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RACCONTO
1. Il monaco, l'allievo e l'asinello
Tanto tempo fa un santo monaco aveva con sé un allievo, un ragazzo molto attento e ubbidiente.
Un giorno lo chiama e gli dice: «Vai a prendere l'asino e andiamo in città». Il giovane prende l'asino, aiuta l'anziano monaco a salirvi e si avviano verso la città, il monaco in groppa all'asino e il ragazzo a piedi.
Alla prima svolta incontrano un gruppo di persone. Qualcuno, naturalmente, ha qualcosa da ridire: «Ma guarda quanto è infingardo quel vecchio monaco: lui a cavallo, e quel povero ragazzo così gracile e delicato lasciato a piedi!»
Il vecchio monaco, appena udite queste parole, scende dall'asino, vi fa salire il ragazzo e tutti e tre si rimettono in cammino. Poco più avanti incontrano altre persone: «Oh, guarda cosa si deve vedere. Un giovane sano e robusto a cavallo e un povero vecchio a piedi. Non c'è più rispetto, non c'è più carità».
A queste parole il ragazzo salta giù dall'asino, aiuta l'anziano monaco a salirvi di nuovo, risale anche lui e proseguono verso la città.
Strada facendo, altra gente, altri commenti: «Guarda quella povera bestia! Fra poco morirà stremata, sotto il peso di quei due fannulloni! Ci vorrebbe almeno un po' di pietà». Il santo monaco e il ragazzo, allora, scendono in silenzio e proseguono il cammino a piedi.
Ma qualcuno non è ancora soddisfatto: «Guardate, guardate... S'è vista mai una cosa più sciocca? Quei due hanno l'asino, e vanno a piedi!». A questo punto l'anziano monaco dice al ragazzo: «Torniamo a casa».
Strada facendo gli spiega: «Hai capito la lezione, figliolo? Per quanto ti sforzerai di assecondare gli altri, ci sarà sempre qualcuno che avrà qualcosa da ridire. E allora tu impara a tirar diritto per la tua strada e a non prestare ascolto alle chiacchiere della gente».
criticheaccontentaregiudicaregiudizionon giudicarecriticare
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 23/06/2020
TESTO
Ho visto un Uomo
vestito di bianco
e stanco
sotto la pioggia battente
e il vento freddo
salire lento
verso l'altare
carico di dolore
di sofferenza
ma anche di speranza.
Ho visto un Uomo
anziano
zoppicante
fare le tante scale
con sulle sue spalle
tutto il dolore del mondo.
Ho visto un Uomo
concentrato
nel suo silenzio
fremente
nella sua preghiera
chiedere il perdono
di tutti i peccati
degli uomini
e la loro Salvezza.
Ho visto un Uomo,
uomo fra gli uomini,
innalzarsi
su tutti
e pregare
per tutti.
Ho visto un Uomo
dire
"nessuno si salva da solo"
perché
non siamo soli
se crediamo
in Dio
e nella sua Salvezza.
Ho visto un Uomo
che,
con tutti gli altri uomini del mondo,
si salverà
perché ha creduto
e crederà
per sempre.
papa francescofedepreghierasofferenzapandemiacoronovirus
inviato da Qumran2, inserito il 03/04/2020
RACCONTO
Papa Francesco, Udienza Generale del 26 ottobre 2016
Alcuni giorni fa, è successa una storia piccolina, di città. C'era un rifugiato che cercava una strada e una signora gli si avvicinò e gli disse: "Ma, lei cerca qualcosa?". Era senza scarpe, quel rifugiato. E lui ha detto: "Io vorrei andare a San Pietro per entrare nella Porta Santa". E la signora pensò: "Ma, non ha le scarpe, come farà a camminare?". E chiama un taxi. Ma quel migrante, quel rifugiato puzzava e l'autista del taxi quasi non voleva che salisse, ma alla fine l'ha lasciato salire sul taxi. E la signora, accanto a lui, gli domandò un po' della sua storia di rifugiato e di migrante, nel percorso del viaggio: dieci minuti per arrivare fino a qui. Quest'uomo raccontò la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era fuggito dalla sua Patria per migrare qui. Quando sono arrivati, la signora apre la borsa per pagare il tassista e il tassista, che all'inizio non voleva che questo migrante salisse perché puzzava, ha detto alla signora: "No, signora, sono io che devo pagare lei perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore". Questa signora sapeva cosa era il dolore di un migrante, perché aveva il sangue armeno e conosceva la sofferenza del suo popolo. Quando noi facciamo una cosa del genere, all'inizio ci rifiutiamo perché ci dà un po' di incomodità, "ma... puzza...". Ma alla fine, la storia ci profuma l'anima e ci fa cambiare. Pensate a questa storia e pensiamo che cosa possiamo fare per i rifugiati.
papa francescomigrantirifugiatimisericordiaaccoglienzacaritàsolidarietà
inviato da Qumran2, inserito il 27/10/2016
TESTO
Non è tanto l'eta, ma certi pensieri a farti vecchio.
Come quando ricordi disgrazie e torti subiti,
dimenticando gioie gustate e doni ricevuti.
Quando ti danno fastidio giochi e corse di bambini
il cinguettio di ragazzine e il bacio dei giovani.
Sei vecchio quando continui a dire
che bisogna tenere i piedi per terra,
e cancelli dalla tua vita la fantasia,
il rischio, la poesia la musica.
Quando non gusti piu i canti degli uccelli,
l'azzurro del cielo, il sapore del pane,
la freschezza dell'acqua, la bellezza dei fiori.
Sei vecchio quando pensi che sia finita per te
la stagione della speranza e dell'amore.
Sei vecchio quando pensi alla morte
come al calar della tomba,
invece che come al salire verso il cielo.
Se invece ami, speri e ridi, allora Dio
allieta la tua giovinezza anche se hai novant'anni.
inviato da Giovanna Pirronitto, inserito il 07/12/2009
PREGHIERA
O Dio, mandaci dei matti,
di quelli che siano capaci di esporsi,
di quelli che siano capaci di scordarsi di loro stessi,
di quelli che sappiano amare con opere e non con parole,
di quelli che siano totalmente a disposizione del prossimo.
A noi mancano matti, o Signore,
mancano temerari, appassionati,
persone capaci di saltare nel vuoto insicuro,
sconosciuto e ogni giorno più profondo della povertà;
di quelli che sono capaci di guidare la gente
senza il desiderio di utilizzarla come sgabello per salire loro;
di quelli che non utilizzano il prossimo per i loro fini.
Ci mancano questi matti, o mio Dio!
Matti nel presente, innamorati di una vita semplice,
liberatori del povero, amanti della pace,
liberi da compromessi, decisi a non tradire mai,
disprezzando le proprie comodità o la propria vita,
totalmente decisi per l'abnegazione,
capaci di accettare tutti i tipi di incarichi,
di andare in qualsiasi luogo per ubbidienza,
e nel medesimo tempo liberi, obbedienti,
spontanei e tenaci, allegri, dolci e forti.
Dacci questo tipo di matti, o mio Signore.
disponibilitàprofeziasequelagenerosità
inviato da Massimo Durante, inserito il 22/05/2009
RACCONTO
Luigi Guglielmoni - Fausto Negri
«Guarda come sono forte» disse un grosso macigno a un piccolo seme.
Ciò detto si lanciò da un'altura abbattendo tutto ciò che incontrava: non si fermava davanti a nessun ostacolo e finì la sua corsa facendo un grosso buco nel terreno.
«Vedi - continuò il macigno - i miei risultati sono rapidi ed eclatanti».
Il seme sorrideva calmo. Una mano lo prese e lo seminò nel terreno. Anche il macigno fu sepolto dal vento sotto un manto di foglie di terra.
Passarono i giorni e dal seme nacque una spiga. Passò un anno e nacquero tante spighe. Dopo pochi anni, il macigno era sempre più sprofondato nel terreno mentre il seme era diventato un biondo campo di grano.
«Povero me», gemette il masso, «cosa ci sto a fare al mondo? Se qualcuno si ricorda di me, è solo per maledirmi. Come hai fatto ad essere tu il più forte?».
«Siamo forti tutti e due, ma di una forza diversa», rispose il seme.
«Tu hai bisogno di "spinte" per salire in alto, io mi affido ad una mano amica per scendere in un solco.
Tu fai molto rumore per essere vincente, io mi nascondo per crescere e lasciarmi mangiare.
Tu puoi servire al massimo per costruire archi di trionfo e lapidi da cimitero, io tolgo la fame e divento carne e sangue vitali.
Tu ti imponi con la tua mole, io attraggo per la mia bellezza.
Io sono piccolo ma ho una grande energia di dentro. Tu non puoi trascorrere una vita felice per il semplice motivo che in te non c'è neppure vita!».
piccolezzaforzavitainterioritàesterioritàdebolezzafecondità
inviato da Leonardo Salutati, inserito il 03/05/2009
PREGHIERA
Vorrei salire molto in alto, Signore,
sopra la mia città, sopra il mondo, sopra il tempo.
Vorrei purificare il mio sguardo e avere i tuoi occhi.
Vedrei allora l'universo, l'umanità, la storia,
come li vede il Padre.
Vorrei la bella, eterna idea d'amore del tuo Padre
che si realizza progressivamente:
tutto ricapitolare in te, le cose del cielo e della terra.
E vedrei che, oggi come ieri, i minimi particolari
vi partecipano,
ogni uomo al suo posto, ogni gruppo ed ogni oggetto.
Vedrei la minima particella di materia e il più piccolo
palpito di vita;
l'amore e l'odio, il peccato e la grazia.
Commosso, comprenderei che dinanzi a me
si svolge la grande avventura d'amore
iniziata all'alba del mondo.
Comprenderei che tutto è unito insieme,
che tutto non è che un minimo movimento
di tutta l'umanità e di tutto l'universo verso la Trinità,
in te e per te, Signore.
fedefiduciaprovvidenzaabbandonoprogetto di Dio
inviato da Qumran2, inserito il 02/11/2006
TESTO
8. L'ala 2
Piccoli gesti, tante parole
quanti tormenti, mille emozioni
questo è l'uomo, la sua anima
non lasciamo che venga imbruttita dal dolore,
dall'odio, dal rancore
alimentiamo il nostro cuore
con l'amore,
con sorrisi da dare agli altri,
con carezze e sguardi silenziosi,
con parole quasi mute ma vere
facciamo della vita un poema
da regalare
a chi incontra i nostri occhi;
facciamo della gioia un'arma
da scagliare contro chi non riesce a volare
e vorrebbe tutti con i piedi ben piantati in terra;
facciamo del nostro cuore l'ala
che ci sa trascinare in volo
e nel nostro volo
la speranza che altri possano salire in alto.
speranzaimpegnosorrisoottimismo
inviato da Alessandra, inserito il 05/02/2006
PREGHIERA
Jean Galot, Ritorno alla sorgente
Fa' digiunare il nostro cuore:
che sappia rinunciare a tutto quello che l'allontana
dal tuo amore, Signore, e che si unisca a te
più esclusivamente e più sinceramente.
Fa' digiunare il nostro orgoglio,
tutte le nostre pretese, le nostre rivendicazioni,
rendendoci più umili e infondendo in noi
come unica ambizione, quella di servirti.
Fa' digiunare le nostre passioni,
la nostra fame di piacere,
la nostra sete di ricchezza,
il possesso avido e l'azione violenta;
che nostro solo desiderio sia di piacerti in tutto.
Fa' digiunare il nostro io,
troppo centrato su se stesso, egoista indurito,
che vuol trarre solo il suo vantaggio:
che sappia dimenticarsi, nascondersi, donarsi.
Fa' digiunare la nostra lingua,
spesso troppo agitata, troppo rapida nelle sue repliche,
severa nei giudizi, offensiva o sprezzante:
fa' che esprima solo stima e bontà.
Che il digiuno dell'anima,
con tutti i nostri sforzi per migliorarci,
possa salire verso di te come offerta gradita,
meritarci una gioia più pura, più profonda.
digiunoquaresimaconversionesacrificio
inviato da Anna Barbi, inserito il 23/04/2005
PREGHIERA
Tante e tante volte Signore,
mi hai chiesto di salire sulla barca della mia vita;
spesso ho resistito alla tua richiesta;
qualche volta - poche in verità - ti ho detto di sì.
E niente è stato più come prima.
Non meravigliarti allora
se non sempre sono generoso con te;
la verità è che tu sei «traboccante»
e invece di qualche porzione di pesce per me e per i miei,
mi doni due barche così cariche che quasi affondano.
Invece di qualche ora da dedicarti
mi chiedi la vita intera
per iniziare il mestiere umanamente più assurdo:
«Non temere! D'ora in poi, prenderai uomini vivi».
Come Simone, anch'io oggi ti ripeto ancora:
«Allontanati da me perché sono indegno di te»,
ma aggiungo anche,
con l'umiltà di un cuore che vuole amarti:
prenditi la mia vita e fanne quello che vuoi!
Perché quello che conta non è avere ma donare
e l'avventura della vita è bella se la corro con te,
dono d'amore del Padre
perché ognuno gusti la vita in pienezza. Amen.
vocazionesequelasacerdoziochiamatarapporto con Dio
inviato da Antonio Pinizzotto, inserito il 13/08/2004
RACCONTO
Un bambino dalla pelle scura stava a guardare il venditore di palloncini alla fiera del villaggio. L'uomo era evidentemente un ottimo venditore, poiché lasciò andare un palloncino rosso, che sali alto nel cielo, attirando così una folla di aspiranti piccoli clienti. Slegò poi un palloncino blu, e subito dopo uno giallo e un altro bianco, che volarono sempre più in alto finché scomparvero. Il negretto continuava a fissare il palloncino nero e finalmente domandò: «Signore, se tu mandassi in aria quello nero, volerebbe in alto come gli altri?».
Il venditore rivolse al bimbo un sorriso affettuoso, poi strappò il filo che teneva legato il palloncino e, mentre saliva in alto, spiegò: «Non è il colore che conta. È quello che c'è dentro che lo fa salire».
diversitàesterioritàinterioritàrazzismo
inviato da Maria Teresa Zanfini, inserito il 12/08/2003
TESTO
Renzo Barsacchi, Marinaio di Dio
Anche la fede (che pensai bastasse)
è un pozzo a dismisura della sete.
Guardo il suo fondo tremulo, ne invoco
la salita alle labbra
del desiderio. Invano.
Non è la sete a far salire l'acqua
ma l'amore della sete a far discendere
sino al cuore del fondo.
federicerca di Dioricerca di senso
inviato da Riccardo Benedini, inserito il 16/06/2003
RACCONTO
Bruno Ferrero, C'è qualcuno lassù
C'è un quadro famoso che rappresenta Gesù in un giardino buio. Con la mano sinistra alza una lampada che illumina la scena, con la destra bussa ad una porta pesante e robusta.
Quando il quadro fu presentato per la prima volta ad una mostra, un visitatore fece notare al pittore un particolare curioso.
«Nel suo quadro c'è un errore. La porta è senza maniglia».
«Non è un errore» rispose il pittore. «Quella è la porta del cuore umano. Si apre solo dall'interno».
L'aeroporto di una città dell 'Estremo Oriente venne investito da un furioso temporale. I passeggeri attraversarono di corsa la pista per salire su un DC3 pronto al decollo per un volo interno.
Un missionario, bagnato fradicio, riuscì a trovare un posto comodo accanto a un finestrino. Una graziosa hostess aiutava gli altri passeggeri a sistemarsi.
Il decollo era prossimo e un uomo dell'equipaggio chiuse il pesante portello dell'aereo.
Improvvisamente si vide un uomo che correva verso l'aereo, riparandosi come poteva, con un impermeabile. Il ritardatario bussò energicamente alla porta dell'aereo, chiedendo di entrare. L'hostess gli spiegò a segni che era troppo tardi. L'uomo raddoppiò i colpi contro lo sportello dell'aereo. L'hostess cercò di convincerlo a desistere. «Non si può... E' tardi... Dobbiamo partire», cercava di farsi capire a segni dall'oblò.
Niente da fare: l'uomo insisteva e chiedeva di entrare. Alla fine, l'hostess cedette e aprì lo sportello. Tese la mano e aiutò il passeggero ritardatario a issarsi nell'interno.
E rimase a bocca aperta. Quell'uomo era il pilota dell'aereo.
Attento! Non lasciare a terra il pilota della tua vita.
libertàvocazioneprogetto Diorapporto con Dio
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 13/06/2002
TESTO
Ho sempre desiderato essere una santa, ma - ahimé - ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c'è la stessa differenza che tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli e il granello di sabbia oscura calpestato sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità. Diventare più grande mi è impossibile, devo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo di andare in cielo per una via ben dritta, molto breve, una piccola via tutta nuova.
Siamo in un secolo di invenzioni, non vale più la pena di salire gli scalini, nelle case dei ricchi un ascensore li sostituisce vantaggiosamente. Vorrei anch'io trovare un ascensore per salire la dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri dei santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole: "Se qualcuno è piccolissimo, venga a me. Come una madre carezza il suo bimbo, io vi consolerò, vi poserò sul mio cuore e vi terrò sulle mie ginocchia". Mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l'anima mia: l'ascensore che deve innalzarmi fino al cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più.
santitàabbandonofiduciadiventare come bambini
inviato da Mariangela Molari, inserito il 23/05/2002
PREGHIERA
Pellegrino sulla terra,
ogni giorno ti cerco,
ma dove trovarti, Signore?
Raccogli il tuo sguardo
verso il fondo del tuo cuore:
sono lì che ti cerco.
Affamato di giustizia,
al mattino spero in te,
come placare la mia fame?
Accogli l'eucaristia
e la mia vita condivisa:
il tuo desiderio è la mia speranza.
Angosciato dal silenzio,
la sera ti invoco,
il mio grido, lo senti salire?
Impara ad ascoltare,
esorcizza la paura:
il mio silenzio ti chiama.
Attratto dal Padre,
appostato ti attendo la notte,
Gesù, verrai presto?
Io busso alla tua porta
e mi pongo in attesa: aprimi,
sono impaziente di essere accolto.
Pellegrino sulla terra, ogni giorno ti cerco,
ma tu mi hai trovato, Signore.
fiduciapreghierarapporto con Dioricerca di Dio
inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002
TESTO
Grazie, figliola carissima, per avermi dato l'opportunità di fare ancora formine di sabbia, di andare in barca, di spingere in mare barchette giocattolo, di salire sulla giostra, e di accarezzare le caprette allo zoo. Grazie per avermi dato la scusa per fare in casa la marmellata e per cuocere torte di compleanno; grazie per aver riportato il divertimento nella mia esistenza...
Grazie per aver creduto che le mie torte di compleanno fossero magiche, i miei disegni sorprendenti e le mie storie le più belle del mondo.
A volte, quando sono particolarmente giù, mi rincuori - proprio come facevo io a te.
E questo mi incoraggia e mi rallegra. Grazie per tenermi d'occhio, amore.
E' sempre una sorpresa scoprire di avere una figlia giovane come te. Grazie, cara, per non pensare che io sia vecchia. O, almeno, non così vecchia... La cosa più bella che mi hai dato è l'amicizia.
Grazie per i denti di leone appassiti, per i ciottoli bagnati, per le caramella già succhiate, per i baci appiccicosi. Grazie per amarmi...
Grazie per raccontarmi quando il tuo ragazzo ha dei problemi, anche se non c'è niente che io possa fare per aiutarlo. Grazie per telefonarmi avvertendo che sta sta iniziando un documentario alla tele e per chiedermi ricette in cucina. Grazie per i tuoi bigliettini di buon compleanno, che arrivano sempre puntuali. Grazie per darmi consigli. Grazie per lasciarmi entrare nella tua vita.
...Grazie per avermi mostrato, quando pensavo che i miei giorni di mamma fossero finiti, che la stagione migliore per noi sta iniziando adesso...
inviato da Stefania Raspo, inserito il 09/05/2002
TESTO
Stefan Wyszynski, Appunti dalla prigione
17 gennaio 1954, domenica
Una cornacchia si è seduta in cima ad un alto abete. Si è guardata attorno con espressione autoritaria e ha emesso un grido di vittoria. A questo essere rumoroso sembra davvero che l'abete le debba tutto: la sua esistenza, la sua bellezza slanciata, il verde sempre vivo, la forza nella lotta col vento. Questa superbia della Cornacchia è stupefacente. Grande benefattrice dell'abete silenzioso! E l'abete neppure trema; sembra che non veda la cornacchia; meditabondo leva i suoi rami verso il cielo. Sopporta tranquillamente l'ospite rumoroso. Nulla turba i suoi pensieri, la sua serietà, la sua pace. Tante nubi sono già passate su di lui, tanti uccelli si sono fermati qui! E se ne sono andati, così come tu te ne andrai. Questo non è il tuo posto, non ti senti sicura e urlando così cerchi di supplire alla mancanza di forza. Io sono cresciuto da questa terra e sono piantato con le mie radici nel suo cuore. E tu, nube passeggera, che getti un'ombra di tristezza sulla mia cima dorata, sei in balia dei venti. Bisogna sopportarti tranquillamente. Tu gracchi la tua canzone noiosa, senza anima e povera, poi te ne vai. Che cosa riesci a fare con un urlo? Io resto, per perseverare nel raccoglimento, per costruire la mia pazienza, per sopportare turbini e tempeste, per andare sempre più in alto, tranquillamente. Non mi oscuri il sole, non mi affascini, non muti il fine del mio salire. C'era il bosco e voi non c'eravate, non ci sarete e ci sarà il bosco. Una favola? Non, non è una favola.
Stefan Wyszynski: nato nel 1901, nel 1948 primate di Polonia; nel 1953, dura fase di repressione contro la Chiesa; il 25 settembre è arrestato, internato, isolato da ogni contatto è liberato il 28 ottobre 1956, muore il 28.5.1981. "Appunti... 1953-56" date alle stampe 3 settimane prima di morire, sono note personali.
inviato da Don Angelo, inserito il 25/04/2002
RACCONTO
Ho letto in un libro che sotto la croce, mentre stavano tirando giù il corpo ormai privo di vita di Gesù, c'erano anche due bambini, Acaz e Shara; Acaz era il figlio della vedova di Nain; Shara era la figlia di Giairo, capo della sinagoga. Entrambi erano stati risuscitati da Gesù.
Mentre tiravano giù Gesù dalla croce, essi erano rimasti un po' in disparte. Alcuni dei suoi discepoli con Maria portarono il corpo di Gesù nel sepolcro, rotolarono la pietra e se ne andarono.
I due ragazzi li avevano seguiti, ma, partiti gli altri, loro non se n'erano andati. Erano rimasti lì, fuori del sepolcro. Si ricordavano che Gesù aveva detto che doveva risuscitare il terzo giorno e così rimasero lì ad aspettare. Si dicevano l'un l'altro: dobbiamo rimanere svegli, non ci possiamo addormentare, così quando Gesù risorge possiamo riabbracciarlo e dirgli che gli vogliamo bene.
Rimasero svegli venerdì, poi venerdì notte, poi tutto il sabato; poi, sopraffatti dalla fatica e dal sonno, si addormentarono e dormirono tutta la notte.
Al mattino del giorno dopo il sabato, si sentirono una mano sui capelli che li accarezzava. Si voltarono: era Gesù! Senza dire niente gli strinsero forte le gambe e cominciarono a baciargli i piedi, con dentro il cuore una gioia incontenibile.
Poco prima Gesù aveva detto alla Maddalena di non trattenerlo, perché doveva ancora salire al Padre. Ma ora rimaneva lì, e continuava ad accarezzare i capelli di Acaz e Shara, mentre loro non avrebbero mai voluto staccarsi da lui e continuavano a baciarlo... quei due bambini gli stavano quasi facendo venire la voglia di non partire più!
...e noi, che abbiamo appena fatto la Comunione e che abbiamo nel cuore Gesù risorto, riusciamo anche noi ad esprimergli la nostra gioia per averlo dentro di noi?
comunionerisurrezionefiduciasperanzafedePasqua
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 08/04/2002