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TESTO

381. Ogni società si trova a dover scegliere

Abbé Pierre

Ogni società si trova a dover scegliere fra una legge di vita e di pace, e una legge di morte e di odio. La legge di morte è quella che dice: i forti devono essere i primi. Ciò fa sì che tutti lottino per essere forti, in modo da essere serviti. Questa legge è disperata, perché anche il forte un giorno diverrà debole, e i deboli che lui non ha amato lo lasceranno morire abbandonato. C'è solo una via d'uscita a questa disperazione: obbedire alla legge della vita e dell'amore. Questa legge è il contrario della prima: dice che i poveri e deboli debbono essere serviti per primi. Questa legge porta pace, perché nessuno competerà mai con gli altri, lotterà contro gli altri, ucciderà gli altri per divenire debole e povero. Ed è una legge di vita, perché quando il forte diverrà debole, sarà sostenuto dai deboli che lui ha aiutato quand'era forte.

solidarietàamorecaritàgiustiziaingiustiziaforzavita

inviato da Eleonora Polo, inserito il 18/11/2002

TESTO

382. Quattro buoni motivi per leggere il vangelo   1

Nazzareno Marconi, pagina web

Primo motivo: Il Vangelo è il libro più famoso del mondo.

Se una mattina trovaste annunciato da tutti i giornali e tutte le trasmissioni televisive che uno sceneggiato ha avuto il più alto indice di ascolto di tutti i tempi, non vi verrebbe una grande curiosità di dare almeno un'occhiata alla seconda puntata? Il vangelo è il libro più stampato del mondo ed anche il più letto, in tutte le lingue e culture conosciute. Ma qual è il segreto del suo successo? Un numero incredibile di persone hanno scoperto che questo testo ha un potere unico: aiuta a conoscersi meglio e a rinnovare la propria vita. Dà una mano per prendere decisioni importanti e scoprire che senso abbia ciò che facciamo, ciò che pensiamo, ciò che desideriamo. Nel corso della sua storia l'umanità vi ha scoperto una fonte misteriosa ed inesauribile di speranza, di incoraggiamento, un intenso senso di pace.

Secondo motivo: Il Vangelo è un libro molto prezioso.

Se ti capitasse tra le mani un libro che: è stato copiato e diffuso con fatica per duemila anni, che spesso è stato combattuto e proibito da grandi poteri politici e militari, eppure è stato sempre difeso e conservato a costo della vita. Non gli dedichereste almeno un po' della vostra attenzione? La storia dei cristiani è punteggiata di storie di persecuzioni e martiri. Fin dall'inizio i nemici di Gesù hanno tentato di cancellare il suo ricordo, impedendo che i suoi amici parlassero di Lui alla gente. Ma questi non hanno taciuto, hanno parlato e scritto a costo della vita, e molti altri nel corso delle storia hanno fatto lo stesso. Solo grazie a questa catena di testimoni questo piccolo libro è potuto giungere tra le tue mani. Non credi che tanto sacrificio meriti un po' della tua attenzione?

Terzo motivo: Il Vangelo ha un mittente molto importante.

Se una mattina trovaste tra la vostra posta una lettera che viene da una grandissima autorità politica o economica, non la leggereste per prima e con molta attenzione? Oltre un miliardo e mezzo di persone nel mondo sono convinte che questo piccolo libro sia come una lettera che viene da Dio. Attraverso di esso il Creatore ha voluto mandarci un messaggio molto importante, tanto importante che questa "lettera" ci è stata "recapitata" da Gesù: il Figlio di Dio. Un messaggio con una tele "mittente" ed un tale "portalettere" non merita forse una attenta lettura?

Quarto motivo: Il Vangelo ha un destinatario molto importante.

Se una mattina trovaste tra la vostra posta una lettera indirizzata a voi e con su scritto "strettamente personale", non l'aprireste per prima e con molta attenzione? La fede dei cristiani ritiene che il Vangelo non contenga un messaggio generale, che riguardi soltanto principi e valori molto vaghi. Crediamo invece che il Vangelo è un messaggio che Dio invia a Te. Tra le sue parole ogni giorno puoi trovare qualcosa che misteriosamente, ma efficacemente, parla al tuo cuore e guida la tua vita. I cristiani, quando aprono il vangelo, si chiedono: "cosa mi dice oggi il Signore?". Non vale la pena di provare?

VangeloParola di DioSacra ScritturaBibbia

inviato da Eleonora Polo, inserito il 16/11/2002

TESTO

383. Solitudine e isolamento   1

Carlo Maria Martini, Vita di Mosè

E' noto che esiste una differenza tra isolamento e solitudine. L'isolamento come tale ha un carattere negativo: è l'uomo che vive disperatamente solo, magari in mezzo alla gente, ove comunque si sente non compreso e fallito; al contrario, la solitudine per ogni uomo, anche per l'uomo moderno, è un valore fondamentale. Ciò vuol dire che c'è un momento in cui l'uomo giunge a riconoscere che niente lo soddisfa davvero, che tutti i suoi metodi, tutte le sue esperienze, tutte le sue speranze lo hanno soddisfatto solo fino a un certo punto: rimane ancora un vuoto, un vuoto che soltanto Dio può colmare. È un'esperienza che non si fa quando ancora le cose si accavallano una sull'altra e si continua a sperare che ciascuna di esse riempia quel vuoto. Ma quando sopravviene lo scacco, allora ci si viene a trovare in quello stato di attesa e di vigilanza che fu lo stato di Mosè per 40 anni.

Ed ecco la solitudine di Mosè. Egli lascia che tutta la delusione, il dolore, la rabbia vengano a galla; non maschera né sopprime tutte queste cose, ma anzi le affronta, perché non ha più paura di guardare nella sua vita.

solitudineisolamentosilenziosenso della vitaricerca di sensofelicitàrapporto con Dio

inviato da Eleonora Polo, inserito il 16/11/2002

TESTO

384. Gesù non ha buona memoria   3

Cardinale Van Thuan

Gesù non ha buona memoria.
Sulla Croce durante la sua agonia il ladrone gli chiede di ricordarsi di lui quando sarebbe entrato nel suo regno. Se fossi stato io gli avrei risposto, "non ti dimenticherò, ma i tuoi crimini devono essere espiati, con almeno 20 anni di purgatorio", invece Gesù gli rispose "Oggi sarai con me in Paradiso".
Aveva dimenticato i peccati di quell'uomo. Lo stesso avviene con Maddalena e con il figliol prodigo. Gesù non ha memoria, perdona ogni persona, il suo amore è misericordioso.

Gesù non conosce la matematica, lo dimostra la parabola del Buon Pastore. Aveva cento pecore, una di loro si smarrì e senza indugi andò a cercarla lasciando le altre 99 nell'ovile. Per Gesù uno equivale a 99 e forse anche di più.

Gesù poi non è buon filosofo.
Una donna ha dieci dracme ne perde una quindi accende la lucerna per cercarla, quando la trova chiama le sue vicine e dice loro "Rallegratevi con me perché ho ritrovato la dracma che avevo perduto". E' davvero illogico disturbare le amiche solo per una dracma, e poi far festa per il ritrovamento. Per di più invitando le sue amiche per far festa, spendendo ben di più di una dracma. In questo modo Gesù spiega che c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte.

Gesù è un avventuriero.
Chiunque voglia raccogliere il consenso della gente si presenta con molte promesse, mentre Gesù promette a chi lo segue processi e persecuzioni, eppure da 2000 anni constatiamo che non si è esaurita la schiera di avventurieri che hanno seguito Gesù.

Gesù non conosce né finanza né economia.
Nella parabola degli operai della vigna, il padrone paga lo stesso stipendio a chi lavora al mattino e a chi inizia a lavorare il pomeriggio. Ha fatto male i conti? Ha commesso un errore? No, lo fa di proposito, perché Gesù non ci ama rispetto ai nostri meriti o per i nostri meriti, il suo amore è gratuito e supera infinitamente i nostri meriti. Gesù ha i "difetti" perché ama.
L'amore autentico non ragiona, non calcola, non misura, non innalza barriere, non pone condizioni, non costruisce frontiere e non ricorda offese.

perdonomisericordiaconfessionericonciliazioneGesù Cristoamore di Diorapporto con Dio

inviato da Anna Barbi, inserito il 30/09/2002

TESTO

385. Il decalogo della gioia

Mario Foradini, rivista Il Cenacolo 10/2001

1. «Nessuno è felice come Dio e nessuno fa felice come Dio» (S. Agostino).
2. Dio è la fonte della felicità infinita.
3. La gioia è un dono e una conquista.
4. La gioia vera è frutto di un amore vero.
5. La gioia cresce donandola.
6. La gioia è il nutrimento del cuore.
7. Solo chi è sincero può essere felice.
8. Tanto più si prega, tanto più si è nella gioia.
9. Per avere la gioia bisogna volerla donare.
10. Solo un cuore puro può gioire sempre di più.

gioiafelicitàDioserenità

inviato da Anna, inserito il 27/09/2002

TESTO

386. Lettera alla Parrocchia

Centro di Orientamento Pastorale [COP], a conclusione della 52ma Settimana di aggiornamento pastorale a Bergamo; Settimana, luglio 2002

Cara parrocchia,

sappiamo che più o meno consapevolmente molti, anche tra i cristiani, non ti ritengono oggi un riferimento necessario per la loro vita e che in certe zone d'Italia non sei più il centro dell'esperienza di un popolo.

Sappiamo che, per molti, rischi di essere soltanto una stazione di servizio distributrice di sacramenti e di elemosine e che, per alcuni gruppi, sei poco più di una base logistica.

Sappiamo tuttavia che molte associazioni, gruppi e movimenti trovano in te non solo un luogo di accoglienza e di ospitalità, ma la casa e la scuola dove crescere nella fede, per essere missionari nella città degli uomini.

Sappiamo che la fatica del rinnovamento nella fedeltà al Vangelo può togliere anche a te un po' di respiro ed entusiasmo.

Sappiamo che vorresti essere una comunità di celebrazione, di carità e di annuncio, ma che, a volte, ti mancano persone, parole di incoraggiamento e gesti di sostegno.

Sappiamo, infine, che potresti essere una delle molte comunità che sono senza pastore, ma noi non ti molliamo, anzi scommettiamo sulla tua grande capacità di rigenerarti, come hai fatto tante volte nella storia.

Non siamo nostalgici, vogliamo - con te e per te - essere creativi.

Non possiamo fare a meno di te, perché è nel tuo essere Chiesa tra le case, porzione di quella grande comunità che è la Chiesa universale, che noi apprendiamo a fare comunione; è tra le tue mura, chiese, cappelle, tessuti di relazione che incontriamo la comunità, sacramento cui è affidata la Parola che genera per tutti salvezza.

Non possiamo fare a meno di te, se vogliamo compiere oggi il percorso necessario di Parola, rito e carità che ci unisce a Cristo.

Non possiamo fare a meno di te, perché è nella celebrazione eucaristica che troviamo il sostegno decisivo per la nostra fede, la sorgente per la nostra sete di senso, la forza per una convivenza nella giustizia e nella pace.

Non possiamo fare a meno di te, se vogliamo imparare, da laici, consacrati e da preti, come si fa a essere laici, consacrati e preti in mezzo alla gente.

Siamo convinti che ancora molte persone si accostano a te con domande semplici di umana comprensione, di pietà e di condivisione e tu hai ancora per ciascuno parole e gesti di speranza e di fiducia.

Siamo convinti che con te si viene ancora a misurare l'incredulità fragile di molti uomini e donne, la loro nostalgia di Dio, il loro stesso rancore per l'inganno e le trappole in cui sono caduti e tu hai sempre un percorso di fede da ricominciare.

Siamo convinti che il Vangelo che proponi (e come lo proponi) in fedeltà allo Spirito che guida la Chiesa è la risposta ultima alle grandi domande dell'uomo.

Ti vogliamo aiutare a farti cantiere di formazione nei tuoi gesti solenni e quotidiani, nella tua assemblea domenicale, nell'accompagnare con il sacramento la vita che nasce, muore, esplode nella gioia, si affatica nel lavoro, si misura nella malattia.

Ti vogliamo aiutare a farti scuola di comunione anche nelle varie forme associative (pensiamo ad esempio, all'Azione Cattolica) generate da quella fantasia cristiana che tanta ricchezza di crescita spirituale, di fede e di apostolato ha portato alla vita delle nostre comunità. Ti vogliamo aiutare a farti punto di speranza nella capacità di incontrarti con le domande anche più petulanti e disperate, perché le sappia far diventare percorsi di vita e di fede.

Ti vogliamo aiutare a farti segno di quel "totalmente altro" che chiede di mescolarci nella società e di essere presenti nelle istituzioni abitandole da cristiani capaci di mostrare il Volto di Cristo, crocifisso e risorto, figlio dell'uomo e figlio di Dio, che tu ci aiuti a contemplare.

Ti vogliamo aiutare a vivere pienamente, con responsabilità e con gioia la dimensione Diocesana, ad aprirti alla collaborazione con tutte le altre parrocchie, superando ogni autosufficienza.

Ti vogliamo aiutare a confrontarti con un territorio che cambia per l'arrivo di altre culture e altre religioni, a portare al tuo interno per offrirla sull'altare dell'Eucaristia la vita quotidiana dei tuoi fedeli vita di famiglia, vita di lavoro e di disoccupazione, vita di italiani e di stranieri, vita culturale, politica, apertura al mondo intero.

Ti vogliamo aiutare a osare nella verità il dialogo con ogni ricerca di Dio e per questo ti chiediamo di essere esigente con noi stessi perché l'accoglienza e l'ascolto siano il frutto di una fede pensata. Cara parrocchia chiedici di più, sapremo darti anche di più e soprattutto lascia sempre trasparire sul tuo volto l'immagine beatificante del Volto di Dio.

parrocchialaicicollaborazioneresponsabilitàcorresponsabilitànuova evangelizzazione

inviato da Anna Barbi, inserito il 24/09/2002

TESTO

387. Desideri

Elias Canetti, Il cuore segreto dell'orologio. Quaderni di appunti (1973-85)

Solo i desideri miserevoli, quelli spudorati, vengono esauditi, mentre i grandi desideri, degni di un uomo, rimangono inesaudibili.

desiderisenso della vita

inviato da Luca Peyron, inserito il 19/09/2002

TESTO

388. Il mare in una buca   1

S. Agostino

Mi ero alzato presto quel mattino, e camminavo lungo la riva del mare. Mi capita spesso di fare così quando la mia mente non riesce a comprendere, cose più grandi me: con la sola forza della mia intelligenza cercavo di spiegarmi tante cose di Dio. Ero così preso dai miei pensieri che quasi non mi ero accorto che di fronte a me, a quell'ora dell'alba stava giocando un bambino. Aveva fatto una buca nella sabbia e continuava a correre da lì fino a riva, avanti e indietro, trasportando ogni volta un po' d'acqua.

«A che gioco stai giocando a quest'ora?» gli chiesi.

Il bambino mi rispose che non era affatto un gioco, e che voleva solo riversare tutto il mare in quella buca. Sorridendo per la sua impresa cercai di farlo ragionare, dicendogli che non ci sarebbe mai riuscito, perché il mare è troppo grande per essere contenuto in una piccola buca nella sabbia. Anche lui mi sorrise, ma continuò nel suo gioco. Così proseguii il mio cammino. Non avevo fatto nemmeno dieci passi che il bambino alle mie spalle rispose.

«Forse hai ragione Agostino, ma sappi che è più facile per me travasare qui le acque dell'intero Oceano che alla tua mente scorgere i confini dell'amore di Dio.»

infinitoconoscenza di Dioamore di DioTrinità

inviato da Viola, inserito il 17/09/2002

TESTO

389. Dedicato alle mamme   1

Quando sei venuto al mondo, lei ti ha accolto tra le braccia,
tu l'hai ringraziata gridando.

Quando avevi 1 anno, lei ti ha dato da mangiare e ti ha pulito,
tu l'hai ringraziata piangendo per notti intere.

Quando avevi 2 anni, lei ti insegnò a camminare,
tu la ringraziasti scappando quando ti chiamava.

Quando avevi 3 anni, lei ti preparava da mangiare con amore,
tu la ringraziavi facendo cadere i piatti sul pavimento.

Quando avevi 4 anni, lei ti comprò alcuni pennarelli colorati,
tu la ringraziasti scrivendo sui muri della sala da pranzo.

Quando avevi 5 anni, lei ti vestiva bene per le occasioni speciali,
tu la ringraziavi camminando nelle pozzanghere della via.

Quando avevi 6 anni, lei ti accompagnava a scuola,
tu la ringraziavi gridandole: non voglio andare!

Quando avevi 7 anni, lei ti regalò un pallone,
tu la ringraziasti calciandolo nella finestra del vicino.

Quando avevi 8 anni, lei ti comprò un gelato,
tu la ringraziasti rovesciandolo sulla sua gonna.

Quando avevi 9 anni, lei ti pagò le lezioni di piano,
tu la ringraziasti non frequentandole.

Quando avevi 10 anni, lei ti scarrozzava in macchina
da tutte le parti: a scuola, alla partita di calcio,
alle feste di compleanno e ad ogni altra festa,
tu la ringraziavi scendendo sempre dalla macchina senza mai voltarti indietro.

Quando avevi 11 anni, lei accompagnava te e i tuoi amici al cinema,
tu la ringraziavi dicendole di sedersi in un'altra fila.

Quando avevi 12 anni, ti consigliò di non guardare alla tv certi programmi,
tu la ringraziasti sperando che lei se ne stesse a lungo fuori casa.

Quando avevi 13 anni, lei ti regalò un giaccone in pelle,
tu la ringraziasti dicendole che non aveva gusto.

Quando avevi 14 anni, ella ti pagò un mese di vacanze estive in campeggio,
tu la ringraziasti dimenticandoti di mandarle una cartolina.

Quando avevi 15 anni, tornava dal lavoro e avrebbe voluto abbracciarti,
tu la ringraziasti chiudendo a chiave la tua stanza.

Quando avevi 16 anni, ti insegnò a guidare la sua macchina,
tu la ringraziasti usandola ogni volta che potevi.

Quando avevi 17 anni, lei aspettava una telefonata importante,
tu la ringraziasti occupando il telefono tutta notte.

Quando avevi 18 anni, lei pianse alla festa del tuo diploma,
tu la ringraziasti restando alla festa fino all'alba.

Quando avevi 19 anni, lei ti pagò le tasse dell'università,
ti accompagnò al campus trasportando i tuoi bagagli,
tu la ringraziasti salutandola fuori della tua stanza,
per non vergognarti davanti ai tuoi amici.

Quando avevi 20 anni, ti domandò se stavi uscendo con una ragazza,
tu la ringraziasti dicendole: non ti interessa!

Quando avevi 21 anni, lei ti propose alcune strade per il futuro,
tu la ringraziasti dicendole: non voglio essere come te!

Quando avevi 22 anni, ti abbracciò alla festa di laurea,
tu la ringraziasti chiedendole una vacanza premio per l'Europa.

Quando avevi 23 anni, lei ti diede dei mobili per il tuo primo appartamento,
tu la ringraziasti dicendo ai tuoi amici che erano brutti.

Quando avevi 24 anni, conobbe la tua futura sposa,
e le domandò dei progetti per il futuro,
tu la ringraziasti gridandole ferocemente: taci!

Quando avevi 27 anni, ti aiutò a pagar le spese del matrimonio,
e piangendo ti diceva che ti amava moltissimo,
tu la ringraziasti trasferendoti in un altro paese.

Quando avevi 30 anni, lei ti diede alcuni consigli per tuo figlio appena nato,
tu la ringraziasti dicendo che le cose non erano più come una volta.

Quando avevi 40 anni, ti chiamò per ricordarti il compleanno di papà,
tu la ringraziasti dicendo che eri molto occupato.

Quando avevi 50 anni, lei si ammalò e necessitò di cure,
tu la ringraziasti discutendo sugli obblighi dei genitori verso i figli.

Improvvisamente, un giorno, lei morì.
Tutto ciò che non avevi fatto per lei, ti cadde addosso come fulmine e tempesta.

Prenditi un momento per pensare. Rendi onore e omaggio, dimostra quanto ami colei che chiami mamma.
Non c'è sostituto alcuno per lei. E anche se non sempre la si può considerare la migliore amica, anche se il suo modo di pensare non s'accorda con il tuo, lei è sempre la mamma.
Domandati: hai avuto tempo per star con lei, per ascoltare le sue lamentele, per alleviare le sue stanchezze?
Sii prudente e generoso. Portale il debito rispetto.
Quando lei avrà lasciato questo mondo, ti resteranno solo bei ricordi di colei che hai chiamato mamma.

amoregratuitàfamigliagenitorimammamaternitàfigli

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inviato da Rovaris Pinuccio, inserito il 16/09/2002

TESTO

390. Il pane quotidiano - Pane per tutti i gusti   1

Rivista missionaria

Noi, popoli supernutriti, abbiamo inventato:

Il pane insipido e il pane salato.
Il pane croccante e quello floscio.
Il pane a rosetta e quello a filone.
Il pane all'olio e quello col riso.
Il pane bianco e quello integrale.
Il pane magro e quello vitaminizzato.
Il pane a fuoco e quello a vapore.
Il pane diabetico e quello con patate.
Le fette rotonde e quelle quadrate.

I poveri cercano semplicemente il pane quotidiano.

Altra versione

Voi popoli del benessere avete pane per tutti i gusti: salato, insipido, pane bianco e integrale, magro e vitaminizzato, per diabetici e linfatici, cotto a legna o a vapore; pane di tutte le forme: a sfogliata, rotondo, quadrato, a filone o in grissini di varia grandezza; biscotti e focacce di ogni tipo.
Noi, popoli della fame, chiediamo solo pane e preghiamo Gesù: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano".

mondialitàcaritàamoreserviziopovertàricchezzaingiustiziafame nel mondo

inviato da Anna Barbi, inserito il 16/09/2002

TESTO

391. Mi ami tu?

Henri J. M. Nouwen, Nel nome di Gesù

Prima di costituirlo pastore del suo gregge Gesù domandò a Pietro: "Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più degli altri?". Poi gli domandò una seconda volta: "Mi ami tu?", e una terza volta ripeté la stessa domanda: "Mi ami tu?". Anche noi dobbiamo porre questa domanda al centro del nostro ministero cristiano, perché è proprio essa che ci permette di essere da un lato inutili, e dall'altro veramente fiduciosi in noi stessi.

Basta guardare Gesù. Il mondo non si curò minimamente di Lui, e Gesù fu crocifisso e sepolto. Il suo messaggio di amore fu rigettato da un mondo assetato di potere, efficienza e dominio. Ma ecco che Gesù risuscito, con le ferite nel suo corpo glorificato, appare ad alcuni amici che hanno occhi per vedere, orecchie per udire e cuore per comprendere. Questo Gesù rigettato, sconosciuto, ferito, chiede semplicemente: "Mi ami tu? Mi ami davvero?". Lui che si era preoccupato solo di annunciare l'amore incondizionato di Dio ha una sola domanda da fare: "Mi ami tu?".

Gesù non chiede: "C'è molta gente che ti prende sul serio? Hai intenzione di compiere grandi cose? Hai già qualche risultato da farmi vedere?". Chiede invece: "Sei innamorato di Gesù?". Forse potremmo formulare la domanda anche in altro modo: "Conosci il Dio incarnato?". E' un cuore che non conosce sospetti, vendette, risentimenti, né tanto meno odi. E' un cuore che vuole solo dare amore ed essere ricambiato con amore. E' un cuore che soffre immensamente perché vede la grandezza del dolore umano e l'ostinazione a non fidarsi del cuore di un Dio che vuole offrire consolazione e speranza.

Il leader cristiano del futuro è uno che conosce intimamente il cuore di Dio, diventato "cuore di carne" in Gesù. Conoscere il cuore di Dio significa annunciare e rivelare in modo coerente, radicale e quantomai concreto che Dio è amore, e solo amore, e che la paura, l'isolamento o la disperazione che possono tormentare l'anima umana sono prove che certamente non vengono da Dio. Tutto questo può sembrare molte evidente e forse banale, ma ben pochi sanno che Dio li ama senza condizioni e senza limiti. Questo amore incondizionato e illimitato è quello che l'evangelista Giovanni chiama il "primo" amore di Dio. "Amiamo Dio", egli dice, "perché Dio ci ha amati per primo"(1 Gv 4,19). L'amore che spesso ci lascia dubbiosi, delusi, arrabbiati e offesi è il "secondo" amore: e cioè accettazione, affetto, simpatia, incoraggiamento e sostegno dei genitori, insegnanti, coniugi, amici. E sappiamo tutti che è un amore quantomai, limitato, violato e fragile. Sotto le numerose espressioni di questo secondo amore si nasconde sempre la possibilità di rigetto, ritiro, castigo, ricatto, violenza e perfino odio. Molti film e drammi contemporanei ritraggono le ambiguità e ambivalenze delle relazioni umane, e non esistono amicizie, matrimoni, comunità in cui le tensioni e gli sforzi del secondo amore non si rivelino in tutta la loro gravità. Si direbbe anzi che gli aspetti piacevoli della vita di ogni giorno nascondano molte ferite aperte che si chiamano abbandono, tradimento, rigetto, rottura, perdita. Tutto questo è, per così dire, l'ombra inseparabile del secondo amore e rivela l'oscurità che non abbandona mai completamente il cuore umano.

L'essenza della buona novella sta proprio qui: nell'annuncio che il secondo amore è solo un pallido riflesso del primo amore, e che il primo amore ci viene offerto da un Dio in cui non ci sono ombre.

gratuitàamoreamore di Diorapporto con Dio

inviato da Polda, inserito il 08/09/2002

TESTO

392. Messaggio dell'Anziano

Se il mio camminare è oscillante e le mie mani tremano, aiutami.
Se non ascolto bene e devo sforzarmi per sentire le tue parole, abbi compassione.
Se non vedo bene e la mia comprensione è scarsa, aiutami con pazienza.
Se a causa delle mie mani che tremano lascio cadere sul tavolo e per terra del cibo, non arrabbiarti, ho cercato di fare del mio meglio.
Se mi trovi per strada, non schivarmi, fermati e parla un po' con me; a volte mi sento solo.
Se tu, con la tua sensibilità, mi vedi triste e solitario, regalami soltanto un sorriso.
Se ti ho raccontato per la terza volta la stessa storia in un solo giorno, non rimproverarmi, semplicemente ascoltami.
Se mi comporto come un bambino, accoglimi con tenerezza.
Se ho paura della morte e cerco di allontanarla, aiutami a prepararmi all'addio.
Se sono ammalato e ti sono di peso, per favore, non abbandonarmi!

vecchiaiaanzianità

inviato da Lidia Perin, inserito il 29/08/2002

TESTO

393. Non dire Padre...   1

Non dire: PADRE
se ogni giorno non ti comporti da figlio.
Non dire: NOSTRO
se vivi soltanto del tuo egoismo.
Non dire: CHE SEI NEI CIELI
se pensi solo alle cose terrene.
Non dire: VENGA IL TUO REGNO
se lo confondi con il successo materiale
Non dire: SIA FATTA LA TUA VOLONTA'
se non l'accetti anche quando è dolorosa.
Non dire: DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
se non ti preoccupi della gente che ha fame.
Non dire: PERDONA I NOSTRI DEBITI
se non sei disposto a perdonare gli altri.
Non dire: NON CI INDURRE IN TENTAZIONE
se continui a vivere nell'ambiguità.
Non dire: LIBERACI DAL MALE
se non ti opponi alle opere malvagie.
Non dire: AMEN
se non prendi sul serio le parole del
PADRE NOSTRO.

preghieracoerenzaPadre Nostrorapporto con Dio

inviato da Sara Accorti, inserito il 28/08/2002

TESTO

394. Stola e grembiule (versione breve)

Tonino Bello, Stola e grembiule, Ed. Insieme, Terlizzi, 1993

Di solito la stola richiama l'armadio della sacrestia dove, profumata d'incenso, fa bella mostra di sé. Non c'è novello sacerdote che non abbia in dono per la prima messa una stola preziosa. Il grembiule, invece, per ben che vada, richiama la credenza della cucina dove, sporco e macchiato, è sempre a portata di mano della massaia. Ordinariamente non è un articolo da regalo, tanto meno a un prete. Eppure è l'unico paramento sacerdotale registrato nel vangelo della messa solenne del giovedì santo. Il vangelo infatti non parla né di casule, né di amitti, ma solo di questo panno rozzo di cui "il Maestro si cinse i fianchi" per la lavanda dei piedi degli apostoli, in segno di servizio e umiltà suprema.

serviziogiovedì santocaritàlavanda dei piedisacerdozio

inviato da Stefania Raspo, inserito il 28/08/2002

TESTO

395. Ho vissuto una intensa esperienza di Dio   2

Note di Pastorale Giovanile, n. 1/ gennaio 1999

Carissimo amico o amica,

Voglio farti qualche confidenza sulla mia relazione con Dio. Dio occupò il centro della mia vita. Per arrivare a quest'esperienza dovetti fare un notevole sforzo di personalizzazione e di interiorizzazione e mettere in gioco tutte le dimensioni della mia persona: intelligenza, sentimenti, atteggiamenti. E ti posso assicurare che sempre mi sentii pienamente me stesso.

Dio occupò il centro della mia vita come un Padre che mi amava intensamente, con un amore somigliante a quello che sente una madre quando il suo figlio sta per nascere, per questo osai chiamarlo "papà"; Questo amore di Dio - Padre fu la roccia ferma su cui appoggiai sempre la mia vita.

Mi costò molto far capire alla gente che Dio ama gratuitamente, cioè, senza che in noi ci siano motivi speciali perché lui ci ami: essere buoni, bravi, intelligenti, ecc. Per questo narrai le parabole, come quella del padre che accoglie il suo figlio che se n'era andato da casa o quella dei lavoratori della vigna che ricevono lo stesso stipendio anche se non hanno lavorato tutti le stesse ore.

Non è stato facile convincere quella donna samaritana a cui chiesi di darmi un po' d'acqua, che Dio è come una fonte d'acqua che toglie la sete per sempre. Basta relazionarsi con lui in Spirito e verità. Per questo, sentii una grande necessità di lodarlo, di rendergli grazie, soprattutto, quando vidi che le mie parole sul Regno di Dio arrivavano al cuore della gente semplice.

Riconosco che davanti ai grandi avvenimenti - la chiamata degli apostoli, il discorso sul monte, ecc. - mi piaceva passare la notte pregando da solo con Lui, ascoltavo il suo filo di voce dentro di me, vedevo una presenza amorosa nelle persone a cui dovevo parlare e guarire il giorno dopo. Il cielo pieno di stelle della Palestina faceva più maestosa e bella la sua presenza.

Arrivai addirittura a dire, non senza un po' di paura di non essere capito e di scandalizzare i farisei e gli scribi di Israele, che il mio cibo era fare la volontà del Padre mio, anzi che Dio e io eravamo la stessa cosa.

Non credere che questo fare la volontà di Dio fosse, qualcosa di facile. L'ansia di potere e di fama bussavano continuamente alla mia porta, soprattutto quando la gente mi perseguitava per farmi re. Molte volte, ho avuto la sensazione di usare Dio, di fare di Lui un idolo secondo la mia misura e convenienza.

Ci sono stati dei momenti in cui il cammino è diventato più duro. Ci sono stati momenti di solitudine e di sconfitta a causa dell'incomprensione e dell'abbandono dei miei amici. Vivere la relazione con Dio come Padre fu allora un'esperienza dolorosa, soprattutto nel momento della verità, quando la mia vita scorreva inesorabilmente verso la morte.

Nell'orto degli ulivi, il sudore e il sangue inzupparono la mia tunica. Dio rimaneva muto di fronte alla mia passione e alla mia morte. La gente ai piedi della croce mi ricordava con ironia che sempre avevo chiamato Dio Padre e sulla croce arrivai a dubitare di Lui. Però finalmente vinsi la tentazione. Mi misi nel buio tunnel della morte convinto di una cosa sola: Dio era mio Padre e Lui sapeva cosa farsene della mia vita.

Il giorno di Pasqua fu, e continua ad essere, la prova che lui non era nel torto. Quel giorno Dio gridò all'umanità intera e continua a farlo fino ad oggi, che la Croce è la fonte da dove sgorga la vita; che il chicco di grano, se non muore, non produce frutto; che una candela deve consumarsi pian piano se vuole illuminare; che il sale per dare sapore deve sciogliersi; che il lievito deve mescolarsi con la massa fino a scomparire per fare un buon pane per tutti, soprattutto per i più poveri ed emarginati.

Gesù di Nazareth

Gesù CristoDiorapporto con Dio

inviato da Don Giovanni Cuccu, inserito il 22/08/2002

TESTO

396. Euforia serale

Felice d'avere tutta una vita alle spalle.
Felice di sorprendermi in vita ogni mattina.
Felice di poter respirare, essere saggio e sereno.
Felice finora di non esser troppo ammalato.
Felice di aver tempo di pregare Dio.
Felice di non esser attaccato a grandi cose.
Felice di vedere tanta gente che mi vuol bene e mi cura.
Felice di aver vissuto un'epoca straordinaria.
Felice di vedere una Chiesa trasformata.
Felice di sapere che ci sarà un seguito.
Felice di arrivare alla fine e dire:...si avvicina.
Felice di rientrare al porto dopo una lunga traversata.
Felice di non aver che una preoccupazione, morire bene.
Felice di non essere solo a condividere.

gratitudinefelicitàgioia

inviato da Rovaris Pinuccio, inserito il 21/08/2002

TESTO

397. Buon Natale, tanti auguri... scomodi!

Tonino Bello

Non obbedirei al mio dovere di Vescovo, se vi dicessi "Buon Natale" senza darvi disturbo.
Io, invece, vi voglio infastidire.

Non posso, infatti, sopportare l'idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla "routine" di calendario. Mi lusinga, addirittura, l'ipotesi che qualcuno li possa respingere al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali. E vi conceda la forza di inventarvi un'esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla ove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che lo sterco degli uomini o il bidone della spazzatura o l'inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell'affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunziano la pace portino guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che, poco più lontano di una spanna con l'aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano i popoli allo sterminio per fame.

I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell'oscurità e la città dorme nell'indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere "una gran luce", dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell'edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

I pastori che vegliano nella notte, "facendo la guardia al gregge" e scrutando l'aurora, vi diano il senso della storia, l'ebbrezza delle attese, il gaudio dell'abbandono in Dio. E poi vi ispirino un desiderio profondo di vivere poveri: che poi è l'unico modo per morire ricchi.

Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

Nataleincarnazioneconversione

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 12/06/2002

TESTO

398. Se Cristo domani

Raoul Follereau

Se Cristo, domani, busserà alla vostra porta, lo riconoscerete?

Sarà, come una volta, un uomo povero,
certamente un uomo solo.

Sarà senza dubbio un operaio,
forse un disoccupato,
e anche, se lo sciopero è giusto, uno scioperante.

Salirà scale su scale, senza mai finire.
Ma la vostra porta è così difficile da aprire.

«Non mi interessa» comincerete
prima d'ascoltarlo.
E sbatterete la porta
in faccia al povero che è il Signore.

Sarà forse un profugo,
uno dei quindici milioni di profughi
con un passaporto dell'ONU,
uno di coloro che nessuno vuole,
e che vagano un questo deserto che è diventato il Mondo;

uno di coloro che devono morire
«perché dopo tutto non si sa da dove arrivino
persone di quella risma...».

O meglio ancora, in America, un uomo nero,
un negro come dicono loro,
stanco di mendicare un buco negli alloggi di New York,
come una volta a Betlemme
la Vergine Nostra Signora...

Se Cristo, domani, busserà alla vostra porta, Lo riconoscerete?

Gesù Cristoamorepovertàcarità

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inviato da Luca Peyron, inserito il 12/06/2002

TESTO

399. Le persone che sanno amare...   1

Le persone che sanno amare
sono quelle che rendono bello il mondo;
le persone più importanti della terra
sono le persone profondamente buone.
Perché solo loro che sanno dare alla gente
quello di cui ha più bisogno: la bontà.
Chi porta bontà comunica pace, sicurezza, forza,
perché comunica Dio.
Abbiamo bisogno di tante cose:
di salute, di pane, di lavoro, di tranquillità e di pace...
...ma più di tutto di bontà.
Abbiamo bisogno di gente che insegni ad amare.
Amare è calarsi nei problemi degli altri,
è sacrificare il proprio tempo,
è aiutare le persone fino in fondo,
come sa fare Dio con ciascuno di noi.
Amare è comprendere.
Amare è perdonare, è cambiare il male con il bene.
Amare è dare affetto, attenzione e forza a chi non ce l'ha.
Amare è dare, senza attendere il ricambio.
Quando sei paziente mentre tutti perderebbero la pazienza;
quando ti controlli davanti a un pensiero cattivo;
quando fermi una parola di condanna
che sembrerebbe a tutti legittima,
stai diventando esperto in amore.
Amare è fermarsi accanto ad ogni persona senza passare oltre;
è trovare il tempo per uno che soffre
mentre manca il tempo per te e le tue cose.
Amare è rendere presente Dio in mezzo alla gente.
Signore, moltiplica sulla terra le persone capaci di amare,
perché gli uomini hanno bisogno di Te!

amoreamiciziaresponsabilitàdonarebontà

inviato da Luca Peyron, inserito il 12/06/2002

TESTO

400. La felicità   1

Epitteto

Esiste solo una via alla felicità, e consiste nel cessare di preoccuparsi per cose che non è in nostro potere cambiare.

accettazionegioiafelicità

inviato da Nadia, inserito il 04/06/2002

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