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RACCONTO

1. La lieta novella   1

Anthony De Mello, Il canto degli uccelli

Ecco la lieta novella proclamata da nostro Signore Gesù Cristo:

Gesù iniziò ad ammaestrare i suoi discepoli con delle parabole. Egli disse:

Il regno dei cieli è come due fratelli che vivevano contenti e soddisfatti finché Dio non li chiamò entrambi a divenire suoi discepoli. Il più grande rispose generosamente alla chiamata, sebbene significasse per lui strapparsi dalla sua famiglia e dalla ragazza che amava e che sognava di sposare. Alla fine partì per un paese lontano dove dette tutto se stesso nel servizio ai più poveri dei poveri. In quel paese iniziò una persecuzione ed egli fu arrestato, accusato ingiustamente e condannato a morte.

E il Signore gli disse: «Ben fatto, servo buono e fedele! Tu mi hai reso un servizio che vale mille talenti. Io ti darò una ricompensa che vale miliardi di talenti. Entra nella gioia del tuo Signore».

La risposta del fratello più giovane alla chiamata fu men che generosa. Decise di ignorarla e di continuare come prima e di sposare la ragazza che amava. Ebbe una felice vita matrimoniale, i suoi affari prosperarono e divenne ricco e famoso. Talvolta faceva l'elemosina ad un mendicante o aveva un pensiero gentile per la moglie e i figli. Talvolta, inoltre, mandava una piccola somma di denaro al fratello maggiore in quel paese lontano. «Potrà esserti utile nel tuo lavoro per quei poveri diavoli», gli scriveva.

Quando giunse la sua ora, il Signore gli disse: «Ben fatto, servo buono e fedele! Tu mi hai reso un servizio da dieci talenti. Io ti darò una ricompensa che vale miliardi di talenti. Entra nella gioia del tuo Signore!».

Il fratello maggiore si sorprese quando udì che il fratello avrebbe ricevuto la sua stessa ricompensa. E ne fu contento. Disse: «Signore, ora che lo so, se dovessi rinascere e rivivere la mia vita, rifarei esattamente ciò che ho fatto per te».

Questa è davvero una lieta novella: un Signore generoso, un discepolo che lo serve per la pura gioia che l'amore conferisce al servizio.

generositàgratuitàservizioregno dei cieli

1.0/5 (1 voto)

inviato da Lucia Iseppi, inserito il 29/12/2018

RACCONTO

2. Le due candele   3

Don Luca Murdaca, ilbuongiorno.wordpress.com

In una piccola chiesetta di montagna, vi era ai piedi di una splendida croce un cesto pieno di candele, pronte per essere accese e così illuminare il volto di Gesù.
Quella mattina, una delle candele iniziò a dire alla sua vicina: «Non vedo l'ora che qualcuno mi prenda e mi accenda per illuminare il volto del mio Signore». L'altra invece preoccupata rispose: «No, io non voglio morire così presto... voglio vivere ancora...». Entra in chiesa una bambina con la sua nonna e prende proprio la candela che non vedeva l'ora di essere accesa, l'altra invece non appena vedeva avvicinarsi qualcuno, scivolava in fondo al cesto per non farsi prendere. A fine giornata la prima candela si era ormai consumata, ma per molte ore aveva fatto luce al volto di Gesù.
Il sacrestano ritirò il cesto con le candele avanzate in sacrestia, ma distrattamente le lasciò sul termosifone. Il mattino le ritrovò tutte sciolte e ormai inutilizzabili.

Vi sono persone che hanno speso la loro vita per illuminare le tenebre del mondo, altre invece che non hanno mai fatto luce e si sono sciolte nelle proprie paure e insicurezze.
Tu che candela vuoi essere?

vocazionesceltaresponsabilitàimpegnosacrificiotestimonianzaluce

4.5/5 (2 voti)

inviato da Luca Murdaca, inserito il 28/12/2016

RACCONTO

3. Accogliere lo straniero   4

Papa Francesco, Udienza Generale del 26 ottobre 2016

Alcuni giorni fa, è successa una storia piccolina, di città. C'era un rifugiato che cercava una strada e una signora gli si avvicinò e gli disse: "Ma, lei cerca qualcosa?". Era senza scarpe, quel rifugiato. E lui ha detto: "Io vorrei andare a San Pietro per entrare nella Porta Santa". E la signora pensò: "Ma, non ha le scarpe, come farà a camminare?". E chiama un taxi. Ma quel migrante, quel rifugiato puzzava e l'autista del taxi quasi non voleva che salisse, ma alla fine l'ha lasciato salire sul taxi. E la signora, accanto a lui, gli domandò un po' della sua storia di rifugiato e di migrante, nel percorso del viaggio: dieci minuti per arrivare fino a qui. Quest'uomo raccontò la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era fuggito dalla sua Patria per migrare qui. Quando sono arrivati, la signora apre la borsa per pagare il tassista e il tassista, che all'inizio non voleva che questo migrante salisse perché puzzava, ha detto alla signora: "No, signora, sono io che devo pagare lei perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore". Questa signora sapeva cosa era il dolore di un migrante, perché aveva il sangue armeno e conosceva la sofferenza del suo popolo. Quando noi facciamo una cosa del genere, all'inizio ci rifiutiamo perché ci dà un po' di incomodità, "ma... puzza...". Ma alla fine, la storia ci profuma l'anima e ci fa cambiare. Pensate a questa storia e pensiamo che cosa possiamo fare per i rifugiati.

papa francescomigrantirifugiatimisericordiaaccoglienzacaritàsolidarietà

inviato da Qumran2, inserito il 27/10/2016

RACCONTO

4. Un giorno sarai uno dei due...   1

John Powell

Quando ero un giovane seminarista, ricordo di essermi recato in infermeria una sera (sinceramente non ne rammento il motivo). Mentre il frate infermiere stava rimboccando le coperte per la notte a due preti costretti a letto, io ero nel corridoio buio e assistetti a tutta la scena. Mentre rimboccava le coperte al primo prete, tirandogliele sotto il mento, l'anziano lo rimbrottò adirato: «Togli la tua faccia dalla mia, fratello». II povero frate andò in silenzio nell'altra stanza dal secondo prete. II prete rispose con gratitudine: «Oh, fratello, sei così buono con noi. Stasera, prima di dormire, dirò una preghiera particolare solo per te». Lì, nel corridoio buio, fui colpito da un'improvvisa consapevolezza. Un giorno io sarei stato uno di quei due vecchi preti. La piena consapevolezza era questa: io stavo già esercitandomi per quel momento. Quando si invecchia, le abitudini prendono il sopravvento. I vecchi eccentrici si esercitano tutta la vita a essere eccentrici. I vecchi santi si esercitano tutta la vita a essere santi.

La vecchiaia è come un conto in banca.
Ritiriamo alla fine quanto vi abbiamo depositato durante tutta la vita...

vecchiaiapazienzairapretisacerdotianzianiabitudinisaggezza

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 25/08/2016

RACCONTO

5. La storia del re folle   1

Paolo Coelho, Efficacemente.com

Un potente stregone, con l'intento di distruggere un regno, versò una pozione magica nel pozzo dove bevevano tutti i sudditi. Chiunque avesse toccato quell'acqua, sarebbe diventato matto.

Il mattino seguente l'intera popolazione andò al pozzo per bere. Tutti impazzirono, tranne il re, che possedeva un pozzo privato per sé e per la famiglia, al quale lo stregone non era riuscito ad arrivare. Preoccupato, il sovrano tentò di esercitare la propria autorità sulla popolazione, promulgando una serie di leggi per la sicurezza e la salute pubblica. I poliziotti e gli ispettori, che avevano bevuto l'acqua avvelenata, trovarono assurde le decisioni reali e decisero di non rispettarle.

Quando gli abitanti del regno appresero il testo del decreto, si convinsero che il sovrano fosse impazzito, e che pertanto ordinasse cose prive di senso. Urlando si recarono al castello chiedendo l'abdicazione. Disperato, il re si dichiarò pronto a lasciare il trono, ma la regina glielo impedì, suggerendogli: - Andiamo alla fonte, e beviamo quell'acqua. In tal modo saremo uguali a loro -. E così fecero: il re e la regina bevvero l'acqua della follia e presero immediatamente a dire cose prive di senso. Nel frattempo, i sudditi si pentirono: adesso che il re dimostrava tanta saggezza, perché non consentirgli di continuare a governare?

La calma regnò nuovamente nel paese, anche se i suoi abitanti si comportavano in maniera del tutto diversa dai loro vicini. E così il re poté governare sino alla fine dei suoi giorni.

Vuoi essere un re tra i folli o preferisci inseguire i tuoi sogni?
Questa storia trasmette due messaggi:

Il fatto che tu sia l'unico a pensarla così non fa necessariamente di te un pazzo.

Arrenderci o inseguire i nostri sogni è una nostra scelta.

conformismounicitàcoraggiopauradeterminazionesognivolontà

5.0/5 (1 voto)

inserito il 03/02/2016

RACCONTO

6. Il Rasoio pigro   2

Leonardo da Vinci

Nella bottega di un barbiere, c'era una volta un bel Rasoio. Trovatosi solo un giorno, pensò di dare un'occhiata in giro, e tirò fuori la sua lama, che riposava nel manico come in una guaina. Come vide il sole specchiarsi nel suo corpo, rimase meravigliato: la lama d'acciaio mandava tali bagliori da farlo montare in boria.

«E io dovrei tornare in quella squallida bottega», pensò il Rasoio, «a tagliare le barbe insaponate di quei rustici villani, ripetendo all'infinito le stesse monotone operazioni! Avvilire a questo modo il mio corpo così bello, sarebbe una pazzia. Meglio andarmi a nascondere in qualche posto ben segreto, e godermi in tranquillità il resto dei miei giorni...»

Così dicendo si cercò un nascondiglio, e per molti mesi non si lasciò più trovare. Senonché, venne pur il giorno in cui, volendo prendere un po' d'aria, il Rasoio lasciò il suo rifugio e, uscito cautamente fuori dal manico, tornò a guardare il proprio corpo. Ahimé! cos'era mai successo? La lama, divenuta scura come una sega arrugginita, non rispecchiava più lo splendore del sole. Amareggiato e pentito, pianse invano il suo stupido errore: «Oh, quanto era meglio tenere in esercizio la mia bella lama affilata! La mia superficie sarebbe rimasta luccicante, il mio taglio netto e sottile! Invece, eccomi qua, corroso e incrostato per sempre dalla ruggine!...»

La stessa fine è riservata alle persone d'ingegno che invece di esercitare le loro qualità, preferiscono rimanere oziose. Proprio come il Rasoio, anch'esse perdono la sottigliezza e la luce dello spirito, e rimangono corrose dalla ruggine dell'ignoranza.

talentisuperbiapigrizia

5.0/5 (1 voto)

inviato da Il Patriota Cosmico, inserito il 16/06/2015

RACCONTO

7. Consiglio ascoltato mezzo... attuato!   5

Re Artù chiedeva ogni giorno informazioni a Merlino sui giovani che si preparavano a diventare cavalieri della tavola Rotonda: "Mi raccomando, sono loro il futuro di Camelot!".

I giovani venivano ducati ai grandi lavori e sottoposti a estenuanti prove fisiche e d'intelligenza. Arrivò il giorno dell'ultima prova quando un ragazzino si presentò come assistente di Merlino. "Come prova finale", disse, "dovete aprire quella porta senza sfondarla". Scoppiarono in una risata pensando alla facilità dell'operazione. Ma dovettero ricredersi perché era senza serratura e senza chiave. Cominciarono allora ad esprimere il loro parere parlando uno sull'altro. "Troppe bocche e poche orecchie!" pensò l'assistente.

Cercò di aiutarli ma nessuno lo degnò di attenzione perché era solo un ragazzo. Alla fine si arresero tutti eccetto il figlio di Artù che continuò fin quando, sfinito, ammise di non sapere più cosa fare. "Hai provato a bussare?" chiese l'assistente. Al suo "toc toc" la porta si aprì. "Ma perché non l'hai detto prima?", chiese stizzito il principe. "Perché solo ora hai deciso di ascoltarmi!". Così dicendo l'assistente si trasformò in Merlino e concluse: "Ragazzi miei. Ragionate sempre con vostra testa, ma non dimenticatevi di ascoltare chi vi è accanto".

ascoltarechiederedelicatezza

4.3/5 (4 voti)

inviato da Davide Baitelli, inserito il 20/09/2013

RACCONTO

8. I due bebè   9

Nel ventre di una donna incinta si trovavano due bebè. Uno dei due gemelli chiese all'altro:
- Tu credi nella vita dopo il parto?
- Certo. Qualcosa deve esserci dopo il parto. Forse siamo qui per prepararci per quello saremo più tardi.
- Sciocchezze! Non c'è una vita dopo il parto. Come sarebbe quella vita?
- Non lo so, ma sicuramente... ci sarà più luce che qua. Magari cammineremo con le nostre
gambe e ci ciberemo dalla bocca.
- Ma è assurdo! Camminare è impossibile. E mangiare dalla bocca? Ridicolo! Il cordone ombelicale è la via d'alimentazione... Ti dico una cosa: la vita dopo il parto è da escludere. Il cordone ombelicale è troppo corto.
- Invece io credo che debba esserci qualcosa. E forse sarà diverso da quello cui siamo abituati ad avere qui.
- Però nessuno è tornato dall'aldilà, dopo il parto. Il parto è la fine della vita. E in fin dei conti, la vita non è altro che un'angosciante esistenza nel buio che ci porta al nulla.
- Beh, io non so esattamente come sarà dopo il parto, ma sicuramente vedremmo la mamma e lei si prenderà cura di noi.
- Mamma? Tu credi nella mamma? E dove credi che sia lei ora?
- Dove? Tutta intorno a noi! E' in lei e grazie a lei che viviamo. Senza di lei tutto questo mondo non esisterebbe.
- Eppure io non ci credo! Non ho mai visto la mamma, per cui, è logico che non esista.
- Ok, ma a volte, quando siamo in silenzio, si riesce a sentirla o percepire come accarezza il nostro mondo. Sai?... Io penso che ci sia una vita reale che ci aspetta e che ora soltanto stiamo preparandoci per essa...

vitaaldilàvita eternamorteparadiso

4.8/5 (27 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 17/12/2012

RACCONTO

9. La stella verde   2

Don Angelo Saporiti, Commento sul Natale

In cielo c'erano migliaia di stelle di tutti i colori: bianche, argentate, dorate, rosse, blu e verdi.
Un giorno andarono da Dio e dissero: "Desideriamo andare sulla terra e poter vivere tra la gente".
"Così sia", rispose Dio. "Io vi lascio così piccole come siete, così che discretamente possiate scendere sulla terra".
E così, in quella notte, ci fu una meravigliosa pioggia di stelle. Qualcuna si fermò sul campanile, qualcun'altra volò con le lucciole sopra i campi, qualcun'altra ancora si mescolò tra i giocattoli dei bimbi, così che la terra era meravigliosamente scintillante.
Con il passare del tempo però le stelle decisero di lasciare la gente sulla terra e di fare ritorno in cielo.
"Perché siete tornate indietro?" chiese loro Dio.
"Signore, non potevamo stare sulla terra, dove c'è così tanta miseria, ingiustizia e violenza".
"Sì", disse Dio, "il vostro posto è qui in cielo. La terra è il luogo delle illusioni, il cielo è invece il luogo dell'eternità e della vita senza fine".
Quando tutte le stelle furono tornate indietro, Dio le contò e si accorse che ne mancava una. "Manca una di voi. Ha forse preso la strada sbagliata?"
Un angelo, che era nelle vicinanze, disse: "No, Signore, una stella ha deciso di rimanere tra la gente. Ha scoperto che il suo posto era là, dove c'è l'imperfezione, il limite, la miseria e il dolore".
"E chi è quindi questa stella?", volle sapere Dio.
"E' la stella verde, l'unica con questo colore, la stella della speranza".
Così quando ogni sera le stelle guardavano di sotto vedevano la terra meravigliosamente illuminata, perché in ogni dolore umano c'era una stella verde.

Prendi ora questa stella, la stella verde nel tuo cuore.
La stella della speranza non lasciarla andare via. Non lasciare che si spenga!
Stai sicuro: lei brillerà sul tuo cammino e con il tuo cuore illuminato contagerà altre persone.

speranza

3.8/5 (4 voti)

inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 09/12/2011

RACCONTO

10. I quattro figli e il giudizio frettoloso   1

Un uomo aveva quattro figli. Egli desiderava che i suoi figli imparassero a non giudicare le cose in fretta, per questo, invitò ognuno di loro a fare un viaggio, per osservare un albero, che era piantato in un luogo lontano. Il primo figlio andò là in Inverno, il secondo in Primavera, il terzo in Estate, e il quarto, in Autunno. Quando l'ultimo rientrò, li riunì, e chiese loro di descrivere quello che avevano visto.

Il primo figlio disse che l'albero era brutto, torto e piegato.

Il secondo figlio disse invece che l'albero era ricoperto di gemme verdi e promesse di vita.

Il terzo figlio era in disaccordo; disse che era coperto di fiori, che avevano un profumo tanto dolce, ed erano tanto belli da fargli dire che fossero la cosa più bella che avesse mai visto.

L'ultimo figlio era in disaccordo con tutti gli altri; disse che l'albero era carico di frutta, vita e promesse.

L'uomo allora spiegò ai suoi figli che tutte le risposte erano esatte poiché ognuno aveva visto solo una stagione della vita dell'albero. Egli disse che non si può giudicare un albero, o una persona, per una sola stagione, e che la loro essenza, il piacere, l'allegria e l'amore che vengono da quella vita può essere misurato solo alla fine, quando tutte le stagioni sono complete.

Se rinunci all'inverno perderai la promessa della primavera, la ricchezza dell'estate, la bellezza dell'Autunno. Non lasciare che il dolore di una stagione distrugga la gioia di ciò che verrà dopo. Non giudicare la tua vita in una stagione difficile. Persevera attraverso le difficoltà, e sicuramente tempi migliori verranno quando meno te lo aspetti! Vivi ogni tua stagione con gioia.

frettagiudizionon giudicareperseveranzadifficoltàsperanzafiducia

4.7/5 (3 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 16/10/2011

RACCONTO

11. Dio è nel sussurro   2

don Angelo Casati, midrash - pubblicato su "Il Gallo" - settembre 2011

Quando ero un ragazzino il signor Maestro stava insegnandomi a leggere. Una volta mi mostrò nel libro di preghiere due minuscole lettere, simili a due puntini quadrati. E mi disse: «Vedi Uri, queste due lettere, una accanto all'altra? È il monogramma del nome di Dio; e, ovunque, nelle preghiere, scorgi insieme questi due puntini, devi pronunciare il nome di Dio, anche se non è scritto per intero».

Continuammo a leggere con il Maestro, finché non trovammo, alla fine di una frase, i due punti. Erano ugualmente due puntini quadrati, solo non uno accanto all'altro, ma uno sotto l'altro. Pensai che si trattasse del monogramma di Dio perciò pronunciai il suo nome.

Il Maestro disse però: «No, no, Uri. Quel segno non indica il nome di Dio. Solo là dove i puntini sono a fianco l'uno dell'altro, dove uno vede nell'altro un compagno a lui uguale, solo là c'è il nome di Dio. Ma dove i due puntini sono uno sotto e l'altro sopra, là non c'è il nome di Dio».

Dio non è nell'arroganza. Nemmeno nell'arroganza della verità. È nel suono di un silenzio sottile. È nel sussurro.

Dioricercaamiciziaveritàsussurro

5.0/5 (4 voti)

inviato da Cesarina Volontè, inserito il 15/09/2011

RACCONTO

12. Il tale che odiava gli stranieri   5

Paolo Correzzola

In una città viveva un tale che odiava gli stranieri, riteneva che non fossero degni di godere del nostro stesso benessere, e un giorno usò tutto il suo potere per cacciarli via.

Ma non trovò pace, perché odiava anche chi proveniva dalle altre regioni, e così mandò via anche loro, perché riteneva che la sua regione fosse più "virtuosa" delle altre.

Ma non trovò pace, perché odiava anche i disabili e gli handicappati, e ritenendoli solo un peso per la società, mandò via anche loro.

Non trovando pace, mandò via chi aveva un'opinione politica diversa dalla sua, chi faceva il tifo per una squadra di calcio diversa dalla sua, e chi aveva gusti musicali diversi dai suoi.

Infine quel tale rimase solo, e visse un lungo periodo di solitudine e di meditazione.

Alla fine riuscì a comprendere che il problema non erano "gli altri", ma era lui stesso, incapace di convivere con chi ha cultura, religione, opinioni e gusti diversi dai suoi, e che l'uomo, senza le diversità rimane solo.

solitudineconvivenzadiversitàtolleranzaaccoglienzaapertura

2.0/5 (1 voto)

inviato da Paolo Correzzola, inserito il 08/07/2011

RACCONTO

13. Onda e oceano   2

Una piccola onda se ne andava felice per il mare: era contenta, allegra, si sentiva frizzante e potente, si abbandonava al gioco della corrente, si lasciava increspare dal vento. Era proprio felice di essere un'onda. Ad un certo punto vide però, laggiù in lontananza, la scogliera e poi la spiaggia e si accorse che le altre onde, quelle che erano andate avanti, lì si infrangevano e di loro non rimaneva più nulla. Cominciò a sentirsi triste: se avesse potuto sarebbe tornata indietro, nel mare profondo, da dove non si vede terra; oppure avrebbe voluto fermarsi là dove si trovava, frenare pur di non andare avanti... Un'onda più grande le passò vicino e le chiese: "Che ti succede? Come mai sei tanto triste?", e la piccola onda le rispose: "Ma non vedi che fine faremo? Anche tu che sei un'onda così grossa sei destinata a romperti laggiù". Sorrise la grande onda e disse: "Tu non sei onda, sei oceano!".

Non ricordo più dove ho letto questa storia, ma la trovo profondamente vera anche per noi, quando pensiamo che la vita sia un fatto privato, quando crediamo che i nostri sentimenti siano solo affari "domestici", chiusi fra le mura delle nostre case o nei limiti del nostro cuore. Mi piace invece pensare che il mio amore è solo una piccola onda di un immenso oceano, che niente andrà perso e che ogni mio piccolissimo gesto d'amore è come una piccolissima goccia che contribuisce a formare l'oceano; perché il mio amore, come la mia vita, fa parte di un tutto cui appartengo, che mi appartiene. E mi sento più libera, non più costretta a soffocare in spazi angusti, o a pungermi tra le spine dei miei rovi: l'amore non sta dentro di me, non è una mia creatura, ma è tutto quel che sta "tra", che mi avvolge e circonda, nonostante io non lo riconosca. Tu non sei onda, sei oceano! Ricordiamocelo ogni giorno!
(Riflessione di Maria Teresa Abignente)

amorerischio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Marcello Rosa, inserito il 06/06/2011

RACCONTO

14. Fractio panis   1

Paolo Farinella, Carmelo oggi, Lettera da Erika

A Berna, un'anziana signora ultra-ottantenne, essendo rimasta sola e non avendo voglia di cucinare solo per se stessa, si reca tutti i giorni a pranzare alla Migros, una catena di ristoranti self-service. Quel giorno decide di mangiare un bel minestrone di verdura. Prende un vassoio, riempie il piatto di minestrone, va alla cassa a pagare e prende posto ad un tavolo vuoto. Si siede, ma al momento di mangiare si accorge di non aver preso un cucchiaio per mangiare il minestrone.

Si alza, va alla cassa dove ci sono le posate, prende un cucchiaio e ritorna al suo tavolo, ma... lì seduto c'è un ragazzo africano che sta mangiando il suo minestrone! Sul momento la signora s'indigna e vorrebbe andare dal ragazzo a dirgli di tutto, ma poi pensa che, certamente, quell'emigrato l'ha fatto per fame e, passata la rabbia, decide di sedersi davanti al ragazzo e, senza dirgli nulla, incomincia a mangiare anche lei il minestrone. Il ragazzo africano la guarda stupito, ma lei gli sorride, lui le sorride e continuano a mangiare il minestrone: un cucchiaio lei, un cucchiaio lui... Finito il minestrone il ragazzo si alza, va al banco dei primi piatti, prende un piatto di fettuccine alla bolognese, prende due forchette e torna al tavolo.

Dà una forchetta alla vecchia signora, si siede davanti a lei e incominciano a mangiare le fettuccine, sorridendo: una forchettata lei, una forchettata lui... Terminate le fettuccine il ragazzo africano si alza, fa un sorriso alla signora e se ne va. La signora, contenta per aver fatto un'opera buona, si gira sorridendo, per salutarlo e... ad un tavolo vicino, dietro di lei, vede un vassoio con sopra un piatto di minestrone... Il suo piatto!

Forse alla fine la signora avrà riflettuto: chi veramente ha fatto un dono... e... a chi? Era uscita per comprare regali, ma tornava a casa con l'impressione di avere ricevuto lei qualcosa di speciale!

condivisionecarità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Laura Baravelli, inserito il 24/01/2011

RACCONTO

15. Il tesoro nascosto   3

Martin Buber, Il cammino dell'uomo, Qiqajon

Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam era solito raccontare la storia di Rabbi Eisik, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia. Dopo anni e anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l'ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale. Quando il sogno si ripetè per la terza volta, Eisik si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga. Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato. Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera. Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvicinò e gli chiese amichevolmente se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno. Eisik gli raccontò il sogno che lo aveva spinto fin li dal suo lontano paese. Il capitano scoppiò a ridere: "E tu, poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni! Allora anch'io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire a un sogno e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Eisik, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa! Eisik, figlio di Jekel, ma scherzi? Mi vedo proprio a entrare e mettere a soqquadro tutte le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano Eisik e l'altra metà Jekel!". E rise nuovamente. Eisik lo salutò, tornò a casa sua e dissotterrò il tesoro con il quale costruì la sinagoga intitolata "Scuola di Reb Eisik, figlio di Reb Jekel". "Ricordati bene di questa storia - aggiungeva allora Rabbi Bunam - e cogli il messaggio che ti rivolge: c'è qualcosa che tu non puoi trovare in alcuna parte del mondo, eppure esiste un luogo in cui la puoi trovare".

tesororicchezzaricercascopertainterioritàricerca di senso

5.0/5 (1 voto)

inviato da Luca, inserito il 26/06/2010

RACCONTO

16. Battista il tartarughino misterioso   2

Ero assopito nei miei pensieri quando incontrai, per la prima volta, un semplice e carino tartarughino. Mi colpì subito, era diverso dagli altri perché era misterioso. Facemmo subito amicizia e la prima cosa che feci lo battezzai Battista, e con tutte le mie capacità cercai di scoprire il mistero che ogni tanto lo faceva entrare nel suo guscio.

Non mi fermai alla sua apparente sicurezza perché capì che aveva tanto bisogno di tenerezza.

Mi armai di tanto buon senso e pazienza e cominciai a portarlo nel mondo della fantasia e dei sogni, nonostante la realtà fosse ben diversa. Lo portai nel mio mondo fatto di tenerezza e magia e cercai di fargli assaporare quella dolcezza che non si vede se non con gli occhi del cuore.

Tutto faceva sperare al meglio, anche perché iniziammo la terapia dello scioglimento che consiste a fare esercizi nel dire ciò che si prova senza vergogna e paura. Una cosa per lui molto difficile e molto più faticosa di un duro allenamento di sport.

Con il tempo siamo diventati molto complici, io e Battista, anche se a volte si chiude completamente e non mi lascia entrare nel suo guscio. Pensa che non potrà mai più migliorare e che non potrà dare più di tanto. Quindi i suoi "ti voglio bene" timidi non sa quanto gli giovano.

Battista non sa che grazie a lui ho scoperto me stesso: lui è il mio specchio e mi ha dato la possibilità di conoscermi.

Alla fine la terapia serve a tutti e due e anche se verranno momenti di pausa, credo in lui e so che un giorno mi mostrerà senza paura tutta la sua tenerezza e allora si potrà dire che il nostro è un rapporto magico e speciale.

amiciziainterioritàtimidezzaaperturaaprirsi agli altrichiusura

5.0/5 (1 voto)

inviato da Chianese Raffaella, inserito il 26/06/2010

RACCONTO

17. L'alpinista   3

Si racconta che un alpinista, dopo lunghi anni di preparazione, decise di realizzare il suo sogno e di scalare una montagna molto alta. Volendo tutta la gloria per sé, decise di andarci da solo.

Le ore passarono in fretta e l'oscurità lo sorprese. Non avendo il necessario per accamparsi, decise di proseguire la scalata. Il buio gli impediva di vedere il proprio sentiero. Le nuvole nascondevano la luna e le stelle.

Aveva quasi raggiunto la vetta quando l'inevitabile capitò. Perse l'appoggio e cadde nel vuoto. Ebbe giusto il tempo di vedere delle macchie scure e si sentì inghiottito dall'abisso.

I principali avvenimenti della sua vita sfilarono altrettanto velocemente davanti ai suoi occhi.

Sentiva la morte avvicinarsi quando un violento colpo sembrò quasi squarciargli il ventre: aveva raggiunto la fine della corda di cui aveva fissato un'estremità nella roccia... e l'ancoraggio aveva fortunatamente resistito.

Riprese fiato e si rese conto di essere ancora lì, sospeso nel buio e nel silenzio assoluti. Ormai disperato, urlò:
- Dio mio, aiutami!!!
Immediatamente, una voce grave e profonda penetrò il silenzio:
- Che vuoi che faccia?
- Salvami, mio Dio!!!
- Credi veramente che io possa salvarti?
- Certamente, Signore!!!
- Se è così, taglia la corda che ti mantiene!!!

Ebbe un momento di esitazione, poi l'uomo si attaccò con maggiore disperazione alla corda. Il gruppo di salvataggio racconta che l'indomani trovarono l'alpinista morto. Il freddo l'aveva invaso e tra le sue mani indurite egli teneva ancora, disperatamente, la corda... a soli due metri dal suolo!!!

E tu, avresti tagliato la corda?
Nella vita, dobbiamo prendere decisioni che mettono alla prova la nostra fede.
E tu? Tu che conti tanto sulle tue corde... Accetteresti di tagliarle?
Tutti i giorni dobbiamo ravvivare la nostra fede e fare nostra, la preghiera di Isaia: "Il Signore nostro Dio ci tiene per mano e ci dice: non temere. Io sono con te."

fiducia in Dio

5.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Mela, inserito il 05/02/2009

RACCONTO

18. La storia della matita   5

Paolo Coelho

Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera. Ad un certo punto, le domandò: "Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me".

La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote: "E' vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto".

Incuriosito il bimbo guardò la matita senza trovarvi alcunché di speciale.

"Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita!".

"Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell'esistenza, sarai sempre una persona in pace con il mondo.

Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una mano che guida i tuoi passi."Dio": ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la sua volontà.

Seconda qualità: di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. E' un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore.

Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere è un'azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia.

Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro di te.

Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza, impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione".

vitaviverepaceimpegnoresponsabilitàsofferenzacamminocrescitainterioritàesterioritàrapporto con Diocorrezione

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inviato da Raffaella Pisanti, inserito il 07/09/2008

RACCONTO

19. Il monaco e la donna   1

Anthony de Mello

Due monaci buddisti, in cammino verso il monastero, incontrarono sulla riva del fiume una donna molto bella. Come loro, ella desiderava attraversare il fiume, ma l'acqua era troppo alta. Così uno dei due monaci se la pose sulle spalle e la portò all'altra sponda.

Il monaco che era con lui era scandalizzato. Per due ore intere lo rimproverò per la sua negligenza nel rispettare la santa regola: aveva dimenticato che era un monaco? Come aveva osato toccare una donna? E peggio, trasportarla attraverso il fiume? E cosa avrebbe detto la gente? Non aveva screditato la loro santa religione? E così via.

Il monaco rimproverato ascoltò pazientemente l'interminabile predica. Alla fine lo interruppe dicendo: «Fratello, io ho lasciato quella donna al fiume. Non sarà che tu te la stai ancora portando dietro?».

leggeregolecaritàmalizia

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inviato da Martina Bresolin, inserito il 01/07/2005

RACCONTO

20. La parabola del ranocchio sordo   1

C'era una volta una gara di ranocchi.
L'obiettivo era arrivare in cima ad un albero altissimo.
Si radunarono molte rane per vedere e fare il tifo per loro.
Cominciò la gara.
In realtà, nessuno credeva possibile che i ranocchi raggiungessero la punta, e tutto quello che si ascoltava erano frasi tipo:
«Che pena!!! Non ce la faranno mai!»
I ranocchi cominciarono a desistere, tranne uno che continuava a cercare di raggiungere la punta.
Tutti continuavano:
«...Che pena!!! Non ce la faranno mai!»
E i ranocchi continuavano a darsi per vinti, tranne il solito ranocchio testardo che continuava ad insistere.
Alla fine, tutti desistettero tranne quel ranocchio che, solo e con grande sforzo, raggiunse alla fine la punta dell'albero.
Gli altri volevano sapere come avesse fatto.
Uno degli altri ranocchi si avvicinò per chiedergli come avesse fatto a concludere la prova.
E scoprirono che... era sordo!

...Non ascoltare le persone con la pessima abitudine di essere negative... derubano le migliori speranze del tuo cuore!
Ricorda sempre il potere che hanno le parole che ascolti o leggi.
Per cui, preoccupati di essere sempre positivo!
Sii sempre sordo quando qualcuno ti dice che non puoi realizzare i tuoi sogni.

sognisperanzaperseveranzaottimismopessimismo

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inviato da Giuliana Babini, inserito il 07/12/2002

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