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24 novembre 2024
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) - CRISTO RE
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TESTO
Cristo ti chiede di essere un uomo o una donna capace di portare gioia:
1 - ti chiede gli occhi per guardare la realtà del mondo senza chiuderti in te stesso;
2 - ti chiede la mente per escogitare facezie e battute umoristiche onde riuscire a far sorridere chi piange;
3 - ti chiede orecchie per ascoltare e far tuoi i problemi degli altri, dimenticando le proprie amarezze;
4 - ti chiede le spalle per aiutare i tuoi fratelli a portare la croce, senza infastidirti più di tanto di quella che già tu porti;
5 - ti chiede le braccia per sollevare i pesi che gli altri non riescono a rimuovere, temendo di restare schiacciati sotto di essi;
6 - ti chiede i piedi per andare da chi soffre e portare un sorriso;
7 - ti chiede il cuore per amare chi non ha mai ricevuto una carezza e chi si dibatte tra gli affanni;
8 - ti chiede la bocca per pronunciare parole di incoraggiamento e di consolazione al fine di ridare fiducia nella vita;
9 - ti chiede l'intelligenza e la volontà per diventare sale della terra laddove tutto sembra insipido;
10 - ti chiede di non restare indifferente di fronte al fratello che non riesce a venir fuori dalle tenebre in cui si dibatte e di essere per lui come la luce del sole e come l'aria che respiri.
Porterai gioia e calore, ma ricorda di nasconderti sempre come una viola in un grande prato, della quale tutti sentono il profumo, ma che nessuno riesce a trovare.
gioiaumiltàserviziosolidarietàtestimonianza
inviato da Qumran2, inserito il 28/05/2012
TESTO
Ernesto Olivero, Camminare con Dio, Città Nuova, pag. 98
Un seme germoglia,
diventa fiore, diventa frutto
se una buona terra,
se un buon concime
lo nutrono.
Terra e concime
non vedranno il frutto
e il fiore non saprà mai
chi ringraziare,
ma il miracolo sarà compiuto.
Io posso essere
buona terra, buon concime
se in mezzo alla gente,
senza volto e senza nome,
porto la mia presenza
di preghiera.
semeseminareumiltàfruttopreghiera
inviato da Impastato Giuseppe S.i., inserito il 08/05/2012
TESTO
Pino Pellegrino, Marino Gobbin, Omelie per un anno, Vol. 1 - Anno A, Elledici 2004
1. Prima di parlare controlla che il cervello sia inserito.
2. Non parlare di te: lascia che siano gli altri a scoprirlo.
3. Regala parole buone: la scienza sta ancora cercando una medicina più efficace delle parole buone.
4. Non dire tutto ciò che pensi, ma pensa a tutto ciò che dici.
5. Adopera ragioni forti con parole dolci.
6. Quando parli, pensa all'insalata: è buona se ha più olio che aceto.
7. Non basta parlare: bisogna comunicare. Chi parla difficile non comunica.
8. Ascolta! Ascoltare è la forma più raffinata di parlare.
9. Quando senti altrui mancamenti, serra la lingua tra i denti.
10. Parla per ultimo: sarai ricordato per primo.
parlarepredicaresaggezzacomunicarecomunicazioneascoltodolcezzabontàumiltà
inviato da Qumran2, inserito il 07/05/2012
TESTO
24. Natale, si accende una grande luce 1
"Ciascun credente è un Cristo iniziale e incompiuto." (Ermes Ronchi)
"Io non sono / ancora e mai / il Cristo / ma io sono questa / infinita possibilità." (Davide M. Turoldo).
La nascita di Dio fatto carne è una provocazione, è una sfida, è un invito, è un farsi vicino all'uomo, perché finalmente il sogno dell'uomo si possa realizzare: crescere smisuratamente, diventare come Dio!
Prima l'uomo non conosceva la strada: nella sua illusione ne aveva tentate (e ancora tenta di percorrerne) tante, per realizzare finalmente la grande scalata al vertice supremo, alla felicità assicurata, alla pienezza della autorealizzazione.
Con il Natale è Dio stesso a scendere sulla strada e a suggerire il percorso. E ha indicato proprio quel cammino che l'uomo aveva rifiutato e continua ad escludere.
Perché l'uomo ha sempre pensato che la strada fosse dal basso verso l'alto, dalla piccolezza alla grandezza, dalla povertà alla ricchezza, dalla sottomissione alla potenza, dal dover subire alla prepotenza, dall'oscurità alla notorietà, dalla miseria al lusso, dal non contare alla riconoscibilità e al prestigio, dall'essere inerme alla violenza, dal dover subire all'oppressione, dalla dipendenza all'autonomia, dallo schiacciamento alla potenza, dal nascondimento forzato alla fama e all'esibizionismo...
Ed ecco l'uomo proiettato verso le conquiste per evadere da quel le strettoie e da quei vicoletti in cui si è cacciato e dove è stato costretto a vivere. L'uomo si lancia nella ricerca spasmodica di conti in banca, record mondiali, oggetti che sono o si vogliono far diventare status symbol, premi Oscar, premi Nobel, recensioni, riconoscimenti negli articoli su riviste e giornali, citazioni nelle riviste scientifiche, entrare e raggiungere record mondiali, guinness dei primati,...
Finito il tempo delle illusioni, è tempo di guardare una grotta, a Betlehem. Sognavamo di uscire dalla morsa della massa, di passare dalla insignificanza all'indispensabilità, dal tran tran alla grande festa, dalla periferia alla metropoli.
La storia conosce una marea di illusioni e di delusioni. Appena si pensa di aver raggiunto il traguardo, si fa bruciante la consapevolezza di avere in mano un pugno di mosche. Ed ecco l'uomo costretto alla fatica di Sisifo. E si ricomincia individuando altre strade, costruendo altri progetti, imbarcandosi in altre avventure, afferrandosi ad altre illusioni.
E l'umanità ha pagato gli enormi e ripetuti errori. A Natale sentiamo parlare di Gesù. A chi l'ha accettato ha dato la possibilità di diventare figlio di Dio.
Figlio di Dio! Toh! Ma non volevamo la stessa cosa?
Ora sì che si apre uno spiraglio di cielo, e viene illuminato un traguardo, e appare concretamente alla nostra portata il sogno irraggiungibile...
L'Eterno si è immerso nel tempo,
l'Infinito si è chiuso nello spazio,
l'Onnisciente è diventato un bambino che apprende,
il Signore un suddito,
il Creatore dei mondi un bisognoso di cibo, di calore, di amore.
Accènditi, accogli, incamminati. Sii tu dono, regalo, albero, luce, famiglia, festa, cibo.
nataleincarnazioneumiltàpiccolezzapovertàorgoglio
inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 09/04/2012
TESTO
Prima di amare, impara a camminare sulla neve senza lasciare impronte.
amaredelicatezzaumiltàsopportazione
inviato da Cinzia Novello, inserito il 08/04/2012
TESTO
Don Francesco Bisinella, Libro "Pensieri"
Piccole cose, umili realtà di ogni giorno!...siamo noi "piccoli" di mente e di cuore a considerarle tali. Sono il bene immenso di ogni attimo.
importanza delle piccole coseumiltàquotidianità
inviato da Pia Marin, inserito il 07/04/2012
TESTO
Non è umiltà il riconoscersi miserabili, è semplicemente buon senso; ma è umiltà volere e desiderare che gli altri ci considerino e ci trattino come tali.
inviato da Qumran2, inserito il 19/01/2012
TESTO
28. Natale, il segreto del nulla
Don Angelo Saporiti, Commento al Natale
"Un albero il cui tronco si può a malapena abbracciare nasce da un minuscolo germoglio. Una torre alta nove piani incomincia con un mucchietto di terra. Un viaggio di mille miglia ha inizio sotto la pianta dei tuoi piedi".
Questa frase di Lao Tzu, filosofo cinese del sesto secolo prima di Cristo, mi fa pensare al segreto nascosto nella festa del Natale: nasce un bambino in un paesello minuscolo e pressoché sconosciuto, nasce e ha inizio una nuova storia per tutta l'umanità. Una storia di liberazione, di gioia, di meraviglia, di luce. Una storia così travolgente e affascinante da coinvolgere uomini e donne di ogni epoca. Una storia così irresistibile, da attirare anche noi, oggi. Tutto inizia da un bimbo fragile e inerme. Eppure questa inconsistente "nullità" di un neonato è diventata albero robusto, torre di pietra alta millenni, viaggio di popoli verso Dio e dimora stabile di Dio dentro l'umanità. Ogni cosa, anche la più grande, ha inizio da un "nulla" da uno "zero". Nella lingua ebraica "zerà" vuol dire sia "zero", sia "seme". In altre parole: noi siamo zero, ma nel nostro niente è nascosto il nostro tutto, proprio come in un seme. Che questo Natale sia segnato dalla disponibilità del sentirci "nulla", per essere invasi dal "tutto" di Dio.
inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 09/12/2011
TESTO
San Giovanni Maria Battista Vianney
L'umiltà è per la virtù quello che la catena è per il rosario: togliete la catena e tutti i grani se ne vanno; togliete l'umiltà e tutte le virtù spariscono.
inviato da Qumran2, inserito il 07/12/2011
RACCONTO
30. La serva che portava l'acqua 1
In un paese lontano c'era un grande castello. Visto la sua grandezza, il re, per mantenerlo sempre pulito, assunse multi servitori, tutti avevano un lavoro, c'era chi spaccava la legna, chi accendeva tutti i lumi, chi raccoglieva i fiori e i frutti, chi cuciva, chi cucinava... e ovviamente chi andava al pozzo per prendere l'acqua.
Alla sera, finiti i lavori, tutti i servitori si riunivano, ognuno di loro raccontava la sua giornata, e tutti si vantavano di aver fatto qualcosa per il re, di averlo visto e di essere stato da lui ringraziato.
Marianna, era una ragazza dolce e solitaria, il suo compito era di portare acqua a chiunque la chiedesse, alla cuoca, al girdiniere, allo stalliere, ai vari camerieri personali del re; ma lei il re non lo vedeva mai.
Ogni sera ascoltava il racconto degli altri, e ogni sera si rattristava sempre di più, tutti la criticavano, lei non faceva nulla per il re, e probabilmente lui non sapeva neppure che esistesse. Marianna si sentiva inutile.
Sera dopo sera, tristezza dopo tristezza, decise che sarebbe andata via da quel castello, anche lei voleva essere qualcuno! E li non c'era posto per lei!
Così fece, una sera andò via, ma arrivata alle porte del castello il guardiano la fermò e la portò davanti al re...
Il re la guardò e Marianna si sentì così tanta piena di vergogna, che incollò gli occhi al pavimento per non vederlo in faccia.
Ma il re che era una persona dolcissima, si sedette accanto a lei, e volle sapere il perché della sua fuga; Marianna gli disse che si sentiva inutile, gli spiegò che era criticata da tutti, e tutti le dicevano che lei non faceva nulla di veramente utile per lui.
Il re le disse: "Marianna tu sei la serva più importante di tutto il castello! Senza di te credi forse che gli altri potrebbero farmi felice? Senza acqua non possono preparare il mio cibo, il mio bagno, non possono dissetarmi, non potrebbero pulire il mio castello. Tu qui sei essenziale, anche se non te ne rendi conto! Non badare a cosa dicono gli altri, tu per me sei importante!".
Marianna ripensò a quello che disse il re, e rimase al castello, e quella sera quando le chiesero com'era andata la sua giornata, sorridendo rispose: "Oh, io sono solo la serva che porta l'acqua!".
umiltàutilitàlavorocriticabullismovita di gruppo
inviato da Silvana Lunardi, inserito il 08/07/2011
PREGHIERA
Poiché tu li vuoi liberi, dicono che non parli.
Poiché prendi un volto umano, dicono che ti nascondi.
Poiché punti sui deboli, dicono che sei morto.
Poiché sei un Dio paziente, dicono che dormi.
Poiché il tuo Spirito è inafferrabile, dicono che tutto va male.
Poiché non accetti di essere complice, dicono che non servi a niente.
Poiché non schiacci nessuno, dicono che non ti hanno offeso.
Poiché non sei un Dio qualsiasi, dicono di te qualsiasi cosa.
Poiché ci hai creati a tua immagine, sei anche tutto ciò che dicono.
Mio Dio, non avrai pietà di me?
rivelazionesilenzio di Dioumiltà di DiolibertàSpirito Santo
inviato da Qumran2, inserito il 22/06/2011
TESTO
Per morire all'orgoglio, bisogna vivere mentalmente ai piedi degli altri. E' questo l'unico modo di esercitare l'autorità nella Chiesa.
inviato da Qumran2, inserito il 20/06/2011
PREGHIERA
Piero Calamandrei, Preghiera del giudice
Mai una volta, nel giudicare,
ho dimenticato di essere una povera creatura umana schiava dell'errore,
mai una volta nel condannare ho potuto reprimere il turbamento della coscienza,
tremante dinanzi ad un ufficio che, in ultima analisi, è soltanto tuo, o Signore.
giudiziogiudicaregiudiceumiltà
inviato da Qumran2, inserito il 03/06/2011
TESTO
inviato da Qumran2, inserito il 18/03/2011
TESTO
35. Il digiuno che piace al Signore 7
Digiuna dal giudicare gli altri:
scopri Cristo che vive in loro.
Digiuna dal dire parole che feriscono:
riempiti di frasi che risanano.
Digiuna dall'essere scontento:
riempiti di gratitudine.
Digiuna dalle arrabbiature:
riempiti di pazienza.
Digiuna dal pessimismo:
riempiti di speranza cristiana.
Digiuna dalle preoccupazioni inutili:
riempiti di fiducia in Dio.
Digiuna dal lamentarti:
riempiti di stima per quella meraviglia che è la vita.
Digiuna dalle pressioni e insistenze:
riempiti di una preghiera incessante.
Digiuna dall'amarezza:
riempiti di perdono.
Digiuna dal dare importanza a te stesso:
riempiti di compassione per gli altri.
Digiuna dall'ansia per le tue cose:
compromettiti nella diffusione del Regno.
Digiuna dallo scoraggiamento:
riempiti di entusiasmo nella fede.
Digiuna da tutto ciò che ti separa da Gesù:
riempiti di tutto ciò che a Lui ti avvicina.
Spirito Santo, che hai condotto Gesù nel deserto,
dove Egli ha digiunato per quaranta giorni e quaranta notti,
per l'intercessione di Maria SS.,
Madre di Gesù e Madre mia,
aiutaci a digiunare così come tu vuoi.
digiunoquaresimapenitenzadesertopace interioreumiltà
inviato da Paola Rivella, inserito il 10/03/2011
TESTO
36. Decalogo per trattare con un arrogante 2
Mons. Domenico Sigalini, Messagero di Sant'Antonio, marzo 2009
1. Non ti sentire mai offeso, nessuno può entrare nel sacrario della tua coscienza.
2. Non perdere tempo a rendere pan per focaccia: peggiori tu e spingi l'altro a perseverare.
3. Non compatirlo, ma creagli attorno un contesto disarmante di amicizia.
4. Spesso è maleducazione incosciente la sua: aiutalo a scoprire i sentimenti tenui della vita.
5. Sappi che ogni uomo ha bisogno degli altri per essere felice, ma deve allargare il cuore per far loro spazio.
6. Si è fatto lui centro del mondo: aiutalo a scoprire il vero centro che è Dio.
7. Per valutarsi nella verità di se stesso, ha bisogno di lasciare il suo loculo, nel quale si sente papa, re e profeta.
8. Se comincia a chiedere scusa, anche tra i denti, non lo scoraggiare: è su una buona strada.
9. La buona educazione non è il politicamente corretto, ma il lasciarsi conquistare da un ideale.
10. Conquisti più arroganti con una goccia di miele che con un barile di aceto.
arroganzaviolenzaprepotenzagentilezzaumiltàserenitàperdono
inviato da Luca, inserito il 08/01/2011
TESTO
Può essere bello, ma non è certo facile farsi pane.
Significa che non puoi più vivere per te, ma per gli altri.
Significa che devi essere disponibile, a tempo pieno.
Significa che devi avere pazienza e mitezza, come il pane
che si lascia impastare, cucere e spezzare.
Significa che devi essere umile, come il pane,
che non figura nella lista delle specialità;
ma è sempre lì per accompagnare.
Significa che devi coltivare la tenerezza e la bontà,
perché così è il pane, tenero e buono.
panecondivisionebontàeucaristiagiovedì santoultima cenadisponibilitàumiltàpani
inviato da Milena Pavan, inserito il 07/01/2011
TESTO
E' meglio essere cristiano senza dirlo che proclamarlo senza esserlo.
cristianesimoessere cristianitestimonianzaumiltàcoerenza
inviato da Qumran2, inserito il 06/01/2011
RACCONTO
Detti editi e inediti dei padri del deserto
Dicevano di abba Arsenio che una volta si ammalò, a Scete; il presbitero venne, lo trasportò in chiesa e l'adagiò su un tappeto con un piccolo cuscino sotto la testa. Ed ecco che un anziano, venuto a trovarlo e vedendolo sul tappeto con il cuscino sotto la testa, si scandalizzò dicendo: "È questo abba Arsenio? E se ne sta sdraiato su questa roba?". Presolo in disparte, il presbitero gli chiese: "Che lavoro facevi tu quando eri nel tuo villaggio?". Quello rispose: "Ero pastore". "E come vivevi?", gli chiese. "Tra molti stenti", rispose quello. Gli disse ancora: "E ora come vivi nella tua cella?". Rispose: "Con un certo conforto". Gli disse allora: "Vedi abba Arsenio? Nel mondo era precettore di imperatori, lo attorniavano migliaia di servi che portavano cinture d'oro, gioielli e vestiti di seta, e sotto i suoi piedi c'erano tappeti preziosi. Tu, invece, essendo pastore, non avevi nel mondo il conforto che hai ora; mentre egli qui non ha gli agi di cui godeva nel mondo. Ecco, tu ora trovi sollievo e lui tribolazione". All'udire ciò, fu preso da compunzione e fece una metanìa (inchino) dicendo: "Perdonami, abba, ho peccato; in verità questa è la vera via, perché costui è giunto all'umiltà, io invece al riposo". E l'anziano se ne andò avendo ricevuto giovamento.
inviato da Busato Don Paolo, inserito il 03/09/2010
TESTO
Essere accoglienti significa far morire noi per far vivere gli altri; i quali troveranno in noi, morti, Gesù vivo.
inviato da Pia Marin, inserito il 14/08/2010