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24 novembre 2024
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) - CRISTO RE
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RACCONTO
C'era una volta un uomo che acquistò una casa e impegnò tutto il suo tempo e le sue energie per farla diventare una reggia. Si alzava al mattino presto e subito a lavoro per realizzare la sua reggia.
Passarono gli anni, la casa cambiò d'aspetto, ma questo non gli bastava, la voleva ancora più bella, così continuò con modifiche e ritocchi, tanto che la gente del suo paese diceva: «Ma come è cambiata questa casa» e questo rallegrava il proprietario.
Questo signore aveva a cuore solo il suo progetto tanto che i compaesani bussarono alla sua casa per dirgli: «Il parroco vorrebbe vederti domenica in parrocchia». Ma lui non volle smuoversi dalla sua casa: «Ho da fare, devo finire qui, non mi scocciate». Altre persone gli fecero lo stesso annuncio ed ebbero la stessa risposta. Un giorno andò anche il parroco del paese a parlargli ed ebbe la stessa risposta.
L'uomo terminò la sua villa e un giorno anche la morte bussò alla sua porta: «Stavolta devi venire per forza». E comparve alla presenza dell'Altissimo però non trovò posto dove sedersi e si domandò: «Mi scusi, non trovo un posto per sedermi». E il Signore rispose: «Ti ho mandato tante persone per farti venire ad occupare il tuo posto e tu non sei mai venuto. Ora se vuoi sederti devi usare per forza questa». E gli mostrò la prima pietra che usò per erigere la sua villa. Era una pietra piccola e scomoda e non dava possibilità di sedersi bene.
L'uomo si lamentava e chiese se si poteva avere un'altra sedia. Il Signore gli disse: «Questa è la sedia che ti sei portato, hai fatto tutto tu, io non c'entro nulla».
giudiziomortevitasenso della vitaegoismoparadisoaperturachiusuraindifferenza
inviato da Stefano Molisso, inserito il 02/12/2017
ESPERIENZA
2. Vorrei morire al suo posto 2
Le ore passano lente come secoli sotto un sole di piena estate che di ora, in ora si fa più spietato per quegli uomini distrutti dalla fame, dalla sete e dalla fatica. Qualcuno comincia a stramazzare al suolo svenuto. Se non si rianima sotto il grandinare delle percosse, è trascinato via, per i piedi e gettato in un angolo del "piazzale".
Testa di mastino, alle 18, si pianta, a gambe divaricate, davanti alle sue vittime, sul campo un silenzio di tomba.
"L'evaso non è stato ritrovato dieci di voi moriranno nel bunker della fame. La prossima volta toccherà a venti."
Lentamente il capo inizia la sua scelta fissando nello sguardo, uno ad uno i prigionieri e di ciascuno assaporando il terrore.
"Questo qui", Testa di mastino puntava a caso il suo indice sul numero cucito sulla giacca del prigioniero. Il drappello dei martiri è completo.
"Arrivederci amici, ci rivedremo lassù, dove c'è vera giustizia", "viva la Polonia! E' per essa che io do la mia vita".
Francesco G. n° 5659, piange disperato ricordando la moglie e i figli. Tra le file dei risparmiati lo sbigottimento lascia il posto ad un senso di sollievo, alla gioia: vivere ancora, sfuggendo alla morte atroce del bunker della fame. Un uomo esce dalle fila - numero 16.670 - e con passo deciso si presenta a Testa di Mastino.
"Cosa vuole da me questo sporco polacco?"
"Vorrei morire al posto di uno di quelli"
"Perché?"
"Sono vecchio, ormai (aveva 47 anni!) e buono a nulla - La mia vita non può più servire gran che."
"E per chi vuoi morire?"
"Per lui, ha moglie e bambini"
"Ma tu chi sei?"
"Un prete cattolico" P. Massimiliano Kolbe - n° 16.670
Era Massimiliano Maria Kolbe, morto ad Auschwitz il 14 agosto 1941 e proclamato santo nel 1982 da papa Giovanni Paolo II.
sacrificiomartiriotestimonianzaofferta della vitaamoredonogiornata della memoriashoahcampi di concentramentoolocausto
inviato da Qumran, inserito il 11/08/2014
PREGHIERA
3. Al posto di quel che mi manca 1
Jean Marie Villot, Paris 1988, Collectif, Ecoute, Seigneur, Ma prière, pp. 463-64.
Dio mio, vieni a rimpiazzare in me tutto quel che mi viene a mancare a poco a poco, man mano che invecchio.
Le mie forze, rimpiazzale con un di più di amore, con un modo più semplice, più delicato di donare me stesso.
Il mio slancio, il mio brio, rimpiazzalo con il tuo sorridere; aiutami, non solo a sopportare e a comprendere gli altri, ma a interessarmi ai loro progetti.
La mia memoria, fa' che mi permetta di ricordare ciò che vi è di migliore, ciò che vi è di più bello nella mia vita, per condividerlo con gli altri.
La mia intelligenza, fa' che accetti con umiltà di sapersi meno attiva, meno brillante, meno rapida, ma che si applichi sempre di più a cercare te, e a far penetrare in me le promesse di eternità che tu fai a tutti quelli che ti cercano.
Signore mio Dio, fa' che sia sempre più capace di distaccarmi, di dimenticarmi, di donarmi. Con te e per te. Amen.
anzianivecchiaiasaggezzadebolezza
inviato da Qumran2, inserito il 09/04/2012
RACCONTO
4. Non c'è posto nella locanda... ma se vogliamo, possiamo cambiare la storia 6
Guido Purlini aveva 12 anni e frequentava la prima media. Era già stato bocciato due volte. Era un ragazzo grande e goffo, lento di riflessi e di comprendonio, ma benvoluto dai compagni. Sempre servizievole, volenteroso e sorridente, era diventato il protettore naturale dei bambini più piccoli.
L'avvenimento più importante della scuola, ogni anno, era la recita natalizia. A Guido sarebbe piaciuto fare il pastore con il flauto, ma la signorina Lombardi gli diede una parte più impegnativa, quella del locandiere, perché comportava poche battute e il fisico di Guido avrebbe dato più forza al suo rifiuto di accogliere Giuseppe e Maria.
La sera della rappresentazione c'era un folto pubblico di genitori e parenti. Nessuno viveva la magia della santa notte più intensamente di Guido Purlini. E venne il momento dell'entrata in scena di Giuseppe, che avanzò piano verso la porta della locanda sorreggendo teneramente Maria. Giuseppe bussò forte alla porta di legno inserita nello scenario dipinto. Guido il locandiere era là, in attesa.
"Che cosa volete?" chiese Guido, aprendo bruscamente la porta.
"Cerchiamo un alloggio".
"Cercatelo altrove. La locanda è al completo". La recitazione di Guido era forse un po' statica, ma il suo tono era molto deciso.
"Signore, abbiamo chiesto ovunque invano. Viaggiamo da molto tempo e siamo stanchi morti".
"Non c'è posto per voi in questa locanda", replicò Guido con faccia burbera.
"La prego, buon locandiere, mia moglie Maria, qui, aspetta un bambino e ha bisogno di un luogo per riposare. Sono certo che riuscirete a trovarle un angolino. Non ne può più".
A questo punto, per la prima volta, il locandiere parve addolcirsi e guardò verso Maria. Seguì una lunga pausa, lunga abbastanza da far serpeggiare un filo d'imbarazzo tra il pubblico.
"No! Andate via!", sussurrò il suggeritore da dietro le quinte.
"No!", ripeté Guido automaticamente. "Andate via!".
Rattristato, Giuseppe strinse a sé Maria, che gli appoggiò sconsolatamente la testa sulla spalla, e cominciò ad allontanarsi con lei. Invece di richiudere la porta, però, Guido il locandiere rimase sulla soglia con lo sguardo fisso sulla miseranda coppia. Aveva la bocca aperta, la fronte solcata da rughe di preoccupazione, e i suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime. Tutto ad un tratto, quella recita divenne differente da tutte le altre.
"Non andar via, Giuseppe", gridò Guido. "Riporta qui Maria". E, con il volto illuminato da un grande sorriso, aggiunse: "Potete prendere la mia stanza".
Secondo alcuni, quel rimbambito di Guido Purlini aveva mandato a pallino la rappresentazione. Ma per gli altri, per la maggior parte, fu la più natalizia di tutte le rappresentazioni natalizie che avessero mai visto.
inviato da Marcello Rosa, inserito il 08/07/2011
PREGHIERA
Quale sarà il mio posto nella casa di Dio? Lo so, non mi farai fare brutta figura, non mi farai sentire creatura che non serve a niente, perché tu sei fatto così: quando serve una pietra per la tua costruzione, prendi il primo ciottolo che incontri, lo guardi con infinita tenerezza e lo rendi quella pietra di cui hai bisogno: ora splendente come un diamante, ora opaca e ferma come una roccia, ma sempre adatta al tuo scopo.
Cosa farai di questo ciottolo che sono io, di questo piccolo sasso che tu hai creato e che lavori ogni giorno con la potenza della tua pazienza, con la forza invincibile del tuo amore trasfigurante?
Tu fai cose inaspettate, gloriose. Getti là le cianfrusaglie e ti metti a cesellare la mia vita. Se mi metti sotto un pavimento che nessuno vede ma che sostiene lo splendore dello zaffiro o in cima a una cupola che tutti guardano e ne restano abbagliati, ha poca importanza. Importante è trovarmi là dove tu mi metti, senza ritardi.
E io, per quanto pietra, sento di avere una voce: voglio gridarti, o Dio, la mia felicità di trovarmi nelle tue mani malleabile, per renderti servizio, per essere tempio della tua gloria.
progetto di Dioabbandono in Dioobbedienzaaccettazionevolontà di Dioumiltàvocazionechiamata
inviato da Eleonora Polo, inserito il 28/11/2002
RACCONTO
Bruno Ferrero, C'è qualcuno lassù
Il vecchio eremita Sebastiano pregava di solito in un piccolo santuario isolato su una collina. In esso si venerava un crocifisso che aveva ricevuto il significativo titolo di «Cristo delle grazie». Arrivava gente da tutto il paese per impetrare grazie e aiuto.
Il vecchio Sebastiano decise un giorno di chiedere anche lui una grazia e, inginocchiato davanti all'immagine, pregò: «Signore, voglio soffrire con te. Lasciami prendere il tuo posto. Voglio stare io sulla croce».
Rimase silenzioso con gli occhi fissi alla croce, aspettando una risposta.
Improvvisamente il Crocifisso mosse le labbra e gli disse: «Amico mio, accetto il tuo desiderio, ma ad una condizione: qualunque cosa succeda, qualunque cosa tu veda, devi stare sempre in silenzio».
«Te lo prometto, Signore».
Avvenne lo scambio.
Nessuno dei fedeli si rese conto che ora c'era Sebastiano inchiodato alla croce, mentre il Signore aveva preso il posto dell'eremita. I devoti continuavano a sfilare, invocando grazie, e Sebastiano, fedele alla promessa, taceva. Finché un giorno...
Arrivò un riccone e, dopo aver pregato, dimenticò sul gradino la sua borsa piena di monete d'oro. Sebastiano vide, ma conservò il silenzio. Non parlò neppure un'ora dopo, quando arrivò un povero che, incredulo per tanta fortuna, prese la borsa e se ne andò. Né aprì bocca quando davanti a lui si inginocchiò un giovane che chiedeva la sua protezione prima di intraprendere un lungo viaggio per mare. Ma non riuscì a resistere quando vide tornare di corsa l'uomo ricco che, credendo che fosse stato il giovane a derubarlo della borsa di monete d'oro, gridava a gran voce per chiamare le guardie e farlo arrestare.
Si udì allora un grido: «Fermi!».
Stupiti, tutti guardarono in alto e videro che era stato il crocifisso a gridare. Sebastiano spiegò come erano andate le cose. Il ricco corse allora a cercare il povero. Il giovane se ne andò in gran fretta per non perdere il suo viaggio. Quando nel santuario non rimase più nessuno, Cristo si rivolse a Sebastiano e lo rimproverò.
«Scendi dalla croce. Non sei degno di occupare il mio posto. Non hai saputo stare zitto».
«Ma, Signore» protestò, confuso, Sebastiano. «Dovevo permettere quell'ingiustizia?».
«Tu non sai» rispose il Signore, «che al ricco conveniva perdere la borsa, perché con quel denaro stava per commettere un'ingiustizia. Il povero, al contrario, aveva un gran bisogno di quel denaro. Quanto al ragazzo, se fosse stato trattenuto dalle guardie avrebbe perso l'imbarco e si sarebbe salvato la vita, perché in questo momento la sua nave sta colando a picco in alto mare».
Lo scrittore Piero Chiara, poco religioso, era molto amico dello scultore Francesco Messina, che era invece profondamente credente.
Quando Chiara era prossimo alla morte, Messina si recò al suo capezzale e, prendendogli la mano, gli chiese: «Dimmi, Piero, come stai a fede?».
Chiara lo fissò con gli occhi dolenti e rispose: «lo mi fido di te».
Sono le parole più belle che possiamo dire ad un amico: «lo mi fido di te».
È la preghiera più bella che possiamo rivolgere a Dio: «lo mi fido di Te».
provvidenzafiduciafedeabbandonovolontà di Dioprogetto di Dio
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 14/06/2002
TESTO
Lo scrittore René Bazin racconta di essere entrato una domenica in chiesa. Il sacerdote stava commentando la Parola di Dio a dei fanciulli: era il racconto della passione e c'era una grande commozione nel cuore di tutti. Chiese: «Se noi fossimo stati al posto di Giuda, vedendo Gesù morire con tanto amore, che avremmo fatto?»
Il più piccolo dei presenti chiese di parlare e con dolce fermezza rispose: «Io, se fossi stato al posto di Giuda, anziché disperarmi, sarei corso da Gesù, gli avrei gettato le braccia al collo e gli avrei gridato: Gesù, perdonami!»
perdono di Diomisericordia di Diopentimentoconversionecambiamento
inviato da Stefania Raspo, inserito il 07/05/2002