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TESTO

21. A coloro che non trovano pace

Tonino Bello

Carissimi,

l'idea di rivolgermi a voi mi è venuta stasera quando, recitando i vespri, ho trovato questa invocazione: «Metti, Signore, una salutare inquietudine in coloro che si sono allontanati da te, per colpa propria o per gli scandali altrui».

Per prima cosa mi son chiesto se, nel numero delle mie conoscenze, ci fosse qualcuno che poteva essere raggiunto da questa preghiera.

E mi sono ricordato dite, Giampiero, che, dopo essere passato per tutta la trafila dei gruppi giovanili della parrocchia, un giorno te ne sei andato e non ti sei fatto più vedere.

L'altra sera ti ho incontrato per caso. Pioveva. Eri fermo sul marciapiede e ti ho dato un passaggio. In macchina mi hai chiesto con sufficienza se durante la quaresima continuavo a predicare le «solite chiacchiere» ai giovani, riuniti in cattedrale. Ci son rimasto male, perché mi hai detto chiaro e tondo che tu ormai a quelle cose non ci credevi più da un pezzo, e che al politecnico stavi trovando risposte più utili di quelle che ti davano i preti.

Mi hai raccontato che a Torino hai conosciuto Gigi, ex seminarista e mio alunno di ginnasio, il quale ti parla spesso di me. Ho notato che avevi una punta d'ironia e sembrava che ti divertissi quando hai aggiunto che ora sta con una ragazza, bestemmia come un turco, e fuma lo spinello.

Quando all'improvviso ti ho chiesto se eri felice, mi hai risposto che ne avremmo parlato un'altra volta, perché dovevi scendere e poi era troppo tardi.

Addio, Giampiero! L'invocazione del breviario stasera la rivolgo al Signore per te. E per Gigi. E la rivolgo anche per te, Maria, che ti sei allontanata senza una plausibile ragione. Facevi parte del coro. Ora a messa non ci vai nemmeno a Pasqua. Tu dici che hai visto troppe cose storte anche in chiesa, e che non ti aspettavi certe pugnalate alle spalle proprio da coloro che credono in Dio. Non so che cosa ti sia successo di preciso. Ma l'altro giorno, quando sei venuta da me per implorare un ricovero urgente al Gemelli a favore del tuo bambino che sta male, e io ti ho esortata ad aver fiducia in Dio, e tu sei scoppiata a piangere dicendomi che in Dio non ci credi più... mi è parso di leggere in quelle lacrime, oltre alla paura di poter perdere il figlio, anche l'amarezza di aver perduto il Padre.

Non temere, Maria. Pregherò io per il tuo bambino, perché guarisca presto. Ma anche per te, perché il Signore ti metta nel cuore una salutare inquietudine.

Vedo che non afferri il senso di una preghiera del genere. Di inquietudini nei hai già tante e non è proprio il caso che mi metta anch'io ad aumentartene la dose. Tu sai bene, però, che in fondo io imploro la tua pace. Ecco, infatti, come il breviario prolunga l'invocazione su coloro che si sono allontanati da Dio: «Fa' che ritornino a te e rimangano sempre nel tuo amore».

E ora, visto che mi sono messo ad assicurare preghiere un po' per tutti, vorrei rivolgermi anche a voi che, pur non essendovi mai allontanati da Dio, non riuscite ugualmente a trovar riposo nella vostra vita.

Per sè parrebbe un controsenso. Perché Dio è la fontana della pace, e chi si lascia da lui possedere non può soffrire i morsi dell'inquietudine. Però sta di fatto che, o per difetto di affido alla sua volontà, o per eccesso di calcolo sulle proprie forze, o per uno squilibrio di rapporti tra debolezza e speranza, o chi sa per quale misterioso disegno, è tutt'altro che rara la coesistenza di Dio con l'insoddisfazione cronica dello spirito.

Mi rivolgo perciò a voi, icone sacre dell'irrequietezza, per dirvi che un piccolo segreto di pace ce l'avrei anch'io da confidarvelo.

A voi, per i quali il fardello più pesante che dovete trascinare siete voi stessi. A voi, che non sapete accettarvi e vi crogiolate nelle fantasie di un vivere diverso. A voi, che fareste pazzie per tornare indietro nel tempo e dare un'altra piega all'esistenza. A voi, che ripercorrete il passato per riesaminare mille volte gli snodi fatali delle scelte che oggi rifiutate. A voi, che avete il corpo qui, ma l'anima ce l'avete altrove. A voi, che avete imparato tutte le astuzie del «bluff» perché sapete che anche gli altri si sono accorti della vostra perenne scontentezza, ma non volete farla pesare su nessuno e la mascherate con un sorriso quando, invece, dentro vi sentite morire. A voi, che trovate sempre da brontolare su tutto, e non ve ne va mai a genio una, e non c'è bicchiere d'acqua limpida che non abbia il suo fondiglio di detriti.

A tutti voi voglio ripetere: non abbiate paura. La sorgente di quella pace, che state inseguendo da una vita, mormora freschissima dietro la siepe delle rimembranze presso cui vi siete seduti.
Non importa che, a berne, non siate voi. Per adesso, almeno.

Ma se solo siete capaci di indicare agli altri la fontana, avrete dato alla vostra vita il contrassegno della riuscita più piena. Perché la vostra inquietudine interiore si trasfigurerà in «prezzo da pagare» per garantire la pace degli altri.

O, se volete, non sarà più sete di «cose altre», ma bisogno di quel «totalmente Altro» che, solo, può estinguere ogni ansia di felicità.

Vi auguro che stasera, prima di andare a dormire, abbiate la forza di ripetere con gioia le parole di Agostino, vostro caposcuola: «O Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».

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5.0/5 (6 voti)

inviato da Francesco De Luca, inserito il 16/06/2015

TESTO

22. È nato un bambino

Valentino Salvoldi

"È nato un bambino".
Questa la frase che, identica, risuona sotto diversi cieli.
Non si dice: "È nato un cristiano, un musulmano,
un ricco, un povero o un americano".
No! Ma semplicemente: "Un bambino".
Un essere umano bisognoso d'amare e di essere amato.
Un figlio di Dio e dell'uomo.
Un miracolo: un nuovo continuo "natale".

Scarica la raccolta completa di preghiere e testi di don Valentino Savoldi.

nascitabambinovitaessere umanoumanità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Valentino Salvoldi, inserito il 16/06/2015

TESTO

23. L'operatore di pace

Valentino Salvoldi

L'operatore di pace è figlio di Dio:
ama come Cristo, porgendo l'altra guancia a chi lo percuote.
E con gioia testimonia
che la verità senza carità non viene da Dio.
La giustizia senza misericordia non viene da Dio.
La lotta senza contemplazione non viene da Dio.
Perché "Dio è amore".

Scarica la raccolta completa di preghiere e testi di don Valentino Salvoldi

operatore di pacepacemisericordiamitezza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Valentino Salvoldi, inserito il 16/06/2015

TESTO

24. Oltre l'idillio infranto

Valentino Salvoldi

S'infrange l'idillio del Natale.
Ora il tuo cupo presentimento, Madre,
prende corpo nella profezia:
"Tu, Bambino, sarai pietra di scandalo.
E a te, Donna, una spada trapasserà l'anima".

Pallida e pensosa guardi tuo Figlio
con ansioso stupore, gravido di sfide:
"Dovrà questo mio latte
nutrire il sangue stesso del mio Signore
per renderlo pietra d'inciampo,
causa di caduta per molti?"

Non pensare Madre al suo destino di morte.
Non riandare alla straziante profezia.
Non sentirti in colpa se, a volte,
dimentichi la sua divina natura.
Godilo come frutto del tuo ventre.

Rallegrati del tuo sposo Giuseppe,
che silenzioso, contempla
quanto tu assomigli a Dio
e allevia col suo amore la tua pena
mentre Gesù, sereno,
si nutre dal seno materno.

Scarica la raccolta completa di preghiere e testi di don Valentino Salvoldi

mariamadre di Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Valentino Salvoldi, inserito il 16/06/2015

TESTO

25. Annunciazione   1

Erri De Luca, Nel nome della Madre

Glielo dissi il giorno stesso. Non potevo stare una notte con il segreto. Non trascorrerà intero il giorno sulla rottura della tua alleanza. Eravamo fidanzati. Nella nostra legge è come essere sposati, anche se non ancora nella stessa casa. Ed ecco che ero incinta. La voce del messaggero era arrivata insieme a un colpo d'aria. Mi ero alzata per chiudere le imposte e appena in piedi sono stata coperta da un vento, da una polvere celeste, da chiudere gli occhi. Il vento di marzo in Galilea viene da nord, dai monti del Libano e dal Golan. Porta bel tempo, fa sbattere le porte e gonfia la stuoia degli ingressi, che sembra incinta. In braccio a quel vento la voce e la figura di un uomo stavano davanti a me.

Ero in piedi e l'ho visto contro luce davanti alla finestra. Ho abbassato gli occhi che avevo riaperto. Sono sposa promessa e non devo guardare in faccia gli uomini. Le sue prime parole sul mio spavento sono state: "Shalòm Miriàm". Prima che potessi gridare, chiamare aiuto contro lo sconosciuto, penetrato nella stanza, quelle parole mi hanno tenuto ferma: "Shalòm Miriàm", quelle con cui Iosef si era rivolto a me nel giorno del fidanzamento. "Shalòm lekhà", avevo risposto allora. Ma oggi no, oggi non ho potuto staccare una sillaba dal labbro. Sono rimasta muta. Era tutta l'accoglienza che gli serviva, mi ha annunciato il figlio. Destinato a grandi cose, a salvezze, ma ho badato poco alle promesse. In corpo, nel mio grembo si era fatto spazio. Una piccola anfora di argilla ancora fresca si è posata nell'incavo del ventre.

Il mio Iosef, bello e compatto da baciarsi le dita, si stringeva le braccia contro il corpo, cercava di tenersi fermo, ripiegato come col mal di pancia. La notizia per lui era una tromba d'aria che scoperchiava il tetto. Tentava un riparo con il corpo, smarrito in faccia, i muscoli che saltavano fuori dalle braccia. Si proteggeva il ventre teso e magro, non si permetteva di toccarmi, di scuotere la mia calma così opposta al suo sgomento, senza poter fingere un po' di agitazione.

Ero in piedi, schiena dritta, un'agilità nuova mi dava slancio, mi accorgevo di essere più alta e più leggera precisamente al centro del corpo, sotto le costole nell'ansa del ventre. Là dove lui accusava il colpo e il peso coi muscoli contratti di un atleta sotto sforzo, io ricevevo una spinta dal basso verso l'alto da aver voglia di mettermi a saltare. I suoi capelli a ciuffi scossi sbattevano sulla fronte chiara, ballavano davanti agli occhi. Glieli misi in ordine con un paio di carezze svelte. Nel suo scompiglio era ancora più bello.

"Cos'altro ha detto, cos'altro", chiedeva Iosef affannato con la testa tra le mani, gli occhi a terra. "Sforzati di ricordare, Miriàm, è importante, cos'altro voleva far sapere?"

Gli uomini danno tanta importanza alle parole, per loro sono tutto quello che conta, che ha valore. Iosef le voleva per poterle serbare, riferire. Immaginò subito le conseguenze legali. L'annuncio aveva rotto la nostra promessa. Ero incinta di un angelo in avvento, prima del matrimonio. Perciò chiedeva altre parole da riportare all'assemblea, in cerca di una difesa di fronte al villaggio.

"Cos'altro ha detto, Miriàm? Ti prego, sforza la memoria, è accaduto solo poche ore fa." "Ero sopra pensiero, Iosef, stupita da un rimescolio del corpo, dalla polvere chiara che mi aveva investito senza lasciare traccia a terra, solo addosso. Ce l'ho ancora, la vedi?" "Lascia stare la polvere, pulirai dopo, adesso aiutami, cosa racconterò agli anziani?"

Mentre accadeva guardavo in basso, la veste fino ai piedi. Sotto, il mio corpo chiuso era calmo come un campo di neve. Mentre parlava io diventavo madre. Gli uomini hanno bisogno di parole per consistere, quelle dell'angelo per me erano vento da lasciar andare. Portava parole e semi, a me ne bastava uno.

Ero rimasta in piedi innanzi a lui e in piedi stavo davanti a Iosef. Lui sedeva, si alzava, si risedeva, chiedeva di mettermi seduta, ma restavo in piedi. Eravamo promessi ed era già un atto grave stare soli sotto lo stesso tetto. Avevo chiesto il colloquio, l'avevano concesso ma c'era stato un gran trambusto, ed era quasi sera. E poi non volevo sedermi. Con le mani intrecciate sul ventre piatto mi toccavo la pelle per sentire sulla punta delle dita la mia vita cambiata. Era per me il giorno uno della creazione.

Mi sforzavo di ricordare qualcosa per consolarlo. Mi stava a cuore il suo sgomento, m'importava di lui mortificato dalla rottura del nostro patto di unione.

Iosef fu sorpreso dalla mia quiete. Si attaccò anche a lui. Si alzò in piedi, sollevò la testa, asciugandosi la faccia con il dorso di quelle mani sante che avrei voluto baciare. "Conosci la legge, Miriam?" "Conosco la legge." "Per filo e per segno?" "Non bene come te, non tutte le parole. Spetta a voi uomini conoscerle a memoria. So le conseguenze." "Ascoltami, Miriàm. C'è una possibilità. Tu domani vai da sola in campagna con un pretesto, in cerca di qualche erba invernale per fare un decotto. E torni a sera dal campo dicendo di essere stata aggredita e violata lì, di aver gridato, ma senza risposta. E già successo, si sa di altri casi di ragazze che sono riuscite a evitare così l'accusa di adulterio."

Guardai Iosef per la prima volta. Conoscevo la sua faccia serena anche sotto le mosche e la fatica. Ora vedevo un uomo desolato che provava a governare la situazione progettando menzogne. Quanto dev'essere importante per gli uomini la legge, per ridurli a questo. Dissi: "Quell'uomo messaggero è venuto da me a mezzogiorno, porte e finestre aperte, spalancate. Io mi sono trovata in piedi davanti a lui nella mia stanza e non ho pronunciato una sillaba, non ho neanche risposto al suo saluto, altro che gridi."

Ero felice. Avrei voluto abbracciare il mio Iosef, per lui mi era salita in petto una tenerezza mai provata. Il rispetto, la soggezione che ci insegnano verso l'autorità maschile, abbassano i sentimenti affettuosi. Ma l'annuncio dell'angelo e la risposta del mio corpo quel giorno mi avevano affrancato. Non arrossivo, la fiducia di essere nel giusto mi dava la prontezza necessaria e un contegno nuovo. Anche il mio silenzio era cambiato. Con la tenerezza venne la gratitudine. Mi aveva creduto. Contro ogni evidenza si affidava a me. Sulla sua bella faccia non s'era mosso neanche un muscolo del sospetto, un aggrumo di ciglia, uno sguardo di sbieco. E aveva visto la sua Miriàm per la prima volta, perché era la prima volta che lo guardavo in faccia senza abbassare la fronte, come neanche le mogli osano fare. Mi aveva creduto, ero felice e calda di gratitudine per lui. "Fai quello che è giusto, Iosef. Io oggi sono tua più di prima, più della promessa."

annunciazionefiduciaGiuseppemariaaffidamento

5.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran, inserito il 21/01/2015

TESTO

26. Povero fratello Giuda   3

Primo Mazzolari, Bozzolo, Giovedì Santo 1958

Povero Giuda. Che cosa gli sia passato nell'anima io non lo so. È uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore.

Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po' di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: "Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo!" Amico! Questa parola che vi dice l'infinita tenerezza della carità del Signore, vi fa anche capire perché io l'ho chiamato in questo momento fratello. Aveva detto nel Cenacolo non vi chiamerò servi ma amici. Gli Apostoli son diventati gli amici del Signore: buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono sempre gli amici. Noi possiamo tradire l'amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando lo neghiamo, davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore...

Povero Giuda. Povero fratello nostro. Il più grande dei peccati, non è quello di vendere il Cristo; è quello di disperare. Anche Pietro aveva negato il Maestro; e poi lo ha guardato e si è messo a piangere e il Signore lo ha ricollocato al suo posto: il suo vicario. Tutti gli Apostoli hanno abbandonato il Signore e son tornati, e il Cristo ha perdonato loro e li ha ripresi con la stessa fiducia. Credete voi che non ci sarebbe stato posto anche per Giuda se avesse voluto, se si fosse portato ai piedi del calvario, se lo avesse guardato almeno a un angolo o a una svolta della strada della Via Crucis: la salvezza sarebbe arrivata anche per lui. Povero Giuda. Una croce e un albero di un impiccato. Dei chiodi e una corda...

Io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l'ultimo momento, ricordando quella parola e l'accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due ladroni...

speranzaperdonoconversionepeccatomisericordiarapporto con Diotradimentodisperazionegiovedì santo

4.6/5 (5 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 21/06/2014

TESTO

27. Quanto guadagni in un'ora?   8

Figlio: "Papà, posso farti una domanda?"
Papà: "Certo, di cosa si tratta?"
Figlio: "Papà, quanti soldi guadagni in un ora?"
Papà: "Non sono affari tuoi. Perché mi fai una domanda del genere?"
Figlio: "Volevo solo saperlo. Per favore dimmelo, quanti soldi guadagni in un ora?"
Papà: "Se proprio lo vuoi sapere, guadagno 100 dollari in un ora"
Figlio: "Oh! (con la testa rivolta verso il basso)
Figlio: "Papà, mi presteresti 50 dollari?"
Il padre si infuriò.
Papà: "La sola ragione per cui me lo hai chiesto era per chiedermi in prestito dei soldi per comprare uno stupido giocattolo o qualche altra cosa senza senso, adesso tu fili dritto per la tua stanza e vai a letto. Pensa al perché stai diventando così egoista. Io lavoro duro ogni giorno per questo atteggiamento infantile."

Il piccolo bambino andrò in silenzio nella sua stanza e chiuse la porta.
L'uomo si sedette e diventò ancora più arrabbiato pensando alla domanda della ragazzo. Come ha avuto il coraggio di farmi una domanda simile solo per avere dei soldi?
Dopo un ora o poco più, l'uomo si calmò, e cominciò a pensare:
Forse c'era qualcosa di cui aveva davvero bisogno di comprare con 50 dollari, non chiede dei soldi molto spesso.
L'uomo andò nella stanza del piccolo bambino e aprì la porta.
Papà: "Stai dormendo, figlio?"
Figlio: "No papà, sono sveglio".
Papà: "Stavo pensando, forse sono stato troppo duro con te prima. È stato un giorno faticoso per me oggi e mi sono scaricato su di te. Questi sono i 50 dollari che mi hai chiesto".

Il piccolo bambino si sedette subito e cominciò a sorridere.
Figlio: "Oh, grazie papà!"
Dopo, da sotto il suo cuscino ha tirato via delle banconote stropicciate. L'uomo vide che il bambino aveva già dei soldi, e inizio ad infuriarsi di nuovo. Il piccolo bambino iniziò lentamente a contare i suoi soldi, e dopo guardò il padre.

Papà: "Perché vuoi altri soldi se ne hai già"?
Figlio: "Perché non ne avevo abbastanza, ma adesso si".
"Papà, ho 100 dollari adesso. Posso comprare un ora del tuo tempo? Per favore vieni prima domani. Mi piacerebbe cenare con te."

Il padre rimase impietrito. Mise le sue braccio attorno al suo bambino e lo implorò di perdonarlo.

Questa è solamente una storia per ricordare a tutti noi che non bisogna sempre lavorare così duramente nella vita. Non ci rendiamo conto che il tempo ci scivola via tra le dita senza averne speso un po' con le persone più importanti della nostra vita, quelle vicino ai nostri cuori.
Ti ricorderai che 100 dollari valgono il tuo tempo con la persona che ami? Se noi morissimo domani, la società per cui lavoriamo ci potrà facilmente sostituire in qualche giorno. Ma la famiglia e gli amici che ci lasciamo dietro sentiranno la mancanza per il resto delle loro vite. E iniziamo a pensarci, noi mettiamo tutto ciò che abbiamo sul lavoro piuttosto che sulla nostra famiglia.
Alcune cose sono più importanti.

Vedi il video del racconto.

tempovalore del tempopadrefigligenitoriprioritàlavorointerioritàesteriorità

4.9/5 (9 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 16/05/2013

TESTO

28. Voglio credere   7

Jorge Mario Bergoglio

Voglio credere in Dio Padre, che mi ama come un figlio, e in Gesù, il Signore, che ha infuso il suo Spirito nella mia vita per farmi sorridere e portarmi così al regno di vita eterna.
Credo nella mia storia, che è stata trapassata dallo sguardo di amore di Dio e, nel giorno di primavera, 21 settembre, mi ha portato all'incontro per invitarmi a seguirlo.
Credo nel mio dolore, infecondo per l'egoismo, nel quale mi rifugio.
Credo nella meschinità della mia anima, che cerca di inghiottire senza dare... senza dare.
Credo che gli altri siano buoni, e che devo amarli senza timore, e senza tradirli mai per cercare una sicurezza per me.
Credo nella vita religiosa.
Credo di voler amare molto.
Credo nella morte quotidiana, bruciante, che fuggo, ma che mi sorride invitandomi ad accettarla.
Credo nella pazienza di Dio, accogliente, buona come una notte d'estate.
Credo che papà sia in cielo insieme al Signore.
Credo che anche padre Duarte (*) stia lì intercedendo per il mio sacerdozio.
Credo in Maria, mia madre, che mi ama e mai mi lascerà solo. E aspetto la sorpresa di ogni giorno nel quale si manifesterà l'amore, la forza, il tradimento e il peccato, che mi accompagneranno fino all'incontro definitivo con quel volto meraviglioso che non so come sia, che fuggo continuamente, ma che voglio conoscere e amare. Amen.

Testo di papa Bergoglio scritto del 1969, poco prima di essere ordinato sacerdote, tratto da Avvenire del 31 marzo 2013.

(*) il sacerdote che lo confessò quel 21 settembre​​​​ citato prima.

credoconfessione di fedepapa Francesco

4.3/5 (7 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 04/04/2013

TESTO

29. Ho imparato   8

Ho imparato che nessuno è perfetto... finché non ti innamori.
Ho imparato che la vita è dura... ma io di più!
Ho imparato che le opportunità non vanno mai perse... quelle che lasci andare tu, le prende qualcun altro.
Ho imparato che quando serbi rancore e amarezza... la felicità va da un'altra parte.
Ho imparato che bisognerebbe usare sempre parole buone... perché domani forse si dovranno rimangiare.
Ho imparato che un sorriso è un modo economico per migliorare il tuo aspetto.
Ho imparato che non posso scegliere come mi sento... ma posso sempre farci qualcosa.
Ho imparato che quando tuo figlio appena nato tiene il tuo dito nel suo piccolo pugno... ti ha agganciato per la vita.
Ho imparato che bisogna godersi il viaggio e non pensare solo alla meta.
Ho imparato che è meglio dare consigli solo in due circostanze: quando sono richiesti e quando è in gioco la vita.
Ho imparato che meno tempo spreco e più cose faccio.
Ho imparato a godermi le cose!
Ho imparato ad accettare le sconfitte, le delusioni.
Ho imparato che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà. Per questo bisogna che tu la perdoni.
Ho imparato che ci vogliono anni per costruire la fiducia, e pochi secondi per distruggerla.
Ho imparato che non dobbiamo cambiare amici se comprendiamo che gli amici cambiano.
Ho imparato che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo sempre responsabili di noi stessi.
Ho imparato che la pazienza richiede molta pratica.
Ho imparato che ci sono persone che ci amano, ma semplicemente non sanno come dimostrarcelo.
Ho imparato che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno ad alzarti.
Ho imparato che solo perché qualcuno non ti ama come vorresti, non significa che non ti ami con tutto se stesso.
Ho imparato che non si deve mai dire ad un bambino che i sogni sono sciocchezze, sarebbe una tragedia se lo credesse.
Ho imparato che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno, nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.
Ho imparato che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si sia spezzato, il mondo non si ferma aspettando che lo ripari.
...E dopo tutto ciò, avrò imparato a vivere?

viveresaggezzavitasenso della vitagratuitàmisericordiacomprensioneforza interiore

2.9/5 (9 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 23/09/2012

TESTO

30. L'altro   1

Kahlil Gibran, Gesù figlio dell'uomo

Il tuo prossimo
è lo sconosciuto che è in te, reso visibile.
Il suo volto si riflette
nelle acque tranquille,
e in quelle acque, se osservi bene,
scorgerai il tuo stesso volto.
Se tenderai l'orecchio nella notte,
è lui che sentirai parlare,
e le sue parole saranno i battiti
del tuo stesso cuore.
Non sei tu solo ad essere te stesso.
Sei presente nelle azioni degli altri uomini,
e questi, senza saperlo,
sono con te in ognuno dei tuoi giorni.
Non precipiteranno
se tu non precipiterai con loro,
e non si rialzeranno se tu non ti rialzerai.

prossimofratellanzacomunitàinterioritàrapporto con gli altriunione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Cinzia Novello, inserito il 20/09/2012

TESTO

31. Grazia a caro prezzo   3

Dietrich Bonhoeffer, Sequela

La grazia a buon mercato è grazia senza sequela, grazia senza croce, grazia senza Gesù Cristo vivo, incarnato.

Grazia a caro prezzo è il tesoro nascosto nel campo, per amore del quale l'uomo va a vendere con gioia tutto ciò che aveva; la pietra preziosa, per il cui valore il mercante dà tutti i suoi beni; la signoria regale di Cristo, per amore del quale l'uomo strappa da sé l'occhio che lo scandalizza; la chiamata di Gesù Cristo, per cui il discepolo abbandona le reti e si pone alla sua sequela.

Grazia a caro prezzo è il vangelo, che si deve sempre di nuovo cercare, il dono per cui si deve sempre di nuovo pregare, la porta a cui si deve sempre di nuovo bussare. È a caro prezzo, perché chiama alla sequela; è grazia, perché chiama alla sequela di Gesù Cristo; è a caro prezzo, perché costa all'uomo il prezzo della vita, è grazia, perché proprio in tal modo gli dona la vita; è a caro prezzo, perché condanna il peccato, è grazia, perché giustifica il peccatore.

La grazia è a caro prezzo soprattutto perché è costata cara a Dio, perché gli è costata la vita di suo Figlio «siete stati riscattati a caro prezzo» (1Cor 6,20) e perché non può essere a buon mercato per noi ciò che è costato caro a Dio. E' grazia soprattutto perché Dio non ha ritenuto troppo elevato il prezzo di suo Figlio per la nostra vita, ma lo ha dato per noi. Grazia a caro prezzo è l'incarnazione di Dio.

graziaconversionesequeladiscepolatotesoro nascostoperla preziosaredenzione

5.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 12/08/2012

TESTO

32. La dignità del sacerdozio

San Francesco d'Assisi

O mirabile dignità del sacerdote: nelle sue mani, come nel seno della Vergine Madre, il Figlio di Dio ogni giorno si incarna.

pretesacerdotesacerdozio

inviato da Luca Peyron, inserito il 12/08/2012

TESTO

33. Fa' il mio cuore ricco di amore

Karl Rahner, Tu sei il silenzio, ed. Queriniana

Fa' il mio cuore come il cuore del Figlio tuo; così largo e così ricco di amore; che i miei fratelli... che uno almeno, nella mia vita, venga per questa via, a comprendere che tu lo ami. Dio del mio Signore Gesù Cristo, che io ti possa trovare nel suo cuore.

amore fraternofratellicuore di Gesùcuoreamore di Diotestimonianza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 05/08/2012

TESTO

34. Il grido di Gesù sulla Croce

Suor Annamaria, Congregazione Figlie di Sant'Anna

"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato".
E' il grido di Gesù sulla Croce.
E' il grido del Figlio che invoca il suo Papà, Colui che solo può liberarlo da quella morte crudele.
E' il grido di ogni uomo che sulla Croce si trova solo, senza alcun sostegno, si sente incapace di affrontare quel momento così difficile.
E' il grido che diventa preghiera, la preghiera di ogni uomo, figlio di Dio che sa di avere un Padre che sempre si prende cura e non abbandona mai i suoi figli perché li ama profondamente e sta con loro nell'ora della prova.
E' il grido di chi soffre profondamente fino a sentire il dolore della carne, soffre nel corpo e nell'anima.
E' la preghiera di ogni creatura.
E' la mia, la tua preghiera nei momenti di buio, tristezza, angoscia, paura, non senso, vuoto e dove lui, Gesù, soffre con noi, offre ancora la sua vita e diventa per noi luce, gioia, serenità, speranza, riempie d'amore il vuoto e sconfigge ogni timore.
Entriamo oggi con Gesù, a muso duro, a Gerusalemme perché si compia in noi la volontà del Padre e insieme cantiamo "Osanna al nostro re".

sofferenzadoloresolitudineabbandonoabbandono in Dio

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inviato da Suor Annamaria Rita Marino Figlie Di Sant'Anna, inserito il 24/06/2012

TESTO

35. Schiavi o liberi?   3

Schiavi quando pensiamo di fare da soli, quando contiamo solo sulle nostre forze.
Schiavi quando le nostre competenze, la nostra cosiddetta esperienza, sono la nostra sicurezza.
Schiavi quando crediamo che la nostra ragione debba essere affermata e non confrontata.
Schiavi quando le nostre azioni si basano sul nostro poter fare e spesso sulle incapacità degli altri.
Schiavi quando nemmeno ce ne rendiamo conto di esserlo.
Schiavi proprio quando ci sentiamo liberi di affermare che non siamo schiavi di nessuno.
Schiavi quando guardiamo male l'obbedienza, l'umiltà dei servi, la sofferenza che toglie dignità.
Schiavi quando ci ripugna l'agnello immolato, lo scandalo e la stoltezza della croce.

Il nostro Mar Rosso, il nostro passaggio è il giardino del Getsemani.
L'abbandono nell'amore del Padre, il primato della volontà di Dio,
l'accettazione del calice, essere fatti partecipi della stessa cena, ci dona libertà.

Liberi di sentirci amati.
Liberi di saperci accolti per quello che siamo e non per quello che ci piacerebbe essere senza riuscirci.
Liberi di aderire al Signore sciogliendo ogni vincolo che non ci permette di seguirlo.
Liberi perfino di sbagliare e di sentirci amati anche per questo.
Liberi di rendere grazie.
Liberi di partecipare al progetto di Dio.
Liberi di affrontare la sofferenza senza sapere prima come fare.
Liberi di vivere una fede che è dono e non conquista.
Liberi di abbandonarci conoscendo l'ampiezza delle braccia che ci accoglieranno.
Liberi di gioire davanti ad un sepolcro che è rimasto vuoto per sempre.
Liberi di annunciare a tutti che ci possiamo fidare di Lui.

Gesù risorto è la verità che ci rende liberi, colui che nella sua vita di figlio
ha inserito anche noi perché possiamo sentirci nuovamente liberi e amati dal Padre.

pasqualibertàschiaviùpeccatoredenzione

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inviato da Marcello Barbieri, inserito il 06/05/2012

TESTO

36. Ancora e ancora vita   5

Luisa Faillace, La mia vita e il Libro di Giobbe

Se il tempo quel giorno si fosse fermato io non avrei mai potuto vedere i miei migliori amici sposarsi: testimoniare di un amore che non ha confini umani.
Non avrei mai potuto scoprire che al mondo esistono uomini capaci di essere professionisti affermati e padri presenti per figli felici.
Non avrei mai potuto indossare quel tubino di raso turchese che a me piace tanto... con quelle scarpe così decisamente kitsch... e fare la smorfiosa felice per un giorno.
Non avrei mai potuto scoprire di essere capace di costruire per lavorare;
...capire che quando un figlio, un genitore, ma soprattutto un fratello ed un amico più ti allontana tanto più ha bisogno di te.
Se il tempo quel giorno si fosse fermato non avrei mai potuto far pace con me stessa e soprattutto con te...
...e pertanto non avrei mai scoperto com'è bello alzarsi e sentirsi leggeri e ascoltare ancora il battito del proprio cuore e sentirlo sorridere.
Se la morte quel giorno avesse preso il sopravvento sulla vita, sulla mia vita,
non avrei mai scoperto che possono esistere colleghi capaci di accoglierti senza remore e senza invidia,
aiutarti a formarti e "fare strada insieme" anche nella vita:
"Perché cosa rimarrebbe della Vita? E di noi?!".
...non avrei mai raccolto il frutto di speranze e preghiere taciute ma desiderate all'estremo.
Se quella macchina, la mia macchina, quel giorno fosse finita giù non avrei potuto abbracciare i nipotini dei miei migliori amici e constatare che davvero quando un bambino ti stringe tra le braccia diventi tu il suo mondo e loro il nostro.
...non avrei mai visto e sentito gridare forte con la rabbia, la disperazione il dolore, la devozione, la gioia, la felicità, la fede, l'Amore: W San Leone; affidarsi senza se e senza ma, ridere e sorridere con gente a me straniera ed amica per un giorno e... per la vita.
Non avrei goduto ancora delle meraviglie artistiche del mondo,
né di albe e tramonti che non torneranno più perché ognuno ha in sé quel ricordo.
Non avrei scoperto che la vita sa e può sorprenderti... per una nuova amicizia inaspettata, ritornata, costruita...
...per quelle debolezze di uomini e donne così apparentemente forti... e continuarli comunque senza remore ad amarli in silenzio perché soprattutto il silenzio è amore, è perdono, è speranza.
Era il 18 Febbraio di un anno fa', come due giorni fa...
...non sarei cresciuta, non sarei cambiata, non sarei rinata.
Se ti fermi a leggere queste parole allora ferma per un momento anche la tua vita:
perdona chi ti ha fatto del male,
chiedi perdono a chi tu hai fatto del male perché se non lo sai sei capace di perdonare e se lo sai che ne sei capace serve solo fare un passo più in là perché anche il perdono si costruisce;
sorridi ancora una volta, gioisci ancora una volta,
non passare indifferente tra la gente,
ascolta chi ti cerca e cerca chi ti evita,
domanda, chiedi, guarda negli occhi,
ama gratuitamente chi la vita ti fa incontrare per caso, per sbaglio,
ma sempre per un senso.
Ma soprattutto pensa costantemente che la vita può durare tanto
ma può durare anche solo un altro istante!
...e poi:
"Considera i cieli, e vedi!
Guarda le nuvole, come sono più in alto di te!".

vitasenso della vitainterioritàperdonoviverecogliere l'attimoimportanza delle piccole cose

3.0/5 (2 voti)

inviato da Luisa Faillace, inserito il 06/05/2012

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37. Intervista a Cleofa, uno dei due discepoli di Emmaus   1

Stuart Jackman, Il caso del Nazareno, Ed. Paoline 1985 (pag. 188-196)

Stavamo tornando a casa, continuando a confabulare sugli avvenimenti di questo fine settimana, riandandovi per la centesima volta. Ci sforzavamo di dare un qualche costrutto alle cose, ma senza molto successo. Ed ecco che, a circa un chilometro dalla città, ci si avvicina un uomo...

- Era il Nazareno?
Be', questa è la cosa buffa: Noi non l'abbiamo riconosciuto. Siamo stati suoi seguaci per quasi due anni. Non eravamo di quelli importanti, ma credevamo in lui, l'abbiamo ascoltato decine di volte mentre parlava... eppure quello che si è avvicinato a noi ieri pomeriggio, ci parve del tutto forestiero.
Inoltre, sembrava completamente all'oscuro di quanto era successo a Gerusalemme in questi ultimi giorni. Si unì alla nostra conversazione, ma ci toccò informarlo sulla crocifissione di venerdì scorso e sulle voci di ieri mattina sulla risurrezione.
Sembrava non fosse al corrente di nulla, ma poi, conversando con noi, si è rifatto ai tempi passati e, cominciando da Mosè e attraverso tutti i profeti, è giunto ai giorni nostri. Aveva tutto sulle punte delle dita, formidabile era! Ce ne stavamo lì, imbambolati a bocca aperta a guardarlo. Tutti quei passaggi e brani di profezie, i testi più difficili, egli li ha collegati tra loro... come tasselli di un puzzle. Ha reso chiaro tutto l'insieme e l'ha fatto apparire quasi - come dire? - inevitabile. Soprattutto la risurrezione!
E questo è il punto culminante, la conclusione prodigiosa che dà significato a tutto il resto! Il Messia viene, ma la gente non lo riconosce. Nessuno lo accoglie perché non corrisponde in nulla a quello che noi ci attendevamo ch'egli fosse. Invece di incoronarlo re, lo mettiamo a morte. Non sappiamo chi sia e così ci liberiamo di lui. Ma il Messia è il vincitore della morte. E il terzo giorno egli ritorna in vita per stabilire il suo regno.

- Se il Messia è il vincitore della morte, come può morire?
Ma se non incontra la morte faccia a faccia come può vincerla?
Questo è quanto il nostro misterioso compagno di viaggio ci spiegò chiaramente. Se il Messia vuole soccorrere gli uomini, deve condividere con loro l'esperienza della morte, deve morire come muoiono tutti gli uomini. Noi non possiamo essere partecipi della vita nel suo regno, se egli non ha prima condiviso con noi la morte.

- I suoi nemici del Sinedrio gli dicevano: "Se sei il Figlio di Dio, salva te stesso"
Eppure sembra un'idea piuttosto ragionevole!

Oh certamente avrebbe potuto farlo!... Ma allora non ci avrebbe aiutati: se egli avesse inventato per sé una scappatoia dell'ultimo minuto, allora non avrebbe fatto per noi alcuna differenza. Non si vince la morte evitandola. La si vince solo se la si accetta per poi superarla, ritornando in vita dall'altro lato. Siccome Gesù Nazareno ha fatto questo, noi non dobbiamo più aver paura della morte.

- E mentre egli vi spiegava tutte queste cose, voi continuaste a non riconoscerlo?
Non prima di aver raggiunto Emmaus. Ci disse che avrebbe proseguito, ma lo convincemmo a fermarsi da noi, come nostro ospite graditissimo. Fu così ch'egli venne a casa con noi e là avvenne il fatto: l'abbiamo riconosciuto durante la cena! Ce ne stavamo seduti attorno al tavolo, pronti a mangiare. Lo invitammo a dire la preghiera di ringraziamento, secondo il nostro costume. A quel punto egli prese il pane, pronunciò la benedizione, e lo spezzò. Lo stavamo guardando, e in quel momento l'abbiamo riconosciuto: Gesù, il Messia, che era morto ed è vivo di nuovo! Ch'egli sia benedetto!

- Lei è sicuro di questo?
Nel modo più assoluto! So perfettamente chi era, perché gli stavamo seduti a fianco e lo fissavamo mentre spezzava il pane. Ed era Gesù! Era proprio Gesù!

- E poi cosa accadde?
E' scomparso! Svanito! Un istante prima era là che ci porgeva il pane, e un attimo dopo era sparito!
Per nulla impauriti, ci siamo precipitati fuori, abbiamo piantato la cena lasciando di stucco le nostre famiglie e siamo ripartiti subito per Gerusalemme.

- Lei sa certamente che le autorità prendono molto sul serio tutta questa faccenda, avrà visto le pattuglie per le strade... Non ha un po' di paura per quanto le potrebbe capitare?
Be', un po' di paura ce l'ho. Ma, vede, il peggio che possano fare è uccidermi. Ma adesso la morte non è più una cosa importante. Gesù l'ha reso sufficientemente chiaro: la morte non è la fine, ma soltanto un inizio. Fino a ieri mattina noi fruivamo solo di una mezza vita... eravamo tutti vivi a metà. Questo è ciò che eravamo. Ma ora è tutto diverso: Lui è di nuovo vivo, e siccome lui è vivo, anche noi siamo vivi a nostra volta. Vivi per davvero, come non l'eravamo mai stati!

Emmausrisurrezioneresurrezionerisortocoraggiofedeconvinzioneprofeziemortevita

5.0/5 (2 voti)

inviato da Laura Baravelli, inserito il 18/04/2012

TESTO

38. Morte e vita   2

Giuseppe Impastato S.I.

Nel giardino degli ulivi
solo, cadde, accasciato,
la fronte insanguinata.
Con grida di figlio
invocò il cielo, chiedendo liberazione
e come maestro
chiese prossimità, preghiera.
Con il cielo muto e gli uomini dormienti
la Morte appariva vincente.

Un bacio, uno schiaffo, urla, condanne,
e poi flagelli, spine, una croce per l'infame.
Sul colle, con l'urlo nel buio,
la Morte sembrò vittoriosa.

Gesù diede perdono, madre, figli,
un posto nel suo regno
e l'ultimo sì... Cristo è ormai finito!
E si inneggiò al trionfo della Morte.

La tomba sembrò inghiottirlo.
Ma troppo grande era l'Amore
E fu la Vita a inghiottire la Morte.
Alleluia!

passionerisurrezionemorteamoreresurrezione

4.8/5 (5 voti)

inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 09/04/2012

TESTO

39. Natale, si accende una grande luce   1

Giuseppe Impastato S.I.

"Ciascun credente è un Cristo iniziale e incompiuto." (Ermes Ronchi)
"Io non sono / ancora e mai / il Cristo / ma io sono questa / infinita possibilità." (Davide M. Turoldo).

La nascita di Dio fatto carne è una provocazione, è una sfida, è un invito, è un farsi vicino all'uomo, perché finalmente il sogno dell'uomo si possa realizzare: crescere smisuratamente, diventare come Dio!
Prima l'uomo non conosceva la strada: nella sua illusione ne aveva tentate (e ancora tenta di percorrerne) tante, per realizzare finalmente la grande scalata al vertice supremo, alla felicità assicurata, alla pienezza della autorealizzazione.
Con il Natale è Dio stesso a scendere sulla strada e a suggerire il percorso. E ha indicato proprio quel cammino che l'uomo aveva rifiutato e continua ad escludere.
Perché l'uomo ha sempre pensato che la strada fosse dal basso verso l'alto, dalla piccolezza alla grandezza, dalla povertà alla ricchezza, dalla sottomissione alla potenza, dal dover subire alla prepotenza, dall'oscurità alla notorietà, dalla miseria al lusso, dal non contare alla riconoscibilità e al prestigio, dall'essere inerme alla violenza, dal dover subire all'oppressione, dalla dipendenza all'autonomia, dallo schiacciamento alla potenza, dal nascondimento forzato alla fama e all'esibizionismo...
Ed ecco l'uomo proiettato verso le conquiste per evadere da quel le strettoie e da quei vicoletti in cui si è cacciato e dove è stato costretto a vivere. L'uomo si lancia nella ricerca spasmodica di conti in banca, record mondiali, oggetti che sono o si vogliono far diventare status symbol, premi Oscar, premi Nobel, recensioni, riconoscimenti negli articoli su riviste e giornali, citazioni nelle riviste scientifiche, entrare e raggiungere record mondiali, guinness dei primati,...

Finito il tempo delle illusioni, è tempo di guardare una grotta, a Betlehem. Sognavamo di uscire dalla morsa della massa, di passare dalla insignificanza all'indispensabilità, dal tran tran alla grande festa, dalla periferia alla metropoli.
La storia conosce una marea di illusioni e di delusioni. Appena si pensa di aver raggiunto il traguardo, si fa bruciante la consapevolezza di avere in mano un pugno di mosche. Ed ecco l'uomo costretto alla fatica di Sisifo. E si ricomincia individuando altre strade, costruendo altri progetti, imbarcandosi in altre avventure, afferrandosi ad altre illusioni.

E l'umanità ha pagato gli enormi e ripetuti errori. A Natale sentiamo parlare di Gesù. A chi l'ha accettato ha dato la possibilità di diventare figlio di Dio.
Figlio di Dio! Toh! Ma non volevamo la stessa cosa?
Ora sì che si apre uno spiraglio di cielo, e viene illuminato un traguardo, e appare concretamente alla nostra portata il sogno irraggiungibile...
L'Eterno si è immerso nel tempo,
l'Infinito si è chiuso nello spazio,
l'Onnisciente è diventato un bambino che apprende,
il Signore un suddito,
il Creatore dei mondi un bisognoso di cibo, di calore, di amore.

Accènditi, accogli, incamminati. Sii tu dono, regalo, albero, luce, famiglia, festa, cibo.

nataleincarnazioneumiltàpiccolezzapovertàorgoglio

5.0/5 (3 voti)

inviato da Giuseppe Impastato S.I., inserito il 09/04/2012

TESTO

40. Non piangere, o Madre

Non piangere per me, o Madre, vedendo nella tomba
il Figlio che senza seme hai concepito in grembo:
perché io risorgerò e sarò glorificato e,
poiché io sono Dio, incessantemente innalzerò nella gloria
coloro che con fede e amore magnificano te.

Per mio volere la terra mi ricopre,
ma tremano i custodi dell'ade
vedendomi avvolto, o Madre, nella veste insanguinata della vendetta:
perché io, Dio, ho abbattuto i nemici della croce
e di nuovo risorgerò e ti magnificherò.

Esulti il creato, si rallegrino gli abitanti della terra:
è stato spogliato, l'ade, il nemico!
Vengano avanti le donne con gli aromi:
io libero Adamo insieme a Eva e a tutta la loro stirpe
e il terzo giorno risusciterò

All'ora della nascita straordinaria
del tuo Figlio che non ha principio,
hai sfuggito le doglie in beatitudine soprannaturale;
ma ora, vedendo morto il tuo Dio, senza respiro,
sei orribilmente straziata dal dolore.
Risorgi dunque, Signore vittorioso, perché tua Madre sia magnificata.
Amen.

sabato santomadre di Diomaria

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 08/04/2012

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