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TESTO

1. Avvento: attesa e vigilanza

John Powell

Il Signore ci chiede di essere vigilanti e pronti perché non possiamo conoscere in anticipo l'ora di Dio, l'ora in cui Dio viene a visitarci con un intervento speciale. Sono ormai abbastanza anziano e saggio da pensare che non posso forzare quest'ora di Dio.

Dio verrà da me e da te, a modo suo e quando vorrà. A volte siamo tentati di comportarci come coloro che addestrano gli animali con i cerchi. Chiediamo a Dio di venire e di saltare attraverso i nostri cerchi proprio come vogliamo noi! Ma, alla fine, scopriamo che Dio non è un animale ammaestrato. Dio sceglie i suoi momenti e suoi mezzi. La nostra parte è solo di essere pronti per questi momenti speciali. A volte, l'ora di Dio sembra giungere proprio nel momento in cui non ce la facciamo più. Ad ogni modo, la nostra fiducia in Dio ci dice che Dio verrà, al momento migliore e nel modo migliore. Io devo permettere a te di essere te stesso, e tu devi permettere a me di essere me stesso.

E noi dobbiamo permettere a Dio di essere Dio.

avventoattesavigilanzarapporto con Diopreghiera

inviato da Francesco De Luca, inserito il 29/12/2018

TESTO

2. Cosa aspetti a diventare un capolavoro?   3

Abramo era vecchio;
Giacobbe era uno sbruffone;
Lia era brutta;
Mosé era un balbuziente;
Gedeone era povero in canna;
Sansone era un donnaiolo credulone;
Raab era una prostituta;
Davide era un farabutto traditore;
Elia aveva tendenze suicide;
Geremia era depresso;
Giona era intollerante e razzista;
Rut era una povera vedova;
Giovanni Battista era stravagante;
Pietro era impulsivo e vigliacco;
Marta era apprensiva;
La Samaritana aveva fallito cinque matrimoni;
Zaccheo era avido e disonesto;
Tommaso non credeva a niente;
Paolo era un fondamentalista anticristiano;
Timoteo era timido e insicuro;
Tu sei... tu.

Ma Dio che si è servito di tutte persone "poco di buono" per il suo Regno,
farà anche di te un capolavoro, se la smetti di cercare scuse...

vitapotenzialitàfiduciafiducia in Dioautostimapovertàinterioritàforzaprogetto di Dio

5.0/5 (3 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 31/05/2018

TESTO

3. Il vero significato dell'Avvento   1

Goffredo Boselli

Per John Henry Newman il nome del cristiano è “colui che attende il Signore”. Invece dobbiamo riconoscerlo: da secoli, in occidente, l'attesa della venuta del Signore è una dimensione perlopiù assente nella vita di fede dei cristiani. Era il rammarico di Ignazio Silone che scriveva: "Mi sono stancato di cristiani che aspettano la venuta del loro Signore con la stessa indifferenza con cui si aspetta l'arrivo dell'autobus".

Rivelatore di questa realtà è il modo abituale di comprendere e vivere l'Avvento. Io sono persuaso che l'Avvento è il tempo liturgico oggi meno compreso nel suo valore e nel suo significato. Lo si è ridotto a tempo di preparazione alla festa del Natale. Che tristezza! Non si comprende che l'Avvento è la chiave di tutto l'anno liturgico: l'escatologia è la verità dimenticata dell'intero anno liturgico.

L'Avvento è la chiave per comprendere la celebrazione delle feste della manifestazione del Signore nella carne: i fatti che hanno immediatamente preceduto la nascita di Gesù Cristo, la sua nascita a Betlemme, la manifestazione ai Magi, il battesimo nel Giordano fino alle nozze di Cana. Capiti nella loro intelligenza spirituale, i testi liturgici dell'Avvento esprimo non l'attesa di una nascita già avvenuta nella storia una volta per tutte, quanto piuttosto l'attesa della definitiva venuta di Cristo nella gloria.

Domandiamoci: ma com'è possibile che la liturgia cristiana, che è sempre memoriale della morte e risurrezione di Cristo finché egli venga, faccia di noi cristiani gente per la quale il Signore non è ancora nato e dobbiamo attendere la sua nascita? Se la liturgia dell'Avvento ci costringesse a immedesimarci in coloro che duemila anni fa attesero la nascita di Gesù, la liturgia sarebbe nient'altro che l'artefice di un complesso sociodramma, ossia di una rievocazione ritualizzata degli eventi fondatori del cristianesimo. La nascita non la si attende ma la si commemora (commemoratio nativitatis Domini nostri Jesu Christi), ciò che si attende è invece la parusia che è il compimento del mistero Pasquale.

Il modo di vivere l'Avvento è il simbolo della diffusa perdita della dimensione escatologica che è uno dei tratti distintivi del cristianesimo moderno e contemporaneo occidentale. La progressiva spiritualizzazione dell'escatologia ha portato l'esistenza cristiana a soffrire di un male grave: l'amnesia della parusia. Osservando come la malattia del nostro tempo sia la volontà di dimenticare l'avvento di Dio, J.B. Metz in una preziosa meditazione sull'Avvento pone una domanda:

"Domandiamoci una volta in questi giorni di Avvento e di Natale: non agiamo forse, segretamente, come se Dio fosse restato tutto alle nostre spalle, come se noi - frutti tardivi di questo ventesimo secolo post Christum natum - potessimo trovare Dio solamente in un facile e malinconico sguardo del nostro cuore, una debole luce riflessa alla grotta di Betlemme, al bambino che ci è stato dato?

Abbiamo noi qualche cosa di più della visione di questo bambino negli occhi, quando nelle nostre preghiere e nei nostri canti proclamiamo: è l'Avvento di Dio? Pendiamo qualche cosa di più del Dio dei nostri ricordi e dei nostri sogni? Cerchiamo realmente Dio anche nel nostro futuro? Siamo uomini dell'Avvento, che hanno nel cuore l'urgenza della venuta di Cristo, e con gli occhi che spiano, cercando negli orizzonti della propria vita il suo volto albeggiante?".

Oggi, dobbiamo riconoscerlo, vi è una patologia nel modo di vivere l'Avvento. In realtà l'Avvento è il solo specifico cristiano, perché un tempo di digiuno e penitenza come la Quaresima la condividiamo con l'islam, il tempo della Pasqua con l'ebraismo, ma l'attesa della venuta del Kyrios è solo cristiana. Solo noi cristiani attendiamo il ritorno di Cristo da lui stesso promesse: "Sì vengo presto! Amen" (Ap 22,20). Per questo, privare l'anno liturgico della sua costitutiva dimensione escatologica significa sottrarre alla fede cristiana la dimensione della speranza.

Così compreso e vissuto, l'Avvento sarebbe il tempo dell'anno liturgico più eloquente per i credenti di oggi. Uomini e donne che faticano a sperare perché privati di ogni speranza, a volte perfino incapaci di sperare. Per questo, occorre fare attenzione a liturgie troppo festanti al limite del superficiale, eccessive nei toni e negli accenti, quasi che si debba sempre e a ogni costo far festa.

Domandiamoci: si è altrettanto capaci di offrire ai credenti liturgie capaci di suscitare la speranza, di nutrirla. Liturgie capaci di dare ragioni per sperare a cuori stanchi e affaticati, capaci di risollevare quanti, come i discepoli di Emmaus, si fermano “con il volto triste”. Lo sappiamo, la fatica a credere ad avere fiducia negli altri, nella vita, nel futuro, è uno dei tratti che caratterizzano l'uomo e la donna occidentali dei nostri giorni e questo non può non segnare anche la fede del credente contemporaneo.

Comprendere l'anno liturgico come un ciclo, un anello chiuso su di sé ma come un movimento elicoidale che mette la vede in cammino significa, nel preciso contesto antropologico, culturale e sociale nel quale viviamo, comprendere che le nostre liturgie, e più in generale le celebrazioni dei sacramenti, sono oggi chiamate ad ospitare un modo di vivere la fede, anche tra i credenti più assidui, che non è più, come un tempo, la somma di certezze incrollabili ma è l'espressione di un desiderio di qualcosa e di qualcuno in cui poter sperare, così che credere significa aggrapparsi a una speranza.

Oggi la fede è, infatti, perlopiù esperimentata come l'apertura a una speranza. Nutrire la speranza, questo oggi è il compito primo dell'anno liturgico, dare ragioni per alimentare per esercitarsi a credere che si sono realtà non visibili, e queste realtà sono la nostra salvezza. Uscire dalla precarietà in cui ci si trova per entrare un giorno nella condizione di beatitudine in Dio. “Solo la speranza nella vita eterna ci fa propriamente cristiani”, ha scritto Agostino.

Oggi è molto difficile parlare di speranza, dare ragioni per speranza, eppure questo è il compito oggi dell'anno liturgico, perché la mancanza di speranza rende l'uomo estraneo al tempo, irrimediabilmente assente a questo tempo presente. La speranza è esattamente questo: volere infinitamente il finito, è vivere eternamente il tempo. Come ha scritto Emmanuel Mounier in un saggio dedicato a Péguy, la speranza “rifà ciò che l'abitudine disfa. È la sorgente di tutte le nascite spirituali, di ogni libertà, di ogni novità. Semina cominciamenti là dove l'abitudine immette morte”.

avventoanno liturgicoattesasperanzaparusia

inviato da Francesco De Luca, inserito il 15/01/2018

TESTO

4. Gesù non mi inganna   1

Giuseppe Impastato S.I.

Mi rifiuto di credere
che Lui, Gesù, ci abbia preso in giro e ingannato.
Gesù, uomo grande-intelligente-generoso-sincero-limpido-coraggioso!
Mi rifiuto di pensare che ci abbia ingannato
un uomo che si è inginocchiato dinanzi a noi,
ha lavato i nostri piedi,
ha detto parole dense di eternità.
Un uomo che non ha chiesto a noi
beni, vantaggi, privilegi, voti.
E ha detto che la cosa più importante è amare.
Amare di un amore che non esige risposte,
non ha pretese, non cerca vantaggi o secondi fini,
un amore a perdere...
E ci ha parlato di un Dio che non chiede nulla per sé,
ma solo per il bene dell'uomo,
un Dio che è papà, non carabiniere o ragioniere o manager....
Mi fido di Gesù che si è lasciato condannare, crocifiggere e uccidere.
E perdona i suoi nemici.
Che vuole rimanere con noi, per sempre,
e realizzare una comunione che sa di infinito.

Gesùamorefedefiduciarapporto con Diomisericordia

5.0/5 (2 voti)

inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 15/01/2018

TESTO

5. 10 punti utili nella vita   3

1) La preghiera non è una "ruota di scorta" che utilizzi quando hai una preoccupazione... ma è il volante che ti dà la giusta direzione per tutta la tua vita (1 Tessalonicesi 5,17).

2) Perché il parabrezza della tua macchina è cosi largo e i retrovisori cosi piccoli? Perché il nostro passato è meno importante del nostro futuro; quindi guarda avanti senza fermarti (Salmo 90,12).

3) L'amicizia è come un libro, prende fuoco in un attimo, ma ci vogliono anni per scriverlo (Proverbi 17,17).

4) Tutte le cose nella nostra vita sono passeggere... Se sono buone approfittane, non rimarranno per sempre, se sono cattive, non preoccuparti non dureranno per sempre (Matteo 12,35).

5) I vecchi amici sono come l'oro! I nuovi amici sono come diamanti! Se trovi un diamante non dimenticarti dell'oro, perché il diamante non regge se non è sostenuto dall'oro (Proverbi 18,24).

6) Spesso quando perdiamo la speranza e crediamo che la nostra vita sia finita, Dio sorride dall'alto e ci dice: "Calmati è solo una curva, non la fine" (Romani 9,33).

7) Quando Dio risolve i tuoi problemi, tu credi in lui. Quando Dio non risolve i tuoi problemi, lui crede nelle tue capacità (Proverbi 3,5-6).

8) Una persona cieca chiede a Dio: "Cosa c'è di peggio che perdere la vista?" Dio risponde: "Perdere la fede" (Giacomo 2,26).

9) Quando preghi per gli altri, Dio ascolta le tue richieste e le benedice, e quando sei in sicurezza e nella gioia, ricordati che qualcuno ha pregato per te (Giacomo 5,16b).

10) Essere preoccupati non ti toglie la preoccupazione di domani, ma ti toglie la pace di oggi (Matteo 6,34).

bibbiafiduciaamiciziafedesaggezzapreghierapreoccupazionipresentepassatofuturo

4.5/5 (2 voti)

inviato da Qumran, inserito il 01/12/2017

TESTO

6. Invito agli sposi

Carlo Maria Martini, La famiglia alla prova

Il Signore chiama solo per rendere felici. Le possibili scelte di vita, il matrimonio e la vita consacrata, la dedizione al ministero del prete e del diacono, l'assunzione della professione come una missione possono essere un modo di vivere la vocazione cristiana se sono motivate dall'amore e non dall'egoismo, se comportano una dedizione definitiva, se il criterio e lo stile della vita quotidiana è quello del Vangelo.

La prima è quella di essere marito e moglie, papà e mamma. L'inerzia della vita con le sue frenesie e le sue noie, il logorio della convivenza, il fatto che ciascuno sia prima o poi una delusione per l'altro quando emergono e si irrigidiscono difetti e cattiverie, tutto questo finisce per far dimenticare la benedizione del volersi bene, del vivere insieme, del mettere al mondo i figli e introdurli nella vita. L'amore che ha persuaso al matrimonio non si riduce all'emozione di una stagione un po' euforica, non è solo un'attrazione che il tempo consuma. L'amore sponsale è vocazione: nel volersi bene, marito e moglie possono riconoscere la chiamata del Signore.

Il matrimonio non è solo la decisione di un uomo e di una donna: è la grazia che attrae due persone mature, consapevoli, contente, a dare un volto definitivo alla propria libertà. Il volto di due persone che si amano rivela qualcosa del mistero di Dio. Vorrei pertanto invitare a custodire la bellezza dell'amore sponsale e a perseverare in questa vocazione: ne deriva tutta una concezione della vita che incoraggia la fedeltà, consente di sostenere le prove, le delusioni, aiuta ad attraversare le eventuali crisi senza ritenerle irrimediabili.

Chi vive il suo matrimonio come una vocazione professa la sua fede: non si tratta solo di rapporti umani che possono essere motivo di felicità o di tormento, si tratta di attraversare i giorni con la certezza della presenza del Signore, con l'umile pazienza di prendere ogni giorno la propria croce, con la fierezza di poter far fronte, per grazia di Dio, alle responsabilità. Non sempre gli impegni professionali, gli adempimenti di famiglia, le condizioni di salute, il contesto in cui si vive, aiutano a vedere con lucidità la bellezza e la grandezza di questa vocazione. È necessario reagire all'inerzia indotta dalla vita quotidiana e volere tenacemente anche momenti di libertà, di serenità, di preghiera.

Invito pertanto a pregare insieme: una preghiera semplice per ringraziare il Signore, per chiedere la sua benedizione per sé, i figli, gli amici, la comunità: qualche Ave Maria per tutte quelle attese e quelle pene che forse non si riescono neppure a dire tra i coniugi.

Invito ad aver cura di qualche data, a distinguerla con un segno, come una visita a un santuario, una messa anche in giorno feriale, una lettera per dire quelle parole che inceppano la voce: la data del matrimonio, quella del battesimo dei figli, quella di qualche lutto familiare, tanto per fare qualche esempio.

Invito a trovare il tempo per parlare l'uno all'altro con semplicità, senza trasformare ogni punto di vista in un puntiglio, ogni divergenza in un litigio: un tempo per parlare, scambiare delle idee, riconoscere gli errori e chiedersi scusa, rallegrarsi del bene compiuto, un tempo per parlare passeggiando tranquillamente la domenica pomeriggio, senza fretta. E invito a stare per qualche tempo da soli, ciascuno per conto suo: un momento di distacco può aiutare a stare insieme meglio e più volentieri.

Invito infine gli sposi ad avere fiducia nell'incidenza della loro opera educativa: troppi genitori sono scoraggiati dall'impressione di una certa impermeabilità dei loro figli, che sono capaci di pretendere molto, ma risultano refrattari a ogni interferenza nelle loro amicizie, nei loro orari, nel loro mondo. La vocazione dei genitori a educare è benedetta da Dio: perciò occorre che essi trasformino le loro apprensioni in preghiera, meditazione, confronto pacato. Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto. Educare è una grazia che il Signore fa: occorre accoglierla con gratitudine e senso di responsabilità. Talora richiederà pazienza e amabile condiscendenza, talora fermezza e determinazione, talora, in una famiglia, capita anche di litigare e di andare a letto senza salutarsi: ma non bisogna perdersi d'animo, non c'è niente di irrimediabile per chi si lascia condurre dallo Spirito di Dio. Ed esorto ad affidare spesso i figli alla protezione di Maria, a non tralasciare una decina del rosario per ciascuno di loro, con fiducia e senza perdere la stima né di se stessi né dei propri figli. Educare è diventare collaboratori di Dio perché ciascuno realizzi la sua vocazione.

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inviato da Qumran2, inserito il 30/06/2017

TESTO

7. Buon Natale a voi   2

Buon Natale a voi che avete ancora paura di Dio e lo te­mete come un giudice inappellabile. Egli invece viene co­me un bambino. Un bambino non giudica e non condanna; un bambino non può far paura, fa leva sull'amore, vive per­ché è amato; lo puoi rifiutare ma lui non ti rifiuterà mai.

Buon Natale a voi che avete abbandonato Dio e dite di aver perso la fede in lui. Anche se tu lo perdi, lui, Dio, non ti perde. Lui, Dio, non ha perso la fiducia in te, non è fini­ta la sua speranza. Per questo nasce uomo, perché ha fede in ogni uomo e in tutta la nostra storia di santi e peccatori.

Buon Natale a tutti quelli che vivono in situazioni irre­golari, dopo le ferite di amori finiti o lacerati. Voi siete come i pastori di Betlemme: considerati ai margini, fuori dalle regole, impuri, perché mangiavano senza lavarsi le mani, perché non andavano mai alla sinagoga, sempre die­tro ai loro greggi.

Ebbene proprio voi siete i primi a ricevere la bella noti­zia dagli angeli, perché davanti a Dio non vale la legge, ma l'uomo; contano la carne e il cuore dell'uomo, non il ruolo o le regole, non l'etichetta religiosa. L'uomo guarda le apparenze, ma Dio guarda il cuore: guarda i piccoli, l'u­miltà della sua serva, i pastori nella notte.

È la forza dirompente del Natale, che dirotta l'attenzio­ne non sul grande, sul colto, sul famoso, ma su chi è lon­tano dai riflettori, sul piccolo, su un bambino, su chi non ha nessun altro titolo che quello di essere uomo.

E questo basta. Basta essere uomo. Non occorre altro, dal giorno in cui Dio ha messo la sua gloria in un bambi­no. Buon Natale a voi che siete semplicemente umani.

E poi Buon Natale a voi che siete qui, ricchi di regali, forse poveri di verità e di amore.

A noi Buon Natale, ricchi di agitazione e poveri di rac­coglimento e di silenzio. Questo bambino ci insegna che sono così poche le cose che contano davvero. Sono così poche!

Buon Natale a voi che vi sentite affaticati dai lati oscuri della vita, incapaci di capire il senso di tanta fatica, di tan­ta sofferenza.

Buon Natale a voi che avete sofferto troppo. Questo bambino può darvi un po' di luce, perché viene come la luce vera che illumina ogni uomo. Ogni uomo! E nessuno è perduto, nessuno è fuori dal raggio di questa luce.

Buon Natale anche a voi che avete perso il gusto di vi­vere perché niente più vi soddisfa, neanche il benessere o il prestigio sociale. Questo bambino può restituire il sapo­re alla vita, egli porta ciò che vi manca: la bellezza, il gu­sto di sentirsi amati e di poter amare.

Buon Natale perché Dio è con voi, non siete soli, non lo sarete mai!

nataleaccoglienzamisericordia

4.7/5 (3 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 28/12/2016

TESTO

8. Risposta viva alla chiamata di Dio

Frère Roger

La nostra vita acquista significato quando è innanzi tutto risposta viva alla chiamata di Dio. Ma come riconoscere una tale chiamata e scoprire ciò che Dio si aspetta da noi? Dio si aspetta che siamo un riflesso della sua presenza, portatori di una speranza del Vangelo. Chi risponde a questa chiamata non ignora le proprie fragilità, così custodisce nel suo cuore queste parole di Cristo: "Non temere, continua a fidarti!".

sequelavocazionechiamatarispostafragilitàfiducia

inviato da Paola Berrettini, inserito il 26/08/2016

TESTO

9. Dio è più grande del nostro peccato

Papa Francesco, Udienza Generale del 30 marzo 2016

Dio è più grande del nostro peccato. Non dimentichiamo questo: Dio è più grande del nostro peccato! "Padre, io non lo so dire, ne ho fatte tante, grosse!". Dio è più grande di tutti i peccati che noi possiamo fare. Dio è più grande del nostro peccato. Lo diciamo insieme? Tutti insieme: "Dio è più grande del nostro peccato!". Un'altra volta: "Dio è più grande del nostro peccato!". Un'altra volta: "Dio è più grande del nostro peccato!". E il suo amore è un oceano in cui possiamo immergerci senza paura di essere sopraffatti: perdonare per Dio significa darci la certezza che lui non ci abbandona mai. Qualunque cosa possiamo rimproverarci, lui è ancora e sempre più grande di tutto (cfr 1 Gv 3,20), perché Dio è più grande del nostro peccato...

Dio non nasconde il peccato, ma lo distrugge e lo cancella; ma lo cancella proprio dalla radice, non come fanno in tintoria quando portiamo un abito e cancellano la macchia. No! Dio cancella il nostro peccato proprio dalla radice, tutto! Perciò il penitente ridiventa puro, ogni macchia è eliminata ed egli ora è più bianco della neve incontaminata. Tutti noi siamo peccatori. È vero questo? Se qualcuno di voi non si sente peccatore che alzi la mano... Nessuno! Tutti lo siamo.

Noi peccatori, con il perdono, diventiamo creature nuove, ricolmate dallo spirito e piene di gioia. Ora una nuova realtà comincia per noi: un nuovo cuore, un nuovo spirito, una nuova vita. Noi, peccatori perdonati, che abbiamo accolto la grazia divina, possiamo persino insegnare agli altri a non peccare più. "Ma Padre, io sono debole, io cado, cado". "Ma se cadi, alzati! Alzati!". Quando un bambino cade, cosa fa? Solleva la mano alla mamma, al papà perché lo faccia alzare. Facciamo lo stesso! Se tu cadi per debolezza nel peccato, alza la tua mano: il Signore la prende e ti aiuterà ad alzarti. Questa è la dignità del perdono di Dio! La dignità che ci dà il perdono di Dio è quella di alzarci, metterci sempre in piedi, perché Lui ha creato l'uomo e la donna perché stiano in piedi.

perdonopeccatopeccatoripentimentofiducia in Diofiduciamisericordia di Diomisericordia

inviato da Qumran2, inserito il 26/08/2016

TESTO

10. Dio ci vuole leggeri come i bambini

Luigi Pozzoli, Elogio della piccolezza, Edizioni Paoline, Milano 2002

Dio non vuole gente che abbia delle virtù, ma fanciulli che egli possa prendere come si solleva un bambino, in un momento, perché è leggero e ha grandi occhi; non è una santità a basso prezzo, ma una «piccola via», per collegare la santità allo spirito d'infanzia evangelico, che è spirito di semplicità, di fiducia, di abbandono incondizionato alle iniziative di Dio. C'è un complotto dei «grandi» contro l'infanzia forse? Basta leggere il vangelo per rendersene conto. Leggeri, come quella lunga schiera di piccoli che attraversano la storia senza che la storia parli di essi: sono uomini e donne che hanno nel cuore le parole della leggerezza, che sono capaci di solitudine e silenzio, che sono guariti da ogni smania di apparire e da ogni pretesa di sapere. Ancora la domanda: perché Dio si è convertito al fascino della piccolezza? Perché la piccolezza è libertà. Chi è evangelicamente piccolo, non solo è leggero, ma anche libero. È il bambino che può dire tutto quello che vuole, non l'adulto. Potremmo dire: i bambini sono «pericolosi» perché non hanno il buon senso di tenersi per sé la verità. Allo stesso modo i piccoli del vangelo sono le persone più libere. E si potrebbe facilmente dimostrare che le persone grandi e «pesanti», attaccate al potere e alle cose, non sono libere. Nessuno è più libero di Gesù, perché nessuno è più povero di lui. È povero di beni, è povero di legami familiari, è povero di successi umani. Per questo, non avendo nulla da difendere è libero anche di fronte alla morte.

piccolezzalibertàsantitàsemplicitàbambiniinfanziapovertàricchezza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Padre Franco Naldi Ofm, inserito il 06/02/2016

TESTO

11. Giuseppe, uomo semplice, uomo santo   1

P. Luciano Lazzeri, Atma-o-jibon.org

Giuseppe è nominato solo una volta dopo i Vangeli dell'infanzia, quando la gente parlò di Gesù come del figlio del falegname. Come a dire: suo padre è solo un falegname. Giuseppe non è un martire che ha versato il sangue a causa di Gesù, ma è il santo che ha attraversato la lotta della fede, dal momento dell'annuncio dell'angelo alla sua scomparsa dalla scena. La fede è resistenza al silenzio di Dio, fiducia in lui al di là di ogni evidenza dei sensi, quando le apparenze la contraddicono, o perfino si sforzano di distruggerla. Questo, credo costituisca la grandezza di Giuseppe. Questo credo sia il cammino di ogni credente che procede fianco a fianco di quei fratelli e sorelle che Dio premia con la palma dei martirio.

fedefiducia in Dioaffidamentosan Giuseppesantitàsemplicità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 06/02/2016

TESTO

12. Il coraggio di Giuseppe

don Tonino Bello, Lettera a San Giuseppe

Io penso, Giuseppe, che hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore. Lei ha puntato tutto sull'onnipotenza del Creatore. Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura. Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza. La carità ha fatto il resto, in te e in lei.

GiuseppeMariaaffidamentofiduciafiducia in Diosperanza

5.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 16/06/2015

TESTO

13. Lettera di Dio per la custodia della donna   2

La donna che hai al fianco, emozionata, con l'abito da sposa, è mia. Io l'ho creata. Io le ho voluto bene da sempre; ancor prima di te e ancor più di te. Per lei non ho esitato a dare la mia vita. Ho dei grandi progetti per lei. Te l'affido. La prenderai dalle mie mani e ne diventerai responsabile.

Quando l'hai incontrata l'hai trovata bella e te ne sei innamorato. Sono le mie mani che hanno plasmato la sua bellezza, è il mio cuore che ha messo dentro di lei la tenerezza e l'amore, è la mia sapienza che ha formato la sua sensibilità e la sua intelligenza e tutte le qualità belle che hai trovato in lei.

Però non basta che tu goda del suo fascino. Dovrai impegnarti a rispondere ai suoi bisogni, ai suoi desideri. Ti renderai conto che ha bisogno di tante cose: ha bisogno di casa, di vestito, di serenità, di gioia, di equilibrio psichico, di rapporti umani, di affetto e tenerezza, di piacere e di divertimento, di presenza umana e di dialogo, di relazioni sociali e familiari, di soddisfazioni nel lavoro e di tante altre cose.

Ma dovrai renderti conto che ha bisogno soprattutto di me, e di tutto quello che aiuta e favorisce questo incontro con me: la pace del cuore, la purezza di spirito, la preghiera, la Parola, il perdono, la speranza e la fiducia in me, la mia vita. Sono Io e non tu il principio, il fine, il destino di tutta la sua vita.

Facciamo un patto tra noi: la ameremo insieme. Io la amo da sempre. Tu hai incominciato ad amarla da qualche anno, da quando te ne sei innamorato. Sono io che ho messo nel tuo cuore l'amore per lei. È stato il modo più bello perché ti accorgessi di lei. Volevo affidarla a qualcuno che se ne prendesse cura. Ma volevo anche che lei arricchisse con la sua bellezza e le sue qualità la vita di un uomo. E questo uomo sei tu.

Per questo ho fatto nascere nel tuo cuore l'amore per lei. Era il modo più bello per dirti: "ecco, te la affido", e perché tu potessi godere della sua bellezza e delle sue qualità. Quando le dirai "prometto di esserti fedele, di amarti e rispettarti per tutta la vita", sarà come se mi rispondessi che sei lieto di accoglierla nella tua vita e di prenderti cura di lei. Da quel momento saremo in due ad amarla.

Dobbiamo però metterci d'accordo: non è possibile che tu la ami in un modo e io in un altro. Devi avere per lei un amore simile al mio, e devi desiderare per lei le stesse cose che Io desidero. Non puoi pensare nulla di più bello e gioioso per lei.

Se la ami sul serio vedrai che ti troverai d'accordo con me nel progetto che ho concepito per lei. Ti farò capire poco alla volta quale sia il mio modo di amare, e ti svelerò quale vita ho sognato e voluto per questa mia creatura che diventerà tua sposa.

Mi rendo conto che ti sto chiedendo molto. Pensavi che questa donna fosse tutta e solo tua, e ora invece hai l'impressione che io ti chieda di spartirla con Me. Non è così. Io non sono il tuo rivale in amore. Al contrario, sono molui che ti aiuta ad amarla appassionatamente. Per questo desidero che nel tuo piccolo amore ci sia il mio grande amore.

Col tuo amore potrai fare molto per lei, ma è sempre troppo poco. Io ti rendo invece capace di amare da Dio. È questo il mio dono di nozze: un supplemento di amore che trasforma il tuo amore di creatura e lo rende capace di produrre le opere di Dio nella donna che ami.

Sono parole per te misteriose, ma le capirai un poco alla volta. Ti assicurò che non ti lascerò mai solo in questa impresa. Sarò sempre con te e farò di te lo strumento del mio amore, della mia tenerezza; continuerò ad amare la mia creatura, che è diventata tua sposa, attraverso i tuoi gesti d'amore, di attenzione di impegno, di perdono, di dedizione. In una parola: ti renderò capace di amare come io amo, perché ti darò una forza nuova di amare che è il mio stesso amore.

Se vi amerete in questo modo, la vostra coppia diventerà come una fortezza che le tempeste di vita non riusciranno mai ad abbattere. Un amore costruito sulla mia Parola è come una casa costruita sulla roccia: nessuna vicenda potrà distruggerla. Ricordatelo, perché molti si illudono di poter fare a meno di me: ma se io non sono con voi nell'edificare la casa della vostra vita e del vostro amore, vi affaticherete invano: come gli apostoli che faticarono tutta una notte e al mattino tornarono a riva con le reti vuote; bastò un semplice intervento Mio, e le reti pescarono tanto pesce che per l'abbondanza si rompevano. Di più. Se vi amerete in questo modo diventerete forza anche per gli altri.

Oggi si crede poco all'amore vero, quello che dura per sempre, e che offre la propria vita all'amato. Si cercano più le emozioni amorose che l'amore. Ma le emozioni nascono e muoiono presto, lasciando solo vuoto e nostalgia.

Per questo qualcuno ha detto che il matrimonio è solo una grande illusione che si dissolve presto. Se voi saprete amarvi come io amo, con una fedeltà che non viene mai meno, diventerete come la città sul monte. Sarete una speranza per tutti, perché tutti vedranno che l'amore è una cosa possibile.

donnaamorematrimoniocoppiasposicustodire

4.7/5 (3 voti)

inviato da Paola Berrettini, inserito il 16/06/2015

TESTO

14. A coloro che non trovano pace

Tonino Bello

Carissimi,

l'idea di rivolgermi a voi mi è venuta stasera quando, recitando i vespri, ho trovato questa invocazione: «Metti, Signore, una salutare inquietudine in coloro che si sono allontanati da te, per colpa propria o per gli scandali altrui».

Per prima cosa mi son chiesto se, nel numero delle mie conoscenze, ci fosse qualcuno che poteva essere raggiunto da questa preghiera.

E mi sono ricordato dite, Giampiero, che, dopo essere passato per tutta la trafila dei gruppi giovanili della parrocchia, un giorno te ne sei andato e non ti sei fatto più vedere.

L'altra sera ti ho incontrato per caso. Pioveva. Eri fermo sul marciapiede e ti ho dato un passaggio. In macchina mi hai chiesto con sufficienza se durante la quaresima continuavo a predicare le «solite chiacchiere» ai giovani, riuniti in cattedrale. Ci son rimasto male, perché mi hai detto chiaro e tondo che tu ormai a quelle cose non ci credevi più da un pezzo, e che al politecnico stavi trovando risposte più utili di quelle che ti davano i preti.

Mi hai raccontato che a Torino hai conosciuto Gigi, ex seminarista e mio alunno di ginnasio, il quale ti parla spesso di me. Ho notato che avevi una punta d'ironia e sembrava che ti divertissi quando hai aggiunto che ora sta con una ragazza, bestemmia come un turco, e fuma lo spinello.

Quando all'improvviso ti ho chiesto se eri felice, mi hai risposto che ne avremmo parlato un'altra volta, perché dovevi scendere e poi era troppo tardi.

Addio, Giampiero! L'invocazione del breviario stasera la rivolgo al Signore per te. E per Gigi. E la rivolgo anche per te, Maria, che ti sei allontanata senza una plausibile ragione. Facevi parte del coro. Ora a messa non ci vai nemmeno a Pasqua. Tu dici che hai visto troppe cose storte anche in chiesa, e che non ti aspettavi certe pugnalate alle spalle proprio da coloro che credono in Dio. Non so che cosa ti sia successo di preciso. Ma l'altro giorno, quando sei venuta da me per implorare un ricovero urgente al Gemelli a favore del tuo bambino che sta male, e io ti ho esortata ad aver fiducia in Dio, e tu sei scoppiata a piangere dicendomi che in Dio non ci credi più... mi è parso di leggere in quelle lacrime, oltre alla paura di poter perdere il figlio, anche l'amarezza di aver perduto il Padre.

Non temere, Maria. Pregherò io per il tuo bambino, perché guarisca presto. Ma anche per te, perché il Signore ti metta nel cuore una salutare inquietudine.

Vedo che non afferri il senso di una preghiera del genere. Di inquietudini nei hai già tante e non è proprio il caso che mi metta anch'io ad aumentartene la dose. Tu sai bene, però, che in fondo io imploro la tua pace. Ecco, infatti, come il breviario prolunga l'invocazione su coloro che si sono allontanati da Dio: «Fa' che ritornino a te e rimangano sempre nel tuo amore».

E ora, visto che mi sono messo ad assicurare preghiere un po' per tutti, vorrei rivolgermi anche a voi che, pur non essendovi mai allontanati da Dio, non riuscite ugualmente a trovar riposo nella vostra vita.

Per sè parrebbe un controsenso. Perché Dio è la fontana della pace, e chi si lascia da lui possedere non può soffrire i morsi dell'inquietudine. Però sta di fatto che, o per difetto di affido alla sua volontà, o per eccesso di calcolo sulle proprie forze, o per uno squilibrio di rapporti tra debolezza e speranza, o chi sa per quale misterioso disegno, è tutt'altro che rara la coesistenza di Dio con l'insoddisfazione cronica dello spirito.

Mi rivolgo perciò a voi, icone sacre dell'irrequietezza, per dirvi che un piccolo segreto di pace ce l'avrei anch'io da confidarvelo.

A voi, per i quali il fardello più pesante che dovete trascinare siete voi stessi. A voi, che non sapete accettarvi e vi crogiolate nelle fantasie di un vivere diverso. A voi, che fareste pazzie per tornare indietro nel tempo e dare un'altra piega all'esistenza. A voi, che ripercorrete il passato per riesaminare mille volte gli snodi fatali delle scelte che oggi rifiutate. A voi, che avete il corpo qui, ma l'anima ce l'avete altrove. A voi, che avete imparato tutte le astuzie del «bluff» perché sapete che anche gli altri si sono accorti della vostra perenne scontentezza, ma non volete farla pesare su nessuno e la mascherate con un sorriso quando, invece, dentro vi sentite morire. A voi, che trovate sempre da brontolare su tutto, e non ve ne va mai a genio una, e non c'è bicchiere d'acqua limpida che non abbia il suo fondiglio di detriti.

A tutti voi voglio ripetere: non abbiate paura. La sorgente di quella pace, che state inseguendo da una vita, mormora freschissima dietro la siepe delle rimembranze presso cui vi siete seduti.
Non importa che, a berne, non siate voi. Per adesso, almeno.

Ma se solo siete capaci di indicare agli altri la fontana, avrete dato alla vostra vita il contrassegno della riuscita più piena. Perché la vostra inquietudine interiore si trasfigurerà in «prezzo da pagare» per garantire la pace degli altri.

O, se volete, non sarà più sete di «cose altre», ma bisogno di quel «totalmente Altro» che, solo, può estinguere ogni ansia di felicità.

Vi auguro che stasera, prima di andare a dormire, abbiate la forza di ripetere con gioia le parole di Agostino, vostro caposcuola: «O Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».

pacepace interioreinterioritàfelicitàgioiatristezzainquietudine

5.0/5 (6 voti)

inviato da Francesco De Luca, inserito il 16/06/2015

TESTO

15. Cammina   5

Charles Singer

Cammina facendo attenzione ai segni.
Non ci sono bussole che indichino da che parte sta Dio,
ma ci sono dei secoli sul cammino.
Il che tuttavia non ti evita di camminare nella notte
e di ferirti incontrando uno spuntone di roccia.
Ma anche nella notte più tenebrosa ci sono delle stelle.
Chi cerca Dio è una persona attenta!

La ricerca di Dio comporta che si rimetta costantemente
in questione la propria esistenza
e che si abbandonino le proprie sicurezze.
Dio lo si incontra al termine di un lungo cammino.
Chi cerca Dio è un nomade!

Gli esploratori senza entusiasmo
non scoprono nulla e soprattutto
non fanno nascere il desiderio di seguirli.
A volte si va avanti vacillando,
ma sempre con la gioia nel cuore,
perché ci si affretta verso colui che attira e seduce.
Chi cerca Dio è un appassionato!

Il mondo deve essere cambiato oggi.
E' oggi, con i compagni di questo momento,
in mezzo alle gioie e alle difficoltà di questo tempo,
con le possibilità che ci sono offerte ora,
che noi dobbiamo intraprendere la grande avventura
per cercare di riportare il mondo a Dio.
Chi cerca Dio appartiene al suo tempo!

Nel cammino fidati di colui che stai cercando!
Anche se tutte le stelle sembrano spegnersi
e tutte le promesse andare a vuoto,
tu sai che Dio non può chiamarti,
ne destare la tua, voglia di esplorare e di trovare,
per abbandonarti, alla fine, nell'oscurità della notte.
Quando sale la nebbia e ti afferrano la paura e il dubbio:
allora, ti resta solo la fiducia in colui che ti ama e ti cerca.
E credere è proprio dare fiducia,
al di là di ogni apparenza contraria.
Chi cerca Dio è fedele!

camminofiduciafedericerca di Dio

3.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran, inserito il 05/05/2015

TESTO

16. Povero fratello Giuda   3

Primo Mazzolari, Bozzolo, Giovedì Santo 1958

Povero Giuda. Che cosa gli sia passato nell'anima io non lo so. È uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore.

Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po' di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: "Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo!" Amico! Questa parola che vi dice l'infinita tenerezza della carità del Signore, vi fa anche capire perché io l'ho chiamato in questo momento fratello. Aveva detto nel Cenacolo non vi chiamerò servi ma amici. Gli Apostoli son diventati gli amici del Signore: buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono sempre gli amici. Noi possiamo tradire l'amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando lo neghiamo, davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore...

Povero Giuda. Povero fratello nostro. Il più grande dei peccati, non è quello di vendere il Cristo; è quello di disperare. Anche Pietro aveva negato il Maestro; e poi lo ha guardato e si è messo a piangere e il Signore lo ha ricollocato al suo posto: il suo vicario. Tutti gli Apostoli hanno abbandonato il Signore e son tornati, e il Cristo ha perdonato loro e li ha ripresi con la stessa fiducia. Credete voi che non ci sarebbe stato posto anche per Giuda se avesse voluto, se si fosse portato ai piedi del calvario, se lo avesse guardato almeno a un angolo o a una svolta della strada della Via Crucis: la salvezza sarebbe arrivata anche per lui. Povero Giuda. Una croce e un albero di un impiccato. Dei chiodi e una corda...

Io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l'ultimo momento, ricordando quella parola e l'accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due ladroni...

speranzaperdonoconversionepeccatomisericordiarapporto con Diotradimentodisperazionegiovedì santo

4.6/5 (5 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 21/06/2014

TESTO

17. Il passo decisivo   2

André Louf, Sotto la guida dello Spirito

Posso benissimo sapere molto a proposito della fede, e anche condividere molto questa conoscenza con altri, senza mai compiere il passo decisivo della fede, che implica sempre un abbandono esistenziale a Gesù.

fedefiduciafiducia in Dioabbandono in Dio

3.0/5 (2 voti)

inviato da Eremo San Biagio, inserito il 14/05/2014

TESTO

18. Agisci e confida   6

Sant'Ignazio di Loyola

Agisci con la migliore competenza e diligenza, come se tutto dipendesse da te.
Ma insieme confida nella forza e nell'aiuto di Dio, sapendo che tutto ti è donato da lui.

azionefiducia in Diofedefiducia

4.3/5 (6 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 10/03/2014

TESTO

19. Il mio nome è Io sono   4

Stavo rimpiangendo il passato e temendo il futuro.
Improvvisamente il mio Signore parlò:
"Il mio nome è Io sono".
Dio fece una pausa.
Attesi. Dio continuò:
Quando vivi nel passato con i tuoi errori e rimpianti, è duro.
Io non sono lì. Il mio nome non è Io ero.
Quando vivi nel futuro con i tuoi problemi e timori, è duro.
Io non sono lì. ll mio nome non è Io sarò.
Quando vivi in questo momento non è duro.
Io sono qui. Il mio nome è Io sono.

io sononome di Diopassatopresentefuturofiduciaabbandonoabbandono in Diopaura

4.8/5 (5 voti)

inviato da Piera Tortorici, inserito il 18/03/2013

TESTO

20. La vera gratitudine   2

Dio non ti abbandona, Edizioni di Vita Universale

Accettate tutto con gratitudine... così la gioia e l'amore rimarranno in voi.
Accettate con gratitudine le preoccupazioni, i problemi e le sofferenze ed essi scompariranno.
Nel ringraziamento c'è la forza.
La vera gratitudine è vivere positivamente.
Chi percepisce, pensa e parla in modo positivo, vive e ringrazia incessantemente.
Le forze positive dell'infinito sono così al suo servizio.
Esse suscitano gioia, amore, armonia, fiducia e pace nell'uomo.
Le preoccupazioni, i problemi e le difficoltà si allontaneranno da lui, dato che nella vera gratitudine non c'è posto per le sofferenze e le preoccupazioni di questo mondo.
La gratitudine è segno di grandezza.
La vera gratitudine racchiude in sé la certezza che Dio, l'eterna Legge, guiderà ogni cosa nel migliore dei modi.
La gratitudine racchiude in sé anche la protezione e la vicinanza di Dio.
La protezione e la vicinanza di Dio apportano, a loro volta, pace.
Chi è ricolmo di pace è anche ricolmo di amore ed è altruista.
Lo Spirito di Dio fiorisce così dall'interiore dell'uomo.
L'uomo che è appagato in Dio emana, come una rosa, il sacro profumo dell'eterno Io Sono.
La gratitudine racchiude in sé la speranza, la consolazione e la fiducia.

accettazionegratitudinepositività

5.0/5 (3 voti)

inviato da Cinzia Novello, inserito il 13/03/2013

TESTO

21. Anno della Fede   10

P. Gianni Fanzolato

Ad ogni uomo che nasce Dio affida un lume che accende nell'animo: la fede.
Nessuno può vivere, camminare, correre ed amare senza questa luce viva.
Nascendo il bimbo ha fede nella mamma, il papà nel pilota d'aereo.
Ogni mattina ci fidiamo del lattaio, del barista, dell'avvocato e del taxista.
Di Dio allora non dobbiamo fidarci? Lui che ci conosce, ama e dà la vita?
Errando vagabondi nei labirinti della storia questo lume acceso ci indica la via.
Lungo le coste dove il mare è in tempesta e la mia nave sembra naufragare,
Lontano ma sicuro ecco un faro di salvezza, un'ancora di speranza: è la fede
A volte questa luce sembra spegnersi, resta un lumino fumigante che si dilegua.
Forze avverse sembrano soffiare contro per finirlo del tutto e tu remi senza meta.
E' arrivato il tempo per fare il pieno, caricar le pile, ravvivare questa fiamma.
Dio è l'unico da ritrovare: più ritorni a Dio, più l'uomo si svela nel suo grande mistero.
Ecco il tempo di grazia, tempo favorevole per credere ancora: è l'anno della fede!

anno della fedefedefiducia in Dio

3.1/5 (9 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 09/10/2012

TESTO

22. Lettera a Giuseppe   7

Tonino Bello, La carezza di Dio. Lettera a Giuseppe

Dimmi, Giuseppe, quand'è che hai conosciuto Maria?
Forse, un mattino di primavera, mentre tornava dalla fontana del villaggio, con l'anfora sul capo e con la mano sul fianco snello come lo stelo di un fiordaliso?
O forse, un giorno di sabato, mentre con le fanciulle di Nazareth conversava in disparte sotto l'arco della Sinagoga?
O forse, un meriggio d'estate, in un campo di grano, mentre, abbassando gli occhi splendidi per non rivelare il pudore della povertà, si adattava all'umiliante mestiere di spigolatrice?
Quando ti ha ricambiato il sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la sua prima benedizione e tu non lo sapevi... e poi, tu, nella notte, hai intriso il cuscino con lacrime di felicità?
Ti scriveva lettere d'amore?
Forse sì!
E il sorriso, con cui accompagni il cenno degli occhi verso l'armadio delle tinte e delle vernici, mi fa capire che in uno di quei barattoli vuoti, che ormai non si aprono più, ne conservi ancora qualcuna!

Poi, una notte, hai preso il coraggio a due mani, sei andato sotto la sua finestra, profumata di basilico e di menta, e le hai cantato, sommessamente, le strofe del Cantico dei Cantici:
"Alzati, amica mia, mia bella e vieni!
Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia e se n'è andata.
I fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia, mia bella e vieni!
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave e il tuo viso è leggiadro".

E la tua amica, la tua bella, la tua colomba si è alzata davvero.
È venuta sulla strada, facendoti trasalire.
Ti ha preso la mano nella sua e, mentre il cuore ti scoppiava nel petto, ti ha confidato lì, sotto le stelle, un grande segreto.
Solo tu, il sognatore, potevi capirla.
Ti ha parlato di:
Jahvé, di un Angelo del Signore, di un Mistero nascosto nei secoli e ora nascosto nel suo grembo, di un progetto più grande dell'universo e più alto del firmamento, che vi sovrastava.
Poi, ti ha chiesto di uscire dalla sua vita, di dirle addio, e di dimenticarla per sempre.

Fu, allora, che la stringesti per la prima volta al cuore e le dicesti tremando:
"Per te, rinuncio volentieri ai miei piani.
Voglio condividere i tuoi, Maria, purché mi faccia stare con te".
Lei ti rispose di sì, e tu le sfiorasti il grembo con una carezza: era la tua prima benedizione sulla Chiesa nascente. [...]
E io penso che hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore.
Lei ha puntato tutto sull'onnipotenza del Creatore.
Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura.
Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza.
La carità ha fatto il resto, in te e in lei.

fedesperanzaGiuseppeMariaMadonnasogniabbandonofiduciaprogetto di Dio

3.2/5 (10 voti)

inviato da Sandra Aral, inserito il 23/09/2012

TESTO

23. Pregare e agire   1

Gilbert Keith Chesterton

Pregare come se tutto dipendesse da Dio; agire come se tutto dipendesse da noi.

ndr. La frase ricorda quella di San'Ignazio di Loyola:

«Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio» (cfr Pedro de Ribadeneira, Vita di S. Ignazio di Loyola, Milano 1998).

preghieraazioneresponsabilitàimpegnoaffidamentofiducia

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 20/09/2012

TESTO

24. Venti contrari   2

Charles de Foucauld

Dio si serve dei venti contrari per portarci in porto.

volontà di Diomisterosofferenzaprogetto di Diofiduciafede

4.8/5 (4 voti)

inviato da Calogero Lombardo, inserito il 20/09/2012

TESTO

25. Parlami d'Amore (versione 2)   3

Michel Quoist, Parlami d'amore, Sei, Torino 1987, pp. 104-107

L'amore non è la folgorazione della bellezza
davanti a un volto che d'improvviso s'illumina per te,
perché la vera bellezza è il riflesso dell'anima,
ma l'anima è oltre, e la cerchi tremando.

L'amore non è seduzione di un'intelligenza viva e sciolta
che scorre in parole e idee per piacerti,
perché l'intelligenza può splendere di mille barbagli
senza essere autentico diamante nascosto nelle profondità dell'amato.

L'amore non è l'emozione di fronte a un cuore
che batte per te
più di quanto non batta per gli altri,
né quella meraviglia d'essere scelto, eletto,
senza motivo ai tuoi occhi
che valga questa follia,
perché un cuore può un giorno turbarsi per un altro,
e lasciarti sanguinare, in lacrime,
senza che il tuo amore muoia.

L'amore non è voglia di catturare, di afferrare
l'oggetto del tuo desiderio,
sia esso cuore, corpo, mente o tutti e tre insieme,
perché l'altro non è "oggetto";
e se lo prendi per te, lo mangi e lo distruggi,
è te che ami credendo di amare l'altro.

Folgorazione e seduzione, fame e fremiti,
emozione e sgorgare di desideri,
tutto ciò è bello e necessario, nell'uomo, nella donna,
ma soltanto per aiutare ad amare chi accetta di amare.

E' la porta socchiusa e le finestre spalancate,
è il vento che entra a folate,
è il richiamo del largo, è il mormorio di Dio
che invitano a uscire dalla casa sbarrata
per andare verso un altro
che hai scelto per colmare la tua vita
perché lo ami e lo vuoi amare.

Amare è volere l'altro libero e non sedurlo,
è liberarlo dai suoi lacci se ne rimane prigioniero,
perché anche lui possa dire: ti amo,
senza esservi spinto dai suoi desideri non domati.

Amare è con tutte le forze volere il bene dell'altro,
anche prima del tuo,
è fare di tutto perché l'amato cresca, e poi sbocci e fiorisca
diventando ogni giorno l'uomo che deve essere
e non quello che tu vuoi modellare
sull'immagine dei tuoi sogni.

Amare è dare il tuo corpo, e non prendere il suo,
ma accogliere il suo quando si offre per essere condiviso,
è raccoglierti, arricchirti,
per offrire all'amato più che mille carezze e folli abbracci,
la tua vita intera raccolta nelle braccia del tuo "io".

Amare è offrirti all'altro,
anche se questi ad un certo momento si rifiuta,
è dare senza tenere il conto di quello che l'altro ti dà,
pagando il prezzo alto senza mai reclamare il resto,
ed è supremo amore perdonare
quando l'amato purtroppo si sottrae,
tentando di consegnare ad altri ciò che ti aveva promesso.

Amare è credere nell'altro e dargli fiducia,
credere nelle sue forze nascoste, nella vita che ha in sé;
e quali che siano le pietre da tagliare
per appianare la strada,
è decidere da uomo ragionevole
di avviarsi coraggiosamente per il viaggio del tempo.

Non per cento giorni, per mille, e neppure per diecimila,
ma per un pellegrinaggio che non finirà,
perché è un pellegrinaggio che durerà
"sempre"...

Se amare è questo, come potrò riuscirci?
Ero scoraggiato...
Non avevo ancora capito...
che l'amore era un fine da raggiungere
e non un punto di partenza
e che, per cercare di riuscirci,
bisognava lottare per tutto il tempo della vita.
Io volevo tutto e subito.

Questo era il mio errore.
Dovevo accettare di adottare
il passo lento e regolare,
il passo dell'autentico montanaro.

Clicca qui per un altro testo di Michel Quoist sullo stesso tema.

amoreinnamoramentoamaredonarsigratuitàlibertàcrescerematurità

3.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 20/09/2012

TESTO

26. Calmati   6

Se la tua fede vacilla, calmati: Dio ti guarda.
Se tutto sembra finire, calmati: Dio rimane.
Se sei nella tristezza, calmati: Dio è la consolazione.
Se il peccato ti opprime, calmati: Dio perdona.
Se hai i nervi tesi, calmati: Dio è pazienza.
Se nessuno ti comprende, calmati: Dio ti conosce.
Se urgono scelte importanti, calmati: Dio ti guida.
Se sei smarrito, calmati: Dio ti vede.
Se sei in difficoltà, calmati: Dio è provvidente.
Se la malattia ti logora, calmati: Dio guarisce.
Se la croce è pesante, calmati: Dio ti sostiene.
Se la morte ti spaventa, calmati: Dio è risurrezione.
Dio è sempre con noi, ci ama e ci ascolta.

fiducia in Dioabbandono in Diofedetranquillitàserenitàrapporto con Dio

5.0/5 (3 voti)

inviato da Maurizio Gasperi, inserito il 20/09/2012

TESTO

27. Fiducia   1

Charles de Foucauld

Abbiate fiducia che Dio vi darà il destino migliore per la sua gloria, il migliore per la vostra anima, il migliore per la persona degli altri, poiché voi non domandate altro che questo, poiché tutto ciò che egli vuole voi lo volete, pienamente e senza riserve.

fiducia in Dioabbandono in Dio

1.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 11/08/2012

TESTO

28. Appoggiati a Dio   4

San Francesco d'Assisi, a Santa Chiara

Non appoggiarti all'uomo: deve morire.
Non appoggiarti all'albero: deve seccare.
Non appoggiarti al muro: deve crollare.
Appoggiati a Dio, a Dio soltanto. Lui rimane sempre!

rapporto con Diostabilitàeternitàfiducia in Dioaffidamento a Diofedefiducia

5.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 23/05/2012

TESTO

29. L'assoluzione del ladrone

Ambrogio di Milano, Inno 9,1-4

Questò è il vero giorno di Dio,
radioso di santa luce
nel quale il sangue divino
lavò i turpi peccati del mondo,
ridando fiducia ai peccatori,
iluminando la vista dei ciechi.

Chi non libera dal grave timore
l'assoluzione del ladrone
il quale, con un breve atto di fede conquistò Gesù,
mutando la croce in premio, e, con celere passo,
precedette i giusti nel regno di Dio?

Persino gli angeli rimangono stupiti
davanti a quest'opera,
osservando il supplizio del corpo
e vedendo il peccatore,
con la sua adesione a Cristo,
conquistare la vita beata.

Pasquaresurrezionerisortoperdonomisericordia di Diobuon ladrone

3.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 09/04/2012

TESTO

30. La ricerca della verità

Amici della Zizzi, Commento al Vangelo di oggi

Molti di noi spesso si compiacciono più della domanda che rivolgono ad altri e che denota la propria intelligenza, piuttosto che guardare alla risposta.

Così spesso facciamo nei confronti non solo di Dio, ma della Verità che andiamo cercando.

Ci compiacciamo di ciò che cerchiamo senza guardare a ciò che troviamo.
E' qui una delle motivazioni di tanti fallimenti.

Pensiamo quando una coppia vuole prendere un bambino in adozione. Ha due strade: accogliere qualunque bambino, comunque sia ed allora è il vero modo di accogliere; oppure costruirsi l'idea, fin nei minimi particolari, di come debba essere quel bambino, ed allora colui che arriverà non sarà mai all'altezza delle loro aspettative.

Questo vale in qualunque cosa faremo, dal matrimonio, al lavoro, al proprio hobby.

Questo purtroppo molti di noi fanno quando cercano Dio. Abbiamo in testa l'idea di cosa Dio dovrebbe fare, dire, creare, distruggere e mai e poi mai le nostre aspettative si realizzeranno perché legate ad un pensiero tutto umano, ma Dio è spirito, Dio è Amore allo stato puro, Dio è svincolato dalle nostre logiche umane.

Se veramente ci mettessimo in cerca di Dio, dovremmo stare a guardare e ad accettare ciò che accade, cercando semmai di interpretarlo, provando a capirlo, ma non per questo avendo la pretesa di riuscirci.

Avete mai provato a litigare con il computer, oppure con un esercizio di matematica?

Alla fine, per quanto ci siamo scervellati ed abbiamo provato mille vie per arrivare alla soluzione, il risultato è totalmente diverso da come pensavamo, da come eravamo certi che sarebbe dovuto essere. Eppure tutto portava a pensare che fosse in un modo, invece era in un modo totalmente diverso.

Dio ci insegna ad amare, amare incondizionatamente, amare senza aspettative, amare al di là di ogni logica, amare abbandonandosi a Lui, amare ringraziando per quello che ci dona e ringraziando ancor più per quello che ci toglie perché l'essenza dell'Amore è la Fiducia, la Fede che tutto ciò che capita fa parte di un disegno, troppo grande perché noi possiamo capirlo, ma che ha una trama buona, un risultato finale che non potrà essere giudicato fin tanto che non sarà completato.

E' come se una formica, dal suo punto di osservazione, dal suo territorio fatto di pochi metri quadri potesse giudicare il mondo, la terra, l'universo, gli uomini.

veritàricerca di Dioricerca di sensoapertura

inviato da Riccardo Ripoli, inserito il 08/04/2012

TESTO

31. Desideri e promesse   3

Dietrich Bonhoeffer

Dio non realizza tutti i nostri desideri, bensì tutte le sue promesse.

volontà di Diopreghieraaccettazionefiduciafede

5.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 08/04/2012

TESTO

32. Il Risorto nella nostra storia

Monaci Benedettini Silvestrini, Auguri pasquali 2011

Quando senti i terremoti violenti scuotere la terra, quando in preda allo spavento vedi lo tsunami dare morte alle persone inermi e travolgere tutto nella distruzione, quando vedi il fuoco bruciare la tua casa, quando vedi infuriare i venti e scatenarsi la tempesta che schianta la foresta dì a te stesso: "Credo che la terra tornerà nella sua immobilità, le acque si calmeranno, la foresta si rifarà e io ricostruirò la mia casa e soprattutto la vita continuerà a vivere perché Cristo è risorto ed è lui l'autore dell'immortalità, lui l'autore della vita".

Quando vedi con terrore che una fonte di energia inventata dagli uomini, diventa contagio, terrore e morte per gli uomini dì a te stesso: "Da quella fonte Cristo era stato escluso e l'umana intelligenza inventa, ma non salva e talvolta diventa il suo sepolcro".

Quando il peccato ti stringe alla gola e ti senti soffocato e finito, dì a te stesso: "Cristo è risorto dai morti e io risorgerò dal mio peccato, per questo si è immolato sulla croce, per questo io spero il suo perdono".

Quando la vecchiaia o la malattia tenterà di amareggiare la tua esistenza, dì a te stesso: "Cristo è risorto dai morti e ha fatto cieli nuovi e terra nuova. È lui la mia eterna giovinezza, lui può fare nuova la mia anima".

Quando vedrai tuo figlio fuggire da casa in cerca di avventura e ti sentirai sconfitto nel tuo sogno di padre o di madre, dì a te stesso: "Mio figlio non sfuggirà a Dio e tornerà perché Dio lo ama, perché lo attende da sempre nella tua casa per abbracciarlo e fare festa con te e con lui per il suo ritorno".

Quando vedrai spegnersi la carità attorno a te e vedrai gli uomini come impazziti nel loro peccato e ubriacati dai loro tradimenti, dì a te stesso: "Toccheranno il fondo, ma torneranno indietro perché lontano da Dio non si può vivere e la nostalgia del Padre celeste è irrefrenabile per tutti i figli di Dio".

Quando il mondo ti apparirà come sconfitta di Dio e sentirai la nausea del disordine, della violenza, della litigiosità continua, del terrore, della guerra dominare sulle piazze e la terra ti sembrerà il caos, dì a te stesso: "Gesù è morto e risorto proprio per salvare e, se la imploriamo, la sua salvezza è già presente tra di noi".

Quando tuo padre o tua madre, tuo figlio o tua figlia, la tua sposa, il tuo amico più caro, ti saranno dinanzi sul letto di morte e tu li fisserai nell'angoscia mortale del distacco, dì a te stesso e a loro: "Ci rivedremo nel Regno eterno, ora io intraprendo la via del Risorto, coraggio!".

Questo significa credere nella Resurrezione. Questo significa superare la tentazione, assai frequente ai nostri giorni, di fissare lo sguardo sulla superficie torbida degli eventi e magari incolpare il buon Dio dei terremoti, degli tsunami, dei lutti, delle violenze e di tutto il male che ci circonda, ci umilia e ci affligge, ignari e impenitenti dei nostri peccati.

Significa invece accorgersi con motivata preoccupazione che noi uomini abbiamo abbassato con la colpevole dimenticanza dell'Eterno, con le nostre frivole umane stupidità le dighe e le barriere e ci siamo privati delle corazze personali che formano gli argini e le difese dal male, da quel terribile male che si oppone a Dio e a noi e vorrebbe tutto e tutti chiudere per sempre in un sepolcro di morte e di definitiva distruzione, quelli argini e quelle divine difese, che invece ci difendono, ci aprono alla luce del bene, ci rischiarano la notte dei tempi e ci orientano verso la Luce di quel radioso mattino che illumina tutti i nostri giorni e sempre ci indirizza verso la vita vera, verso la definitiva risurrezione.

Ecco il grande, immenso dono del Cristo risorto, ecco la pasqua di quest'anno e la pasqua di ogni giorno, quella che potremmo chiamare l'albore e la speranza della Vita, la nostra fede. i doni del Risorto, quelli che noi monaci imploriamo e auguriamo con gioia a tutti e a ciascuno di voi.

I Monaci Benedettini Silvestrini del Monastero san Vincenzo Bassano Romano

pasquaresurrezionerisurrezionesperanzafiducia

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inviato da Monaci Benedettini Silvestrini Di Bassano Romano, inserito il 07/04/2012

TESTO

33. Davanti al cielo stellato   3

Antonietta Milella, Meditazione sul Salmo 8

Quando ti senti solo, quando ti senti abbandonato, quando ti senti messo da parte, quando pensi che nessuno si ricordi di te, affacciati alla finestra, alza gli occhi e guarda il cielo stellato. Quante luci riesci a vedere? Quante ne immagini nello spazio ristretto del tuo limitato orizzonte?

Pensa... ciò che vedi ha una profondità infinita, le luci che distingui sono nulla, gocce d'acqua nell'oceano del cielo profondo e sconfinato.

Pensa... ogni stella si muove secondo una legge per lei fissata dalla notte dei tempi, intorno a lei girano i pianeti, intorno ai pianeti i satelliti, ognuno con una precisione millimetrica, secondo un tempo che è stato dato ad ogni più piccolo essere come sua misura.

Moltiplica quelle luci, moltiplica quei movimenti, moltiplica il tuo piccolo quadro di cielo all'infinito, e... sei infinitamente distante dalla verità.

Pensa... dietro ad ognuna di quelle luci, dietro ad ogni impercettibile movimento, dietro ad ogni realtà percepita dall'uomo con i suoi strumenti imperfetti c'è qualcuno che quella realtà, quel movimento, la legge che lo regola li ha creati. Tanta perfezione, per cosa?

Guarda te ora... guarda i tuoi occhi capaci di comprendere e abbracciare ciò che è così tanto più grande di loro, guarda il tuo cuore, quel cuore che ora senti piagato e pensa...

Il tuo cuore ha in sé un'ansia infinita di amore, un desiderio infinito di assoluto, di Dio... ha un'ansia infinita di infinito. Eppure il cuore per quanto grande è piccolo rispetto al corpo che lo contiene! Eppure il cuore soffre più di qualsiasi altro organo, più di qualsiasi altra parte del corpo!

Pensa... le cose piccole capaci di cose grandi! Gli occhi, il cuore capaci di accogliere la più grande pena, ma anche la più grande manifestazione di amore, quella di Dio!

"Chi è l'uomo perché te ne curi, chi è l'uomo perché te ne ricordi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e onore lo hai coronato. Tutto hai messo ai suoi piedi".
Così recita un salmo.

Di fronte a quel cielo stellato ci sei tu, di fronte alla più grande meraviglia del Creato ci sei tu, piccolo, fragile, smarrito, turbato, ma ci sei.

Tu sei prezioso di più della più luminosa stella che riesci a vedere ad occhio nudo dalla tua finestra, sei prezioso perché Dio ha fatto tutto quello che ti sta davanti per te, perché potessi percepire un frammento della sua potenza, della sua grandezza, un frammento del suo amore.

Se ad ogni stella, ad ogni pianeta, ad ogni molecola, ad ogni atomo che sono inerti e senza vita ha dato il compito così grande di celebrare la sua gloria, quanto più grande è il progetto su di te, sull'uomo che si eleva su tutte le cose create e le domina con il suo pensiero!
Guarda lontano, guarda in alto; guarda ora dentro di te.

Scoprirai che quell'universo che ti sembra così irraggiungibile, così perfetto e misterioso, davanti ai tuoi occhi è dentro di te. E' un universo da esplorare, è un universo in cui troverai le risposte che cerchi, è l'universo delle emozioni e dei sentimenti che arricchiscono e illuminano il cielo sconfinato della tua anima.

Guarda, ma ad occhi chiusi: E vedrai dentro di te accendersi tante stelle luminose. Vedrai che nel buio più profondo, proprio come in quel cielo da cui tu ora hai distolto lo sguardo, spuntano fiori stupendi, che tu non ti eri accorto di avere piantato.

Fratello, nel tuo cuore Dio ha seminato ciò che vuole tu impari a guardare: vuole che tu nel tuo cuore riscopra l'amore con cui lui ti guarda, vuole che tu almeno una volta ti fidi di lui.

E' ansioso di manifestarti il suo progetto meraviglioso che ha in serbo per te, desidera che almeno una volta tu gli permetta di entrare per farsi conoscere più da vicino.

Vuole incontrarti non nel cielo infinito, ma nella tua pena, nella tua sofferenza, nella tua difficoltà di ogni giorno, nel tuo bisogno di amore non soddisfatto, per trasformarli in canto di gioia, in inno di lode a lui, che non ha smesso neanche un momento di occuparsi di te.

gratitudinericerca di sensoricercasenso della vitagrandezzapiccolezzaumanitàfiduciasperanza

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inviato da Antonietta Milella, inserito il 21/01/2012

TESTO

34. Paura e coraggio

Giovannino Guareschi, La paura continua in Id., Mondo piccolo. Don Camillo, Milano, Rizzoli & C., marzo 1948, pp. 312-313

Era già sera tarda e don Camillo stava dandosi da fare nella chiesa deserta. Aveva rizzata una scaletta sull'ultimo gradino dell'altare. Nel legno di un braccio della croce si era aperta una crepa, lungo la venatura, e don Camillo, stuccata la crepa, stava ora tingendo con un po' di vernice il gesso bianco della stuccatura. Ad un tratto sospirò, e il Cristo gli parlò sommesso.

"Cos'hai, don Camillo? Da qualche giorno mi sembri affaticato. Ti senti poco bene? Che sia un po' d'influenza?"

"No, Gesù", confessò senza alzare la testa don Camillo. "È paura." "Tu hai paura? E di che mai?"

"Non lo so: se sapessi di che cosa ho paura non avrei più paura" rispose don Camillo. "C'è qualcosa che non va, qualcosa sospeso nell'aria, qualcosa da cui non posso difendermi. Venti uomini che mi aggrediscono con lo schioppo in pugno non mi fanno paura: mi seccano perché sono venti e io sono solo e senza schioppo. Se io mi trovo in mezzo al mare e non so nuotare penso: fra un minuto affogherò come un pulcino. E allora, mi dispiace molto, ma non provo paura. Quando su un pericolo si può ragionare non si prova paura. La paura è per i pericoli che si sentono ma non si conoscono. È come se camminassi a occhi bendati su una strada sconosciuta. Brutta faccenda."

"Non hai più fede nel tuo Dio, don Camillo?"

"Da mihi animam, caetera tolle. L'anima è di Dio, i corpi sono della terra. La fede è grande, ma questa è una paura fisica. La mia fede può essere immensa, ma se sto dieci giorni senza bere, ho sete. La fede consiste nel sopportare questa sete accettandola a cuore sereno come una prova impostaci da Dio. Gesù, io sono pronto a sopportare mille paure come questa per amor vostro. Però ho paura."

Il Cristo sorrise. "Mi disprezzate?"

"No, don Camillo, se tu non avessi paura, che valore avrebbe il tuo coraggio?"

fedefiduciapauracoraggio

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inviato da Caterina Bertero, inserito il 08/07/2011

TESTO

35. Il digiuno che piace al Signore   7

Digiuna dal giudicare gli altri:
scopri Cristo che vive in loro.
Digiuna dal dire parole che feriscono:
riempiti di frasi che risanano.
Digiuna dall'essere scontento:
riempiti di gratitudine.
Digiuna dalle arrabbiature:
riempiti di pazienza.
Digiuna dal pessimismo:
riempiti di speranza cristiana.
Digiuna dalle preoccupazioni inutili:
riempiti di fiducia in Dio.
Digiuna dal lamentarti:
riempiti di stima per quella meraviglia che è la vita.
Digiuna dalle pressioni e insistenze:
riempiti di una preghiera incessante.
Digiuna dall'amarezza:
riempiti di perdono.
Digiuna dal dare importanza a te stesso:
riempiti di compassione per gli altri.
Digiuna dall'ansia per le tue cose:
compromettiti nella diffusione del Regno.
Digiuna dallo scoraggiamento:
riempiti di entusiasmo nella fede.
Digiuna da tutto ciò che ti separa da Gesù:
riempiti di tutto ciò che a Lui ti avvicina.
Spirito Santo, che hai condotto Gesù nel deserto,
dove Egli ha digiunato per quaranta giorni e quaranta notti,
per l'intercessione di Maria SS.,
Madre di Gesù e Madre mia,
aiutaci a digiunare così come tu vuoi.

digiunoquaresimapenitenzadesertopace interioreumiltà

4.5/5 (2 voti)

inviato da Paola Rivella, inserito il 10/03/2011

TESTO

36. Volere e potere   1

Il volere è dell'uomo, il potere è di Dio. Chiediamo a Dio di volere ciò che lui vuole. Solo così il volere diventa potere.

volerepoterefiduciafede

inviato da Antonietta Milella, inserito il 14/08/2010

TESTO

37. Fede è   1

Fede è: cercare colui che non conosci;
conoscere colui che non vedi;
vedere colui che non tocchi;
amare colui che già ti ha cercato,
ti ha conosciuto, ti ha visto,
ti ha toccato, ti ha amato.
E' fidarsi di chi si è già fidato di te
affidando alle tue fragili mani
un dono di amore che vale ogni rischio.

fedefiduciarapporto con Dio

inviato da Fortunato Forner, inserito il 11/08/2010

TESTO

38. Riappacificati con la morte

Carlo Maria Martini

Io, mi sono più volte lamentato col Signore perché morendo non ha tolto a noi la necessità di morire. Sarebbe stato così bello poter dire: Gesù ha affrontato la morte anche al nostro posto e morti potremmo andare in Paradiso per un sentiero fiorito. E invece Dio ha voluto che passassimo per questo duro colle che è la morte ed entrassimo nell'oscurità che fa sempre un po' paura. Ma qui sta l'essenziale: mi sono riappacificato col pensiero di dover morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle "uscite di sicurezza". Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio. Ciò che ci attende dopo la morte è un mistero che richiede un affidamento totale: desideriamo essere con Gesù e questo nostro desiderio lo esprimiamo ad occhi chiusi, alla cieca, mettendoci in tutto nelle sue mani.

mortefedefiduciaaffidamentoaccettazionesperanzavita eterna

5.0/5 (1 voto)

inviato da Matteo Salvatti, inserito il 26/06/2010

TESTO

39. La mia vita invoca Dio

Nicolino Sarale

Sono irritato con me;
vorrei e non vorrei;
desidero e non desidero;
prometto e non mantengo;
prego e non ho fiducia;
credo in Cristo;
e lo temo... oh, sì!
Io porto in me lo stimolo del mondo!
L'universo intero
mi tormenta e mi esalta:
il mistero della storia
mi scarnifica e mi stupisce;
l'aldilà mi spaventa e mi attrae...
La mia vita
non è che un'ombra scialba
che invoca Dio.

umanitàcontraddizionifiduciapaurainterioritàdebolezza

1.0/5 (1 voto)

inviato da Mario Prato, inserito il 13/12/2009

TESTO

40. Dio è nostro Padre   1

Madre Speranza di Gesù, Come un Padre e una tenera Madre

Dio è nostro Padre.
Credo che per elevare il nostro cuore a Dio non siano necessari tanti argomenti: ci può bastare la convinzione che Dio è nostro Padre.
Questa considerazione muove teneramente il cuore a un amore intenso, capace di penetrare tutta l'anima per molto tempo, disponendola a grandi cose.
Fra tutti i sentimenti, quello che può rimanere più a lungo nel cuore e nella mente, fino al punto di diventare un'idea fissa, è il poter chiamare Padre Dio stesso!

Padre è il titolo che conviene a Dio perché a lui dobbiamo quanto è in noi nell'ordine della natura e in quello soprannaturale della grazia, che ci fa suoi figli adottivi.
Vuole che lo chiamiamo Padre, perché come figli lo amiamo, gli obbediamo e lo veneriamo, e per destare in noi gli affetti di amore e di fiducia per i quali otterremo quanto gli domandiamo.
Nostro perché non avendo Dio che un Figlio naturale, nella sua infinita carità, ne volle avere molti adottivi, per poter comunicare ad essi le sue ricchezze; e perché, avendo tutti lo stesso Padre ed essendo fratelli, ci amassimo tra di noi scambievolmente.

Dio si è chinato verso di noi come il Padre più amoroso verso suo figlio e ci invita ad amarlo e a donargli il nostro cuore.
Questo amore egli potrebbe esigerlo per diritto e per forza.
Invece preferisce chiederlo affettuosamente, con dolcezza, perché la nostra risposta sia più spontanea e perché ricorriamo a lui con amore filiale.

Che gli uomini conoscano Dio come un Padre buono che si adopera con tutti i mezzi e in ogni modo per confortare, aiutare e far felici i suoi figli e che li segue e li cerca con amore instancabile come se non potesse essere felice senza di loro.

Dio Padrepaternità di Diorapporto con Diomisericordia di Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da M. Lucia Lisci, inserito il 10/12/2009

TESTO

41. Dio abita in noi

Madre Speranza di Gesù, Come un Padre e una tenera Madre

Che cosa dobbiamo fare per incontrarci con Dio?
Per incontrarci con Dio non è necessario che ci affatichiamo molto, andando di qua e di là: Egli si trova molto vicino a noi ed anche dentro di noi.
Si trova molto vicino a noi, perché è presente in tutte le creature che ci circondano; si trova dentro di noi perché la nostra persona può diventare un Tabernacolo vivente, se invitiamo il Signore a rimanere con noi, con la certezza che egli vi resterà e prenderà dimora nel nostro povero e misero cuore.
Quanta fiducia può infondere il pensiero che per quanto siano dure le prove, le tentazioni, le croci, le fatiche per le quali dobbiamo passare, possiamo essere certi che è con noi il Signore, Lui che è onnipotente, al quale niente resiste!

Dobbiamo essere persuasi che il Signore vive in noi come un intimo amico.
Egli sa che, da soli, non possiamo coltivare la vita soprannaturale, né camminare nella santità; perciò opera insieme a noi come il più valido collaboratore, supplendo, istante per istante, con la sua grazia alla nostra impotenza.
Abbiamo bisogno di luce per penetrare nella verità della fede?
Invochiamolo! Egli, l'Autore della luce, illuminerà la nostra intelligenza.
Abbiamo bisogno di risolutezza e coraggio per far fronte ai nostri impegni? Egli ci darà le energie soprannaturali che ci sono necessarie per compiere tutto secondo i suoi desideri.
Ricorriamo a lui che ci sta aspettando per darci aiuto e forza.

Non c'è cosa più grande e più dolce che amare il nostro Dio.
Questo amore procura una grande pace all'anima; pace che cresce se siamo profondamente persuasi che il nostro Dio abita in noi con paterna sollecitudine.

La persona che ama il Signore è felice e gode continuamente della sua presenza.
Ha compreso che per trattare con lui non c'è bisogno di muovere neppure un passo, poiché il Signore dimora e vive dentro di lei.

inabitazione di Diorapporto con Diograziavita di grazia

inviato da M. Lucia Lisci, inserito il 09/12/2009

TESTO

42. Gesù Risorto non smetterà mai di volerti bene   1

Paolo Spoladore, Tutti ti cercano

Gesù risorto non smetterà di darti amore e capacità di amare, anche quando non vorrai più amare e rispettare nessuno, nemmeno te stesso.
Gesù risorto non smetterà di sceglierti anche quando non sceglierai più niente di vitale e luminoso.
Gesù risorto non smetterà di darti vita anche quando non la saprai usare, né la saprai sfruttare per il bene e la luce.
Gesù risorto non smetterà di darti il "camminare" anche quando non avrai più voglia di muoverti.
Gesù risorto non smetterà di abbracciarti anche quando tu non avrai più voglia di abbracciare nessuno.
Gesù risorto non smetterà di darti le stelle anche quando non avrai più voglia di guardare il cielo e di orientarti.
Gesù risorto non smetterà di darti doni anche quando non farai altro che sprecarli tutti.
Gesù risorto non smetterà di darti occasioni e fortune, anche quando non ti accorgerai delle prime e non benedirai le seconde.
Gesù risorto non smetterà di usarti misericordia, anche quando tu farai da giudice ingiusto dei tuoi simili.
Gesù risorto non smetterà di far crescere i fiori, anche quando tu li comprerai di plastica.
Gesù risorto non smetterà di dar luce ai tuoi occhi, anche quando non vorrai vedere nulla con gioia e gratitudine.
Gesù risorto non smetterà di darti le mani, anche quando le userai solo per sfruttare i poveri e gli innocenti.
Gesù risorto non smetterà di darti la capacità di "prendere la mira" anche quando non la userai per cacciare e mangiare, ma solo per uccidere e devastare.
Gesù risorto non smetterà di darti intelligenza, anche quando la userai da sciocco e da superbo.
Gesù risorto non smetterà di darti fiducia, anche quando non l'avrai più nemmeno per te stesso.
Gesù risorto non smetterà di darti speranza, nemmeno quando tutto ti sembrerà più brutto.
Gesù risorto non smetterà, non smetterà mai di amarti e di chiederti se non puoi amare anche tu un po' di più con gioia e verità, per la tua felicità e la pace di tutti.
Gesù risorto non smetterà mai di volerti bene e non potrai impedirglielo. Tu proprio non potrai impedirglielo.

GesùCristorisurrezionesperanzarapporto con Diofiducia

inviato da Maria Teresa Osele, inserito il 08/12/2009

TESTO

43. Io mi impegno - Preghiera per l'adesione all'azione cattolica   1

Azione Cattolica Diocesana di Napoli

Confermando la scelta di aderire all'Azione Cattolica Italiana mi impegno:

- a camminare sulla strada della santità, tenendo fisso lo sguardo su Gesù;
- ad avere un contatto continuo con la Parola di Dio e a vivere una vita sacramentale intensa;
- a curare la mia formazione cristiana, attraverso la meditazione, lo studio personale, la partecipazione alle iniziative di formazione e alla vita dell'associazione parrocchiale, Diocesana e nazionale.
- ad avere a cuore la formazione cristiana dei più piccoli dell'Associazione (ACR);
- a far crescere la qualità della vita dell'AC attraverso la preghiera e la cura delle relazioni con le persone, la condivisione delle proposte che l'associazione offre, la promozione degli obiettivi che si da, la corresponsabilità e il sostegno economico;
- a vivere in comunione con il Vescovo e i sacerdoti, in particolare con il mio parroco, "con tutti i fratelli nella fede e con le altre aggregazioni ecclesiali";
- ad essere "fermento di dialogo con tutti gli uomini di buona volontà" ;
- a spendermi, insieme a tutti gli aderenti all'Associazione, affinché la mia parrocchia sia sempre più accogliente, estroversa, missionaria;
ad andare incontro alle persone che incrocio nelle diverse situazioni della vita;
- a portare da laico, giorno dopo giorno, "il fermento del Vangelo" in famiglia, a scuola, all'università, nei luoghi di lavoro e del tempo libero, nell'economia e nella politica;
- a prendere la vita sul serio e ad essere lievito buono, parola che comunica fiducia, sale che esalta il sapore delle cose.

Affido questi miei santi propositi al cuore e alle mani di Maria, la Madre del Signore Gesù.

azione cattolicaimpegnoevangelizzazionecomunione

inviato da Qumran2, inserito il 07/12/2009

TESTO

44. Decalogo della coppia, immagine dell'unione di Cristo con l'umanità   3

Elaborato dai gruppi famiglie Parr. SS. Salvatore, Biancavilla, CT

1°. Dono all'altro senza condizione.
Come Gesù si è donato all'Umanità.

2°. Fedeltà, avere fiducia nell'altro.
Come Gesù resta sempre accanto all'Umanità.

3°. Dialogo, apertura verso l'altro.
Come Gesù parla alla sua Sposa.

4°. Preghiera, raccogliersi insieme per dialogare con Dio.
Come Gesù implora il Padre per la sua Sposa

5°. Perdono, riconoscere le fragilità di entrambi.
Come Gesù si accosta e rialza la sua Sposa caduta.

6°. Testimonianza, mostrare l'amore di Dio.
Come lo ha testimoniato Gesù.

7°. Coerenza, essere sempre presenti.
Come Gesù resta sempre accanto all'Umanità.

8°. Amicizia, raccontare se stessi.
Come Gesù ha parlato del Padre.

9°. Perseveranza, essere forti nella prova.
Come Gesù ha abbracciato la croce per la sua Sposa.

10°. Sacrificio, rinunciare a se stessi.
Come Gesù si è offerto per l'umanità.

coppiaamorematrimoniofamigliasposi

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inviato da Mariella Tirendi, inserito il 20/09/2009

TESTO

45. Benedizione

Anselm Grun e Maria M. Robben, Come vincere nelle sconfitte, Ed. Queriniana 2003

La Parola di Dio che si è fatta carne in Gesù, è per tutti benedizione e salvezza.

Non ti lascio cadere e non ti abbandono.
Resto presso di te con il mio amore,
ti accompagno dovunque andrai.

Il mio amore sia la tua forza, la mia fedeltà la tua difesa.
Ti avvolga la mia tenerezza,
e ti venga incontro la mia brama.

Se sei triste, ti consolerò,
nella tua inquietudine stendo la mia mano su di te,
nel tuo dolore bacio le tue ferite,
nel tumulto mi metto al tuo fianco
come angelo delle difficoltà.

Se gli uomini ti deridono ti irrobustirò le spalle,
nella tua mutezza ti offrirò la mia voce
e quando sarai ricurvo per il dolore ti solleverò
con uno sguardo d'amore.

Quando tutto inaridirà in te, ti regalerò il mio calore,
e quando le preoccupazioni ti opprimeranno,
ti sussurrerò parole di fiducia.

Se l'affanno colmerà la tua anima, lo caccerò,
e la mia presenza sarà per te luce in tutto quello che farai.

Al mattino ti risveglia il mio desiderio
e alla sera ti ricopre il mio amore;
addormentati nelle mie braccia
faccia a faccia, cuore a cuore...
tendi l'orecchio, batte per te... nella lunga notte,
a ogni nuovo giorno...

amore di Dioprovvidenzabenedizioneauguriopresenza di Diotenerezza di Dioamorecoppiamatrimoniofedeltàaiutotenerezza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Monache Benedettine Di S. Margherita, Fabriano (AN), inserito il 14/08/2009

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46. La provvidenza

San Giovanni Maria Vianney, Omelia per la II Domenica dopo Pentecoste

Non temiamo mai che la santa Messa comporti ritardi nei nostri affari temporali; succede tutto il contrario: stiamo certi che tutto andrà meglio, e che anzi i nostri affari riusciranno meglio che se avessimo la disgrazia di non assistervi. Eccone un esempio ammirevole. Viene riferito di due artigiani, che esercitavano lo stesso mestiere e che dimoravano nel medesimo borgo, che uno di essi, carico di una grande quantità di bambini, non mancava mai di ascoltare ogni giorno la santa Messa e viveva assai agevolmente con il suo mestiere; mentre l'altro, che pure non aveva bambini, lavorava parte della notte e tutto il giorno, e spesso il santo giorno della domenica, e a mala pena riusciva a vivere. Costui, che vedeva gli affari dell'altro riuscirgli così bene, gli chiese, un giorno che lo incontrò, dove poteva prendere di che mantenere così bene una famiglia tanto grande come la sua, mentre lui, che non aveva che sé e sua moglie, e lavorava senza posa, era spesso sprovvisto di ogni cosa.

L'altro gli rispose che, se voleva, l'indomani gli avrebbe mostrato da dove gli proveniva tutto il suo guadagno. L'altro, molto contento di una così buona notizia, non vedeva l'ora di arrivare all'indomani che doveva insegnargli a fare la sua fortuna. Infatti, l'altro non mancò di andare a prenderlo. Eccolo che parte di buon animo e lo segue con molta fedeltà. L'altro lo condusse fino alla chiesa, dove ascoltarono la santa Messa. Dopo che furono tornati: "Amico, gli disse colui che stava bene a suo agio, torni pure al suo lavoro". Fece altrettanto l'indomani; ma, essendo andato a prenderlo una terza volta per la stessa cosa: «Come? - gli disse l'altro. Se voglio andare alla Messa, conosco la strada, senza che lei si prenda la pena di venirmi a prendere; non è questo che volevo sapere, bensì il luogo dove trova tutto questo bene che la fa vivere così agiatamente; volevo vedere se, facendo come lei, posso trovarvi il mio tornaconto». «Amico, gli rispose l'altro, non conosco altro luogo oltre la chiesa, e nessun altro mezzo fuorché l'ascoltare ogni giorno la santa Messa; e quanto a me, le assicuro che non ho adoperato altri mezzi per avere tutto il bene che la stupisce. Ma lei non ha letto ciò che Gesù Cristo ci dice nel Vangelo, di cercare anzitutto il regno dei cieli, e che tutto il resto ci sarà dato in soprappiù?».

Forse vi stupisce, fratelli? Me, no. È ciò che vediamo ogni giorno nelle case dove c'è devozione: coloro che vengono spesso alla santa Messa fanno i loro affari molto meglio di quelli ai quali la loro poca fede fa pensare che non ne hanno mai il tempo. Ahimé!, se avessimo riposto tutta la nostra fiducia in Dio, e non contassimo affatto sul nostro lavoro, quanto saremmo più felici di quanto lo siamo!

- Ma, mi direte, se non abbiamo niente, non si dà niente.

- Cosa volete che vi dia il buon Dio, quando non contate che sul vostro lavoro e per niente su di lui? Visto che non vi concedete neanche il tempo per fare le vostre preghiere al mattino né alla sera, e vi accontentate di venire alla santa Messa una volta alla settimana.

Ahimé!, non conoscete le ricchezze della provvidenza del buon Dio per colui che si fida in Lui. Volete una prova evidente? Essa sta dinanzi ai vostri occhi; guardate il vostro pastore e considerate questo. dinanzi al buon Dio.

- Oh!, mi direte, è perché a lei viene dato.

- Ma chi mi dà se non la provvidenza del buon Dio? Ecco dove sono i miei tesori, e non altrove.

provvidenzarapporto con Diointerioritàpreghiera

inviato da Parrocchia S. Giovanni M. Vianney, Roma, inserito il 26/06/2009

TESTO

47. L'educazione dei figli

Sette dialoghi con Ambrogio, Vescovo di Milano, IV secolo d.C.

L'educazione dei figli è impresa per adulti disposti a una dedizione che dimentica se stessa: ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l'affetto necessario.

Il bene dei vostri figli sarà quello che sceglieranno: non sognate per loro i vostri desideri.

Basterà che sappiano amare il bene e guardarsi dal male e che abbiano in orrore la menzogna.

Non pretendete dunque di disegnare il loro futuro: siate fieri piuttosto che vadano incontro al domani con slancio, anche quando sembrerà che si dimentichino di voi.

Non incoraggiate ingenue fantasie di grandezza, ma se Dio li chiama a qualcosa di bello e di grande non siate voi la zavorra che impedisce loro di volare.

Non arrogatevi il diritto di prendere decisioni al loro posto, ma aiutateli a capire che decidere bisogna e non si spaventino se ciò che amano richiede fatica e fa qualche volta soffrire: è più insopportabile una vita vissuta per niente.

Più dei vostri consigli li aiuterà la stima che hanno di voi e che voi avete di loro; più di mille raccomandazioni soffocanti, saranno aiutati dai gesti che videro in casa: gli affetti semplici, certi ed espressi con pudore, la stima vicendevole, il senso della misura, il dominio della passione, il gusto per le cose belle e l'arte, la forza anche di sorridere.

E tutti i discorsi sulla carità non mi insegneranno di più del gesto di mia madre che fa posto in casa per un vagabondo affamato e non trovo gesto migliore per dire la fierezza di essere uomo di quando mio padre si fece avanti a prendere le difese di un uomo ingiustamente accusato.

I vostri figli abitino la vostra casa con quel sano trovarsi bene che ti mette a tuo agio e ti incoraggia anche ad uscire di casa, perché ti mette dentro la fiducia in Dio e il gusto di vivere bene.

genitorifiglieducareeducazione

inviato da Daniela Filippino, inserito il 11/06/2009

TESTO

48. La pace

Madre Teresa di Calcutta

Possa oggi esserci la pace.
Possa tu avere fiducia nelle tue possibilità,
che tu sia esattamente dove avresti voluto essere.
Possa tu non dimenticare le infinite
possibilità che nascono dalla fede.
Possa tu usare questi doni che hai ricevuto
e trasmettere l'amore che ti è stato donato.
Sii contento di sapere di essere figlio di Dio.
Sia questa presenza fissata nelle tue ossa e
permetti alla tua anima di essere libera di cantare,
ballare, glorificare e amare.
Sia così per ognuno di voi.

pacefiduciaDiogioia

inviato da Lilly Giuliani, inserito il 02/06/2009

TESTO

49. La vera giovinezza   2

Generale Mac Arthur, discorso ai cadetti di West Point, 1945

La giovinezza non è un periodo della vita, essa è uno stato dello spirito, un effetto della libertà, una qualità dell'immaginazione, un'intensità emotiva, una vittoria del coraggio sulla timidezza. Non si diventa vecchi per aver vissuto un certo numero di anni. Si diventa vecchi perché si è abbandonato il nostro ideale. Gli anni aggrinziscono la pelle, la rinuncia al nostro ideale aggrinzisce l'anima. Le preoccupazioni, le incertezze, i timori, i dispiaceri sono i nemici che lentamente ci fanno piegare verso terra e diventare polvere prima della morte. Voi siete così giovani come la vostra fiducia per voi stessi, così vecchi come il vostro scoramento.Voi resterete giovani fino a quando resterete ricettivi. Ricettivi di ciò che è bello, buono e grande, ricettivi ai messaggi della natura, dell'uomo e dell'infinito. E se un giorno il vostro cuore dovesse esser mosso dal pessimismo e corroso dal cinismo possa Dio avere pietà della vostra anima di vecchi.

gioventùgiovinezzavecchiaia idealiinterioritàforzafiduciaentusiasmo

3.7/5 (3 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 03/05/2009

TESTO

50. L'autentica preghiera   1

Adrienne von Speyr, Esperienza di preghiera

Se preghiamo in autentico abbandono e nella verità, allora la nostra preghiera sarà già compiuta nell'istante in cui la rivolgiamo, diversamente forse da come ce lo aspettavamo, ma tuttavia realmente. E noi ci stupiamo dell'infinita possibilità di compimento che Dio ha, della verità, della ricchezza. Mentre ci stupiamo, comprendiamo più profondamente, e sperimentiamo diversamente, siamo trascinati fuori dal nostro spazio nello spazio che Dio dona, siamo sollevati dalla nostra attesa all'attesa dell'eterna parola che parla.

preghieraveritàcontemplazioneabbandonostuporerapporto con Diofedefiducia

5.0/5 (1 voto)

inviato da Luca Peyron, inserito il 07/09/2008

TESTO

51. ContemplaTTivi   1

Tonino Bello, Cirenei della gioia

Secondo me questo gesto significa due cose: se non ci alziamo da tavola, se non ci alziamo da quella tavola, ogni nostro servizio è superfluo, inutile, non serve a niente. Qui arriviamo al punto nodale di tutte le nostre riflessioni, di tutta la revisione della nostra vita spirituale. Diciamo la verità: è probabile che noi si faccia un gran servizio alla gente, molta diaconia, ma spesso è una diaconia che non parte da quella tavola.

Solo se partiamo dall'eucaristia, da quella tavola, allora ciò che faremo avrà davvero il marchio di origine controllata, come dire, avrà la firma d'autore del Signore. Attenzione: non bastano le opere di carità, se manca la carità delle opere. Se manca l'amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è l'eucaristia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandola di cose.

Dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell'azione. La contemplattività, con due t, la dobbiamo recuperare all'interno del nostro armamentario spirituale. Allora comprendete bene: si alzò da tavola vuol dire la necessità della preghiera, la necessità dell'abbandono in Dio, la necessità di una fiducia straordinaria, di coltivare l'amicizia del Signore, di poter dare del tu a Gesù Cristo, di poter essere suoi intimi.

Non ditemi che sono un vescovo meridionale che parlo con una carica emotiva di particolari vibrazioni: le sentite pure voi queste cose; tutti avvertite che, a volte, siamo staccati da Cristo, diamo l'impressione di essere soltanto dei rappresentanti della sua merce, che piazzano le sue cose senza molta convinzione, solo per motivi di sopravvivenza. A volte ci manca questo annodamento profondo.

Qualche volta a Dio noi ci aggrappiamo, ma non ci abbandoniamo. Aggrapparsi è una cosa, abbandonarsi un'altra. Quand'ero istruttore di nuoto - ero molto bravo, e quando ero in seminario tantissimi hanno imparato da me a nuotare - quante volte dovevo incoraggiare gli incerti: «Dai, sono qui io; non ti preoccupare...». Se qualcuno stava annaspando o scendendo giù, io gli passavo accanto e quello si avvinghiava fin quasi a strozzarmi. Questo è solo un abbraccio di paura, non un abbraccio d'amore.

Qualche volta con Dio facciamo anche noi così: ci aggrappiamo perché ci sentiamo mancare il terreno sotto i piedi, ma non ci abbandoniamo. Abbandonarsi vuol dire lasciarsi cullare da lui, lasciarsi portare da lui semplicemente dicendo: «Dio, come ti voglio bene!».

Allora: se non ci alziamo da quella tavola, magari metteranno anche il nostro nome sul giornale, perché siamo bravi ad organizzare, chissà quali marce o quali iniziative per le prostitute, per i tossici, per i malati di AIDS... diranno che siamo bravi, che sappiamo organizzare; trascineremo anche le folle per un giorno o due; però dopo, quando si accorgeranno che non c'è sostanza, che non c'è l'acqua viva, la gente se ne va.

Ma alzarsi da tavola come ha fatto Gesù significa anche un'altra cosa. Significa che da quella tavola ci dobbiamo alzare: significa che non si può star lì a fare la siesta; che non è giusto consumare il tempo in certi narcisismi spirituali che qualche volta ci attanagliano anche nelle nostre assemblee.

Infatti è bello stare attorno al Signore con i nostri canti che non finiscono mai o a fare le nostre prediche. Ma c'è anche da fare i conti con la sponda della vita. Spesso, come lamenta il papa nella Chiristi fideles laici, c'è una dissociazione tra la fede e la vita.

La fede la consumiamo nel perimetro delle nostre chiese e lì dentro siamo anche bravi; ma poi non ci alziamo da tavola, rimaniamo seduti lì, ci piace il linguaggio delle pantofole, delle vestaglie, del caminetto; non affrontiamo il pericolo della strada. Bisogna uscire nella strada in modo o nell'altro: c'è uscito anche Giuda, «ed era notte» (Gv. 13,30).

Dobbiamo alzarci da tavola. Il Signore Gesù vuole strapparci dal nostro sacro rifugio, da quell'intimismo, ovattato dove le percussioni dei mondo giungono attutite dai nostri muri, dove non penetra l'ordine del giorno che il mondo ci impone.

Ecco, carissimi confratelli, questo è il primo verbo che dovremmo meditare moltissimo..

amorecaritàattivitàcontemplazioneservizioeucaristia

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Luigi Pisoni, inserito il 17/11/2006

TESTO

52. Il prete

Un prete deve essere contemporaneamente piccolo e grande, nobile di spirito come di sangue reale, semplice e naturale come ceppo di contadino, una sorgente di santificazione, un peccatore che Dio ha perdonato, un servitore per i timidi e i deboli, che non s'abbassa davanti ai potenti, ma si curva davanti ai poveri, discepolo del suo Signore, capo del suo gregge, un mendicante dalle mani largamente aperte, una madre per confortare i malati, con la saggezza dell'età e la fiducia d'un bambino, teso verso l'alto, i piedi a terra, fatto per la gioia, esperto del soffrire, lontano da ogni invidia, lungimirante, che parla con franchezza, un amico della pace, un nemico dell'inerzia, fedele per sempre.

sacerdotesacerdozioprete

inviato da Cristina, inserito il 14/07/2006

TESTO

53. L'uccellino e il sole divino

S. Teresa di Lisieux, Storia di un'anima

Gesù, Gesù, se è tanto delizioso il desiderio di amarti, che sarà possederti, godere del tuo amore?

In qual modo può, un'anima imperfetta quanto la mia, aspirare a possedere la pienezza dell'Amore? Gesù, mio primo, mio solo Amico, tu che amo unicamente, dimmi, quale mistero è questo? Perché non riservi queste aspirazioni immense alle anime grandi, alle aquile che roteano altissime? Io mi considero come un uccellino debole, coperto di un po' di piuma lieve; non sono un'aquila, ho dell'aquila soltanto gli occhi e il cuore perché, nonostante la mia piccolezza estrema, oso fissare il Sole divino, il Sole dell'Amore, e il mio cuore prova tutte le aspirazioni dell'aquila... L'uccellino vorrebbe volare verso quel Sole che affascina gli occhi, vorrebbe imitare le aquile, sue sorelle che vede elevarsi fino alla divina dimora della santissima Trinità... Ahimé! Tutto quello che può fare, è sollevare le sue alucce, ma volar via, questo non è nelle sue piccole possibilità. Che ne sarà di lui? Morirà di dolore vedendosi così impotente? No! L'uccellino non se ne affliggerà nemmeno. Con un abbandono audace vuol fissare ancora il suo Sole divino: niente gli fa paura, né vento, né pioggia, e se le nuvole pesanti nascondono l'Astro d'amore, l'uccellino non cambia posto, sa che di là dalle nubi il Sole splende sempre, che la sua luce non si offuscherà nemmeno per un attimo.

In certi momenti il suo cuore si trova assalito dalla tempesta, gli pare che non esistano altre cose se non le nubi che lo circondano; e allora è il momento della gioia perfetta per il povero esserino debole. Che felicità per lui restare lì ugualmente, e fissare la luce invisibile la quale si nasconde alla sua fede! Gesù, fino da ora capisco il tuo amore per l'uccellino, perché non si allontana da te... Ma io lo so, e tu lo sai, spesso questo cosino minimo e imperfetto, pur rimanendo al suo posto (cioè sotto i raggi del Sole), si lascia distrarre un poco dalla sua occupazione unica, becca un granellino di qua o di là, corre dietro a un vermiciattolo... Poi, trovando una pozzanghera, si bagna le piume appena spuntate, vede un fiore che gli piace, allora la sua piccola testa si occupa di quel fiore... e poi, non potendo planare come le aquile, il povero uccellino s'interessa ancora alle piccolezze della terra. Tuttavia, dopo questi malestri, invece di andare a nascondersi in un angolino per piangere la sua miseria e morir di pentimento, l'uccellino si volge verso il Sole amato, presenta ai raggi benefici le alucce bagnate, geme come la rondine, e con un canto dolce racconta tutti i particolari della sua infedeltà, pensando nel suo abbandono temerario di acquistare così maggior diritto, attirare più pienamente l'amore di Colui che non è venuto a chiamare i giusti, bensì i peccatori.

Se l'Astro adorato rimane sordo al lamento cinguettato della sua creaturina, se rimane velato, ebbene, la creaturina resta bagnata, accetta di essere intirizzita di freddo, e si rallegra ancora di questa sofferenza che ha pur mentata... Gesù, com'è felice il tuo uccellino di essere debole e piccolo. Oh, che sarebbe di lui se fosse grande? Mai avrebbe l'audacia di comparire alla tua presenza, di sonnecchiare dinanzi a te... Si, ecco un'altra debolezza dell'uccellino: quando vuoi fissare il Sole divino e le nuvole gli impediscono di vedere anche un solo raggio, nonostante la sua buona volontà gli occhi gli si chiudono, la testolina si nasconde sotto l'ala, e il povero esserino si addormenta, credendo di fissar sempre il suo Astro amato. Quando si desta, non si cruccia; il suo cuoricino rimane in pace, ricomincia il suo ufficio d'amore, invoca gli Angeli e i Santi i quali s'innalzano come aquile verso il fuoco divorante oggetto della sua brama, e le aquile, impietosite, proteggono il fratellino, e mettono in fuga gli avvoltoi che vorrebbero divorarlo.

Gli avvoltoi, immagini dei demoni, l'uccellino non li teme, non è destinato a diventar la loro preda, bensì sarà preda dell'Aquila che egli contempla nel centro del Sole d'amore. O Verbo divino, tu sei l'Aquila adorata, io ti amo. Tu mi attiri, sei tu che, slanciandoti verso la terra dell'esilio, hai voluto soffrire e morire per attirare le anime fino al seno dell'intimità eterna della Santissima Trinità, sei tu che, risalendo verso la Luce inaccessibile ove soggiornerai sempre, resti pur sempre nella valle delle lacrime, nascosto entro l'aspetto di un'Ostia bianca... Aquila eterna, tu vuoi nutrire della tua sostanza divina me, povero esserino che rientrerei nel nulla se il tuo sguardo divino non mi desse la vita minuto per minuto. Oh, Gesù, lasciami dire, nell'eccesso della mia riconoscenza, lasciami dire che il tuo amore arriva fino alla follia... Come vuoi che, dinanzi a questa follia, il mio cuore non si slanci verso te? Come potrebbe aver limiti la mia fiducia? Per te, lo so, i Santi hanno fatto anch'essi delle follie, hanno fatto grandi cose perché erano aquile.

Gesù, sono troppo piccola per fare cose grandi, e la follia mia è sperare che il tuo Amore mi accolga come vittima! La mia follia consiste nel supplicare le aquile, sorelle mie, perché mi ottengano la grazia di volare verso il Sole dell'Amore con le ali stesse dell'Aquila divina... Così, per quanto tempo tu lo vorrai, o mio Amato, il tuo uccellino rimarrà senza forza e senza ali; terrà sempre fissi in te gli occhi; vuole essere affascinato dal tuo sguardo divino, vuol diventare preda del tuo Amore... Un giorno, oso sperare, Aquila adorata, verrai in cerca del tuo uccellino, e risalendo con lui al focolare dell'Amore, lo immergerai per l'eternità nell'abisso ardente di quell'Amore al quale egli si è offerto come vittima...

O Gesù, perché non posso dire a tutte le piccole anime quanto ineffabile è la tua condiscendenza... Sento che se, cosa impossibile, tu trovassi un'anima più debole, più piccola della mia, ti compiaceresti di colmarla con favori anche più grandi, se si abbandonasse con fiducia completa alla tua misericordia infinita. Ma perché desiderare di comunicare i tuoi segreti d'amore, Gesù, non sei tu solo che me li hai insegnati, e non puoi forse rivelarti ad altri? Sì, lo so, e ti scongiuro di farlo, ti supplico di abbassare il tuo sguardo divino sopra un gran numero di piccole anime... Ti supplico di scegliere una Legione di piccole vittime degne del tuo Amore....

abbandono in Diorapporto con Dio

inviato da Debora Cavallone, inserito il 14/07/2006

TESTO

54. Voglio che tu sia!

Perso!
Nella terra oscura mi trovavo
dimenticato da tutti,
il vento mi sfiorava il viso
e il sole stava davanti a me,
proprio innanzi a me.

All'improvviso, ecco arrivare lui
e prendere la mia debole mano
la mia mano senza forze, né speranze:
"Voglio che tu sia!"
"Io voglio che tu sia mio servo fedele!"
"Lo farai per l'eternità?"
"In cambio ti darò tutto l'lmore
di cui hai bisogno!"
"In cambio ti amerò per l'eternità"
"La tua gioia sarà senza fine con me"
"Perché Io sono colui che sono
e tu sei figlio mio"
"...non seminano, non mietono,
non raccolgono in granai"
"e il Padre vostro celeste li nutre."
"Non vali tu molto più di loro?"
"Voglio che tu sia!"

Le forze mi tornarono in un attimo,
sentivo il mio cuore battere forte
ma non era più per paura!
Era l'Amore per il mio Dio
Era la gioia che sentivo dentro
Era il desiderio di gridarlo al mondo
Era la voglia di abbracciare i fratelli
Ero tornato come un bimbo
che pensa solo a correre senza vergognarsi.
"Voglio che tu sia!"
Volevo solo essere e niente di più!
Desideravo solo essere suo per sempre!

vocazionerapporto con Diofiduciasperanzaconversione

inviato da Fiorenzo33, inserito il 03/05/2006

TESTO

55. Allontanate ogni preoccupazione!   1

San Pio da Pietrelcina

Di che dovete affannarvi se Gesù vuol farvi pervenire alla patria celeste per i deserti o per i campi, quando e per gli uni e per gli altri si perverrà lo stesso alla beata eternità? Allontanate da voi ogni soverchia preoccupazione che nasce dalle prove con le quali il buon Dio vuole visitarvi; e se ciò non è possibile, allontanatene il pensiero ed in tutto vivete rassegnati ai divini voleri.

affidamento in Diofiduciafedevolontà di Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Leo, inserito il 26/02/2006

TESTO

56. Il Dare   2

Kahlil Gibran

Allora un uomo ricco disse: Parlaci del Dare.
E lui rispose:
Date poca cosa se date le vostre ricchezze.
E' quando date voi stessi che date veramente.
Che cosa sono le vostre ricchezze se non ciò che custodite e nascondete nel timore del domani?
E domani, che cosa porterà il domani al cane troppo previdente che sotterra l'osso nella sabbia senza traccia, mentre segue i pellegrini alla città santa?
E che cos'è la paura del bisogno se non bisogno esso stesso?
Non è forse sete insaziabile il terrore della sete quando il pozzo è colmo?
Vi sono quelli che danno poco del molto che possiedono, e per avere riconoscimento, e questo segreto desiderio contamina il loro dono.
E vi sono quelli che danno tutto il poco che hanno.
Essi hanno fede nella vita e nella sua munificenza, e la loro borsa non è mai vuota.
Vi sono quelli che danno con gioia e questa è la loro ricompensa.
Vi sono quelli che danno con rimpianto e questo rimpianto è il loro sacramento.
E vi sono quelli che danno senza rimpianto né gioia e senza curarsi del merito.
Essi sono come il mirto che laggiù nella valle effonde nell'aria la sua fragranza.
Attraverso le loro mani Dio parla, e attraverso i loro occhi sorride alla terra.
E' bene dare quando ci chiedono, ma meglio è comprendere e dare quando niente ci viene chiesto.
Per chi è generoso, cercare il povero è gioia più grande che dare.
E quale ricchezza vorreste serbare?
Tutto quanto possedete un giorno sarà dato.
Perciò date adesso, affinché la stagione dei doni possa essere vostra e non dei vostri eredi.
Spesso dite: "Vorrei dare ma solo ai meritevoli".
Le piante del vostro frutteto non si esprimono così né le greggi del vostro pascolo.
Esse danno per vivere, perché serbare è perire.
Chi è degno di ricevere i giorni e le notti, è certo degno di ricevere ogni cosa da voi.
Chi merita di bere all'oceano della vita, può riempire la sua coppa al vostro piccolo ruscello.
E quale merito sarà grande quanto la fiducia, il coraggio, anzi la carità che sta nel ricevere?
E chi siete voi perché gli uomini vi mostrino il cuore, e tolgano il velo al proprio orgoglio così che possiate vedere il loro nudo valore e la loro imperturbata fierezza?
Siate prima voi stessi degni di essere colui che dà e allo stesso tempo uno strumento del dare.
Poiché in verità è la vita che dà alla vita, mentre voi, che vi stimate donatori, non siete che testimoni.
E voi che ricevete - e tutti ricevete - non permettete che il peso della gratitudine imponga un giogo a voi e a chi vi ha dato.
Piuttosto i suoi doni siano le ali su cui volerete insieme.
Poiché preoccuparsi troppo del debito è dubitare della sua generosità che ha come madre la terra feconda, e Dio come padre.

daregenerositàgratuitàriconoscenza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Daniela Antonini, inserito il 25/02/2006

TESTO

57. Siamo amati

Ernesto Olivero

Gesù ci ama.
Anche se ci mette alla prova
non ci abbandona.
Egli fa della nostra vita
un banco di prova continuo:
speranze perse, difficoltà da superare,
dolori da accettare.
Ma più la nostra disperazione è forte
e più lui ci ama.
Basta che noi gli diciamo "sì",
anche nei momenti più neri,
nei momenti in cui, umanamente parlando,
ci sembra impossibile
che esistano speranze.
Ognuno di noi,
quando crede di essere in crisi,
quando si sente scartato, non desiderato,
deve dire "sì" a Gesù
sicuro che egli lo ricompenserà
già su questa terra,
con il centuplo di amore.

sofferenzadolorefedefiduciaabbandonoamore di Dio

inviato da Luana Minto, inserito il 06/01/2006

TESTO

58. Fiducia in Dio

Servo di Dio f. Cecilio Maria Cortinovis OFMCap

Mi sento da Gesù amato di amore infinito, ma mi sento troppo piccolo... sono contento però di sentirmi piccolissimo alla sua presenza e con tutta confidenza mi lascio prendere da Lui che ama i piccoli. Sento che la mia confidenza nell'infinito, dolce mio amore, deve essere piena. Mio Dio quale lotta: da solo non sono capace di stare in piedi. Quando però sostenuto da voi e dalla vostra e mia Mamma incomincio a camminare, mi sento suggerire: «Guarda adesso, come sai camminare bene».

confidenzafiducia in Diorapporto con Diofedefiducia

inviato da F. Carlo, inserito il 08/12/2005

TESTO

59. Un decalogo per il papà   4

Bruno Ferrero, Bollettino Salesiano, marzo 2005

1°. Il primo dovere di un padre verso i suoi figli è amare la madre. La famiglia è un sistema che si regge sull'amore. Non quello presupposto, ma quello reale, effettivo. Senza amore è impossibile sostenere a lungo le sollecitazioni della vita familiare. Non si può fare i genitori "per dovere". E l'educazione è sempre un "gioco di squadra". Nella coppia, come con i figli che crescono, un accordo profondo, un'intima unione danno piacere e promuovono la crescita, perché rappresentano una base sicura. Un papà può proteggere la mamma dandole in "cambio", il tempo di riprendersi, di riposare e ritrovare un po' di spazio per sé.

2°. Il padre deve soprattutto esserci. Una presenza che significa "voi siete il primo interesse della mia vita". Affermano le statistiche che, in media, un papà trascorre meno di cinque minuti al giorno in modo autenticamente educativo con i propri figli. Esistono ricerche che hanno riscontrato un nesso tra l'assenza del padre e lo scarso profitto scolastico, il basso quoziente di intelligenza, la delinquenza e l'aggressività. Non è questione di tempo, ma di effettiva comunicazione. Esserci, per un papà vuol dire parlare con i figli, discorrere del lavoro e dei problemi, farli partecipare il più possibile alla sua vita. E' anche imparare a notare tutti quei piccoli e grandi segnali che i ragazzi inviano continuamente.

3°. Un padre è un modello, che lo voglia o no. Oggi la figura del padre ha un enorme importanza come appoggio e guida del figlio. In primo luogo come esempio di comportamenti, come stimolo a scegliere determinate condotte in accordo con i principi di correttezza e civiltà. In breve, come modello di onestà, di lealtà e di benevolenza. Anche se non lo dimostrano, anche se persino lo negano, i ragazzi badano molto di più a ciò che il padre fa', alle ragioni per cui lo fa. La dimostrazione di ciò che chiamiamo "coscienza" ha un notevole peso quando venga fornita dalla figura paterna.

4°. Un padre dà sicurezza. Il papà è il custode. Tutti in famiglia si aspettano protezione dal papà. Un papà protegge anche imponendo delle regole e dei limiti di spazio e di tempo, dicendo ogni tanto "no", che è il modo migliore per comunicare: "ho cura di te".

5°. Un padre incoraggia e dà forza. Il papà dimostra il suo amore con la stima, il rispetto, l'ascolto, l'accettazione. Ha la vera tenerezza di chi dice: "Qualunque cosa capiti, sono qui per te!". Di qui nasce nei figli quell'atteggiamento vitale che è la fiducia in se stessi. Un papà è sempre pronto ad aiutare i figli, a compensare i punti deboli.

6°. Un padre ricorda e racconta. Paternità è essere l'isola accogliente per i "naufraghi della giornata". E' fare di qualche momento particolare, la cena per esempio, un punto d'incontro per la famiglia, dove si possa conversare in un clima sereno. Un buon papà sa creare la magia dei ricordi, attraverso i piccoli rituali dell'affetto. Nel passato il padre era il portatore dei "valori", e per trasmettere i valori ai figli basta imporli. Ora bisogna dimostrarli. E la vita moderna ci impedisce di farlo. Come si fa a dimostrare qualcosa ai figli, quando non si ha neppure il tempo di parlare con loro, di stare insieme tranquillamente, di scambiare idee, progetti, opinioni, di palesare speranze, gioie o delusioni?

7°. Un padre insegna a risolvere i problemi. Un papà è il miglior passaporto per il mondo " di fuori". Il punto sul quale influisce fortemente il padre è la capacità di dominio della realtà, l'attitudine ad affrontare e controllare il mondo in cui si vive. Elemento anche questo che contribuisce non poco alla strutturazione della personalità del figlio. Il papà è la persona che fornisce ai figli la mappa della vita.

8°. Un padre perdona. Il perdono del papà è la qualità più grande, più attesa, più sentita da un figlio. Un giovane rinchiuso in un carcere minorile confida: "Mio padre con me è sempre stato freddo di amore e di comprensione. Quand'ero piccolo mi voleva un gran bene; ci fu un giorno che commisi uno sbaglio; da allora non ebbe più il coraggio di avvicinarmi e di baciarmi come faceva prima. L'amore che nutriva per me scomparve: ero sui tredici anni... Mi ha tolto l'affetto proprio quando ne avevo estremamente bisogno. Non avevo uno a cui confidare le mie pene. La colpa è anche sua se sono finito così in basso. Se fossi stato al suo posto, mi sarei comportato diversamente. Non avrei abbandonato mio figlio nel momento più delicato della sua vita. Lo avrei incoraggiato a ritornare sulla retta via con la comprensione di un vero padre. A me è mancato tutto questo".

9°. Il padre è sempre il padre. Anche se vive lontano. Ogni figlio ha il diritto di avere il suo papà. Essere trascurati, trascurati o abbandonati dal proprio padre è una ferita che non si rimargina mai.

10°. Un padre è immagine di Dio. Essere padre è una vocazione, non solo una scelta personale. Tutte le ricerche psicologiche dicono che i bambini si fanno l'immagine di Dio sul modello del loro papà. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre Nostro. Una mamma che prega con i propri figli è una cosa bella, ma quasi normale. Un papà che prega con i propri figli lascerà in loro un'impronta indelebile.

papàpadregenitorifamigliafiglieducazioneeducare

inviato da Gianni Andrea Granzotto, inserito il 29/09/2005

TESTO

60. Chiamati alla Speranza   2

Primo Mazzolari

Quanta disperazione nei cuori
per le difficoltà della vita,
per l'incomprensione degli altri,
per quello che vediamo attorno a noi,
per le ingiustizie che si compiono
e di cui tante volte siamo vittime!

Sperare in Dio
non è come sperare negli uomini,
che non possono neppure sorreggere
il nostro desiderio
e la nostra piccola fiducia.

Sperare vuol dire resistere
a quello che ogni giorno vediamo
di brutto nella vita.
Che cosa vuol dire questo,
se non ci fosse dietro Qualcuno
che prende il posto della nostra tristezza?

Sperare vuol dire guardare al di là
di questa breve giornata terrena;
vuol dire pensare
ad una giornata che viene,
perché Dio si è impegnato
a far camminare il mondo nella giustizia,

perché il male non può trionfare,
perché Cristo
ha preso l'impegno del bene;
e voi sapete che Cristo
lo ha difeso in questi secoli
nonostante tutte le nostre bestemmie.

disperazionesperanza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Giorgio Musso, inserito il 23/09/2005

TESTO

61. Mi piacerebbe essere un prete...

Mi piacerebbe essere un prete...

... Un prete così: un prete che ama il Signore, e che insieme a Lui ama la gente che gli sta attorno, le persone che, prima di ogni altra cosa, hanno bisogno di essere amate.

...Un prete che, abbia la caratteristica del pastore, di chi cerca chi si smarrisce; uno che si sforza di conoscere e di ascoltare.

...Un prete che è capace di farsi vicino alle gioie e alle sofferenze degli altri, vicini e lontani, credenti e non credenti; un prete che dice la Verità, che è sempre pronto a confessare per distribuire il perdono.

...Un prete che ha viva la consapevolezza che Dio ha fatto di lui un grande miracolo: lo ha ritenuto degno di fiducia chiamandolo nel ministero, nonostante egli sia un povero peccatore.

... Un prete "affettivamente libero", uno che non cerca a tutti i costi di essere amato; ma uno che, pur amando intensamente le altre persone, è capace di tirarsi in disparte quando gli viene richiesto.

... Un prete che sappia indicare una "direzione spirituale", senza però voler fare da padrone sulla fede degli altri. Vorrei che la gente credesse in Gesù Cristo e non tanto nel prete che lo annuncia.

... Un prete che sappia "radunare" in autentica comunità cristiana. Uno di quelli che sanno giocare con i ragazzi, così come parlare e stare con gli adulti.

...Un prete che costruisce la comunità a partire dall'Eucarestia; che è capace di viverla bene; che non la vive come un'abitudine.

...Un prete che prega. Che ama Maria, il Papa, la Chiesa, figlio di una tradizione e con i piedi ben piantati nel presente

... Un prete che sappia vivere la povertà. Uno che non è attaccato al denaro; uno che sa donare ciò che è suo.

...Un prete con la predilezione versi gli ultimi, quelli che contano di meno agli occhi del mondo.

...Un prete capace di far uso "dell'intelligenza della fede", che sa operare "discernimento", che sa "leggere" le situazioni, che non usa solo il cuore e la volontà, ma anche la luce dell'intelligenza.

... Si, mi piacerebbe essere un prete così!

Signore, aiutami...

vocazionecomunitàparrocopretesacerdotesacerdozio

inviato da Marco Ferrari, inserito il 27/07/2004

TESTO

62. Il mio è un Dio ballerino

Adolfo Rebecchini

Sì, il mio è un Dio ballerino,
un Dio giovane,
sorprendente,
uno del quale ci si può fidare, sempre...
Uno di quelli che mantiene sempre la parola data.

Lui non ti delude,
è sempre attento,
anche quando per pigrizia non ti accorgi della Sua presenza,
o vorresti fare a meno di Lui.

E' un amico,
sul quale puoi contare, sempre...

Ti è vicino specialmente quando tutto sembra andarti storto,
quando la sfiga ti assale,
tutto ti appare nero,
e il mondo sembra crollarti addosso.

E' proprio in quel momento che a modo suo,
ti viene incontro e ti si fa vicino.

Se lo vuoi,
ti sostiene e ti dà la forza per andare avanti.

Il suo è un aiuto discreto,
disinteressato,
gratuito.

Solo una cosa ti chiede:
di fidarti di Lui, sempre.

fiduciafederapporto con Dio

inviato da Adolfo Rebecchini, inserito il 30/03/2004

TESTO

63. Dipende dalle mani...   3

Un pallone da Basket nelle mie mani vale 20 Euro.
Nelle mani di Michael Jordan vale circa 30 milioni di Euro.
Dipende dalle mani in cui si trova.

Una palla da baseball nelle mie mani vale 4 Euro.
Nelle mani di Mark McGuire vale circa 17 milioni di Euro.
Dipende dalle mani in cui si trova.

Una racchetta da tennis nelle mie mani è praticamente inutile.
Nelle mani di Venus Williams, è la vittoria in un torneo.
Dipende dalle mani in cui si trova.

Un bastone nelle mie mani tiene lontano un animale selvatico.
Un bastone, nelle mani di Mosè divide il Mar Rosso.
Dipende dalle mani in cui si trova.

Una fionda nelle mie mani è un giocattolo per bambini.
Una fionda nelle mani di Davide è un'arma straordinaria.
Dipende dalle mani in cui si trova.

Due pesci e cinque panini nelle mie mani sono una buona merenda.
Due pesci e cinque panini nelle mani di Dio sfamano le moltitudini.
Dipende dalle mani in cui si trovano.

I chiodi nelle mie mani possono produrre una cuccia per cani.
Nelle mani di Gesù Cristo producono salvezza per il mondo intero.
Dipende dalle mani in cui si trovano.

Come vedi, tutto dipende dalle mani in cui gli oggetti si trovano.
Allora, metti i tuoi ragionamenti, le tue preoccupazioni, le tue paure
le tue speranze, i tuoi sogni, la tua famiglia e i tuoi rapporti con
gli altri nelle mani di Dio, perché...
...dipende dalle mani in cui si trovano.

impegnoresponsabilitàrapporto con Diofiducia in Dioabbandono in Dio

4.0/5 (2 voti)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 26/01/2004

TESTO

64. Tra luce e tenebra

Gianfranco Ravasi, Mattutino di Avvenire del 23 ottobre 2003

"La fede è un intreccio di luce e di tenebra: possiede abbastanza splendore per ammettere, abbastanza oscurità per rifiutare, abbastanza ragioni per obiettare, abbastanza luce per sopportare il buio che c'è in essa, abbastanza speranze per contrastare la disperazione, abbastanza amore per tollerare la sua solitudine e le sue mortificazioni. Se non avete che luce, vi limitate all'evidenza; se non avete che oscurità, siete immersi nell'ignoto. Solo la fede fa avanzare".

In un articolo che sto leggendo m'imbatto in questa riflessione del teologo e autore spirituale francese Louis Evely. Alcuni sono convinti che la fede sia solo luce, certezza, evidenza e ignorano che Abramo sale verso la vetta del Moria armato, sì di fede, ma anche di paura e col cuore segnato dall'oscurità. Così sarà per Giobbe, il credente che lotta con Dio. Se fosse solo evidenza, allora la fede sarebbe solo una variante della matematica o della geometria. Se fosse solo tenebra, allora sarebbe l'anticamera della disperazione.

Credere è, invece, "avanzare" come dice Evely, è rischiare. E' per questo suo "intreccio di luce e di tenebra" che la fede non ammette il fanatismo, che è una sua orribile scimmiottatura, ma non cade neppure nel dubbio sistematico, riducendosi a mera e sconsolata domanda. Quando, perciò, il cielo s'oscura, non temiamo di aver perso necessariamente la fede; quando la luce è sempre e solo evidente, interroghiamoci sul Dio che stiamo seguendo, per non cadere nell'illusione.

Vorrei concludere ancora con Evely che così definisce la sua fede: "Grazie a quello che di Te conosco, credo in Te per ciò che non conosco ancora, e, in virtù di quello che ho già capito, ho fiducia in Te per ciò che non capisco ancora".

crederefededubbiorapporto con Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 20/12/2003

TESTO

65. Tu puoi...   1

Canto brasiliano

Dio solo può dare la fede,
tu, però, puoi dare la tua testimonianza;
Dio solo può dare la speranza,
tu, però, puoi infondere fiducia nei tuoi fratelli;
Dio solo può dare l'amore,
tu, però, puoi insegnare all'altro ad amare;
Dio solo può dare la pace,
tu, però, puoi seminare l'unione;
Dio solo può dare la forza,
tu, però, puoi dar sostegno ad uno scoraggiato;
Dio solo è la via,
tu, però, puoi indicarla agli altri;
Dio solo è la luce,
tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti;
Dio solo è la vita,
tu, però, puoi far rinascere negli altri il desiderio di vivere;
Dio solo può fare ciò che appare impossibile,
tu, però, potrai fare il possibile;
Dio solo basta a se stesso,
egli, però, preferisce contare su di te.

testimonianzasperanzafede

3.0/5 (1 voto)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 18/01/2003

TESTO

66. Profeti di un futuro non nostro   1

Oscar Arnulfo Romero

Ogni tanto ci aiuta il fare un passo indietro e vedere da lontano.
Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni.
Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola parte
di quella meravigliosa impresa che è l'opera di Dio.
Niente di ciò che noi facciamo è completo.
Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi.
Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire.
Nessuna preghiera esprime completamente la fede.
Nessun credo porta la perfezione.
Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni.
Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa.
Nessuna meta né obbiettivo raggiunge la completezza.
Di questo si tratta:
Noi piantiamo semi che un giorno nasceranno.
Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno.
Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà.
Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità.
Non possiamo fare tutto,
però dà un senso di liberazione l'iniziarlo.
Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene.
Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino.
Una opportunità perché la grazia di Dio entri
e faccia il resto.
Può darsi che mai vedremo il suo compimento,
ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale.
Siamo manovali, non capomastri,
servitori, non messia.
Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene.

futuropresenteimpegnoresponsabilitàseminaresperanzapazienzaattesafiduciafedecollaborazionepastorale

inviato da Corradini Don Lorenzo, inserito il 17/12/2002

TESTO

67. Gesù l'amico

Teresa d'Avila, Vita

È importantissimo per noi uomini finché siamo quaggiù tener presente il Signore sotto figura di uomo. Non siamo angeli; abbiamo un corpo; voler fare gli angeli è una vera pazzia. In via ordinaria il pensiero ha bisogno di un appoggio. Talvolta l'anima è così piena di Dio da non aver bisogno, per raccogliersi, di alcuna cosa creata. Ma questo non avviene molto di frequente.

Pensate di trovarvi innanzi a Gesù Cristo, conversate spesso con lui e cercate di innamorarvi di lui, tenendolo sempre presente. La continua conversazione con Cristo aumenta l'amore e la fiducia. Se è Dio è anche uomo, e come tale egli non si meraviglia della debolezza umana e sa che questa nostra natura va soggetta a molte cadute, a causa del primo peccato che egli stesso è venuto a riparare.

Posso parlare con lui come con un amico. Non è come i signori della terra che ripongono tutta la loro grandezza in un apparato esteriore. Con costoro non si può parlare che in certe ore e nemmeno da tutti. Se un poveretto vuol parlare, deve fare giri e rigiri e implorare raccomandazioni...

Al sopraggiungere degli affari e dei travagli, quando non si può avere tanta quiete o si è in aridità, Cristo è sempre un buonissimo amico, ci è di grande compagnia perché lo vediamo uomo come noi, soggetto alle nostre debolezze e sofferenze. Non fa come gli amici del mondo che nel tempo della tribolazione si dileguano. Ci aiuta e ci incoraggia.

Gesù Cristopreghierarapporto con Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Eleonora Polo, inserito il 14/12/2002

TESTO

68. La comunità del perdono

Jean Vanier, La comunità luogo del perdono, luogo della gioia

La comunità è il luogo del perdono.

Nonostante tutta la fiducia che possiamo avere gli uni negli altri, ci sono sempre parole che feriscono, atteggiamenti in cui ci si mette davanti agli altri, situazioni in cui le suscettibilità si urtano.

È per questo che vivere insieme implica una certa croce, uno sforzo costante e un'accettazione che è un mutuo perdono d'ogni giorno.

San Paolo dice: «Voi dunque, eletti di Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenera compassione, di benevolenza, di umiltà, di dolcezza, di pazienza; sopportatevi a vicenda e perdonatevi gli uni gli altri, se uno ha contro l'altro qualche motivo di lamentela; il Signore vi ha perdonato, fate lo stesso a vostra volta. E sopra ogni cosa sia la carità, che è il vincolo della perfezione. Con questo, la pace di Cristo regni nei vostri cuori: è questa la chiamata che vi ha riuniti in un medesimo corpo. Infine, vivete in azioni di grazie!»

perdonocomunitàvita comunitariaaccettazione

inviato da Eleonora Polo, inserito il 14/12/2002

TESTO

69. Decalogo di Assisi   2

Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i Capi di Stato e di Governo del mondo e Decalogo di Assisi per la Pace (24 gennaio 2002)

1. Noi ci impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che violenza e terrorismo s'oppongono al vero spirito religioso, condannando ogni ricorso alla guerra e alla violenza in nome di Dio o della religione; noi ci impegniamo a fare tutto il possibile per sradicare le cause del terrorismo.

2. Noi ci impegniamo ad educare le persone al rispetto e alla stima reciproca, affinché si possa giungere ad una coesistenza pacifica e solidale tra membri d'etnie, culture e religioni diverse.

3. Noi ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, in modo da sviluppare la comprensione e la fiducia reciproche tra gli individui e tra i popoli, perché queste sono le condizioni di una pace autentica.

4. Noi ci impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana ad una esistenza degna, conforme alla sua identità culturale e a costituire liberamente una famiglia che le sia propria.

5. Noi ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza, non considerando come un muro invalicabile ciò che ci separa ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con la diversità degli altri può divenire occasione di una più grande comprensione reciproca.

6. Noi ci impegniamo a perdonarci reciprocamente gli errori e i pregiudizi passati e presenti e sostenerci nello sforzo comune per vincere l'egoismo e l'abuso, l'odio e la violenza, e per imparare dal passato che la pace senza giustizia non è una pace autentica.

7. Noi ci impegniamo ad essere dalla parte di coloro che soffrono la miseria e l'abbandono facendoci voce dei senza voce e lavorando concretamente per superare tali situazioni, convinti che nessuno può essere felice da solo.

8. Noi ci impegniamo a far nostro il grido di chi non si rassegna alla violenza e al male e desideriamo contribuire con tutte le nostre forze a dare all'umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace.

9. Noi ci impegniamo ad incoraggiare ogni iniziativa per l'amicizia tra i popoli, convinti che se manca una solida intesa tra i popoli, il progresso tecnologico espone il mondo a dei rischi crescenti di distruzione e di morte.

10. Noi ci impegniamo a chiedere ai responsabili delle nazioni di fare tutti gli sforzi possibili perché, a livello nazionale e internazionale, sia costruito e consolidato un mondo di solidarietà e di pace fondata sulla giustizia.

pacetolleranzadialogomulticulturalitàgiustiziaingiustiziacomunione tra i popoli

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Lorenzo Corradini, inserito il 11/12/2002

TESTO

70. Io so che c'è speranza

Manoscritti di Qumran

Io so che c'è speranza, o Signore,
grazie alla tua misericordia
e alla tua fiducia,
grazie all'abbondanza della tua forza.

speranzafiduciaamore di Dio

inviato da Mariella Romanazzi, inserito il 03/12/2002

TESTO

71. Continua a cantare

San Giovanni Bosco

Sii con Dio come l'uccello che sente tremare il ramo e continua a cantare, perché sa di avere le ali.

fedefiduciaabbandono in Dioabbandono

inviato da Ilaria Zocatella, inserito il 27/11/2002

TESTO

72. Credo nel sole   2

Credo nel sole, anche quando non splende;
credo nell'amore, anche quando non lo sento;
credo in Dio, anche quando tace.

speranzafedefiduciarapporto con Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Barbi, inserito il 22/11/2002

TESTO

73. La fede è l'intelligenza nella sua riuscita

C. Tresmontant

È all'intelligenza che Gesù fa costantemente appello. E la sollecita. Il rimprovero costante sulla sua bocca è: non comprendete, non avete intelligenza? Non credete ancora? aggiunge anche. La fede che sollecita non ha nulla a che vedere con la credulità. Questa fede è precisamente l'accesso dell'intelligenza a una verità, il riconoscimento di questa verità, il sì dell'intelligenza convinta e non una rinuncia all'intelligenza, un sacrificio dell'intelletto. L'opposizione tra fede e ragione è una opposizione profondamente non cristiana, non evangelica. Bisogna dimenticare questa dialettica troppo celebre, troppo famosa per comprendere ciò che nel Nuovo Testamento si intende per fede, che è l'intelligenza stessa nel suo atto, nella sua riuscita, e la conoscenza stessa della verità insegnata, il riconoscimento del Maestro: il credere nei Vangeli è questa scoperta, questa intelligenza della verità che è proposta. Al ragazzo cui si insegna a nuotare, si spiega che in virtù di leggi naturali non deve aver paura, nuoterà se farà alcuni movimenti molto semplici. Il ragazzo ha paura, si irrigidisce, e non crede. Viene il momento in cui fa esperienza che ciò che gli è stato detto è possibile, crede, nuota. Non si dirà che la fede, in questo caso, si oppone alla ragione, se ne differenzia. Essa è per lui piuttosto identica; anche se la fede è un'altra cosa dell'intelligenza, il sì dell'intelligenza alla verità che essa vede, l'adesione alla verità vista e riconosciuta. Questo è il significato della parola pistis, pisteuein, nei Vangeli. Nel quarto Vangelo, la fede e la conoscenza sono costantemente associate come inseparabili: "Essi hanno conosciuto ed hanno creduto che tu sei il figlio del Dio vivente". È appunto alla nostra intelligenza che Gesù si indirizza e non alla nostra credulità. Contrariamente a quanto alcuni vorrebbero farci credere, la credulità e la debolezza di giudizio non sono affatto un omaggio gradito a Dio. La verità non richiede che l'uomo si abbassi ad animale, né che umilii la ragione, che gli è, al contrario, necessaria per attingere la conoscenza di Dio. Noi subiamo in Occidente da parecchi secoli una tradizione che pretende fondare la conoscenza di Dio sul deprezzamento della ragione, su una frustrazione dell'esigenza di razionalità e di intelligibilità. Questa cattiva coscienza nei riguardi della ragione non è giustificata nella tradizione biblica ed evangelica.

federagioneintelligenzafiduciaabbandono in Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Eleonora Polo, inserito il 18/11/2002

TESTO

74. Due modi di pregare   2

Charles de Foucauld, Meditazioni sul santo Vangelo, 245

Ci sono due modi di pregare: lasciar gridare il proprio cuore, lasciarlo chiedere a Dio con semplicità di bambino ciò che esso desidera; una qualche grazia per sé o per un altro, il ristoro da un qualche dolore per sé o per il prossimo: si lancia in tutta semplicità questo grido verso il Padre celeste e lo si fa seguire sempre da questa frase: "Non la mia volontà, ma la tua".

L'altro modo di pregare è quello di dire semplicemente la frase finale, e cioè: "Padre, sia fatta in questa circostanza la tua volontà, qualunque essa sia!".

Tali due preghiere sono perfette, divine. Gesù ci dà l'esempio della prima sulle sponde del Cedron e nel Getsemani.

Ci dà l'esempio della seconda nel "Padre nostro", che raccoglie tutto quanto in queste poche parole...

Questi due generi di preghiera sono ugualmente perfetti, poiché Dio ci dà l'esempio di ambedue: lo Spirito Santo, secondo le circostanze, ha ispirato a Gesù sia l'una sia l'altra.

preghierafedefiduciaabbandonovolontà di Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Barbi, inserito il 27/09/2002

TESTO

75. Lettera alla Parrocchia

Centro di Orientamento Pastorale [COP], a conclusione della 52ma Settimana di aggiornamento pastorale a Bergamo; Settimana, luglio 2002

Cara parrocchia,

sappiamo che più o meno consapevolmente molti, anche tra i cristiani, non ti ritengono oggi un riferimento necessario per la loro vita e che in certe zone d'Italia non sei più il centro dell'esperienza di un popolo.

Sappiamo che, per molti, rischi di essere soltanto una stazione di servizio distributrice di sacramenti e di elemosine e che, per alcuni gruppi, sei poco più di una base logistica.

Sappiamo tuttavia che molte associazioni, gruppi e movimenti trovano in te non solo un luogo di accoglienza e di ospitalità, ma la casa e la scuola dove crescere nella fede, per essere missionari nella città degli uomini.

Sappiamo che la fatica del rinnovamento nella fedeltà al Vangelo può togliere anche a te un po' di respiro ed entusiasmo.

Sappiamo che vorresti essere una comunità di celebrazione, di carità e di annuncio, ma che, a volte, ti mancano persone, parole di incoraggiamento e gesti di sostegno.

Sappiamo, infine, che potresti essere una delle molte comunità che sono senza pastore, ma noi non ti molliamo, anzi scommettiamo sulla tua grande capacità di rigenerarti, come hai fatto tante volte nella storia.

Non siamo nostalgici, vogliamo - con te e per te - essere creativi.

Non possiamo fare a meno di te, perché è nel tuo essere Chiesa tra le case, porzione di quella grande comunità che è la Chiesa universale, che noi apprendiamo a fare comunione; è tra le tue mura, chiese, cappelle, tessuti di relazione che incontriamo la comunità, sacramento cui è affidata la Parola che genera per tutti salvezza.

Non possiamo fare a meno di te, se vogliamo compiere oggi il percorso necessario di Parola, rito e carità che ci unisce a Cristo.

Non possiamo fare a meno di te, perché è nella celebrazione eucaristica che troviamo il sostegno decisivo per la nostra fede, la sorgente per la nostra sete di senso, la forza per una convivenza nella giustizia e nella pace.

Non possiamo fare a meno di te, se vogliamo imparare, da laici, consacrati e da preti, come si fa a essere laici, consacrati e preti in mezzo alla gente.

Siamo convinti che ancora molte persone si accostano a te con domande semplici di umana comprensione, di pietà e di condivisione e tu hai ancora per ciascuno parole e gesti di speranza e di fiducia.

Siamo convinti che con te si viene ancora a misurare l'incredulità fragile di molti uomini e donne, la loro nostalgia di Dio, il loro stesso rancore per l'inganno e le trappole in cui sono caduti e tu hai sempre un percorso di fede da ricominciare.

Siamo convinti che il Vangelo che proponi (e come lo proponi) in fedeltà allo Spirito che guida la Chiesa è la risposta ultima alle grandi domande dell'uomo.

Ti vogliamo aiutare a farti cantiere di formazione nei tuoi gesti solenni e quotidiani, nella tua assemblea domenicale, nell'accompagnare con il sacramento la vita che nasce, muore, esplode nella gioia, si affatica nel lavoro, si misura nella malattia.

Ti vogliamo aiutare a farti scuola di comunione anche nelle varie forme associative (pensiamo ad esempio, all'Azione Cattolica) generate da quella fantasia cristiana che tanta ricchezza di crescita spirituale, di fede e di apostolato ha portato alla vita delle nostre comunità. Ti vogliamo aiutare a farti punto di speranza nella capacità di incontrarti con le domande anche più petulanti e disperate, perché le sappia far diventare percorsi di vita e di fede.

Ti vogliamo aiutare a farti segno di quel "totalmente altro" che chiede di mescolarci nella società e di essere presenti nelle istituzioni abitandole da cristiani capaci di mostrare il Volto di Cristo, crocifisso e risorto, figlio dell'uomo e figlio di Dio, che tu ci aiuti a contemplare.

Ti vogliamo aiutare a vivere pienamente, con responsabilità e con gioia la dimensione Diocesana, ad aprirti alla collaborazione con tutte le altre parrocchie, superando ogni autosufficienza.

Ti vogliamo aiutare a confrontarti con un territorio che cambia per l'arrivo di altre culture e altre religioni, a portare al tuo interno per offrirla sull'altare dell'Eucaristia la vita quotidiana dei tuoi fedeli vita di famiglia, vita di lavoro e di disoccupazione, vita di italiani e di stranieri, vita culturale, politica, apertura al mondo intero.

Ti vogliamo aiutare a osare nella verità il dialogo con ogni ricerca di Dio e per questo ti chiediamo di essere esigente con noi stessi perché l'accoglienza e l'ascolto siano il frutto di una fede pensata. Cara parrocchia chiedici di più, sapremo darti anche di più e soprattutto lascia sempre trasparire sul tuo volto l'immagine beatificante del Volto di Dio.

parrocchialaicicollaborazioneresponsabilitàcorresponsabilitànuova evangelizzazione

inviato da Anna Barbi, inserito il 24/09/2002

TESTO

76. Preziosità del silenzio   2

Attribuito a San Giovanni della Croce, ma non se ne trova la fonte

Il silenzio è mitezza
quando non rispondi alle offese
quando non reclami i tuoi diritti,
quando lasci a Dio la difesa del tuo onore.

Il silenzio è misericordia
quando non riveli le colpe dei fratelli,
quando perdoni senza indagare il passato,
quando non condanni, ma intercedi nell'intimo.

Il silenzio è pazienza
quando soffri senza lamentarti,
quando non cerchi consolazione tra gli uomini
quando non intervieni
ma attendi che il seme germogli lentamente.

Il silenzio è umiltà
quando taci per lasciare emergere i fratelli,
quando celi nel riserbo i doni di Dio,
quando lasci che il tuo agire venga interpretato male,
quando lasci ad altri la gloria dell'impresa.

Il silenzio è fede
quando taci perché è Lui che agisce,
quando rinunci alle voci del mondo,
per stare alla sua presenza,
quando non cerchi comprensione
perché ti basta sapere di essere amato da Lui.

Il silenzio è adorazione
quando abbracci la Croce
senza chiedere perché
nell'intima certezza
che questa è l'unica via giusta.

silenziomitezzamisericordiapazienzaumiltàsofferenzafedeadorazionefiducia

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 29/08/2002

TESTO

77. Regole di vita

Jules Beaulac, liberamente tradotto

Ogni giorno...

farò posto a Dio:
lo loderò, gli domanderò perdono
e lo ringrazierò.

Starò di preferenza
a fianco dei "piccoli"
e riserverò spazio nella vita
per i più bisognosi.

Farò vita semplice.
Non avrò desiderio di grandezze.

Non mi lascerò abbattere
da uno smacco o da una maldicenza.
Ma non mi gonfierò
per il successo o i complimenti.

Mi riserverò un tempo
di silenzio e di solitudine,
per ritrovare unità al mio essere
e per ascoltare il Signore
nel profondo del mio cuore.

Cercherò di dare amore
a chiunque, intorno a me.
Cercherò di sorridere
e di guardare con dolcezza.

Accoglierò la sofferenza
non come estranea alla mia umanità
o come un'intrusa,
ma come una compagna
da cui tanto imparare.

Nel giardino del cuore
non lascerò crescere l'odio,
il rancore e il risentimento.

Non sprecherò il tempo,
ma mi occuperò di cose utili.

Esagererò nella bontà
piuttosto che nella grettezza.

Se mi capiterà di fare
dei torti o procurare delle pene,
avrò la semplicità di scusarmi
e domandare perdono.

Metterò al primo posto
le persone e non le cose.

Cercherò nella mia vita progetti
che apparentemente non paghino.

Cercherò prima di amare,
che di essere amato.

Metterò tutta la mia fiducia in Dio
che mi ama in ogni istante,
e che mi accompagna
in tutti i miei cammini.

vitasenso della vitamaturità

inviato da Pinuccio Rovaris, inserito il 21/08/2002

TESTO

78. Secondo la tua volontà

Rabbi Nachman di Brazlav

Dio Misericordioso
so quanto mi ami;
mi hai fatto
"Secondo la tua volontà".
Allora perché non voglio
essere sempre
come tu mi hai fatto?
Perché così spesso
non riesco ad essere
come tu mi vuoi?

abbandonofiduciavocazionevolontà di Dio

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 11/06/2002

TESTO

79. Voglia di camminare   1

Tonino Bello

Coraggio, gente!
La Pasqua ci dice
che la nostra storia ha un senso,
e non è un mazzo di inutili sussulti.
Che quelli che stiamo percorrendo
non sono sentieri ininterrotti.
Che la nostra esistenza personale
non è sospesa nel vuoto
né consiste in uno spettacolo senza rete.
Precipitiamo in Dio.
In lui viviamo,
ci muoviamo ed esistiamo.
Coraggio, gente!
La Pasqua vi prosciughi
i ristagni di disperazione
sedimentati nel cuore.
E, insieme al coraggio di esistere,
vi ridia la voglia di camminare.

Pasquarisurrezionesperanzafiduciafede

inviato da Stefania Raspo, inserito il 03/06/2002

TESTO

80. La Croce: collocazione provvisoria   2

Tonino Bello, Il parcheggio del calvario, in Omelie e scritti quaresimali, vol. 2, p. 307, Luce e Vita

Nel Duomo vecchio di Molfetta c'è un grande crocifisso di terracotta. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l'ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: collocazione provvisoria.

La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell'opera, mi è parsa provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito.

Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la Croce. La mia, la tua croce, non solo quella di Cristo.

Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell'abbandono. Non ti disperare, madre dolcissima che hai partorito un figlio focomelico. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona. Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Non abbatterti, fratello povero, che non sei calcolato da nessuno, che non sei creduto dalla gente e che, invece del pane, sei costretto a ingoiare bocconi di amarezza. Non avvilirti, amico sfortunato, che nella vita hai visto partire tanti bastimenti, e tu sei rimasto sempre a terra.

Coraggio. La tua Croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre "collocazione provvisoria". Il calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale. E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della Croce.

"Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra". Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane.

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell'orario c'è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.

Coraggio, fratello che soffri. C'è anche per te una deposizione dalla croce. Coraggio, tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali, e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.

crocesofferenzadoloresperanzarisurrezioneresurrezionevenerdì santopasqua

5.0/5 (3 voti)

inviato da Immacolata Chetta, inserito il 01/06/2002

TESTO

81. Non so cosa accadrà domani

Leone Tolstoi

Non so se sopravviverò fino a domani, se oggi o domani vivranno o moriranno prima di me tutti coloro che io amo e coloro che mi amano; non so se sarò sano o malato, se sarò sazio o affamato, se sarò stimato o disprezzato dalla gente. So soltanto una cosa: che tutto ciò che mi accadrà e che accadrà a tutti coloro che io amo, sarà secondo la volontà di Colui che vive in tutto ciò che ci circonda e nella mia anima. E tutto ciò che accade secondo la sua volontà è bene.

fiduciafedeabbandonomortevolontà di Dio

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 01/06/2002

TESTO

82. L'importante è seminare   1

Semina, semina
l'importante è seminare:
un po', molto,
tutto il grano della speranza.
Semina il tuo sorriso,
perché tutto splenda intorno a te.
Semina la tua energia,
la tua speranza
per combattere e vincere
la battaglia quando sembra perduta.
Semina il tuo coraggio
per risollevare quello degli altri.
Semina il tuo entusiasmo
per infiammare il tuo prossimo.
Semina i tuoi slanci generosi,
i tuoi desideri, la tua fiducia,
la tua vita.
Semina tutto ciò che c'è di bello in te,
le piccole cose, i nonnulla.
Semina, semina e abbi fiducia,
ogni granellino arricchirà un piccolo angolo della terra.

Da una ricerca sul web sembrerebbe che il titolo sia "Semina la speranza" e l'autore sia Ottaviano Menato

speranzaregno di Dio

1.0/5 (1 voto)

inviato da Nadia, inserito il 31/05/2002

TESTO

83. Realizzare la verità

Mahatma Gandhi

Come potrà mai realizzare la Verità colui nel cui cuore
si agitano liberamente le passioni?
Le passioni sono, per il nostro cuore,
ciò che è la tempesta per l'oceano.
Soltanto il marinaio che si tiene saldamente alla nave
riesce a salvarsi dalla tempesta.
E soltanto colui che si tiene unito a Dio con la fiducia,
può trionfare sulla tempesta che si agita nel suo cuore.

passioni

inviato da Filippa Castronovo, inserito il 29/05/2002

TESTO

84. Ricevere il perdono di Dio

Henri J. M. Nouwen, L'abbraccio benedicente

Una delle più grandi provocazioni della vita spirituale è ricevere il perdono di Dio. C'è qualcosa in noi, esseri umani, che ci tiene tenacemente aggrappati ai nostri peccati e non ci permette di lasciare che Dio cancelli il nostro passato e ci offra un inizio completamente nuovo. Qualche volta sembra persino che io voglia dimostrare a Dio che le mie tenebre sono troppo grandi per essere dissolte.

Mentre Dio vuole restituirmi la piena dignità della condizione di figlio, continuo a insistere che mi sistemerò come garzone. Ma voglio davvero essere restituito alla piena responsabilità di figlio? Voglio davvero essere totalmente perdonato in modo che sia possibile una vita del tutto nuova? Ho fiducia in me stesso e in una redenzione così radicale?

Voglio rompere con la mia ribellione profondamente radicata contro Dio e arrendermi in modo così assoluto al suo amore da far emergere una persona nuova? Ricevere il perdono esige la volontà totale di lasciare che Dio sia Dio e compia ogni risanamento, reintegrazione e rinnovamento.

perdonoconversionepeccatomisericordia di Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 28/05/2002

TESTO

85. Un salto nell'ignoto

Helder Camara

Sperare vuol dire: osare il salto nell'ignoto e abbandonarsi completamente a Dio.

speranzaabbandonofedefiducia

5.0/5 (1 voto)

inviato da Andrea Aversa, inserito il 24/05/2002

TESTO

86. La piccola via   2

S. Teresa di Lisieux

Ho sempre desiderato essere una santa, ma - ahimé - ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c'è la stessa differenza che tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli e il granello di sabbia oscura calpestato sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità. Diventare più grande mi è impossibile, devo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo di andare in cielo per una via ben dritta, molto breve, una piccola via tutta nuova.

Siamo in un secolo di invenzioni, non vale più la pena di salire gli scalini, nelle case dei ricchi un ascensore li sostituisce vantaggiosamente. Vorrei anch'io trovare un ascensore per salire la dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri dei santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole: "Se qualcuno è piccolissimo, venga a me. Come una madre carezza il suo bimbo, io vi consolerò, vi poserò sul mio cuore e vi terrò sulle mie ginocchia". Mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l'anima mia: l'ascensore che deve innalzarmi fino al cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più.

santitàabbandonofiduciadiventare come bambini

inviato da Mariangela Molari, inserito il 23/05/2002

TESTO

87. Le cose che ho imparato nella vita   1

Paulo Coelho

Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:

Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà. E per questo, bisognerà che tu la perdoni.

Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.

Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.

Che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.

Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.

Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le conseguenze.

Che la pazienza richiede molta pratica.

Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.

Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.

Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto se stesso.

Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.

Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.

Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.

Forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.

Quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre, ma tante volte guardiamo così a lungo quella chiusa, che non vediamo quella che è stata aperta per noi.

La miglior specie d'amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico e camminarci insieme, senza dire un parola, e quando vai via senti come se è stata la miglior conversazione mai avuta.

E' vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.

Ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno, un'ora per piacergli, e un giorno per amarlo, ma ci vuole un vita per dimenticarlo.

Non cercare le apparenze, possono ingannare.

Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.

Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso per far sembrare brillante un giornataccia.

Trova quello che fa sorridere il tuo cuore. Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!

Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.

Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce, difficoltà a sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano, speranza sufficiente a renderti felice.

Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.

Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.

La felicità è ingannevole per quelli che piangono, quelli che fanno male, quelli che hanno provato, solo così possono apprezzare l'importanza delle persone che hanno toccato le loro vite.

L'amore comincia con un sorriso, cresce con un bacio e finisce con un thé.

Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e i tuoi dolori.

Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano. Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l'unico che sorride e ognuno intorno a te pianga.

vitaprogettosperanzaottimismo

inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002

TESTO

88. Credo in Te   1

Credo nell'amore perché in sé racchiude tutto il significato della nostra vita: nasciamo per amore, cresciamo nell'amore e siamo chiamati ad amare, in condivisione e comunione completa con i nostri fratelli, perché elevato fino a Dio l'amore può andare oltre i limiti dell'uomo.

Credo nell'altro perché è in chi mi sta accanto che ritrovo il tuo volto.

Credo nell'amicizia perché riconosco in essa un importante punto di riferimento che mi dà sicurezza, fiducia in me e negli altri, insegnandomi a crescere e a maturare.

Credo nella vita come grande dono che Dio ci ha concesso e con il quale possiamo realizzare quel progetto che lui ha posto in noi.

Credo nella preghiera perché ci permette di entrare in intimità con un amico sempre disponibile ad ascoltarci e confortarci; perché ci consente di elevarci fino a lui dimenticando tutto ciò che ci preoccupa ed affanna e perché in essa ritroviamo la forza per fare della nostra vita una grande esperienza d'amore.

Credo nell'intelligenza perché ci permette di affrontare con consapevolezza e responsabilità le scelte della vita.

Credo nella sincerità perché rende più puri e veri i nostri sentimenti.

Credo nella fiducia perché ci consente di non rimanere mai soli.

Credo nella felicità perché ci rende vivi e capaci di donare con spontaneità e senza pretese.

Credo nel rispetto poiché non siamo nati per giudicare o condannare, ma per imparare a crescere nella scoperta del grande valore che l'altro rappresenta per noi.

Credo nella vita eterna perché consente di superare il limite umano, la materialità, dando un senso ancora più profondo alla vita terrena.

Credo nella semplicità perché Dio ha scelto la semplicità del pane e del vino per essere sempre presente e vivo in mezzo a noi.

Credo nella conversione perché solo attraverso essa posso liberare la mia anima ed avvicinarmi a Dio privo di condizionamenti e nel totale appagamento.

Credo nel silenzio perché ci consente di superare la confusione delle parole, di riflettere, di capire, ascoltare e confortare meglio di quanto possa fare qualunque parola o qualunque orecchio.

Credo nella musica come modo di comunicare universale, diretto, spontaneo; la musica ci parla della nostra vita e ci dà l'opportunità di riflettere.

Credo nella volontà perché è grazie al desiderio e allo stimolo che Dio suscita nel cuore dell'uomo che egli riesce ad affrontare di tutto per poter, alla fine, raggiungere il suo scopo e trovare la piena felicità in esso.

Credo nella Verità poiché tutti noi abbiamo bisogno di sapere la verità; l'uomo ha sete di verità.

Credo nella gratuità perché nessuna ricompensa è più grande della gioia che sa donarci la felicità espressa dal sorriso di un volto amico.

Credo nella Provvidenza perché con essa in noi nulla ci può mancare anche quando non abbiamo niente.

Credo nel camposcuola come stimolo, spinta verso un cammino di crescita che ci fa forti nella fede e ci rende testimoni della Tua misteriosa e preziosa presenza.

Credo nella perfetta letizia, nel dono di Dio di perdonare e sentirsi perdonati. Un amore senza misura che riempie il cuore di gioia e dà il coraggio di affrontare la vita.

Credo nella libertà di essere se stessi perché ci rende unici, veri, autentici e liberi.

Credo nella pace perché è nella pace che si costruisce un mondo fatto d'amore, di felicità e di quella serenità che ci rende liberi pellegrini verso te, Signore.

Credo nel creato perché ovunque Lo sento: nelle montagne, nel cielo, nelle nuvole, nelle stelle, nel sole, nel vento... Tutto ci parla di Lui.
Credo in tutto questo perché credo in te.

regola di vitacredo

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inviato da Francesco G., inserito il 21/05/2002

TESTO

89. Nel cuore e nel corpo

Tonino Bello, Maria donna dei nostri giorni

La frase si trova in un testo del Concilio, ed è splendida per dottrina e concisione. Dice che, all'annuncio dell'angelo, Maria vergine "accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio".
Nel cuore e nel corpo.

Fece largo, cioè, nei suoi pensieri ai pensieri di Dio, ma non si sentì per questo ridotta al silenzio.

Offrì volentieri il terreno vergine del suo spirito alla germinazione del Verbo; ma non si considerò espropriata di nulla. Gli cedette con gioia il suolo più inviolabile della sua vita interiore; ma senza dover ridurre gli spazi della sua libertà. Diede stabile alloggio al Signore nelle stanze più segrete della sua anima, ma non ne sentì la presenza come violazione di domicilio.

Santa Maria, donna accogliente aiutaci ad accogliere la Parola nell'intimo del cuore. A capire, cioè, come hai saputo fare tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita. Egli non bussa alla porta per intimarci lo sfratto, ma per riempire di luce la nostra solitudine.

Non entra in casa per metterci le manette, ma per restituirci il gusto della vera libertà.

Lo sappiamo: è la paura del nuovo a renderci spesso inospitali nei confronti del Signore che viene. I cambiamenti ci danno fastidio. E siccome lui scombina sempre i nostri pensieri, mette in discussione i nostri programmi e manda in crisi le nostre certezze ogni volta che sentiamo i suoi passi, evitiamo di incontrarlo, nascondendoci dietro la siepe, come Adamo tra gli alberi dell'Eden. Facci comprendere che Dio, se gusta i progetti, non ci rovina le festa; se disturba i nostri sonni, non ci toglie la pace.

E una volta che l'avremo accolto nel cuore, anche il nostro corpo brillerà della sua luce.

Mariafiduciaabbandonoprogetto di Dio

inviato da Mariangela Molari, inserito il 10/05/2002

TESTO

90. I 10 comandamenti del Beato Piamarta

Beato Giovanni Piamarta

I - Al ragazzo fai incontrare Cristo nel dialogo dell'amicizia, mettigli in mano il vangelo. Non ci sarà bisogno d'altro.

II - Tutta la città è in peccato mortale se un solo orfanello è costretto a dormire nella sala di attesa della stazione oppure sotto i ponti.

III - Per salvare un'anima, siate disposti a trattare anche col diavolo.

IV - Fate del bene a quanti più potete e vi capiterà tanto più spesso di incontrare dei visi che vi mettono allegria.

V - L'educatore non è un domatore da circo o un guardiano di cavalli, ma un padre con un cuore di madre.

VI - Una creatura è capace di miracolo se le fai il dono della fiducia.

VII - La follia cristiana appartiene all'ordine teologale, perché è un atto di fede.

VIII - Il vostro parlare sia sì, sì, no, no. Il resto viene dal maligno.

IX - Dio è il padrone dell'impossibile.

X - Due ore di preghiera sono troppe per chi è oberato di impegni e di attività educativa? E allora non c'è che un rimedio: farne almeno tre.

educazioneeducatori

3.0/5 (1 voto)

inviato da Don Angelo, inserito il 09/05/2002

TESTO

91. Dalla paura la guerra

Thomas Merton

Alla radice di ogni guerra sta la paura: non tanto la paura che gli uomini hanno gli uni degli altri, quanto la paura che essi hanno di tutto. Non è soltanto che non si fidino gli uni degli altri: non si fidano neppure di se stessi. Se dubitano che qualcuno possa voltarsi ed ucciderli, ancor più dubitano di poter essi stessi voltarsi ed uccidere. In nulla possono riporre la loro fiducia perché hanno cessato di credere in Dio.

Porrete fine alle guerre chiedendo agli uomini di fidarsi di uomini che evidentemente non meritano fiducia? No. Insegnate loro ad amare Dio e ad aver fiducia in Lui; allora essi saranno in grado di amare gli uomini in cui non possono avere fiducia ed oseranno far pace con loro, fidandosi non di loro ma di Dio.

Perché soltanto l'amore - che significa umiltà - può scacciare il timore che sta alla radice di ogni guerra.

Se gli uomini volessero davvero la pace, la chiederebbero a Dio ed Egli la darebbe loro. Ma perché Egli dovrebbe dare al mondo una pace che in realtà il mondo non desidera? Perché quella pace che il mondo sembra desiderare non è affatto pace.

Per alcuni, pace significa semplicemente libertà di sfruttare altri senza pericolo di rappresaglie o di interferenze. Per altri, pace significa la possibilità di derubarsi continuamente a vicenda. Per altri ancora significa facoltà di divorare i beni della terra senza essere costretti a interrompere i propri piaceri per nutrire coloro che vengono affamati dalla loro avidità. E per la grande maggioranza, pace significa semplicemente l'assenza di ogni violenza fisica che possa gettare una ombra su vite dedite alla soddisfazione dei propri appetiti animali di comodità e di piacere.

Molti uomini come questi hanno domandato a Dio ciò che essi credevano fosse la «pace» e si sono chiesti perché le loro preghiere non fossero state esaudite. Essi non potevano comprendere che in realtà erano esaudite. Dio ha lasciato loro ciò che desideravano, perché la loro idea di pace era soltanto un'altra forma di guerra.

Così, invece di amare ciò che tu credi sia la pace, ama gli altri uomini e ama soprattutto Dio. E invece di odiare coloro che credi fomentatori di guerra, odia gli appetiti e il disordine della tua anima, che sono le cause della guerra.

guerrapacepaura

inviato da Don Angelo, inserito il 09/05/2002

TESTO

92. Molti marosi e tempeste...

S. Giovanni Crisostomo, Omelie

Molti marosi e minacciose tempeste ci sovrastano, ma non abbiamo paura di essere sommersi, perché siamo fondati sulla roccia. Infuri pure il mare, non potrà sgretolare la roccia. Ho con me la sua Parola: questa è il mio bastone, la mia sicurezza, il mio porto tranquillo. Anche se tutto il mondo è sconvolto, ho tra le mani la Scrittura, leggo la Parola. Essa è la mia sicurezza e la mia difesa.

Parola di Diobibbiafedeabbandonofiduciasperanza

inviato da Stefania Raspo, inserito il 07/05/2002

TESTO

93. Dio si prenderà cura di voi   1

Martin Luther King

Tu ci dai la convinzione che noi non siamo soli in questo universo. Al di sotto e al di sopra delle sabbie mobili del tempo, delle incertezze che oscurano i nostri giorni e delle vicissitudini che offuscano le nostre notti, ci sei tu, Dio sapiente e amoroso. Il tuo illimitato amore ci sorregge e ci contiene come un immenso oceano contiene e sorregge le piccole gocce di ogni onda. Con la pienezza di una marea tu muovi eternamente verso di noi, cercando di colmare le piccole insenature e baie della nostra vita con illimitate risorse.

Ogni uomo che trova questo sostegno cosmico può camminare per le vie maestre della vita senza il travaglio del pessimismo e il peso di morbose paure.

"Dio si prenderà cura di voi": questa fede trasformerà il turbine della disperazione in una calda e vivificante brezza di speranza.

Le parole di un motto che nella passata generazione si trovavano sulle pareti delle case delle persone, devono essere impresse nei nostri cuori: "La paura ha bussato alla porta. La fede ha risposto: non c'è nessuno là fuori".

abbandonofedefiduciaprovvidenza

inviato da Emilio Centomo, inserito il 05/05/2002

TESTO

94. Dio viene dal futuro   3

Tonino Bello

C'è nella storia, una continuità secondo ragione, che è il futurum. E' la continuità di ciò che si incastra armonicamente, secondo la logica del prima e del poi. Secondo le categorie di causa ed effetto. Secondo gli schemi dei bilanci, in cui, alle voci di uscita, si cercano i riscontri corrispondenti nelle voci di entrata: finche tutto non quadra.
E c'è una continuità secondo lo Spirito, che e l'adventus.

E' il totalmente nuovo, il futuro che viene come mutamento imprevedibile, il sopraggiungere gaudioso e repentino di ciò che non si aveva neppure il coraggio di attendere.

In un canto che viene eseguito nelle nostre chiese e che è tratto dai salmi si dice: "Grandi cose ha fatto il Signore per noi: ha fatto germogliare i fiori tra le rocce!". Ecco, adventus è questo germogliare dei fiori carichi di rugiada tra le rocce del deserto battute dal sole meridiano.

Promuovere l'avvento, allora, è optare per l'inedito, accogliere la diversità come gemma di un fiore nuovo. Cantare, accennandolo appena, il ritornello di una canzone che non è stata ancora scritta, ma che si sa rimarrà per sempre in testa all'hit-parade della storia.

Mettere al centro delle attenzioni pastorali il povero, è avvento. E' avvento, per una madre, amare il figlio handicappato più di ogni altro. E' avvento, per una coppia felice e con figli, mettere in forse la propria tranquillità, avventurandosi in operazioni di "affidamento", con tutte le incertezze che tale ulteriore fecondità si porta dietro, anzi, si porta avanti.

E' avvento, per un giovane, affidare il futuro alla non garanzia di un volontariato, alla non copertura di un impegno sociale in terre lontane, alla gratuità e "inutilità" della preghiera perché la sua testimonianza sia forte in questi tempi di confusione.

E' avvento, per una comunità, condividere l'esistenza del terzo mondiale e sfidare i benpensanti che si chiudono davanti al diverso, per non permettere infiltrazioni inquinanti al proprio patrimonio culturale e religioso.

E' avvento, per una congregazione religiosa o per un presbitero Diocesano, allentare le cautele della circospezione mondana per tutelarsi il sostentamento, facendo affidamento sulla "insostenibile leggerezza" della Provvidenza di Dio.

Per Antonella, mia amica, è avvento abbandonare le lusinghe della carriera sportiva e, dopo aver frequentato l'Isef, farsi suora di clausura. Per Karol Tarantelli è avvento perdonare l'assassino di suo marito. Per Madre Teresa di Calcutta avvento è abbandonare la clausura e "farsi prossimo" sulle strade del mondo.

"Ecco come è avvenuta la nascita di Gesù": per promuovere l'avvento, Dio è partito dal futuro.

avventotestimonianzasolidarietàprovvidenzafuturofedefiduciacoppiafamiglia

5.0/5 (3 voti)

inviato da Emilio Centomo, inserito il 04/05/2002

TESTO

95. Amami come sei (versione lunga)   2

Mons. Lebrun

Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo; so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: Dammi il tuo cuore, amami come sei...

Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai. Anche se sei vile nella pratica della virtù e del dovere, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non commettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei.

In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità, nella fedeltà o nell'infedeltà, amami... come sei... voglio l'amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai.

Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore? Non sono io l'Onnipotente? E se mi piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore?

Figlio mio, lascia che ti ami, voglio il tuo cuore. Certo voglio col tempo trasformarti, ma per ora ti amo come sei... e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l'amore dei poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: Gesù ti amo.

Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza, né del tuo talento. Una cosa sola mi importa, di vederti lavorare con amore.

Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai... perché ti ho creato soltanto per l'amore.

Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allargare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, moriresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia.

Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l'azione più insignificante soltanto per amore. Conto su di te per darmi gioia...

Non ti preoccupare di non possedere virtù; ti darò le mie. Quando dovrai soffrire, ti darò la forza. Mi hai dato l'amore, ti darò di poter amare al di là di quanto puoi sognare...
Ma ricordati... Amami come sei...

Ti ho dato mia Madre: fa passare, fa passare tutto dal suo Cuore così puro.

Qualunque cosa accade, non aspettare di essere santo per abbandonarti all'amore, non mi ameresti mai... Va...

Clicca qui per la versione breve.

accettazione di séamare Dioamore di Dio

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inviato da Sara D'Erasmo, inserito il 26/04/2002

TESTO

96. Messaggio di tenerezza   3

Margaret Fishback Powers

Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che ho camminato sulla sabbia
accompagnato dal Signore,
e sullo schermo della notte erano proiettati
tutti i giorni della mia vita.

Ho guardato indietro e ho visto che,
ad ogni giorno della mia vita, proiettati nel film,
apparivano orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.
Così sono andato avanti,
finché tutti i miei giorni si esaurirono.

Allora mi fermai guardando indietro,
notando che in certi posti c'era solo un'orma...
Questi posti coincidevano con i giorni
più difficili della mia vita;
i giorni di maggior angustia,
di maggior paura e di maggior dolore...

Ho domandato allora:
«Signore, tu avevi detto che saresti stato con me
in tutti giorni della mia vita,
ed io ho accettato di vivere con te,
ma perché mi hai lasciato solo
proprio nei momenti peggiori della mia vita?»

Ed il Signore mi rispose:
«Figlio mio, io ti amo e ti dissi che sarei stato con te
durante tutta la camminata
e che non ti avrei lasciato solo neppure per un attimo,
e non ti ho lasciato...
I giorni in cui tu hai visto solo un orma sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio.»

rapporto con Dioprogetto di Diosofferenzadoloredifficoltàfiduciafedeserenità

5.0/5 (2 voti)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 10/04/2002