Quando hai bisogno, Qumran ti dà una mano, sempre.
Ora Qumran ha bisogno di te.
- Clicca qui per sapere il perché.
Hai cercato i temi "accettazione di sé" tra i ritagli medi
Hai trovato 33 ritagli
PREGHIERA
21. Ho urgente bisogno della tua misericordia 2
Signore,
ho urgente bisogno della tua misericordia,
per poter sopportare di nuovo me stesso.
Ho urgente bisogno di stare con te,
per rappacificarmi con gli altri e con me stesso.
Di me nulla conosco finché non conosco te.
E nulla mi piaceva del mio intimo
prima di scoprirvi la tua grazia,
il tuo compiacimento e la tua immagine.
Davanti a te la vita
cambia completamente la sua essenza;
il tempo non viene contaminato da febbrili inquietudini,
e oppresso dall'inutilità.
Esso scorre denso, si svolge potentemente
e niente resiste al suo valore.
La sua densità fa male.
E tuttavia, non appena interrompo
la mia preghiera, mi sento costretto
a riprendere questa preghiera.
preghierarapporto con Diomisericordiaaccettazione di séserenitàpace interiore
inviato da Barbara, inserito il 23/11/2002
RACCONTO
Era un matrimonio povero.
Lei filava alla porta della sua baracca, pensando a suo marito. Tutti quelli che passavano rimanevano attratti dalla bellezza dei suoi capelli, neri, lunghi, luccicanti.
Lui andava ogni giorno al mercato a vendere un po' di frutta e si sedeva sotto l'ombra di un albero per aspettare i clienti. Stringeva tra i denti una pipa vuota, non aveva soldi per comperare un pizzico di tabacco.
Si avvicinava il giorno del loro anniversario di matrimonio e lei non smetteva di chiedersi che cosa avrebbe potuto regalare al marito. E con quali soldi? Le venne un'idea. Mentre la pensava, ebbe un brivido, però dopo aver deciso, si riempì di gioia: avrebbe venduto i suoi capelli per comperare il tabacco a suo marito.
Già immaginava il suo uomo nella piazza, seduto davanti alla frutta, dando lunghe boccate alla sua pipa: aromi di incenso avrebbero dato, al padrone della piccola bancarella, la solennità e il prestigio di un vero commerciante.
Vendendo i suoi capelli ottenne solo alcune monete, però scelse con attenzione il tabacco più pregiato.
Alla sera, ritornò il marito, arrivò cantando. Portava nelle sue mani un piccolo pacchetto, c'erano alcuni pettini per la sposa, li aveva acquistati dopo aver venduto la sua pipa.
L'amore è puro dono,
pura gioia di pensare all'altro,
di togliersi dal centro della propria vita
per lasciare all'altro lo spazio d'onore.
amoredono di sésposisacrificiomatrimoniocoppia
inviato da Anna Barbi, inserito il 08/09/2002
TESTO
23. La risposta cristiana all'odio
Thomas Merton, Nuovi semi di contemplazione
L'inizio della lotta contro l'odio, la fondamentale risposta cristiana all'odio, non è il comandamento di amare, ma quello che necessariamente lo precede per renderlo sopportabile e comprensibile, cioè quello di credere. La radice dell'amore cristiano non è la volontà di amare, ma il credere che si è amati. Credere che Dio ci ama. Credere che Dio ci ama anche se siamo indegni - o meglio, che Egli ci ama indipendentemente dai nostri meriti!
In una visione meramente cristiana dell'amore di Dio, il concetto di degnità perde ogni significato. La rivelazione della misericordia di Dio riduce tutto il problema della degnità a qualcosa di quasi irrisorio: la scoperta che la degnità è di poca importanza (perché nessuno potrebbe mai, di per se stesso, essere degno di essere amato di un simile amore) è una vera liberazione di spirito. E, fintanto che non si giunge a questa scoperta, fintanto che questa liberazione non è stata operata dalla misericordia divina, l'uomo rimane prigioniero dell'odio.
amoreodiofederapporto con Dioaccettazione di sé
inviato da Stefania Raspo, inserito il 29/08/2002
RACCONTO
Bruno Ferrero, Il segreto dei pesci rossi
Il piccolo Carlo era un bambino timido e tranquillo. Un giorno arrivò a casa e disse a sua madre che avrebbe voluto preparare una cartolina di San Valentino per tutti i suoi compagni di classe.
La madre istintivamente esclamò: «Ma no! Non è il caso!».
Ogni giorno osservava i bambini quando tornavano a casa a piedi da scuola. Il suo Carlo arrancava sempre per ultimo. Gli altri ridevano e formavano un'allegra e rumorosa combriccola. Ma Carlo non faceva mai parte del gruppo. La madre decise di aiutare il figlio e acquistò cartoncini e pennarelli. Per tre settimane, sera dopo sera, Carlo illustrò meticolosamente trentacinque cartoline di San Valentino.
Giunse il giorno di San Valentino e Carlo era fuori di sé per l'emozione. Le accatastò con cura, le mise nello zainetto e corse fuori. La madre decise di cucinargli il suo dolce preferito e farglielo trovare con una tazza di cioccolata calda per quando sarebbe tornato a casa da scuola. Sapeva che sarebbe rimasto deluso e forse in questo modo gli avrebbe alleviato il dolore. Avrebbe dato una cartolina a tutti, ma lui non ne avrebbe ricevuta nemmeno una.
Quel pomeriggio preparò la torta e la cioccolata. Quando udì il solito vociare dei bambini, guardò fuori della finestra. Stavano arrivando, ridendo e chiacchierando come al solito. E come sempre l'ultimo era Carlo. Da solo.
Entrò in casa quasi di corsa e buttò lo zainetto su una sedia. Non aveva niente in mano e la madre si aspettava che scoppiasse in lacrime. «La mamma ti ha preparato la torta e la cioccolata», disse, con un nodo in gola. Ma lui quasi non sentì le sue parole. Passò oltre, il volto acceso, dicendo forte: «Neanche uno. Neanche uno!».
La madre lo guardò incerta.
E il bambino aggiunse: «Non ne ho dimenticato neanche uno, neanche uno».
«Questa è la volontà del Padre che mi ha mandato: che io non perda nessuno di quelli che mi ha dato» (Giovanni 6,39).
Neanche uno.
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 15/06/2002
PREGHIERA
25. Mi hai fatto proprio bene! 2
Signore, nel realizzare il tuo disegno eterno, mi hai chiamato all'esistenza in quel contesto di dati che sono la mia storia.
Perché così e non in altro modo?
Ti sei forse sbagliato? No.
Tu non mi hai creato per sbaglio, né per distrazione, né per contrattempo. Al momento giusto, all'ora tua, secondo il tuo disegno e la tua volontà, secondo la tua scelta, tu mi hai formato.
Sono fatto bene per essere santo.
Se dicessi di no mi parrebbe di mancarti di riguardo, di dire che neppure a te riescono le cose come le vuoi, che anche a te capitano gli infortuni.
Signore, sono fatto bene per te.
Alle volte perdonami se te lo dico, mi trovo fatto un po' meno bene per me.
Ma confesso, sia pure con un po' di fatica, che è più importante essere fatto bene per te che per me.
I miei limiti non devono essere motivo di cruccio per la mia superbia, né motivo di malumore quando gli altri li vedono.
Signore, ti benedico e ti ringrazio che mi hai fatto come mi hai fatto.
Gli altri possono dire quello che vogliono. Io ho solo da dirti: grazie.
Ho solo da benedirti, ho solo da sentire una riconoscenza eterna perché mi hai fatto come mi hai fatto.
E quando gli altri trovano che sono uno sgorbio, più che una cosa buona, io, Signore, credo a te.
Alle volte mi prende la voglia di vedere come te la caverai con questa povera creatura che io sono.
E penso che la vita eterna sarà beata anche per questo: perché là capirò quello che adesso non capisco e mi spiegherò ciò che adesso è un mistero.
vocazioneprogetto di Diorapporto con Diostima di séaccettazione di sé
inviato da Stefania Raspo, inserito il 14/06/2002
TESTO
26. Vivevo sul lato in ombra della strada
Vivevo sul lato in ombra della strada
e osservavo i giardini dei vicini
al di là della strada, festanti
nella luce del sole.
Mi sentivo povero,
e andavo di porta in porta con la mia fame.
Più mi davano della loro incurante abbondanza,
più diventavo consapevole
della mia ciotola da mendicante.
Finché un mattino mi destai dal sonno
all'improvviso aprirsi della mia porta,
e tu entrasti a chiedermi la carità.
Disperato, ruppi il coperchio del mio scrigno,
e scoprii sorpreso la mia ricchezza.
interioritàesterioritàstima di sédarericeveredonarericchezzapovertà
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 14/06/2002
PREGHIERA
Caro Dio,
liberami dal falso orgoglio;
liberami dall'arroganza
che accompagna un'immagine di sé gonfiata.
Preservami dall'alterigia,
da un ego sovraccarico
derivante da un io vuoto.
Fa' che impari a essere soddisfatto di me stesso;
che non senta mai il bisogno
di sminuire qualcuno
per acquisire valore e importanza,
per sentirmi
stimato e degno.
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 08/06/2002
TESTO
Carl Jung, Lettera ad una donna cristiana
Vi ammiro, voi cristiani, perché identificate Cristo con il povero e il povero con Cristo, e quando date del pane ad un povero sapete di darlo a Gesù. Ciò che mi è più difficile comprendere è la difficoltà che avete di riconoscere Gesù nel povero che è in voi. Quando avete fame di guarigione o di affetto, perché non lo volete riconoscere? Quando vi scoprite nudi, quando vi scoprite stranieri a voi stessi, quando vi ritrovate in prigione e malati, perché non sapete vedere questa fragilità come la persona di Gesù in voi?
Accettare se stessi sembra molto semplice, ma le cose semplici sono sempre più difficili... L'arte di essere semplici è la più elevata, così come accettare se stessi è l'essenza del problema morale e il nocciolo di un'intera visione del mondo... Ospitando un mendicante, perdonando chi mi ha offeso, arrivando perfino ad amare un mio nemico nel nome di Cristo, do prova senza alcun dubbio di grande virtù... quel che faccio al più piccolo dei miei fratello l'ho fatto a Cristo!
Ma se io dovessi scoprire che il più piccolo di tutti, il più povero di tutti i mendicanti, il più sfacciato degli offensori, il nemico stesso è in me; che sono io stesso ad aver bisogno dell'elemosina della mia bontà, che io stesso sono il nemico d'amare, allora che cosa accadrebbe?
Di solito assistiamo in questo caso al rovesciamento della verità cristiana. Allora scompaiono amore e pazienza, allora insultiamo il fratello che è in noi, allora ci condanniamo e ci adiriamo contro noi stessi, ci nascondiamo agli occhi del mondo e neghiamo di aver mai conosciuto quel miserabile che è in noi.
E se fosse stato Dio stesso a presentarsi a noi sotto quella forma spregevole lo avremmo rinnegato mille volte prima del canto del gallo.
inviato da Mariangela Molari, inserito il 28/05/2002
TESTO
Anthony de Mello, Il canto degli uccelli
Per anni sono stato un nevrotico. Ero ansioso, depresso ed egoista. E tutti continuavano a dirmi di cambiare. E tutti continuavano a dirmi quanto fossi nevrotico.
E io mi risentivo con loro, ed ero d'accordo con loro, e volevo cambiare, ma non ci riuscivo, per quanto mi sforzassi.
Ciò che mi faceva più male era che anche il mio migliore amico continuava a dirmi quanto fossi nevrotico. Anche lui continuava a insistere che cambiassi.
E io ero d'accordo anche con lui, e non riuscivo ad avercela con lui. E mi sentivo cosi impotente e intrappolato.
Poi, un giorno, mi disse: «Non cambiare. Rimani come sei. Non importa se cambi o no. Io ti amo così come sei; non posso fare a meno di amarti».
Quelle parole suonarono come una musica per le mie orecchie: «Non cambiare. Non cambiare. Non cambiare... Ti amo».
E mi rilassai. E mi sentii vivo. E, oh meraviglia delle meraviglie, cambiai!
Ora so che non potevo cambiare davvero finché non avessi trovato qualcuno che mi avrebbe amato, che fossi cambiato o meno.
È così che mi ami, Dio?
amore di Dioaccettazione di séaccettazione
inviato da Emilio Centomo, inserito il 08/05/2002
RACCONTO
30. L'aquila che si credeva un pollo 2
Un uomo trovò un uovo d'aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L'uovo si schiuse contemporaneamente a quelli della covata e l'aquilotto crebbe insieme ai pulcini.
Per tutta la vita l'aquilotto fece quel che facevano i polli nel cortile, pensando di essere uno di loro. Frugava il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di qualche decimetro.
Trascorsero gli anni e l'aquila divenne molto vecchia.
Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d'aria, muovendo appena le robuste ali dorate.
La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita. "Chi è quello?", chiese. "E' l'aquila, il re degli uccelli", rispose il suo vicino. "Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perché siamo polli".
E così l'aquila visse e morì come un pollo, perché pensava di essere tale.
vitaprogettocoraggioconsapevolezzaconoscenza di sésenso della vitaricerca di senso
inviato da Emilio Centomo, inserito il 08/05/2002
TESTO
La perla di gran valore è nascosta profondamente.
Come un pescatore di perle, o anima mia, tuffati,
tuffati nel profondo,
tuffati ancora più giù, e cerca!
Forse non troverai nulla la prima volta.
Come un pescatore di perle, o anima mia,
senza stancarti, persisti e persisti ancora,
tuffati nel profondo, sempre più giù,
e cerca!
Quelli che non sanno il segreto,
si burleranno di te,
e tu ne sarai rattristato.
Ma non perdere coraggio,
pescatore di perle, o anima mia!
La perla di gran valore è proprio là nascosta,
nascosta proprio in fondo.
E' la tua fede che ti aiuterà a trovare il tesoro
ed è essa che permetterà che quello che era nascosto
sia infine rivelato.
Tuffati nel profondo, tuffati ancora più giù,
come un pescatore di perle, o anima mia.
E cerca, cerca senza stancarti!
conoscenza di sétalentiricerca di Dioperla preziosa
inviato da Emilio Centomo, inserito il 08/05/2002
TESTO
Kahlil Gibran, Il Profeta
Vi è stato detto
che, come una catena, siete fragili
quanto il vostro anello più debole.
Questa è soltanto mezza verità.
Siete anche forti
come il vostro anello più saldo.
Misurarvi dall'azione più modesta
sarebbe come misurare la potenza dell'oceano
dalla fragilità della schiuma.
Giudicarvi dai vostri fallimenti
è come accusare le stagioni
per la loro incostanza.
E voi siete come le stagioni,
e anche se durante il vostro inverno
negate la vostra primavera,
la primavera, che in voi riposa,
sorride nel sonno e non si offende.
fragilitàaccettazione di sétalentistima di sé
inviato da Alessandra Manfredi, inserito il 17/04/2002
TESTO
33. Amami come sei (versione breve) 1
Figlio mio, dice il Signore
conosco la tua miseria, le lotte
e le tribolazioni della tua anima,
so la tua debolezza e le tue infermità,
i tuoi cedimenti e i tuoi peccati,
ma ti dico ugualmente:
dammi il tuo cuore,
amami così come sei!
Se aspetti di essere Santo
per abbandonarti all'amore,
non mi amerai mai.
E' il canto del tuo cuore
che mi interessa
perché ti ho creato per amare.
In tutto ciò che vivi,
nel fervore o nell'aridità,
nella fedeltà o nell'abbandono
amami così come sei.
E allora ti concederò di amare
più di quanto possa immaginare.
accettazione di séamare Dioamore di Dio
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 10/04/2002