti, pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.
caritàamorealtruismosolidarietàingiustiziagiustiziaaltripacepovertàricchezza
inviato da Letizia Mariotti, inserito il 12/08/2012