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TESTO

21. Io e gli altri   1

Anthony de Mello, Un minuto di saggezza

A un discepolo che si lamentava continuamente degli altri, il maestro disse: «Se è la pace che vuoi, cerca di cambiare te stesso, non gli altri. È più facile proteggersi i piedi con delle pantofole che ricoprire di tappeti tutta la terra!»

pace interiorerapporto con gli altriaccettazioneconviverecomunitàcambiare se stessi

5.0/5 (1 voto)

inviato da Ale, inserito il 16/03/2003

TESTO

22. Il colore degli occhi   1

Carlo Maria Martini

Ci sono case ricche, che non consentono più di vedere il cielo, ci sono vite troppo frenetiche che non consentono più di stare a tavola insieme e di accorgersi del colore degli occhi e delle gioie e delle ferite dei cuori.

affettivitàamiciziasolidarietàapertura agli altri

1.0/5 (1 voto)

inviato da Mariella Romanazzi, inserito il 14/12/2002

TESTO

23. Solo l'amore dà certezza   1

Emmanuel Mounier

L'uomo esiste nella misura in cui esiste per gli altri.
Essere e amore coincidono.
Solo l'amore dà salda certezza e senso alla vita.
Il fare riferimento all'altro non è un limite, ma una possibilità di uscire dal circolo vizioso dell'io per entrare nella ricchezza del noi.

amorevitasenso della vitaapertura agli altri

inviato da Mariella Romanazzi, inserito il 14/12/2002

ESPERIENZA

24. Aiutare gli altri a vincere, questa è la cosa più importante   1

Qualche anno fa, alle paraolimpiadi di Seattle, nove atleti, tutti mentalmente o fisicamente disabilli erano pronti sulla linea di partenza dei 100 metri. Allo sparo della pistola, iniziarono la gara, non tutti correndo, ma con la voglia di arrivare e vincere.

Mentre correvano, un piccolo ragazzino cadde sull'alsfalto, fece un paio di capriole e cominciò a piangere. Gli altri otto sentirono il ragazzino piangere. Rallentarono e guardarono indietro. Si fermarono e tornarono indietro, ciascuno di loro. Una ragazza con la sindrome di Down si sedette accanto a lui e cominciò a baciarlo e a dire: "Adesso stai meglio?" Allora, tutti e nove si abbracciarono e camminarono verso la linea del traguardo. Tutti nello stadio si alzarono, e gli applausi andarono avanti per parecchi minuti.

Persone che erano presenti raccontano ancora la storia. Perché? Perché dentro di noi sappiamo che: la cosa importante nella vita va oltre il vincere per se stessi. La cosa importante in questa vita è aiutare gli altri vincere, anche se comporta rallentare e cambiare la nostra corsa.

amorecompetitivitàaiutarsi

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 03/12/2002

TESTO

25. Soli in mezzo agli altri

Henri J. M. Nouwen, Viaggio spirituale per l'uomo contemporaneo

Come mai tanti trattenimenti, tante riunioni amichevoli ci lasciano così vuoti e tristi? Può ben darsi che anche là la competizione, profondamente radicata e spesso inconscia fra le persone, impedisca a queste di svelarsi reciprocamente, instaurando dei rapporti che durino più del trattenimento. Nei luoghi dove siamo sempre benvenuti la nostra assenza non sarà poi tanto sentita e nei luoghi dove ognuno può accedere non si sentirà la mancanza di nessuno in modo particolare. Di solito c'è cibo a sufficienza e altrettante persone disposte a consumarlo, ma spesso si ha l'impressione che il cibo abbia perso la facoltà di creare una comunità, e non raramente ci allontaniamo dalla riunione più consci del nostro isolamento di quando vi siamo arrivati.

Il linguaggio che usiamo non suggerisce altro che il senso di isolamento: «Entri, prego... sono felice di vederla... Permettetemi di presentarvi questo amico speciale, che sarà lietissimo di conoscervi... Ho sentito tanto parlare di lei e non trovo parole per dirle quanto sia contento di conoscerla personalmente... Ciò che dice è interessantissimo, vorrei che fossero qui a sentirla più persone... È stato meraviglioso parlare con lei e avere occasione di fare questa conversazione... Spero proprio di incontrarla ancora. Lei sarà sempre benvenuto e non esiti a portare con sé un amico. Torni presto». È un linguaggio che rivela il desiderio di essere amichevoli e ricettivi ma che, nella nostra società, manca miseramente di lenire i dolori del nostro isolamento.

solitudinecomunità

inviato da Eleonora Polo, inserito il 16/11/2002

TESTO

26. Quanta carità hai

Primo Mazzolari

Chi ha poca carità vede pochi poveri;
chi ha molta carità vede molti poveri;
chi non ha carità non vede nessuno.

caritàamoresolidarietàapertura verso gli altrichiusuraegoismo

inviato da Nadia, inserito il 07/07/2002

TESTO

27. Dimmi spesso che mi ami   1

Charles Singer

Dimmi spesso che mi ami, con parole, gesti e azioni. Non credere che lo sappia già. Forse ti sembrerò imbarazzato e negherò di averne bisogno, ma non credermi, fallo lo stesso. Prenderemo del tempo per guardarci in faccia e parlarci come al principio. Prenderemo del tempo perché ritorni la tenerezza.

tenerezzaamorebisogno degli altri

inviato da Mariangela Molari, inserito il 01/06/2002

RACCONTO

28. Quello che ci tiene uniti

Jean Vanier, La comunità, Jaca Book

Un giovane si recò un giorno da un padre del deserto e lo interrogò:
«Padre, come si costruisce una comunità?»

Il monaco gli rispose:
«È come costruire una casa, puoi utilizzare pietre di tutti i generi; quel che conta è il cemento, che tiene insieme le pietre.»

Il giovane riprese:
«Ma qual è il cemento della comunità?»

L'eremita gli sorrise, si chinò a raccogliere una manciata di sabbia e soggiunse:
«Il cemento è fatto di sabbia e calce, che sono materiali così fragili! Basta un colpo di vento e volano via. Allo stesso modo, nella comunità, quello che ci unisce, il nostro cemento, è fatto di quello che c'è in noi di più fragile e più povero. Possiamo essere uniti perché dipendiamo gli uni dagli altri

comunitàconviverebisogno degli altrifragilitàunità

inviato da Emilio Centomo, inserito il 08/05/2002

RACCONTO

29. Il segreto del paradiso   1

Bruno Ferrero, L'importante è la rosa

Una volta un samurai grosso e rude andò a visitare un piccolo monaco. "Monaco", gli disse "insegnami che cosa sono l'inferno e il paradiso!".

Il monaco alzò gli occhi per osservare il potente guerriero e rispose con estremo disprezzo: "Insegnarti che cosa sono l'inferno e il paradiso? Non potrei insegnarti proprio niente. Sei sporco e puzzi, la lama del tuo rasoio si è arrugginita. Sei un disonore, un flagello per la casta dei samurai. Levati dalla mia vista, non ti sopporto".

Il samurai era furioso. Cominciò a tremare, il volto rosso dalla rabbia, non riusciva a spiccicare parola. Sguainò la spada e la sollevò in alto, preparandosi a uccidere il monaco.
"Questo è l'inferno", mormorò il monaco.

Il samurai era sopraffatto. Quanta compassione quanta resa in questo ometto che aveva offerto la propria vita per dargli questo insegnamento, per dimostrargli l'inferno! Lentamente abbassò la spada, pieno di gratitudine e improvvisamente colmo di pace.

"E questo è il paradiso", mormorò il monaco.

Dopo una lunga ed eroica vita, un valoroso samurai giunse nell'aldilà e fu destinato al paradiso. Era un tipo pieno di curiosità e chiese di poter dare prima un'occhiata anche all'inferno. Un angelo lo accontentò e lo condusse all'inferno.

Si trovò in un vastissimo salone che aveva al centro una tavola imbandita con piatti colmi di pietanze succulente e di golosità inimmaginabili. Ma i commensali, che sedevano tutt'intorno, erano smunti, pallidi e scheletriti da far pietà.

"Com'è possibile?", chiese il samurai alla sua guida. "Con tutto quel ben di Dio davanti!".

"Vedi: quando arrivano qui, ricevono tutti due bastoncini, quelli che si usano come posate per mangiare, solo che sono lunghi più di un metro e devono essere rigorosamente impugnati all'estremità. Solo così possono portarsi il cibo alla bocca".

Il samurai rabbrividì. Era terribile la punizione di quei poveretti che, per quanti sforzi facessero, non riuscivano a mettersi neppur una briciola sotto i denti. Non volle vedere altro e chiese di andare subito in paradiso.

Qui lo attendeva una sorpresa. Il Paradiso era un salone assolutamente identico all'inferno. Dentro l'immenso salone c'era l'infinita tavolata di gente; un'identica sfilata di piatti deliziosi. Non solo: tutti i commensali erano muniti degli stessi bastoncini lunghi più di un metro, da impugnare all'estremità per portarsi il cibo alla bocca.

C'era una sola differenza: qui la gente intorno al tavolo era allegra, ben pasciuta, sprizzante di gioia. "Ma com'è possibile?", chiese il samurai.

L'angelo sorrise. "All'inferno ognuno si affanna ad afferrare il cibo e portarlo alla propria bocca, perché si sono sempre comportati così nella vita. Qui, al contrario, ciascuno prende il cibo con i bastoncini e poi si preoccupa di imboccare il proprio vicino".
Paradiso e inferno sono nelle tue mani. Oggi.

paradisoinfernoaltruismoamoreegoismoserviziogenerositàcaritàdonare agli altri

5.0/5 (1 voto)

inviato da Marianna Sebastiani, inserito il 08/05/2002

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