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TESTO

1. Le beatitudini del vescovo

Mimmo Battaglia, Omelia del 31/10/2021

Beato il Vescovo che fa della povertà e della condivisione il suo stile di vita, perché con la sua testimonianza sta costruendo il regno dei cieli.

Beato il Vescovo che non teme di rigare il suo volto con le lacrime, affinché in esse possano specchiarsi i dolori della gente, le fatiche dei presbiteri, trovando nell'abbraccio con chi soffre la consolazione di Dio.

Beato il Vescovo che considera il suo ministero un servizio e non un potere, facendo della mitezza la sua forza, dando a tutti diritto di cittadinanza nel proprio cuore, per abitare la terra promessa ai miti.

Beato il Vescovo che non si chiude nei palazzi del governo, che non diventa un burocrate attento più alle statistiche che ai volti, alle procedure che alle storie, cercando di lottare al fianco dell'uomo per il sogno di giustizia di Dio perché il Signore, incontrato nel silenzio della preghiera quotidiana, sarà il suo nutrimento.

Beato il Vescovo che ha cuore per la miseria del mondo, che non teme di sporcarsi le mani con il fango dell'animo umano per trovarvi l'oro di Dio, che non si scandalizza del peccato e della fragilità altrui perché consapevole della propria miseria, perché lo sguardo del Crocifisso Risorto sarà per lui sigillo di infinito perdono.

Beato il Vescovo che allontana la doppiezza del cuore, che evita ogni dinamica ambigua, che sogna il bene anche in mezzo al male, perché sarà capace di gioire del volto di Dio, scovandone il riflesso in ogni pozzanghera della città degli uomini.

Beato il Vescovo che opera la pace, che accompagna i cammini di riconciliazione, che semina nel cuore del presbiterio il germe della comunione, che accompagna una società divisa sul sentiero della riconciliazione, che prende per mano ogni uomo e ogni donna di buona volontà per costruire fraternità: Dio lo riconoscerà come suo figlio.

Beato il Vescovo che per il Vangelo non teme di andare controcorrente, rendendo la sua faccia "dura" come quella del Cristo diretto a Gerusalemme, senza lasciarsi frenare dalle incomprensioni e dagli ostacoli perché sa che il Regno di Dio avanza nella contraddizione del mondo.

serviziovescovobeatitudini

inviato da Qumran2, inserito il 11/02/2022

RACCONTO

2. Si raccoglie ciò che si semina!   1

Un giovane ingegnere decise di impiegare un piccolo capitale in agricoltura e comprò un piccolo campo in una pianura fertile. Dal momento che non era proprio esperto di coltivazioni, decise di chiedere informazioni a un vecchio contadino che abitava nei pressi.

«Hai visto, Battistin, il mio campicello?».
«Ma certo. Confina con i miei», rispose il vecchio.
«Vorrei chiederti una cosa, Battistin: credi che il mio campicello potrebbe darmi del buon orzo?».
«Orzo? No, signore mio, non credo che questo campo possa dare orzo. Da tanti anni vivo qui e non ho mai visto orzo in questo campo».
«E mais?», insistette il giovane. «Credi che il mio campicello possa darmi del mais?».
«Mais, figliolo? Non credo che possa dare mais. Per quanto ne so, potrebbe fornire radici, cicorie, erba cipollina e meline acerbe. Ma mais no, non credo proprio».

Benché sconcertato, il giovane ingegnere replicò: «E soia? Mi potrebbe dare soia il campicello?». «Soia, dice? Non voglio fare il menagramo, ma io non ho mai visto soia in questo campo. Al massimo, erba alta, un po' di rametti da bruciare, ombra per le mucche e qualche cespuglio di bacche, non di più».

Il giovane, stanco di ricevere sempre la stessa risposta, scrollò le spalle e disse: «Va bene, Battistin, ti ringrazio per tutto quello che mi hai detto, ma voglio fare una prova. Seminerò del buon orzo e vediamo che cosa succede!».
Il vecchio contadino alzò gli occhi e, con un sorriso malizioso, disse: «Ah, beh. Se lo semina... È tutta un'altra cosa, se lo semina!».

Oggi seminerò un sorriso, affinché la gioia cresca.
Oggi seminerò una parola di consolazione, per donare serenità.
Oggi seminerò un gesto di amore, perché l'amore domini.
Oggi seminerò una preghiera, affinché l'uomo sia più vicino a Dio.
Oggi seminerò parole e gesti di verità, per vincere la menzogna.
Oggi seminerò atti sereni, per collaborare con la pace.
Oggi seminerò un gesto pacifico, affinché i nervi saltino meno.
Oggi seminerò una buona lettura nel mio cuore, per la gioia del mio spirito.
Oggi seminerò giustizia nei miei gesti e nelle parole, affinché la verità trionfi.
Oggi seminerò un gesto di delicatezza, affinché la bontà si espanda.

seminareconseguenzeimpegnoresponsabilitàsemesperanzafiducia

inviato da Qumran2, inserito il 29/12/2018

TESTO

3. Andiamo fino a Betlemme (versione completa)

Don Tonino Bello

Andiamo fino a Betlemme. Il viaggio è lungo, lo so. Molto più lungo di quanto non sia stato per i pastori ai quali bastò abbassarsi sulle orecchie avvampate dalla brace il copricapo di lana, allacciarsi alle gambe i velli di pecora, impugnare il bastone, e scendere, lungo i sentieri profumati di menta, giù per le gole di Giudea. Per noi ci vuole molto di più che una mezzora di strada. Dobbiamo valicare il pendio di una civiltà che, pur qualificandosi cristiana, stenta a trovare l'antico tratturo che la congiunge alla sua ricchissima sorgente: la capanna povera di Gesù.

Andiamo fino a Betlemme. Il viaggio è faticoso, lo so. Molto più faticoso di quanto sia stato per i pastori i quali, in fondo, non dovettero lasciare altro che le ceneri del bivacco, le pecore ruminanti tra i dirupi dei monti, e la sonnolenza delle nenie accordate sui rozzi flauti d'Oriente. Noi, invece, dobbiamo abbandonare i recinti di cento sicurezze, i calcoli smaliziati della nostra sufficienza, le lusinghe di raffinatissimi patrimoni culturali, la superbia delle nostre conquiste... per andare a trovare che? «Un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».

Andiamo fino a Betlemme. Il viaggio è difficile, lo so. Molto più difficile di quanto sia stato per i pastori ai quali, perché si mettessero in cammino, bastarono il canto delle schiere celesti e la luce da cui furono avvolti. Per noi, disperatamente in cerca di pace, ma disorientati da sussurri e grida che annunziano salvatori da tutte le parti, e costretti ad avanzare a tentoni dentro infiniti egoismi, ogni passo verso Betlemme sembra un salto nel buio.

Andiamo fino a Betlemme. E' un viaggio lungo, faticoso, difficile, lo so. Ma questo, che dobbiamo compiere «all'indietro», è l'unico viaggio che può farci andare «avanti» sulla strada della felicità. Quella felicità che stiamo inseguendo da una vita, e che cerchiamo di tradurre col linguaggio dei presepi, in cui la limpidezza dei ruscelli, o il verde intenso del muschio, o i fiocchi di neve sugli abeti sono divenuti frammenti simbolici che imprigionano non si sa bene se le nostre nostalgie di trasparenze perdute, o i sogni di un futuro riscattato dall'ipoteca della morte.

Andiamo fino a Betlemme, come i pastori. L'importante è muoversi. Per Gesù Cristo vale la pena lasciare tutto: ve lo assicuro. E se, invece di un Dio glorioso, ci imbattiamo nella fragilità di un bambino, con tutte le connotazioni della miseria, non ci venga il dubbio di aver sbagliato percorso. Perché, da quella notte, le fasce della debolezza e la mangiatoia della povertà sono divenuti i simboli nuovi della onnipotenza di Dio. Anzi, da quel Natale, il volto spaurito degli oppressi, le membra dei sofferenti, la solitudine degli infelici, l'amarezza di tutti gli ultimi della terra, sono divenuti il luogo dove Egli continua a vivere in clandestinità. A noi il compito di cercarlo. E saremo beati se sapremo riconoscere il tempo della sua visita.

Mettiamoci in cammino, dunque, senza paura. Il Natale di quest'anno ci farà trovare Gesù e, con Lui, il bandolo della nostra esistenza redenta, la festa di vivere, il gusto dell'essenziale, il sapore delle cose semplici, la fontana della pace, la gioia del dialogo, il piacere della collaborazione, la voglia dell'impegno storico, lo stupore della vera libertà, la tenerezza della preghiera.

Allora, finalmente, non solo il cielo dei nostri presepi, ma anche quello della nostra anima sarà libero di smog, privo di segni di morte e illuminato di stelle.

E dal nostro cuore, non più pietrificato dalle delusioni, strariperà la speranza.

Clicca qui per la versione breve.

nataleincarnazionericerca di Diosperanza

inviato da Francesco De Luca, inserito il 15/01/2018

PREGHIERA

4. Esame di coscienza sui vizi capitali   1

Penitenziale per i giovani in preparazione alla XXII Giornata Mondiale della Gioventù in San Pietro alla presenza di Benedetto XVI, Libreria Editrice Vaticana, 2007

Perdona Signore i nostri peccati di superbia: le azioni che cercano solo la lode e l'approvazione della gente, l'ambizione, la ricerca di potere e di notorietà.
Perdonaci per quando parliamo, diamo consigli, studiamo, lavoriamo, facciamo il bene solo in funzione di ciò che ne penseranno gli altri e per catturare la stima altrui.
Perdonaci per quando esibiamo con vanità la bellezza fisica e le qualità dateci da Dio.
Perdonaci per l'arroganza che nasce dalla superbia, per il desiderio di non dipendere da nessuno, e nemmeno da Dio, per il vittimismo con cui sappiamo darci sempre una giustificazione.
Rendici umili. L'umiltà è la virtù che elimina tutte le passioni perché in essa noi ci rendiamo disponibili ad essere aiutati da Dio.

Perdona Signore i nostri peccati di invidia: l'ostilità, l'odio, l'idea che il male altrui possa essere bene per noi.
Perdona l'egocentrismo che ci impedisce di desiderare il bene per gli altri e ci rende incapaci di amare, il malcontento e i contrasti generati dall'invidia. Liberaci dal rancore, dal tormento interiore, dall'insoddisfazione.
Perdonaci quando vediamo tutto in funzione di noi stessi, quando non sappiamo mettere un freno ai desideri, quando chiamiamo l'invidia "sana competitività".
Perdona i cedimenti a una società che alimenta continuamente l'ambizione, l'avidità e la vuota curiosità.
Perdonaci quando desideriamo la roba d'altri e ci condanniamo all'infelicità.
Aiutaci a contrastare l'invidia con il dono quotidiano di noi stessi per i fratelli.

Perdona Signore i nostri peccati d'ira: i turbamenti del cuore, i sentimenti di avversione verso i fratelli quando sentiamo colpito il nostro io, l'animosità eccitata, l'aggressività del corpo, la sete di vendetta.
Perdonaci quando l'ira soffoca la libertà, ci rende schiavi di noi stessi, toglie la pace interiore ed esteriore.
Perdonaci la tentazione di "farla pagare" a chi ci ha umiliato, il piacere perverso del "far del male a qualcuno", i giudizi taglienti e la gratuita durezza verso gli altri, le mille giustificazioni dell'ira.
Aiutaci a seguire la via suggerita dai padri: “il silenzio delle labbra pur nel turbamento del cuore", dato che "La medicina perfetta... sarà quella di essere prima di tutto ben persuasi che non ci è consentito adirarci mai e in nessun modo".

Perdona Signore i nostri peccati di accidia: il torpore, la pigrizia, l'abbattimento, la tristezza, la dipendenza e le crisi di astinenza da stimoli e piaceri esteriori che ci lasciano sempre tristi e vuoti.
Perdonaci per la noia che a volte proviamo nel pregare e che ci spinge a cercare distrazioni, o ci lascia soli a parlare con noi stessi.
Perdonaci quando l'accidia genera disgusto e noia per ogni attività sana e spirituale, per quando la stessa vita quotidiana si tinge di tristezza, svogliatezza, vittimismo e lagnanza.
Perdonaci per la vita senza scopo, il tempo perso e la fuga dall'impegno quotidiano.
Donaci il desiderio di reagire. Facci trovare una guida spirituale e fa' che accettiamo la disciplina dell'obbedienza, unica via per non essere sballottati come un corpo inerte in balia delle passioni.

Perdonaci Signore per i peccati di avarizia: l'avidità, la brama di possedere, la fiducia smodata riposta nel denaro. Perdonaci se per avarizia lavoriamo di domenica, siamo disonesti, non diamo in elemosina, ci circondiamo di cose superflue.
Perdona le conseguenze terribili della fame di soldi: liti familiari, ansie e falsi timori, tradimenti, frodi, inganni, spergiuri, violenza e indurimento del cuore.
Perdonaci l'abitudine a essere insoddisfatti per ciò che abbiamo e bramosi di ciò che non ci è dato. Liberaci da lussi inutili, comodità e abitudini dispendiose.
Perdona le ingiustizie della società, le drammatiche disuguaglianze tra paesi ricchi e poveri, le guerre, i disumani sfruttamenti e l'inganno delle coscienze prodotto da un sistema di accumulo e consumo che fa di tutto per eccitare la brama di possesso.
Aiutaci a sottrarci all'influenza dei media e a fidarci di te, che rivesti i gigli del campo e non abbandoni gli uccelli del cielo.

Perdonaci Signore per i peccati di gola: il rapporto irrazionale con il cibo, i vizi del fumo, dell'alcool, delle droghe, la dipendenza che ci fa schiavi.
Perdonaci se scambiamo per la libera scelta ciò che è solo condizionamento dell'abitudine, delle mode, della pubblicità.
Perdonaci per la mente ottenebrata che si allontana anche dalla preghiera e dalle sane letture, per gli eccessi che ci rendono meno padroni di noi stessi e affievoliscono la capacità di autocontrollo.
Insegnaci la capacità dell'astinenza, che disintossica il corpo e la mente. Aiutaci a scoprire i piaceri sani della vita, per essere capaci di amare i fratelli con la libertà e la gioia con cui tu hai amato noi.

Perdonaci Signore per i peccati di lussuria, che ci fanno schiavi del sesso, e per il disordine morale che mette a rischio persone, famiglie e società.
Perdona il cedimento a immagini proposte ad arte, a voci allusive, alla pornografia in video e in rete. Perdonaci la debolezza di fronte a piaceri tanto intensi quanto effimeri.
Perdona la mentalità diffusa che si spaccia il disordine sessuale per conquista e fa credere che ogni istinto debba trovare immediata soddisfazione. Facci comprendere che non è libero chi non ha il controllo di se stesso, chi si riduce al doppio gioco e alla menzogna, chi perde l'integrità morale e la pace, chi si chiude in se stesso.
Perdona i danni gravi nella società: per il sesso si litiga, si minaccia, si uccide; la libidine alimenta uno stile di vita fatuo, degenera spesso nella prostituzione, nel ricatto, nella pedofilia...
Aiutaci a custodire la castità nel cuore e nella mente, e a non avere rapporti sessuali prima o fuori del matrimonio, a evitare deviazioni e stravaganze. Insegnaci modestia e dignità nel vestire, custodisci sguardi e fantasie.
Aiutaci a riscoprire la meraviglia della sessualità secondo Dio, nella cornice dell'amore coniugale, nell'atmosfera di famiglia e di tenerezza dove il sesso non è profanato e svenduto ma è sacra partecipazione al dono della vita.

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inviato da Qumran2, inserito il 02/12/2017

RACCONTO

5. Il quarto dono

Gulli Morini

Gesù è nato a Betlemme e dal lontano oriente tre sapienti si sono messi in viaggio per venire a conoscere il re dei re. Li guida una stella, ma in realtà non sanno cosa troveranno. Il linguaggio degli astri ha detto loro che è nato un re: porterà la pace nel mondo, inizierà un regno che non avrà mai fine e unirà il cielo con la terra, ma non ha detto loro dove accadrà tutto questo e, soprattutto, come. Ecco allora che, seguendo la stella, arrivano in Palestina.
Dove andreste a cercare il futuro re? Nella città più grande, nei palazzi dove abitano i ricchi e i potenti, ed è proprio quello che fanno i tre magi a Gerusalemme.

«Dov'è il re dei Giudei che è nato?», vanno chiedendo a tutti, ma nessuno sa rispondere loro.
«Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» affermano con sicurezza i tre forestieri, e all'udire queste parole tutti, ma proprio tutti, si stupiscono, perché a un re normalmente si fa omaggio, ma non adorazione; per questo tutti comprendono bene che i Magi cercano un grande re, non uno dei tanti che regnano sulla terra.
Il loro abbigliamento, le loro domande insistenti non passano inosservate e vengono riferite a chi ha il potere in quel paese, e cioè al re Erode, ma anche ai soldati romani che da anni hanno conquistato la Palestina e sono di fatto i veri padroni del territorio.
Il comandante del presidio di Gerusalemme invia loro un soldato con la scusa di proteggerli, ma in realtà per sapere cosa c'è di vero nelle loro affermazioni.
Erode raduna i suoi consiglieri più fidati, gli studiosi della bibbia di quel tempo per conoscere dove avrebbe dovuto nascere il più grande di tutti i re, cioè il Messia d'Israele. La risposta, come potete leggere nel Vangelo di S. Matteo, è Betlemme, allora il re fa' chiamare segretamente i Magi perché ha in mente un piano. Invia i magi a Betlemme e chiede loro di tornare quando l'avranno trovato, così potrà andare anche lui ad ad «adorarlo». Di fatto pensa solo ad individuare il suo rivale per eliminarlo.

Ecco allora che i tre Magi riprendono il cammino assieme al soldato romano che li scorta sul suo cavallo, armato di lancia e di spada. I tre personaggi parlano tra di loro, sono emozionati perché sperano di arrivare presto alla fine del loro viaggio. Il soldato, che si chiama Longino, ascolta tutto con grande attenzione, così impara quali sono le caratteristiche di questo re nato da poco che i tre sapienti stanno cercando con impazienza.
Sarà un re più grande di ogni altro re; il suo regno si estenderà su tutti i popoli (e questo preoccupa molto il romano se pensa che l'impero della sua Roma possa essere in pericolo), ma nonostante tutto questo sarà un regno di pace, un regno buono, come non ce ne sono stati altri.
Alla sera, quando si accendono le prime stelle, i tre saggi scrutano con visibile apprensione il cielo e d'improvviso scoppiano in esclamazioni di gioia: la stella, ecco di nuovo la stella!
«Quale stella?» chiede Longino ai sapienti che lo guardano con occhi pieni di felicità.
«Guarda, quella è la stella che ci ha guidati», dice Melchiorre indicando un punto luminoso nel cielo.
«E' la stella del più grande dei re, come dicono tutti i libri che insegnano il linguaggio delle stelle», continua Gasparre.
«L'abbiamo vista per la prima volta nei territori d'oriente, da dove veniamo, alcuni mesi fa», aggiunge Baldassarre.
«Per settimane ci ha guidato, poi è sparita, così abbiamo proseguito il cammino solo sulla fiducia», riprende Melchiorre.
«Ma ora i nostri occhi la vedono di nuovo e la nostra gioia è talmente grande che tu non puoi nemmeno immaginare», conclude Gasparre.
«Voi saggi stranieri non lo sapete - dice Longino - ma la stella è proprio nella direzione di Betlemme, che dista da qui meno di un'ora di cammino».
I tre Magi sono eccitati come bambini.
«Cosa aspettiamo? Presto, prepariamo i doni. Partiamo subito», si dicono l'un l'altro.
Longino vorrebbe trattenerli, ma i tre sapienti insistono tanto che alla fine il romano è costretto a far loro da guida.

Il viaggio diventa sempre più disagiato, perché ormai il buio è totale e si intravede solo la via al bagliore delle stelle. L'aspettativa dell'evento ha contagiato anche il soldato, cosicché la comitiva procede in silenzio. Ognuno pensa a ciò che tra poco troverà: un sapiente, un re, un inviato dal cielo, un pericoloso concorrente.
Dopo più di un'ora di viaggio difficoltoso i quattro finalmente giungono in vista delle luci di Betlemme. A quel tempo non c'erano le strade illuminate come adesso. Solo chi era sveglio aveva un lume acceso che filtrava appena dalle finestre già chiuse. Nel buio totale della campagna bastava una luce o due per segnalare la presenza di un villaggio.
Eccolo il paesino tanto a lungo cercato. Una decina di case costruite sulla roccia, qualche muro che circonda cortili e piccoli orti, una luce accesa fuori di una porta dalla quale esce luce e un brusìo continuo. I quattro entrano e si trovano in una locanda. Tre soldati romani ad un tavolo, qualche altro cliente agli altri tavoli, ben lontani dai soldati. Longino si avvicina ai commilitoni, scambia qualche parola in latino, poi va dall'oste, parla animatamente per qualche minuto, poi torna dai Magi che aspettano in piedi vicino alla porta.
«Nessuno sa nulla, nessun personaggio importante è passato di qui ultimamente. Tanti ebrei sono passati di qui in occasione dell'ultimo censimento, ma si trattava quasi esclusivamente di povera gente, se non proprio di straccioni. In qualche momento c'è stata tanta gente che qualcuno ha dovuto alloggiare nelle grotte dei pastori che si trovano intorno al villaggio.»
I quattro escono delusi dalla locanda e si ritrovano in una specie di piazza, nello spazio lasciato libero da alcune casette tutt'intorno. I magi guardano il cielo e interrogano muti la stella che li ha guidati fin qui. Tutte le stelle brillano con qualche tremore della luce, ma questa brilla in un modo strano anche se non fa più luce delle altre.
«E' qui vicino, guardate la stella, sembra che danzi», dice Gasparre come in trance.
«Sembra che stia cantando e che ci chiami», risponde Melchiorre come in estasi.
«Andiamo», dice Gasparre come in sogno.
Longino non capisce bene, ma anche lui è affascinato da questa strana atmosfera che si è creata e senza parlare segue i tre sapienti che si sono incamminati per un sentiero che esce dal paese, nella stessa direzione della stella.

A meno di cinque minuti di cammino c'è una grotta, dentro una piccola luce. I piedi camminano da soli, i quattro procedono come automi e si fermano sulla soglia della grotta. Quello che vedono è molto diverso da quel che si aspettavano. Un giovane uomo che gioca con un bimbo in braccio mentre la moglie, giovanissima, sta cucinando in un angolo della grotta. Di fianco a loro un bue ed un asinello legati vicino ad una greppia. Il giovane uomo si accorge della presenza dei nuovi arrivati e senza nessuna esitazione li invita ad entrare.
«La notte è umida, lì fuori: entrate e dividete con noi la nostra cena.» Poi, rivolto alla moglie: «Maria, il Signore benedice la nostra dimora con quattro ospiti.»
«Siate i benvenuti, riposatevi qualche istante mentre io impasterò e cuocerò per voi delle focacce», risponde lei.
I quattro entrano, si siedono su alcune logore stuoie per terra ed osservano questa piccola famiglia cercando con gli occhi conferme ai loro pensieri più profondi. Si aspettavano tutto tranne la straordinaria normalità di ciò che vedono: una semplice famiglia che vive l'ancor più semplice felicità di tutti i giorni che è stata loro concessa dalla nascita di un figlio. La sicurezza che accompagnava i tre saggi durante la loro ricerca è svanita. Più che delusi sono sorpresi. Qui niente ha l'apparenza dell'abitazione di un re, nemmeno le persone che stanno davanti a loro hanno un comportamento di chi aspira a comandare, le parole che sentono non son quelle di chi ha studiato tanto sui libri o di chi ha grandi sogni ed ambizioni. Eppure tutt'intorno a quel bambino c'è una tale atmosfera d'amore che i tre saggi, ma anche il soldato, ne sono conquistati. Non sono sicuri di essere davvero arrivati perché qui non corrisponde nulla alle loro aspettative, per questo debbono cambiare completamente prospettiva per poter vedere con altri occhi ciò che sta loro innanzi.
Più tardi, mentre mangiano tutti insieme, decidono di fidarsi della loro intuizione e raccontano del loro viaggio, del messaggio delle stelle, dei presagi sul futuro di quel bimbo che ora dorme nella mangiatoia degli animali. Maria e Giuseppe, suo sposo, ascoltano stupiti il racconto dei Magi. Capiscono che possono fidarsi di loro e raccontano dei pastori che, la notte della nascita di Gesù, loro figlio, erano accorsi raccontando di visioni di angeli nel cielo.
Longino ascolta anche queste notizie senza ben capire se deve considerarle verità o frutto d'immaginazione. L'unica cosa che percepisce chiaramente è un'atmosfera di serenità che lo circonda. Per i Magi invece questo racconto è la conferma che cancella tutti i loro dubbi. Sicuramente quel bimbo che dorme tranquillamente nella paglia profumata sarà il grande re annunciato dalle stelle, ma sarà anche molto diverso da tutti gli altri. Il loro cuore e non solo la mente finalmente si è aperto, è ora di aprire anche le bisacce e offrire i doni che hanno portato dal loro paese per il Re dei re. A turno depongono ai piedi del bambino Gesù l'oro, segno di ricchezza della regalità, l'incenso, profumo che sale al cielo segno di unione Dio, e mirra, profumo raro e prezioso, segno di nobiltà e di pulizia terrena, ma anche di profonda umanità, visto che viene usato anche nei riti di sepoltura.
Longino è confuso da questa atmosfera che si è creata: percepisce che quel bambino avrà un futuro misterioso e decide di donare anche lui qualcosa, ma non ha nulla. Allora prende la lancia e la depone ai piedi di Gesù: un re deve avere potere anche se sarà un re di pace: se non vorrà fare guerre almeno potrà difendersi, e la lancia è l'arma più adatta a tener lontani i nemici. Giuseppe e Maria osservano tutto con grande attenzione mista a sorpresa: anche questi doni sono davvero inaspettati. Poi Giuseppe prende la lancia e la restituisce al soldato.
«Amico soldato, non ti offendere se non accetto il tuo dono. Capisco la tua buona intenzione e te ne sono profondamente grato. Non so cosa diventerà da grande mio figlio, ma prego il Signore che non tocchi mai un'arma e che il suo potere sia solo di amore.»
Longino si guarda intorno ma non vede ombra di rimprovero o di commiserazione, ma solo sguardi di comprensione e di stima, allora riprende la lancia e torna a sedersi sulla sua stuoia silenzioso. C'è qualcosa che gli sfugge, che non riesce a capire, che non riesce ad accettare. È tardi, per tutti c'è bisogno di dormire. Il sonno dei Magi è ricco di emozioni, di presagi, di calcoli astronomici. Quello di Longino è un sonno pesante, un po' disilluso, ma anche affascinato dalla serenità di un incontro inaspettato.

È Gesù che sveglia tutti poco prima dell'alba perché ha fame. Maria lo allatta cantando sottovoce per non disturbare gli ospiti, ma questi sono già svegli. I tre saggi discutono tra si loro sommessamente, mentre Longino accompagna Giuseppe a prendere del latte dai pastori che stanno in una grotta poco lontano. Il cielo è ormai chiaro, è l'ora di salutarsi, ma prima che Gesù si riaddormenti i tre sapienti lo prendono a turno in braccio e lo cullano guardandolo con grande affetto. Sembra che se lo mangino con gli occhi, che vogliano fissare per sempre nella mente l'immagine di quel fanciullo che per loro è così importante. Prima di riconsegnarlo alla madre lo sollevano e tenendolo più alto delle loro teste chinano il capo in segno di omaggio, di sottomissione e di adorazione. Anche il romano saluta con gentilezza e accarezza delicatamente il piccino.
I quattro s'incamminano silenziosamente verso Betlemme, ma dopo poco Baldassarre chiede a Longino: «Cambiamo strada, non torniamo a Gerusalemme, andiamo direttamente ad oriente, torniamo a casa.»
«Ma Erode vi aspetta.»
«E lascia che aspetti: secondo me considera il bambino come un rivale che intralcia i suoi progetti», risponde Gasparre.
«E poi non potrà certamente capire quali possano essere i piani di questo fanciullo: non sono chiari nemmeno per noi!», conclude Melchiorre.
Dopo qualche giorno i Magi salutano il soldato romano e lo rimandano alla sua guarnigione.
«Vai, riferisci al tuo comandante ciò che hai visto: Roma non deve aver paura di un bimbo che parlerà di pace e non di guerra. Il cielo ti benedica buon Longino.»

Passano più di trent'anni, Gesù è stato crocifisso da pochi giorni e a Gerusalemme si è sparsa la voce che è risorto. Alcuni discepoli dicono perfino di averlo visto, di aver mangiato con lui. Nel Cenacolo sono riuniti i suoi apostoli, hanno paura perché c'è chi li ha già minacciati di morte. Il sommo sacerdote e i capi religiosi vogliono chiudere per sempre l'avventura di un maestro, di un profeta troppo scomodo che ha avuto l'ardire di chiamarsi Figlio di Dio: chiunque osa affermare che Gesù è risorto viene imprigionato. Alla porta del Cenacolo qualcuno bussa: è un soldato romano, e subito il terrore si dipinge sul volto degli apostoli. Ma è un volto noto, è il vecchio Longino, il più anziano tra i soldati della guarnigione, rispettato da tutti perché non ha mai abusato del proprio potere.
Appena entrato depone la spada e la lancia per terra e chiede di parlare con Pietro. È qui a titolo personale, spiga subito, non in veste ufficiale. Vuole sapere se è vero quel che dicono di Gesù. Pietro si fida di lui e racconta di averlo visto più volte e di aver assistito alla sua ascensione al cielo in Galilea. Allora Longino si mette a piangere, sommessamente, ma incapace di smettere. Tutti gli apostoli gli sono intorno stupiti cercando di fargli coraggio, poi, finalmente, il vecchio soldato riesce a trattenersi. Viene fatto sedere e comincia il suo racconto.
«Sono io che sul Golgota ho trafitto il costato di Gesù con quella lancia», dice con fatica.
«Ti ho visto, c'ero anch'io - conferma Giovanni - ma non sei stato tu ad ucciderlo, non devi avere rimorsi».
«Lo so, ma non avevo ancora capito nulla, ero deluso per la seconda volta.»
«Non capisco per cosa tu sia rimasto deluso, e soprattutto perché la seconda volta», dice Pietro.
«E' una storia lunga», esordisce il vecchio soldato, quindi racconta il primo incontro con Gesù nella grotta di Betlemme. «Cercavo un re, il più grande dei re, ma ho trovato un bambino, una famiglia meravigliosamente normale, troppo normale per far crescere un re speciale. Ho provato nonostante la mia delusione ad offrirgli tutto ciò che avevo, cioè la mia lancia, ma mi è stata rifiutata, allora ho pensato, a differenza dei tre sapienti, di aver fallito la mia ricerca. È passato tanto tempo da quel giorno. Sono tornato a Roma e dopo parecchi anni son tornato qui e ho sentito parlare di Gesù. L'ho cercato, una volta l'ho persino ascoltato e ne sono rimasto turbato. Forse, pensavo, nonostante tutto poteva essere lui quello che doveva venire, anche se era così diverso da come l'aspettavo. Ma la mia speranza è morta con lui sul Golgota. Non sono io che l'ho ucciso, ma la mia incredulità lo ha trafitto, proprio con quella lancia che più di trent'anni fa lui mi aveva rifiutato. Ma adesso è risorto. Tanti lo dicevano e io non volevo crederci. Eppure questa notizia sconvolgente si è aggrappata al mio cuore e non ha più voluto staccarsi: ho cercato inutilmente di cancellarla, di pensare che era impossibile, che era una solo una voce messa in giro per confondere i più deboli e creduloni. Alla fine mi son deciso a venire da voi, i suoi amici per avere una parola definitiva, ed ora voi mi testimoniate che è vero: è risorto. Solo adesso, finalmente, i miei occhi cominciano a vedere, il mio cuore crede quel che la mia mente ha sempre rifiutato. Comincio adesso a capire che nulla è successo per caso, che tutto, proprio tutto è servito perché il suo disegno si compisse. Quando a Betlemme ho voluto donargli la mia lancia, Gesù non l'ha rifiutata, l'ha accettata ma me l'ha lasciata in custodia fin quando non è servita, sul Golgota. Sì, ha preso anche la mia lancia non per conquistare o comandare, ma solo per donarci il suo sangue fino all'ultima goccia.»
Maria, presente in mezzo al gruppo degli apostoli, non ha perso una sola parola del romano: il suo stupore e la sua commozione sono evidenti. Non apre bocca, come pure nessuno dei dodici, come se volesse ben imprimersi nella memoria quella testimonianza.
Dopo qualche istante di silenzio, Pietro propone di pregare tutti assieme e di ringraziare Dio per il dono di Gesù. Longino si ritira in un angolo della stanza per rispetto delle usanze degli Ebrei. È una preghiera semplice «Benedetto sei tu, Signore, che ci hai donato Gesù, tuo figlio, il quale ha versato il suo sangue per la nostra salvezza ed è risorto dai morti per confermare la nostra fede.»
Nel silenzio che segue alla preghiera si sente un fragore come di un vento che scuote le porte, le finestre si spalancano con frastuono e una luce, come una palla di fuoco entra nel cenacolo e si divide in tante piccole fiamme che scendono sulla testa degli apostoli e sulla Madonna. Ancora una volta Longino è testimone di un evento straordinario ed assiste alla prima predicazione pubblica fatta dagli apostoli per bocca di Pietro dopo la discesa dello Spirito Santo. Nei giorni successivi frequenta assiduamente i dodici, poi dà le dimissioni da soldato e si fa battezzare.

Il soldato romano che trafigge Gesù con la lancia compare anche nei Vangeli Apocrifi: è da queste fonti che abbiamo il suo nome. La tradizione vuole anche che la sua conversione sia stata talmente esemplare da farlo diventare uno dei primi vescovi della Cappadocia, e poi santo martire.

ricerca di Diore magiepifaniacrocifissione

inviato da Guglielmo Morini, inserito il 26/09/2017

TESTO

6. La preghiera contemplativa

Carlo Carretto, Deserto in città

Quando partii per il deserto avevo lasciato tutto com'è l'invito di Gesù: situazione, famiglia, denaro, casa. Tutto avevo lasciato meno... le mie idee che avevo su Dio e tenevo ben strette riassunte in qualche grosso libro di teologia che avevo trascinato con me laggiù.

E là sulla sabbia continuavo a leggerle, a rileggerle, come se Dio fosse contenuto in un'idea e avendo belle idee su di Lui potessi comunicare con Lui.

Il mio maestro di noviziato continuava a dirmi: "Fratel Carlo, lascia stare quei libri. Mettiti povero e nudo davanti all'Eucarestia. Svuotati, disintellettualizzati, cerca di amare...contempla...". Ma io non capivo un bel nulla di ciò che volesse dirmi. Restavo ben ancorato alle mie idee.

Per farmi capire, per aiutarmi nello svuotamento mi mandava a lavorare. Mamma mia! Lavorare nell'oasi con un caldo infernale non è facile! Mi sentivo distrutto. Quando tornavo in fraternità non ne potevo più.

Mi buttavo sulla stuoia nella cappella davanti al Sacramento con la schiena spezzata e la testa che mi faceva male. Le idee si volatilizzavano come uccelli fuggiti dalla gabbia aperta. Non sapevo più come cominciare a pregare. Arido, vuoto, sfinito: dalla bocca usciva solo qualche lamento.

L'unica cosa positiva che provavo e che cominciavo a capire era la solidarietà con i poveri, i veri poveri. Mi sentivo con chi era alla catena di montaggio o schiacciato dal peso del giogo quotidiano. Pensavo alla preghiera di mia madre con cinque figli tra i piedi e ai contadini obbligati a lavorare dodici ore al giorno d'estate.

Se per pregare era necessario un po' di riposo, quei poveri non avrebbero mai potuto pregare. La preghiera, quindi, quella preghiera che avevo con abbondanza praticato fino ad allora, era la preghiera dei ricchi, della gente comoda e ben pasciuta, che è padrona del suo tempo, che può disporre del suo orario.

Non capivo più niente, o meglio, incominciavo a capire le cose vere. Piangevo!

E fu proprio in quello stato di autentica povertà che io dovevo fare la scoperta più importante della mia vita di preghiera. Volete conoscerla?
La preghiera passa per il cuore, non per la testa.

Sentii come se una vena si aprisse nel cuore e per la prima volta sperimentai una dimensione nuova dell'unione con Dio. Che avventura straordinaria mi stava capitando. Non dimenticherò mai quell'istante. Ero come un'oliva schiacciata dal torchio. Al di là della "sofferenza", che dolcezza indicibile mi inondava tutta la realtà in cui vivevo.

La pace era totale. Il dolore accettato per amore era come una porta che mi aveva fatto transitare al di là delle cose. Ho intuito la stabilità di Dio.

Ho sempre pensato, dopo di allora, che quella era la preghiera contemplativa.

preghieracontemplazionepoveripovertàrapporto con Diolavoro

inviato da Qumran2, inserito il 30/06/2017

TESTO

7. Testamento di Raoul Follereau

Raoul Follereau

Giovani di tutto il mondo, o la guerra o la pace sono per voi. Scrivevo, venticinque anni fa: "O gli uomini impareranno ad amarsi o, infine, l'uomo vivrà per l'uomo, o gli uomini moriranno". Tutti e tutti insieme.
Il nostro mondo non ha che questa alternativa: amarsi o scomparire. Bisogna scegliere. Subito. E per sempre. Ieri, l'allarme. Domani, l'inferno.
I Grandi - questi giganti che hanno cessato di essere uomini - possiedono, nelle loro turpi collezioni di morte, 20.000 bombe all'idrogeno, di cui una sola è sufficiente a trasformare un'intera Metropoli in un immenso cimitero. Ed essi continuano la loro mostruosa industria producendo tre bombe ogni 24 ore. L'Apocalisse è all'angolo della strada.
Ragazzi, Ragazze di tutto il mondo, sarete voi a dire "no" al suicidio dell'umanità.
"Signore, vorrei tanto aiutare gli altri a vivere". Questa fu la mia preghiera di adolescente.
Credo di esserne rimasto, per tutta la mia vita, fedele...
Ed eccomi al crepuscolo di una esistenza che ho condotto il meglio possibile, ma che rimane incompiuta.
Il tesoro che vi lascio, è il bene che io non ho fatto, che avrei voluto fare e che voi farete dopo di me. Possa solo questa testimonianza aiutarvi ad amare. Questa è l'ultima ambizione della mia vita, e l'oggetto di questo "testamento".

Proclamo erede universale tutta la gioventù del mondo. Tutta la gioventù del mondo: di destra, di sinistra, di centro, estremista: che mi importa!
Tutta la gioventù: quella che ha ricevuto il dono della fede, quella che si comporta come se credesse, quella che pensa di non credere. C'è un solo cielo per tutto il mondo.
Più sento avvicinarsi la fine della mia vita, più sento la necessità di ripetervi: è amando che noi salveremo l'umanità.
E di ripetervi: la più grande disgrazia che vi possa capitare è quella di non essere utili a nessuno, e che la vostra vita non serva a niente.
Amarsi o scomparire.
Ma non è sufficiente inneggiare a: "la pace, la pace", perché la Pace cessi di disertare la terra.
Occorre agire. A forza di amore. A colpi di amore.
I pacifisti con il manganello sono dei falsi combattenti. Tentando di conquistare, disertano. Il Cristo ha ripudiato la violenza, accettando la Croce.
Allontanatevi dai mascalzoni dell'intelligenza, come dai venditori di fumo: vi condurranno su strade senza fiori e che terminano nel nulla.
Diffidate di queste "tecniche divinizzate" che già San Paolo denunciava.
Sappiate distinguere ciò che serve da ciò che sottomette.
Rinunciate alle parole che sono tanto più vuote quanto sonore.
Non guarirete il mondo con dei punti esclamativi.
Ciò che occorre è liberarlo da certi "progressi" e dalle loro malattie, dal denaro e dalla sua maledizione.
Allontanatevi da coloro per i quali tutto si risolve, si spiega e si apprezza in rapporto ai biglietti di banca.
Anche se sono intelligenti essi sono i più stupidi di tutti gli uomini.
Non si fa un trampolino con una cassaforte.
Bisognerà che dominiate il potere del denaro, altrimenti quasi nulla di umano è possibile, ma con il quale tutto marcisce.
Esso, Corruttore, diventi Servitore.
Siate ricchi della felicità degli altri.
Rimanete voi stessi. E non un altro. Non importa chi. Fuggite le facili vigliaccherie dell'anonimato.
Ogni essere umano ha un suo destino. Realizzate il vostro, con gli occhi aperti, esigenti e leali.
Niente diminuisce mai la dimensione dell'uomo. Se vi manca qualcosa nella vita è perché non avete guardato abbastanza in alto.
Tutti simili? No.
Ma tutti uguali e tutti insieme!
Allora sarete degli uomini. Degli uomini liberi.
Ma attenzione! La libertà non è una cameriera tuttofare che si può sfruttare impunemente. Né un paravento sbalorditivo dietro il quale si gonfiano fetide ambizioni.
La libertà è il patrimonio comune di tutta l'Umanità. Chi è incapace di trasmetterla agli altri è indegno di possederla.
Non trasformate il vostro cuore in un ripostiglio; diventerebbe presto una pattumiera.
Lavorate. Una delle disgrazie del nostro tempo è che si considera il lavoro come una maledizione. Mentre è redenzione.
Meritate la felicità di amare il vostro dovere.
E poi, credete nella bontà, nell'umile e sublime bontà.
Nel cuore di ogni uomo ci sono tesori d'amore.
Spetta a voi, scoprirli.
La sola verità è amarsi.
Amarsi gli uni con gli altri, amarsi tutti. Non a orari fissi, ma per tutta la vita.
Amare la povera gente, amare le persone infelici (che molto spesso sono dei poveri esseri), amare lo sconosciuto, amare il prossimo che è ai margini della società, amare lo straniero che vive vicino a voi.
Amare.
Voi pacificherete gli uomini solamente arricchendo il loro cuore.

Testimoni troppo spesso legati al deterioramento di questo secolo (che fu per poco tempo così bello), spaventati da questa gigantesca corsa verso la morte di coloro che confiscano i nostri destini, asfissiati da un "progresso" folgorante, divoratore ma paralizzante, con il cuore frantumato da questo grido "ho fame!" che si alza incessante dai due terzi del mondo, rimane solo questo supremo e sublime rimedio: Essere veramente fratelli.
Allora... domani?
Domani, siete voi.

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inviato da Fra Roberto Brunelli, inserito il 28/12/2016

PREGHIERA

8. Lettera di un parroco a Gesù Bambino

don Giuseppe Comi, Zenit.org

Caro Gesù Bambino,

da quando il Padre tuo, per mezzo di te, ha creato l'uomo, tu non ti sei mai stancato di amarlo. Per la sua salvezza, ti sei fatto carne nel seno della Vergine. Dalla carne gli hai mostrato quanto è grande la tua compassione, la tua divina carità. Nella carne hai preso tutti i suoi peccati e nel tuo corpo li hai affissi su legno della croce, per toglierli dalle sue spalle. Per attestare che ogni tua parola, ogni tuo gesto d'amore è vero, sei risorto e ora sei assiso nella più alta gloria del Cielo, avendo ricevuto dal Padre un nome che è sopra ogni altro nome.

Dinanzi a te, ogni ginocchio si piega sulla terra, nei cieli, sotto terra e ogni lingua proclama che solo tu sei il Signore. Non esistono altri signori nell'universo. Solo tu sei la Vita di ogni uomo. Questa la tua verità eterna. Questa è la nostra fede. In te, solo in te, l'uomo ritrova la luce, la pace, se stesso.

Dopo la tua gloriosa ascensione, hai bisogno della nostra carne per continuare la tua missione. Hai bisogno del mio corpo per dire la tua parola, per battezzare nel tuo nome, per perdonare i peccati, per fare te pane di vita, per trasformare te in Eucaristia. Per mostrare ad ogni uomo la tua compassione, la tua carità, la tua salvezza, per discerne e separare con taglio netto, più che spada a doppio taglio, la luce dalle tenebre, la verità dalla falsità, il bene dal male, la giustizia dall'ingiustizia, l'amore dall'odio, la pace dalla guerra, la virtù dal vizio.

Non hai bisogno di un corpo di peccato, nel quale non può abitare lo Spirito Santo e il tuo cuore mai potrà muovere il mio. Hai bisogno della mia carne pura, santa, immacolata, come la carne della Madre tua. Se è nel peccato, non può essere data a te, perché appartiene già al principe del mondo. Per questo ti scrivo: per chiederti questa piccola grazia: fa' che la tua carne sia la mia carne, il tuo cuore il mio cuore, la tua anima la mia anima, il tuo Spirito Santo il mio Spirito Santo, i tuoi sentimenti i miei sentimenti.

Conformami a te, perché come te, in te, per te, possa esercitare il mio ministero profetico, sacerdotale, regale come lo hai esercitato tu. Sarò sacerdote secondo il tuo cuore. Il mondo lo vedrà e tutti si lasceranno conquistare a te. Ti prego. Non negarmela. Tu per questo vieni: per farci vita della tua vita, per essere veri strumenti della tua salvezza.

Sarei egoista se pensassi solamente a me. La mia Parrocchia è fatta di molte persone: piccoli giovani, adulti, anziani, sani, ammalati, vicini a te, ma anche tanti che da te sono lontani. Anche per ogni persona affidata alle mie cure pastorali ti chiedo una grazia. Fa' che quanti sono vicini a te, crescano nel tuo amore, diventino tuoi missionari per fare conoscere te a quanti non ti conoscono o si sono stancati di servirti, perché privi del tuo amore nel loro cuore.

Dona a questi tuoi fedeli costanza nel servizio, perseveranza nell'amore, fortezza nell'impegno, zelo nella proclamazione della tua Parola, carità sempre viva perché mai si stanchino di amare, come non ti sei stancato tu, concludendo la tua missione sull'albero della croce. A quanti sono lontani dal tuo cuore e dalla tua parola, manda dal cielo lo Spirito di conversione come hai fatto con Saulo, il tuo persecutore. Tu lo hai convertito e ne hai fatto un tuo apostolo, sempre fedele nel servizio e perennemente obbediente alla tua volontà.

Aiuta quanti sono piccoli a crescere in età, sapienza e grazia. Sostieni i giovani perché non si smarriscano dietro le false profezie del mondo, le ingannevoli promesse e inganni che sempre le tenebre prospettano loro come vera luce. Dona alle famiglia la gioia dell'unità, della pace, del perdono, della mutua carità. Rendi gli uomini liberi per abbracciare la fede nel tuo Vangelo, senza mai vergognarsi di testimoniarti in ogni momento e circostanza della vita.

Ai senza lavoro provvedi perché abbiano il loro pane quotidiano. Agli ammalati porta la consolazione della tua presenza, così come hai fatto con tutti i sofferenti del tuo tempo. A tutti dona la saggezza dello Spirito Santo e la luce della verità.

Tu, Caro Gesù Bambino, dal tuo cielo ci scruti, ci conosci, sai le nostre debolezze, fragilità, carenza di amore. Sai che ci stanchiamo con facilità. Iniziamo tante cose, ma poi non abbiamo la forza di imitarti restando fedeli alla missione. Ti prego, manda con potenza su di noi il tuo Santo Spirito come hai fatto sugli Apostoli il giorno della Pentecoste. Fa' che Lui venga con tutta la potenza dei suoi santi sette doni: sapienza, conoscenza, fortezza, consiglio, intelletto, pietà, timore del Signore.

Senza di lui che ci muove e ci attrae, noi saremo sempre privi di quell'energia divina che ci fa tuoi veri servi. Noi non vogliamo essere discepoli oziosi, infingardi, negligenti, apatici, senza alcuna volontà di amarti. Vogliamo servirti con tutto l'amore che abita nel tuo cuore. Se tu non divieni, con il tuo Santo Spirito, il nostro nuovo alito di vita, mai ti serviremo secondo il tuo cuore e mai porteremo una sola anima a te. Vieni presto, non tardare. Abbiamo bisogno di te, per servire te, per amare te, per mostrare ad ogni uomo te.

Vergine Maria, Madre di Gesù, Madre della Redenzione, presenta la nostra preghiera al tuo Divin Figlio, prima però rivestila con il tuo cuore, avvolgila con la tua anima, così Gesù penserà che se tu che chiedi ogni cosa per te e di certo ti esaudirà. Angeli e Santi, intercedete per noi, gridate al cuore di Gesù perché ascolti la nostra supplica. Vogliamo vivere in lui, per essere di lui, per portare i cuori a Lui. Per lui sempre è Natale quando nasce in un cuore.

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4.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 24/12/2016

TESTO

9. Un libro come fuoco - Papa Francesco ai giovani   4

Papa Francesco, Quaderno N°3972 del 2015/12/26 - Civiltà Cattolica IV 519-654

Miei cari giovani amici,

se voi vedeste la mia Bibbia, forse non ne sareste affatto colpiti. Direste: «Cosa? Questa è la Bibbia del Papa? Un libro così vecchio, così sciupato!». Potreste anche regalarmene una nuova, magari anche una da 1.000 euro: no, non la vorrei. Amo la mia vecchia Bibbia, quella che ha accompagnato metà della mia vita. Ha visto la mia gioia, è stata bagnata dalle mie lacrime: è il mio inestimabile tesoro. Vivo di lei e per niente al mondo la darei via.

La Bibbia per i giovani, che avete appena aperto, mi piace molto: è così vivace, così ricca di testimonianze di santi, di giovani, che fa venir voglia di leggerla d'un fiato, dall'inizio fino all'ultima pagina. E poi...? Poi la nascondete, sparisce sul ripiano di una libreria, magari dietro, in terza fila, finendo per riempirsi di polvere. Finché un giorno i vostri figli la venderanno al mercatino dell'usato. No: questo non può essere!

Voglio dirvi una cosa: oggi, ancor più che agli inizi della Chiesa, i cristiani sono perseguitati; qual è la ragione? Sono perseguitati perché portano una croce e danno testimonianza di Cristo; vengono condannati perché possiedono una Bibbia. Evidentemente la Bibbia è un libro estremamente pericoloso, così rischioso che in certi Paesi chi possiede una Bibbia viene trattato come se nascondesse nell'armadio bombe a mano!

Mahatma Gandhi, che non era cristiano, una volta disse: «A voi cristiani è affidato un testo che ha in sé una quantità di dinamite sufficiente per far esplodere in mille pezzi la civiltà tutta intera, per mettere sottosopra il mondo e portare la pace in un pianeta devastato dalla guerra. Lo trattate però come se fosse semplicemente un'opera letteraria, niente di più».

Che cosa tenete allora in mano? Un capolavoro letterario? Una raccolta di antiche e belle storie? In tal caso, bisognerebbe dire ai molti cristiani che si fanno incarcerare e torturare per la Bibbia: «Davvero stolti e poco avveduti siete stati: è solo un'opera letteraria!». No, con la Parola di Dio la luce è venuta nel mondo e mai più sarà spenta. Nella mia esortazione apostolica Evangelii gaudium ho scritto: «Noi non cerchiamo brancolando nel buio, né dobbiamo attendere che Dio ci rivolga la parola, perché realmente "Dio ha parlato, non è più il grande sconosciuto, ma ha mostrato se stesso". Accogliamo il sublime tesoro della Parola rivelata» (n. 175).

Avete dunque tra le mani qualcosa di divino: un libro come fuoco, un libro nel quale Dio parla. Perciò ricordatevi: la Bibbia non è fatta per essere messa su uno scaffale, piuttosto è fatta per essere tenuta in mano, per essere letta spesso, ogni giorno, sia da soli sia in compagnia. Del resto in compagnia fate sport, andate a fare shopping; perché allora non leggere insieme, in due, in tre o in quattro, la Bibbia? Magari all'aperto, immersi nella natura, nel bosco, in riva al mare, la sera al lume di una candela... farete un'esperienza potente e sconvolgente. O forse avete paura di apparire ridicoli di fronte agli altri?

Leggete con attenzione. Non rimanete in superficie, come si fa con un fumetto! La Parola di Dio non la si può semplicemente scorrere con lo sguardo! Domandatevi piuttosto: «Cosa dice questo al mio cuore? Attraverso queste parole, Dio mi sta parlando? Sta forse suscitando il mio anelito, la mia sete profonda? Cosa devo fare?». Solo così la Parola di Dio potrà dispiegare tutta la sua forza; solo così la nostra vita potrà trasformarsi, diventando piena e bella.

Voglio confidarvi come leggo la mia vecchia Bibbia: spesso la prendo, la leggo per un po', poi la metto in disparte e mi lascio guardare dal Signore. Non sono io a guardare Lui, ma Lui guarda me: Dio è davvero lì, presente. Così mi lascio osservare da Lui e sento - e non è certo sentimentalismo -, percepisco nel più profondo ciò che il Signore mi dice.

A volte non parla: e allora non sento niente, solo vuoto, vuoto, vuoto... Ma, paziente, rimango là e lo attendo così, leggendo e pregando. Prego seduto, perché mi fa male stare in ginocchio. Talvolta, pregando, persino mi addormento, ma non fa niente: sono come un figlio vicino a suo padre, e questo è ciò che conta.
Volete farmi felice? Leggete la Bibbia.

Vostro Papa Francesco

È la versione italiana della prefazione scritta dal Pontefice per una edizione della Bibbia destinata ai giovani, i quali hanno collaborato a discutere e scriverne i commenti (Bibel. Jugendbibel der Katholischen Kirche): vedi qui l'articolo su Civiltà Cattolica.

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5.0/5 (1 voto)

inviato da Centro Missionario Guanelliano, inserito il 25/08/2016

TESTO

10. Lettera di Dio per la custodia della donna   2

La donna che hai al fianco, emozionata, con l'abito da sposa, è mia. Io l'ho creata. Io le ho voluto bene da sempre; ancor prima di te e ancor più di te. Per lei non ho esitato a dare la mia vita. Ho dei grandi progetti per lei. Te l'affido. La prenderai dalle mie mani e ne diventerai responsabile.

Quando l'hai incontrata l'hai trovata bella e te ne sei innamorato. Sono le mie mani che hanno plasmato la sua bellezza, è il mio cuore che ha messo dentro di lei la tenerezza e l'amore, è la mia sapienza che ha formato la sua sensibilità e la sua intelligenza e tutte le qualità belle che hai trovato in lei.

Però non basta che tu goda del suo fascino. Dovrai impegnarti a rispondere ai suoi bisogni, ai suoi desideri. Ti renderai conto che ha bisogno di tante cose: ha bisogno di casa, di vestito, di serenità, di gioia, di equilibrio psichico, di rapporti umani, di affetto e tenerezza, di piacere e di divertimento, di presenza umana e di dialogo, di relazioni sociali e familiari, di soddisfazioni nel lavoro e di tante altre cose.

Ma dovrai renderti conto che ha bisogno soprattutto di me, e di tutto quello che aiuta e favorisce questo incontro con me: la pace del cuore, la purezza di spirito, la preghiera, la Parola, il perdono, la speranza e la fiducia in me, la mia vita. Sono Io e non tu il principio, il fine, il destino di tutta la sua vita.

Facciamo un patto tra noi: la ameremo insieme. Io la amo da sempre. Tu hai incominciato ad amarla da qualche anno, da quando te ne sei innamorato. Sono io che ho messo nel tuo cuore l'amore per lei. È stato il modo più bello perché ti accorgessi di lei. Volevo affidarla a qualcuno che se ne prendesse cura. Ma volevo anche che lei arricchisse con la sua bellezza e le sue qualità la vita di un uomo. E questo uomo sei tu.

Per questo ho fatto nascere nel tuo cuore l'amore per lei. Era il modo più bello per dirti: "ecco, te la affido", e perché tu potessi godere della sua bellezza e delle sue qualità. Quando le dirai "prometto di esserti fedele, di amarti e rispettarti per tutta la vita", sarà come se mi rispondessi che sei lieto di accoglierla nella tua vita e di prenderti cura di lei. Da quel momento saremo in due ad amarla.

Dobbiamo però metterci d'accordo: non è possibile che tu la ami in un modo e io in un altro. Devi avere per lei un amore simile al mio, e devi desiderare per lei le stesse cose che Io desidero. Non puoi pensare nulla di più bello e gioioso per lei.

Se la ami sul serio vedrai che ti troverai d'accordo con me nel progetto che ho concepito per lei. Ti farò capire poco alla volta quale sia il mio modo di amare, e ti svelerò quale vita ho sognato e voluto per questa mia creatura che diventerà tua sposa.

Mi rendo conto che ti sto chiedendo molto. Pensavi che questa donna fosse tutta e solo tua, e ora invece hai l'impressione che io ti chieda di spartirla con Me. Non è così. Io non sono il tuo rivale in amore. Al contrario, sono molui che ti aiuta ad amarla appassionatamente. Per questo desidero che nel tuo piccolo amore ci sia il mio grande amore.

Col tuo amore potrai fare molto per lei, ma è sempre troppo poco. Io ti rendo invece capace di amare da Dio. È questo il mio dono di nozze: un supplemento di amore che trasforma il tuo amore di creatura e lo rende capace di produrre le opere di Dio nella donna che ami.

Sono parole per te misteriose, ma le capirai un poco alla volta. Ti assicurò che non ti lascerò mai solo in questa impresa. Sarò sempre con te e farò di te lo strumento del mio amore, della mia tenerezza; continuerò ad amare la mia creatura, che è diventata tua sposa, attraverso i tuoi gesti d'amore, di attenzione di impegno, di perdono, di dedizione. In una parola: ti renderò capace di amare come io amo, perché ti darò una forza nuova di amare che è il mio stesso amore.

Se vi amerete in questo modo, la vostra coppia diventerà come una fortezza che le tempeste di vita non riusciranno mai ad abbattere. Un amore costruito sulla mia Parola è come una casa costruita sulla roccia: nessuna vicenda potrà distruggerla. Ricordatelo, perché molti si illudono di poter fare a meno di me: ma se io non sono con voi nell'edificare la casa della vostra vita e del vostro amore, vi affaticherete invano: come gli apostoli che faticarono tutta una notte e al mattino tornarono a riva con le reti vuote; bastò un semplice intervento Mio, e le reti pescarono tanto pesce che per l'abbondanza si rompevano. Di più. Se vi amerete in questo modo diventerete forza anche per gli altri.

Oggi si crede poco all'amore vero, quello che dura per sempre, e che offre la propria vita all'amato. Si cercano più le emozioni amorose che l'amore. Ma le emozioni nascono e muoiono presto, lasciando solo vuoto e nostalgia.

Per questo qualcuno ha detto che il matrimonio è solo una grande illusione che si dissolve presto. Se voi saprete amarvi come io amo, con una fedeltà che non viene mai meno, diventerete come la città sul monte. Sarete una speranza per tutti, perché tutti vedranno che l'amore è una cosa possibile.

donnaamorematrimoniocoppiasposicustodire

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inviato da Paola Berrettini, inserito il 16/06/2015

TESTO

11. A coloro che non trovano pace

Tonino Bello

Carissimi,

l'idea di rivolgermi a voi mi è venuta stasera quando, recitando i vespri, ho trovato questa invocazione: «Metti, Signore, una salutare inquietudine in coloro che si sono allontanati da te, per colpa propria o per gli scandali altrui».

Per prima cosa mi son chiesto se, nel numero delle mie conoscenze, ci fosse qualcuno che poteva essere raggiunto da questa preghiera.

E mi sono ricordato dite, Giampiero, che, dopo essere passato per tutta la trafila dei gruppi giovanili della parrocchia, un giorno te ne sei andato e non ti sei fatto più vedere.

L'altra sera ti ho incontrato per caso. Pioveva. Eri fermo sul marciapiede e ti ho dato un passaggio. In macchina mi hai chiesto con sufficienza se durante la quaresima continuavo a predicare le «solite chiacchiere» ai giovani, riuniti in cattedrale. Ci son rimasto male, perché mi hai detto chiaro e tondo che tu ormai a quelle cose non ci credevi più da un pezzo, e che al politecnico stavi trovando risposte più utili di quelle che ti davano i preti.

Mi hai raccontato che a Torino hai conosciuto Gigi, ex seminarista e mio alunno di ginnasio, il quale ti parla spesso di me. Ho notato che avevi una punta d'ironia e sembrava che ti divertissi quando hai aggiunto che ora sta con una ragazza, bestemmia come un turco, e fuma lo spinello.

Quando all'improvviso ti ho chiesto se eri felice, mi hai risposto che ne avremmo parlato un'altra volta, perché dovevi scendere e poi era troppo tardi.

Addio, Giampiero! L'invocazione del breviario stasera la rivolgo al Signore per te. E per Gigi. E la rivolgo anche per te, Maria, che ti sei allontanata senza una plausibile ragione. Facevi parte del coro. Ora a messa non ci vai nemmeno a Pasqua. Tu dici che hai visto troppe cose storte anche in chiesa, e che non ti aspettavi certe pugnalate alle spalle proprio da coloro che credono in Dio. Non so che cosa ti sia successo di preciso. Ma l'altro giorno, quando sei venuta da me per implorare un ricovero urgente al Gemelli a favore del tuo bambino che sta male, e io ti ho esortata ad aver fiducia in Dio, e tu sei scoppiata a piangere dicendomi che in Dio non ci credi più... mi è parso di leggere in quelle lacrime, oltre alla paura di poter perdere il figlio, anche l'amarezza di aver perduto il Padre.

Non temere, Maria. Pregherò io per il tuo bambino, perché guarisca presto. Ma anche per te, perché il Signore ti metta nel cuore una salutare inquietudine.

Vedo che non afferri il senso di una preghiera del genere. Di inquietudini nei hai già tante e non è proprio il caso che mi metta anch'io ad aumentartene la dose. Tu sai bene, però, che in fondo io imploro la tua pace. Ecco, infatti, come il breviario prolunga l'invocazione su coloro che si sono allontanati da Dio: «Fa' che ritornino a te e rimangano sempre nel tuo amore».

E ora, visto che mi sono messo ad assicurare preghiere un po' per tutti, vorrei rivolgermi anche a voi che, pur non essendovi mai allontanati da Dio, non riuscite ugualmente a trovar riposo nella vostra vita.

Per sè parrebbe un controsenso. Perché Dio è la fontana della pace, e chi si lascia da lui possedere non può soffrire i morsi dell'inquietudine. Però sta di fatto che, o per difetto di affido alla sua volontà, o per eccesso di calcolo sulle proprie forze, o per uno squilibrio di rapporti tra debolezza e speranza, o chi sa per quale misterioso disegno, è tutt'altro che rara la coesistenza di Dio con l'insoddisfazione cronica dello spirito.

Mi rivolgo perciò a voi, icone sacre dell'irrequietezza, per dirvi che un piccolo segreto di pace ce l'avrei anch'io da confidarvelo.

A voi, per i quali il fardello più pesante che dovete trascinare siete voi stessi. A voi, che non sapete accettarvi e vi crogiolate nelle fantasie di un vivere diverso. A voi, che fareste pazzie per tornare indietro nel tempo e dare un'altra piega all'esistenza. A voi, che ripercorrete il passato per riesaminare mille volte gli snodi fatali delle scelte che oggi rifiutate. A voi, che avete il corpo qui, ma l'anima ce l'avete altrove. A voi, che avete imparato tutte le astuzie del «bluff» perché sapete che anche gli altri si sono accorti della vostra perenne scontentezza, ma non volete farla pesare su nessuno e la mascherate con un sorriso quando, invece, dentro vi sentite morire. A voi, che trovate sempre da brontolare su tutto, e non ve ne va mai a genio una, e non c'è bicchiere d'acqua limpida che non abbia il suo fondiglio di detriti.

A tutti voi voglio ripetere: non abbiate paura. La sorgente di quella pace, che state inseguendo da una vita, mormora freschissima dietro la siepe delle rimembranze presso cui vi siete seduti.
Non importa che, a berne, non siate voi. Per adesso, almeno.

Ma se solo siete capaci di indicare agli altri la fontana, avrete dato alla vostra vita il contrassegno della riuscita più piena. Perché la vostra inquietudine interiore si trasfigurerà in «prezzo da pagare» per garantire la pace degli altri.

O, se volete, non sarà più sete di «cose altre», ma bisogno di quel «totalmente Altro» che, solo, può estinguere ogni ansia di felicità.

Vi auguro che stasera, prima di andare a dormire, abbiate la forza di ripetere con gioia le parole di Agostino, vostro caposcuola: «O Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».

pacepace interioreinterioritàfelicitàgioiatristezzainquietudine

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inviato da Francesco De Luca, inserito il 16/06/2015

PREGHIERA

12. La preghiera del politico

padre Antonio Rungi

Signore fa di me uno strumento di verità,
ove c'è errore io porti correzione,
ove c'è arroganza, io porti umiltà,
ove c'è contrasto, io porti serenità.

Signore, non farmi ritenere superiore agli altri,
ma solo diverso dagli altri,
per idee, credo e modo di pensare;
non l'unico, il migliore e l'indispensabile per gli altri,
ma semplicemente il più disponibile a servire la causa sociale.

Signore illuminami ad essere coerente
con le cose che ho programmato
per il bene dei miei connazionali,
affinché la mia azione politica
si svolga nel segno del servizio.

Signore fa di me uno strumento di giustizia,
affinché non privilegi gli amici e a quanti mi sono vicini,
ma tratti tutti allo stesso modo,
privilegiando chi è nel reale bisogno.

Signore che io lavori a servizio del mio Paese,
per non essere adulato ed osannato,
ma per dare il mio piccolo contributo
al bene comune e a quello di ciascuno e di tutti.

Signore non ti chiedo egoisticamente di vincere le elezioni,
ma di illuminare le coscienze dei miei connazionali
a scegliere chi per loro è la persona più adatta a governare
insieme alle coalizioni che si sono formate.

Signore guida Tu il corso degli eventi,
affinché chiunque sarà la guida del popolo italiano
in questo momento epocale
abbia di mira il bene di tutti e sappia essere concretamente
dalla parte dei più deboli e fragili socialmente.

Signore, fa, che questa nuova tornata elettorale,
mediante il mio impegno personale e quello di tutti i politici
aiutino a rinsaldare nell'unità e nella pace l'intero popolo italiano,
mediante la difesa della vita, della famiglia e dell'educazione dei figli.

Ti chiedo umilmente che il potenziamento
della giustizia sociale e dei diritti-doveri dei cittadini,
sia assicurato nella sincera collaborazione
con tutte le istituzioni democratiche
e realtà politiche nazionali e internazionali.

politicagiustizia

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inviato da Paola Berrettini, inserito il 16/06/2015

PREGHIERA

13. Signore mi hai afferrato

Michel Quoist

Signore, mi hai afferrato, e non ho potuto resisterti.
Sono corso a lungo, ma tu m'inseguivi.
Prendevo vie traverse, ma tu le conoscevi.
Mi hai raggiunto.
Mi sono dibattuto.
Hai vinto!
Eccomi, o Signore, ho detto sì, all'estremo del soffio e della lotta, quasi mio malgrado;
ed ero là, tremante come un vinto alla mercé del vincitore,
quando su di me ha posato il Tuo sguardo di Amore.

Ormai è fatto, Signore, non potrò più scordarti.
In un attimo mi hai conquistato,
in un attimo mi hai afferrato.
I mie dubbi furono spazzati,
i miei timori svanirono;
perché ti ho riconosciuto senza vederti,
Ti ho sentito senza toccarti,
Ti ho compreso senza udirti.
Segnato dal fuoco del tuo Amore,
ormai è fatto, Signore, non potrò più scordarti.
Ora, ti so presente, al mio fianco, ed in pace lavoro sotto il tuo sguardo di Amore.
Non conosco più lo sforzo di pregare:
mi basta alzare gli occhi dell'anima verso di te per incontrare il tuo sguardo.
E ci comprendiamo. Tutto è chiaro. Tutto è pace.
In certi momenti, grazie o Signore, tu m'invadi irresistibile, come il mare lentamente inonda la spiaggia;
oppure improvvisamente tu mi afferri, come l'innamorato stringe tra le braccia il suo amore.
E non posso più nulla, bisogna che mi fermi.
Sedotto, trattengo il respiro; svanisce il mondo, sospendi il tempo.
Vorrei che questi minuti durassero ore...
Quando ti ritrai, lasciandomi di fuoco e sconvolto da gioia profonda,
non ho un'idea di più, ma so che tu mi possiedi maggiormente.
Alcune mie fibre sono più profondamente toccate,
la ferita s'è allargata, e sono un po' più prigioniero del tuo Amore.

Signore, tu crei ancora il vuoto attorno a me, ma in un modo diverso questa volta.
Per il fatto che sei troppo grande ed eclissi ogni cosa.
Quello che amavo mi sembra inezia, e sotto il fuoco del tuo Amore si sciolgono i miei desideri umani come cera al sole.
Che m'importano le cose!
Che m'importa il mio benessere!
Che m'importa la mia vita!
Non desidero più altro che te,
non voglio più altro che te.

Lo so, gli altri lo dicono: "È pazzo!".
Ma, o Signore, lo sono loro.

vocazionecontemplazionerapporto con Diodesiderio di Diopreghiera

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inviato da Anna Barbi, inserito il 21/09/2012

TESTO

14. Leggi la Parola di Dio: illuminerà il tuo cammino   4

Sei triste e angosciato?
Leggi il cap. 14 del Vangelo di Giovanni

La cattiveria del mondo ti fa paura?
Leggi il salmo 26

Hai peccato?
Leggi il salmo 50

Ti fa paura l'avvenire?
Leggi i versetti 19-34 del cap. 6 del Vangelo di Matteo

Ti senti in pericolo?
Leggi il salmo 90

Ti senti ipocrita?
Leggi il salmo 33

Il Signore ti sembra lontano?
Leggi il salmo 138

Ti assale il dubbio?
Leggi il cap. 20 del Vangelo di Giovanni

Provi la tentazione?
Leggi il cap. 4 del Vangelo di Matteo

Sei disgustato dalla vita?
Leggi il cap. 40 di Isaia

Ti senti fragile e debole?
Leggi il salmo 22

Ti stai chiedendo: perché la fede?
Leggi il cap. 11 della lettera agli Ebrei

Sei sull'orlo della disperazione?
Leggi i versetti 31-39 del cap. 8 della lettera ai Romani

Non hai più il coraggio per affrontare la vita?
Leggi il 12 cap. del libro di Giosuè

Ti sembra che il diavolo sia più forte di Dio?
Leggi il salmo 89

Non ne puoi proprio più?
Leggi i versetti 28-30 del cap. 11 del Vangelo di Matteo

Stai per metterti in viaggio?
Leggi il salmo 120

Non riesci più a sopportarti?
Leggi il cap. 13 della la lettera ai Corinti

La tua preghiera è molto egoista?
Leggi il salmo 66

Hai l'impressione di pregare nel vuoto?
Leggi i versetti I -13 del cap. 11 del Vangelo

Sei in crisi?
Leggi il cap. 8 del libro dei Proverbi

Sei impaziente?
Leggi il cap. 12 della lettera agli Ebrei

Ti senti solo?
Leggi il cap. 15 della 1a lettera ai Corinzi

Sei malato?
Leggi il cap. 26 di Isaia

Vuoi sapere ciò che Dio attende da te?
Leggi il cap. 12 della lettera ai Romani

Hai bisogno di pace?
Leggi il cap. 14 di Giovanni

Non sai come ringraziare il Signore?
Leggi il salmo 102

bibbiavangeloParola di DioSacra Scritturapreghiera

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inviato da Don Giuseppe Ghirelli, inserito il 21/09/2012

TESTO

15. I piedi del Risorto   3

Tonino Bello, Dalla testa ai piedi

Carissimi,

Io non so se nell'ultima cena, dopo che Gesù ebbe ripreso le vesti, qualcuno dei dodici si sia alzato da tavola e con la brocca, il catino e l'asciugatoio si sia diretto a lavare i piedi del maestro. Probabilmente no. C'è da supporre comunque che dopo la sua morte ripensando a quella sera, i discepoli non abbiano fatto altro che rimproverarsi l'incapacità di ricambiare la tenerezza del Signore.

Possibile mai, si saranno detti, che non ci è venuto in mente di strappargli dalle mani quei simboli del servizio, e di ripetere sui suoi piedi ciò che egli ha fatto con ciascuno di noi? Dovette essere così forte il disappunto della Chiesa nascente per quella occasione perduta, che, quando Gesù apparve alle donne il mattino della risurrezione, esse non seppero fare di meglio che lanciarsi su quei piedi e abbracciarli. "Avvicinatesi, gli cinsero i piedi e lo adorarono". Ce lo riferisce Matteo, nell'ultimo capitolo del suo Vangelo. Gli cinsero i piedi. Non gli baciarono le mani o gli strinsero il collo. No.

Gli cinsero i piedi! Erano già bagnati di rugiada. Glieli asciugarono, allora con l'erba del prato e glieli scaldarono col tepore dei loro mantelli. Quasi per risarcire il maestro, sia pure a scoppio ritardato, di una attenzione che la notte del tradimento gli era stata negata. Gli cinsero i piedi. Fortunatamente avevano portato con sé profumi per ungere il corpo di Gesù. Forse ne ruppero le ampolle di alabastro e in un rapimento di felicità riversarono sulle caviglie del Signore gli olii aromatici che furono subito assorbiti da quei fori: profondi e misteriosi, come due pozzi di luce.

Gli cinsero i piedi. Finalmente! Verrebbe voglia di dire. Ma chi sa in quel ritardo ci doveva essere anche tanto pudore. Forse la chiesa nascente rappresentata dalle due Marie prima di cadergli davanti nel gesto dell'adorazione aveva voluto aspettare di proposito che Gesù riprendesse davvero le vesti. Non quelle che aveva momentaneamente deposto prima della lavanda. Ma quelle veramente inconsutili del suo corpo glorioso. Carissimi fratelli, oggi voglio dirvi che la Pasqua è tutta qui. Nell'abbracciamento di quei piedi. Essi devono divenire non solo il punto di incontro per le nostre estasi d'amore verso il Signore, ma anche la cifra interpretativa di ogni servizio reso alla gente, e la fonte del coraggio per tutti i nostri impegni di solidarietà con la storia del mondo.

Non c'è da illudersi. Senza questa dimensione adorante, espressa dal gruppo marmoreo di donne protese dinanzi al risorto, saremo capaci di organizzare solo girandole appariscenti di sussulti pastorali. Se non afferriamo i piedi di Gesù, lavare i piedi ai marocchini, o agli sfrattati, o ai tossici, non basta.

Non basta neppure lavarsi i piedi a vicenda, tra compagni di fede. Se la preghiera non ci farà contemplare speranze ultramondane attraverso quei fori lasciati dai chiodi, battersi per la giustizia, lottare per la pace e schierarsi con gli oppressi, può rimanere solo un'estenuante retorica. Se, caduti in ginocchio, non interpelleremo quei piedi sugli orientamenti ultimi per il nostro cammino, giocarsi il tempo libero nel volontariato rischia di diventare ricerca sterile di sé e motivo di vanagloria. Se l'adorazione dinnanzi all'ostensorio luminoso di quelle stigmate non ci farà scavalcare le frontiere delle semplici liberazioni terrene, impegnarsi per le promozione dei poveri potrà sfiorare perfino il pericolo dell'esercizio di potere. Non basta avere le mani bucate. Ci vogliono anche i piedi forati. E' per questo che quando Gesù apparve ai discepoli la sera di Pasqua "mostrò loro le mani e i piedi".

E poi, quasi per sottolineare con la simbologia di quei due moduli complementari che senza l'uno o l'altro, ogni annuncio di risurrezione rimarrà sempre mortificato, aggiunse: "Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io".

Mani e piedi, con tanto di marchio! Ecco le coordinate essenziali per ricostruire la carta d'identità del risorto. Mani bucate. Richiamo a quella inesauribile carità verso i fratelli, che si fa donazione a fondo perduto. Piedi forati.

Appello esigente a quell'amore verso il Signore, che ci fa scorgere il senso ultimo delle cose attraverso le ferite della sua carne trasfigurata.

pasquaresurrezionerisortorisurrezioneserviziovolontariato

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inviato da Qumran2, inserito il 07/04/2012

TESTO

16. Ave Maria   3

Carlo Carretto, Beata te che hai creduto

Una sera tentai il discorso con Maria.
Mi era così facile!
Le volevo così bene!
Maria, dimmi come è andata? Raccontalo a me come l'hai raccontato a Luca l'evangelista.

Tu lo sai, mi disse, perché conosci il Vangelo.
È stato tutto molto bello!
lo vivevo a Nazaret in Galilea e la mia vita era la vita di tutte le ragazze del popolo: lavoro, preghiera, povertà, molta povertà, gioia di vivere e soprattutto speranza nelle sorti di Israele.
Abitavo con Anna, mia madre, in una casetta molto semplice che aveva un cortile davanti ed un gran muro di cinta fatto apposta perché noi donne ci sentissimo in libertà ed intimità.
Lì sostavo sovente per lavorare e pregare. In me l'una e l'altra cosa si mescolavano ed ero piena di pace e di gioia.
Quel giorno ero sola nel piccolo cortile e una gran luce mi avvolgeva.
Pregavo, seduta su uno sgabello. Tenevo gli occhi socchiusi e sentivo una gioia invadermi tutta.
La luce aumentava ed io incominciai a socchiudere le palpebre che avevo chiuso per non restare abbacinata.
Ero contenta di lasciarmi riempire di quella luce. Mi pareva il segno della presenza di Dio che mi avvolgeva come un manto. Ad un tratto quella luce prese l'aspetto di un angelo. Ho sempre pensato agli angeli così come lo vidi in quel momento.
Tu sai com'è la questione della fede. Non sai mai se la visione è dentro o fuori.
È certamente dentro perché se fosse solo fuori potresti dubitare come fosse un'illusione.
Ma dentro l'illusione non c'è, è così, sai che è così: ne è testimone Dio.
lo stavo molto ferma per paura che tutto scomparisse.
E invece l'Angelo parlò. Anche qui: non sai mai se la voce la senti nell'orecchio o più in profondo.
Certamente in profondo perché se fosse solo nell'orecchio potresti illuderti.
La voce la senti là dove lo stesso Dio è il testimone.
E che ti disse?
Mi disse: Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
E tu che provasti?
È evidente che ne fui turbata. Era come se fossi visitata da cose troppo grandi per me e per la mia dimensione così piccola.
Tu puoi pensare alle cose di Dio con immenso desiderio ma quando ti toccano non puoi non spaventarti.
Difatti mi disse subito.
«Non temere, Maria» (Luca 1,30).
Mi feci coraggio perché la stessa frase l'avevo sentita alla Sinagoga quando si leggeva la storia di Abramo.
«Non temere, Abramo. lo sono il tuo scudo» (Genesi 15, 1).
Poi l'Angelo mi diede l'annuncio della maternità con poche parole ma così chiare che avevo l'impressione mi stessero nascendo dentro. Non mi era mai capitato di sentire parole come fossero avvenimenti.
Dimmi, Maria, sei stata colta di sorpresa? Non avevi mai pensato prima che tu... proprio tu...
Oh sì! Ci avevo pensato. Noi ragazze ebree non pensavamo ad altro. Sentivamo che i tempi erano quelli e quando pregavamo nella Sinagoga, l'aria era satura di attesa del Messia.
Che hai capito quando l'angelo ti disse che eri tu la scelta e che il Messia sarebbe nato da te?
Capii esattamente cosa voleva dirmi, e rimasi soltanto stupita della straordinarietà della cosa. Com'era possibile se io ero vergine?
L'Angelo mi spiegò le cose e mi fu facile accettarle perché mi sentivo immersa in Dio come in quella luce vivissima del mezzogiorno.
Confusamente capii anche che pasticci ce ne sarebbero stati, che non sarei riuscita a spiegarmi con mia madre, specialmente col mio fidanzato Giuseppe, ma non avrei potuto fermarmi tanta era forte la presa di Dio su di me e tanta era la certezza che mi veniva dalle parole dell'Angelo.
«Nulla è impossibile a Dio
nulla è impossibile a Dio
nulla è impossibile a Dio» (Luca 1,37). Adagio, adagio la luce diminuì e non vidi più l'Angelo.
Vidi mia madre Anna attraversare il cortile e mi venne voglia di parlarle, ma non ne fui capace perché non trovai le parole adatte.
Capii subito che non c'erano parole con cui potevo spiegare le cose.
Così nei giorni che seguirono, anzi, più andavo avanti e più diventavo silenziosa.

Fu più difficile il discorso con Giuseppe, mio fidanzato.
Tu sai come avvenivano le cose nelle nostre tribù. La sposa veniva promessa molto presto. Era come un patto tra famiglie.
Ma essendo così giovane la futura sposa continuava a vivere in famiglia in attesa della maturità.
Allora con grande festa, di notte, si compiva lo sposalizio e lo sposo accompagnato dai suoi amici veniva con tante luci e canti e gioia a prendere la sua sposa ed a condurla a casa. Da quel momento si era veramente sposati.
Quando l'Angelo mi apparve per annunciarmi la maternità, io ero ancora in casa. Ero stata promessa a Giuseppe ma non ero ancora andata ad abitare con lui.
Bastarono pochi mesi perché tutto divenisse complicato agli occhi degli uomini. lo non potevo nascondere la mia maternità e il mio ventre mi denunciava.
Capii allora cos' era la fede oscura, dolorosa.
Come potevo spiegarmi con mia madre?
Come potevo discutere col mio fidanzato Giuseppe?
Vissi tempi veramente dolorosi e l'unico conforto mi veniva nel ripetere: «Tutto è possibile a Dio, tutto è possibile a Dio».
Toccava a Lui spiegarsi ed io avevo tanta confidenza. Ma ciò non toglieva la mia sofferenza che in certi momenti mi straziava l'anima.
Come potevo trovare le parole per dire che quel bimbo che portavo in seno era il figlio dell'Altissimo?
Intanto non osavo più uscire di casa ed una volta vidi una vicina guardarmi da sopra il muro del cortile con evidente attenzione puritana.
Ci furono dei momenti terribili ed io tremai al pensiero di essere denunziata come adultera.
Ci voleva così poco. Bastava che Giuseppe andasse alla Sinagoga a spiegare la cosa e non gli sarebbero mancati gli zelanti che l'avrebbero seguito con le pietre per lapidarmi. Non era la prima volta che a Nazaret veniva uccisa un'adultera.
Ma è vero: «Dio può tutto». E si spiegò lui.
Si spiegò con Giuseppe per primo che mi disse di avere avuto un sogno veramente straordinario e che non aveva perduto la confidenza in me e che mi avrebbe sposata lo stesso.
Che gioia quando me lo disse!
Ma che paura avevo provato! Che oscurità!
Sì, il fatto mi aveva spiegato che la fede è di quella natura e che dobbiamo abituarci a vivere nell'oscurità.

Ci fu anche un fatto straordinario che alleviò le mie pene in quei mesi.
Tu sai che l'Angelo mi aveva dato un segno per aiutare la mia debolezza. Mi aveva detto che mia cugina Elisabetta era al sesto mese di una maternità straordinaria perché tutti noi della famiglia sapevamo che era sterile.
Dovevo andare a trovarla in Giudea ad Ain-Karim dove abitava.
Non mi feci pregare a partire.
L'idea venne a mia madre perché era preoccupata che la gente del paese mi vedesse con quel ventre grosso e non voleva dicerie.
Partii di notte, ma così contenta di allontanarmi da Nazaret dove c'erano troppi occhi indiscreti e non potevo raccontare a tutti le mie faccende.
Trovai mia cugina già vicina al parto e così felice, poverina! Aveva aspettato tanto un figlio!
Il Signore si era spiegato anche perché quando giunsi fu come se sapesse
tutto!
tutto!
tutto!
Si mise a cantare per la gioia ed io cantavo con lei.
Sembravamo due pazze, ma pazze di amore.
E c'era un terzo che sembrava impazzito di gioia.
Era il piccolino, il futuro Giovanni che danzava nel ventre di Elisabetta come per fare festa a Gesù che era nel mio.
Furono giorni indimenticabili.
Ma Elisabetta, che se ne intendeva di fede e di fede oscura e che aveva tanto sofferto nella vita, mi disse una cosa che mi fece piacere e che fu come il premio a tutta la mia solitudine di quei mesi.
«Beata te che hai creduto» (Luca 1,44). E me lo ripeteva tutte le volte che mi incontrava e mi toccava il ventre, come per toccare Gesù, il nuovo Mosè che stava per venire al mondo.

Il fuoco con cui avevo cotto il pane si stava spegnendo. La notte era già alta e mi sentii solo.
La presenza di Maria ora era nel rosario che avevo in mano e che mi invitava a pregare.
Sentivo freddo e mi avvolsi nel «bournous» (Mantello arabo di lana di pecora) che avevo con me.
L'oscurità divenne totale ma non avevo nessuna voglia di addormentarmi.
Volevo gustare la meditazione che Maria mi aveva regalata.
Soprattutto volevo entrare con dolcezza e forza nel mistero della fede, la vera, quella dolorosa, oscura, arida.
Oh no! Non è facile credere, è più facile ragionare.
Non è facile accettare il mistero che ti supera sempre e che ti allarga sempre i limiti della tua povertà.
Povera Maria!
Dover credere che quel bimbo che portava in seno era figlio dell'Altissimo. Sì, è stato semplice concepirlo nella carne, estremamente più impegnativo concepirlo nella fede! Quale cammino!
Eppure non ne esiste un altro. Non c'è altra scelta.
Vuoi tu, Maria, spaventata dal credere, tornare indietro, pensare che non è vero, che è inutile tentare, che è una illusione quella di un Dio che si fa uomo, che non c'è Messia di salvezza, che tutto è un caos, che sul mondo domina l'irrazionale, che sarà la morte a vincere sul traguardo e non la vita?
No!
Se credere è difficile, non credere è morte certa.
Se sperare contro ogni speranza è eroico, il non sperare è angoscia mortale.
Se amare ti costa il sangue, non amare è inferno.
Credo, Signore!
Credo perché voglio vivere.
Credo perché voglio salvare qualcuno che affoga: il mio popolo.
Credo perché quella del credere è l'unica risposta degna di te che sei il Trascendente, l'Infinito, il Creatore, la Salvezza, la Vita, la Luce, l'Amore, il Tutto.
Che cosa strana per non dire meravigliosa: appena ho detto con tutte le viscere la parola «credo» ho visto la notte farsi chiara.
Ora chiudo gli occhi perché è proprio lei la notte che mi abbaglia con la sua luce al di là di ogni luce.
Sì, nulla è più chiaro di questa notte oscura, nulla è più visibile dell'invisibile Dio, nulla è più vicino di questo infinitamente lontano, nulla è più piccolo di questo infinito Iddio.
Difatti è riuscito a stare nel tuo piccolo seno di donna, Maria, e tu l'hai potuto scaldare col tuo corpicino bello.
Maria! Sorella mia!
Beata te che hai creduto, ti dico stasera con entusiasmo, come te lo disse tua cugina Elisabetta, in quel vespero caldo ad AinKarim.

crederefedenataleincarnazioneMaria

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inviato da Qumran2, inserito il 09/12/2011

TESTO

17. Cari amici, vedo in voi le sentinelle del mattino   2

Giovanni Paolo II, Tor Vergata, 19 agosto 2000, XV Giornata Mondiale della Gioventù

Cari giovani,

questa sera vi consegnerò il Vangelo. E' il dono che il Papa vi lascia in questa veglia indimenticabile. La parola contenuta in esso è la parola di Gesù. Se l'ascolterete nel silenzio, nella preghiera, facendovi aiutare a comprenderla per la vostra vita dal consiglio saggio dei vostri sacerdoti ed educatori, allora incontrerete Cristo e lo seguirete, impegnando giorno dopo giorno la vita per lui!

In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è lui la bellezza che tanto vi attrae; è lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E' Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna.

Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in lui. Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la grazia del Signore vincono!

Cari amici, vedo in voi le "sentinelle del mattino" (cfr Is 21,11-12) in quest'alba del terzo millennio. Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la speranza cristiana, si sono poi rivelati veri e propri inferni. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti.

Cari giovani del secolo che inizia, dicendo «sì» a Cristo, voi dite «sì» ad ogni vostro più nobile ideale. Io prego perché Egli regni nei vostri cuori e nell'umanità del nuovo secolo e millennio. Non abbiate paura di affidarvi a lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione.

fedefiduciaGesùgiovaniimpegnoresponsabilitàidealisviluppopace

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inviato da Sandra Aral, inserito il 08/12/2009

TESTO

18. Beatitudini degli sposi   5

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3).
Beati voi coniugi, quando siete capaci di fare grandi rinunzie per amore dell'altro; beati voi, quando, consapevoli della vostra inadeguatezza di fronte ai problemi della vita, li deponete insieme ai piedi del Signore.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati (Mt 5,4).
Beati voi, quando la prova vi trova uniti, quando la preghiera comune diventa lo strumento per affrontarla, quando vi lasciate illuminare dallo Spirito per gioire e crescere nella conoscenza del progetto di Dio su di voi. La sua consolazione sarà la vostra forza.

Beati i miti, perché erediteranno la terra (Mt 5,5).
Beati voi, quando non date sfogo alla vostra aggressività, quando abbandonate il linguaggio prepotente dell'offesa e della rivendicazione dei meriti, del giudizio o della spartizione fredda dei compiti e assumete le vesti della mitezza inerme e generosa, della tenerezza ospitale e gratuita, del dono disarmato di voi stessi.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5,6).
Beati voi, quando vi lasciate guidare dalla Parola di Dio per distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è, quando lo insegnate ai vostri figli, quando desiderate che a tutto il mondo arrivi il messaggio di speranza contenuto nel Vangelo. Beati voi, quando la vostra vita diventa testimonianza viva della Parola che salva.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt 5,7).
Beati voi, quando avrete imparato a perdonarvi, ad accettarvi nella vostra debolezza e fragilità, beati voi, quando della crisi fate un momento di crescita personale e comune, quando la vostra riconciliazione diventa pedagogia d'amore per i vostri figli.

Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5,8).
Beati voi sposi, quando sgombrate gli occhi e la mente dalle lusinghe del mondo e guardate a ciò che è essenziale, cercandolo nella Parola di Dio. Beati voi, quando la Parola diventa stile di vita, quando vi riconosceranno discepoli di Cristo, pur restando in silenzio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9).
Beati voi, uniti nel Sacro Vincolo del Matrimonio, quando coltivate la pace nelle relazioni all'interno della vostra famiglia, beati voi quando, usciti fuori dell'appartamento, sentite insopprimibile il desiderio di creare ponti, di collegare cuori con l'infinita misericordia di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10).
Beati voi, quando decidete di andare contro corrente e rimanete sordi alle logiche del mondo. Beati voi, quando mostrate la bellezza del progetto di Dio sulla famiglia e lo sostenete con la tenacia e la forza che solo il Signore può dare. Beati voi quando, attaccati da ogni parte, continuate a mostrare la gioia del mattino di Pasqua.

matrimoniosposicoppiafamigliabeatitudini

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inviato da Antonietta, inserito il 08/12/2009

PREGHIERA

19. Crediamo nel tuo amore   2

Giovanni Paolo II, Le mie preghiere, a cura di Santino Spartà, Ed. Mondolibri

Padre misericordioso,
Signore della vita e della morte.
Il nostro destino è nelle tue mani.
Guardaci con bontà
e guida la nostra esistenza
con la tua Provvidenza,
piena di sapienza e di amore.
Ravviva in noi, o Signore,
la luce della fede
affinché accettiamo il mistero
di questo immenso dolore,
e crediamo che il tuo amore
sia più forte della morte.
Guarda, o Signore,
con bontà l'afflizione di coloro
che piangono la morte di persone care:
figli, padri, fratelli, parenti, amici.
Sentano essi la presenza di Cristo
che consolò la vedova di Naim
e le sorelle di Lazzaro,
perché egli è la risurrezione e la vita.
Trovino il conforto dello Spirito,
la ricchezza del tuo amore,
la speranza della tua provvidenza
che apre sentieri
di rinnovamento spirituale
e assicura a quelli che lo amano
un futuro migliore.
Aiutaci a imparare
da questo mistero di dolore
che siamo pellegrini sulla terra,
che dobbiamo essere sempre preparati,
perché la morte
può giungere all'improvviso.
Ricordaci che dobbiamo seminare sulla terra
ciò che raccoglieremo
moltiplicato nella gloria,
affinché viviamo, guardando sempre a te,
Padre e Giudice
dei vivi e dei morti,
che alla fine ci giudicherai nell'amore.
Ti ringraziamo, Padre,
perché nella fede
il dolore ci avvicina di più a te,
e in esso cresce la fratellanza e la solidarietà
di tutti coloro che aprono il cuore
al prossimo bisognoso.
Da questo luogo
che conserva i resti mortali
di tanti nostri fratelli
ascolta la nostra preghiera:
"Da' loro, o Signore,
il riposo eterno e risplenda
per essi la luce perpetua.
Riposino in pace.
E a noi che continuiamo a vivere,
pellegrini in questa valle di lagrime,
da' la speranza di riunirci a te,
nella tua casa paterna,
dove tuo Figlio Gesù
ci ha preparato un posto
e la Vergine Maria ci guida
verso la comunione dei Santi".
Amen.

defuntimortevitaeternità

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inviato da Giovanna Gioia, inserito il 11/06/2009

PREGHIERA

20. Preghiera al Volto Santo

Papa Benedetto XVI

Signore Gesù,
come già i primi apostoli,
ai quali dicesti: "Che cercate?",
ed accolsero il tuo invito: "Venite e vedrete",
riconoscendoti come il Figlio di Dio,
l'atteso e promesso Messia per la redenzione del mondo,
anche noi, discepoli tuoi di questo difficile tempo,
vogliamo seguirti ed esserti amici,
attratti dal fulgore del tuo volto desiderato e nascosto.
Mostraci, ti preghiamo, il tuo volto sempre nuovo,
misterioso specchio dell'infinita misericordia di Dio.
Lascia che lo contempliamo
con gli occhi della mente e del cuore:
volto del Figlio, irradiazione della gloria del Padre
e impronta della sua sostanza (cf Eb 1,3),
volto umano di Dio entrato nella storia
per svelare gli orizzonti dell'eternità.
Volto silenzioso di Gesù sofferente e risorto,
che amato ed accolto cambia il cuore e la vita.
"Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto" (Sal 27,8s).
Nel corso di secoli e millenni quante volte è risuonata
tra i credenti questa struggente invocazione del Salmista!
Signore, anche noi la ripetiamo con fede:
"Uomo dei dolori, davanti a cui ci si copre la faccia"(Is 53,3),
non nasconderci il tuo volto!
Vogliamo attingere dai tuoi occhi,
che ci guardano con tenerezza e compassione,
la forza di amore e di pace che ci indichi la strada della vita,
ed il coraggio di seguirti senza timori e compromessi,
per diventare testimoni del tuo Vangelo,
con gesti concreti di accoglienza, di amore e di perdono.
Volto Santo di Cristo,
luce che rischiara le tenebre del dubbio e della tristezza,
vita che ha sconfitto per sempre il potere del male e della morte,
sguardo misterioso
che non cessa di posarsi sugli uomini e i popoli,
volto celato nei segni eucaristici
e negli sguardi di coloro che ci vivono accanto,
rendici pellegrini di Dio in questo mondo,
assetati d'infinito e pronti all'incontro dell'ultimo giorno,
quando ti vedremo, Signore, "faccia a faccia" (1 Cor 13,12),
e potremo contemplarti in eterno nella gloria del Cielo.
Maria, Madre del Volto Santo,
aiutaci ad avere "mani innocenti e cuore puro",
mani illuminate dalla verità dell'amore
e cuori rapiti dalla bellezza divina,
perché, trasformati dall'incontro con Cristo,
ci doniamo senza riserve ai fratelli,
specialmente ai poveri e ai sofferenti,
nei cui volti riluce l'arcana presenza
del tuo Figlio Gesù,
che vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen!

presenza di Diovolto

inviato da Sandra Aral, inserito il 02/06/2009

TESTO

21. Lettera sulla preghiera   7

Bruno Forte, Messaggio per la Quaresima 2007

Mi chiedi: perché pregare? Ti rispondo: per vivere.

Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall'amore. Come la pianta che non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall'amore. Ora, l'amore nasce dall'incontro e vive dell'incontro con l'amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili, anzi l'amore al di là di ogni nostra definizione e di ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all'amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive, nel tempo e per l'eternità. E chi non prega? Chi non prega è a rischio di morire dentro, perché gli mancherà prima o poi l'aria per respirare, il calore per vivere, la luce per vedere, il nutrimento per crescere e la gioia per dare un senso alla vita.

Mi dici: ma io non so pregare! Mi chiedi: come pregare? Ti rispondo: comincia a dare un po' del tuo tempo a Dio. All'inizio, l'importante non sarà che questo tempo sia tanto, ma che Tu glielo dia fedelmente. Fissa tu stesso un tempo da dare ogni giorno al Signore, e daglielo fedelmente, ogni giorno, quando senti di farlo e quando non lo senti. Cerca un luogo tranquillo, dove se possibile ci sia qualche segno che richiami la presenza di Dio (una croce, un'icona, la Bibbia, il Tabernacolo con la Presenza eucaristica...). Raccogliti in silenzio: invoca lo Spirito Santo, perché sia Lui a gridare in te "Abbà, Padre!". Porta a Dio il tuo cuore, anche se è in tumulto: non aver paura di dirGli tutto, non solo le tue difficoltà e il tuo dolore, il tuo peccato e la tua incredulità, ma anche la tua ribellione e la tua protesta, se le senti dentro.

Tutto questo, mettilo nelle mani di Dio: ricorda che Dio è Padre - Madre nell'amore, che tutto accoglie, tutto perdona, tutto illumina, tutto salva. Ascolta il Suo Silenzio: non pretendere di avere subito le risposte. Persevera. Come il profeta Elia, cammina nel deserto verso il monte di Dio: e quando ti sarai avvicinato a Lui, non cercarlo nel vento, nel terremoto o nel fuoco, in segni di forza o di grandezza, ma nella voce del silenzio sottile (cf. 1 Re 19,12). Non pretendere di afferrare Dio, ma lascia che Lui passi nella tua vita e nel tuo cuore, ti tocchi l'anima, e si faccia contemplare da te anche solo di spalle.

Ascolta la voce del Suo Silenzio. Ascolta la Sua Parola di vita: apri la Bibbia, meditala con amore, lascia che la parola di Gesù parli al cuore del tuo cuore; leggi i Salmi, dove troverai espresso tutto ciò che vorresti dire a Dio; ascolta gli apostoli e i profeti; innamorati delle storie dei Patriarchi e del popolo eletto e della chiesa nascente, dove incontrerai l'esperienza della vita vissuta nell'orizzonte dell'alleanza con Dio. E quando avrai ascoltato la Parola di Dio, cammina ancora a lungo nei sentieri del silenzio, lasciando che sia lo Spirito a unirti a Cristo, Parola eterna del Padre. Lascia che sia Dio Padre a plasmarti con tutte e due le Sue mani, il Verbo e lo Spirito Santo.

All'inizio, potrà sembrarti che il tempo per tutto questo sia troppo lungo, che non passi mai: persevera con umiltà, dando a Dio tutto il tempo che riesci a darGli, mai meno, però, di quanto hai stabilito di poterGli dare ogni giorno. Vedrai che di appuntamento in appuntamento la tua fedeltà sarà premiata, e ti accorgerai che piano piano il gusto della preghiera crescerà in te, e quello che all'inizio ti sembrava irraggiungibile, diventerà sempre più facile e bello. Capirai allora che ciò che conta non è avere risposte, ma mettersi a disposizione di Dio: e vedrai che quanto porterai nella preghiera sarà poco a poco trasfigurato.

Così, quando verrai a pregare col cuore in tumulto, se persevererai, ti accorgerai che dopo aver a lungo pregato non avrai trovato risposte alle tue domande, ma le stesse domande si saranno sciolte come neve al sole e nel tuo cuore entrerà una grande pace: la pace di essere nelle mani di Dio e di lasciarti condurre docilmente da Lui, dove Lui ha preparato per te. Allora, il tuo cuore fatto nuovo potrà cantare il cantico nuovo, e il "Magnificat" di Maria uscirà spontaneamente dalla tue labbra e sarà cantato dall'eloquenza silenziosa delle tue opere.

Sappi, tuttavia, che non mancheranno in tutto questo le difficoltà: a volte, non riuscirai a far tacere il chiasso che è intorno a te e in te; a volte sentirai la fatica o perfino il disgusto di metterti a pregare; a volte, la tua sensibilità scalpiterà, e qualunque atto ti sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a tempo "perso". Sentirai, infine, le tentazioni del Maligno, che cercherà in tutti i modi di separarti dal Signore, allontanandoti dalla preghiera. Non temere: le stesse prove che tu vivi le hanno vissute i santi prima di te, e spesso molto più pesanti delle tue. Tu continua solo ad avere fede. Persevera, resisti e ricorda che l'unica cosa che possiamo veramente dare a Dio è la prova della nostra fedeltà. Con la perseveranza salverai la tua preghiera, e la tua vita.

Verrà l'ora della "notte oscura", in cui tutto ti sembrerà arido e perfino assurdo nelle cose di Dio: non temere. È quella l'ora in cui a lottare con te è Dio stesso: rimuovi da te ogni peccato, con la confessione umile e sincera delle tue colpe e il perdono sacramentale; dona a Dio ancor più del tuo tempo; e lascia che la notte dei sensi e dello spirito diventi per te l'ora della partecipazione alla passione del Signore. A quel punto, sarà Gesù stesso a portare la tua croce e a condurti con sé verso la gioia di Pasqua. Non ti stupirai, allora, di considerare perfino amabile quella notte, perché la vedrai trasformata per te in notte d'amore, inondata dalla gioia della presenza dell'Amato, ripiena del profumo di Cristo, luminosa della luce di Pasqua.

Non avere paura, dunque, delle prove e delle difficoltà nella preghiera: ricorda solo che Dio è fedele e non ti darà mai una prova senza darti la via d'uscita e non ti esporrà mai a una tentazione senza darti la forza per sopportarla e vincerla. Lasciati amare da Dio: come una goccia d'acqua che evapora sotto i raggi del sole e sale in alto e ritorna alla terra come pioggia feconda o rugiada consolatrice, così lascia che tutto il tuo essere sia lavorato da Dio, plasmato dall'amore dei Tre, assorbito in Loro e restituito alla storia come dono fecondo. Lascia che la preghiera faccia crescere in te la libertà da ogni paura, il coraggio e l'audacia dell'amore, la fedeltà alle persone che Dio ti ha affidato e alle situazioni in cui ti ha messo, senza cercare evasioni o consolazioni a buon mercato. Impara, pregando, a vivere la pazienza di attendere i tempi di Dio, che non sono i nostri tempi, ed a seguire le vie di Dio, che tanto spesso non sono le nostre vie.

Un dono particolare che la fedeltà nella preghiera ti darà è l'amore agli altri e il senso della chiesa: più preghi, più sentirai misericordia per tutti, più vorrai aiutare chi soffre, più avrai fame e sete di giustizia per tutti, specie per i più poveri e deboli, più accetterai di farti carico del peccato altrui per completare in te ciò che manca alla passione di Cristo a vantaggio del Suo corpo, la chiesa. Pregando, sentirai come è bello essere nella barca di Pietro, solidale con tutti, docile alla guida dei pastori, sostenuto dalla preghiera di tutti, pronto a servire gli altri con gratuità, senza nulla chiedere in cambio. Pregando sentirai crescere in te la passione per l'unità del corpo di Cristo e di tutta la famiglia umana. La preghiera è la scuola dell'amore, perché è in essa che puoi riconoscerti infinitamente amato e nascere sempre di nuovo alla generosità che prende l'iniziativa del perdono e del dono senza calcolo, al di là di ogni misura di stanchezza.

Pregando, s'impara a pregare, e si gustano i frutti dello Spirito che fanno vera e bella la vita: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22). Pregando, si diventa amore, e la vita acquista il senso e la bellezza per cui è stata voluta da Dio. Pregando, si avverte sempre più l'urgenza di portare il Vangelo a tutti, fino agli estremi confini della terra. Pregando, si scoprono gli infiniti doni dell'Amato e si impara sempre di più a rendere grazie a Lui in ogni cosa. Pregando, si vive. Pregando, si ama. Pregando, si loda. E la lode è la gioia e la pace più grande del nostro cuore inquieto, nel tempo e per l'eternità.

Se dovessi, allora, augurarti il dono più bello, se volessi chiederlo per te a Dio, non esiterei a domandarGli il dono della preghiera. Glielo chiedo: e tu non esitare a chiederlo a Dio per me. E per te. La pace del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con te. E tu in loro: perché pregando entrerai nel cuore di Dio, nascosto con Cristo in Lui, avvolto dal Loro amore eterno, fedele e sempre nuovo. Ormai lo sai: chi prega con Gesù e in Lui, chi prega Gesù o il Padre di Gesù o invoca il Suo Spirito, non prega un Dio generico e lontano, ma prega in Dio, nello Spirito, per il Figlio il Padre. E dal Padre, per mezzo di Gesù, nel soffio divino dello Spirito, riceverà ogni dono perfetto, a lui adatto e per lui da sempre preparato e desiderato. Il dono che ci aspetta. Che ti aspetta.

preghierapregare

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inviato da Qumran2, inserito il 30/04/2009

PREGHIERA

22. Preghiera per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2009

suor Nadia Bonaldo

O Trinità santa,
Padre, Figlio e Spirito santo,
che ti manifesti nel mondo
come Dio della comunicazione e della comunione,
noi ti adoriamo, ti benediciamo
e ti riconosciamo presente e operante
nell'oggi della nostra storia.

Innestati in te,
fonte di ogni creatività dell'ingegno umano,
aiutaci a mantenere vivo
il desiderio di connessione gli uni con gli altri,
a intessere con tutti
relazioni sempre più profonde e durature
per promuovere la pace e la giustizia
il rispetto della vita e il bene della creazione.

Partecipando in tempo reale,
a eventi che accadono lontano,
a situazioni che scuotono la nostra coscienza,
fa' che diveniamo più umani, misericordiosi e solidali,
senza dimenticarci quelli di casa,
le persone che incontriamo sul lavoro,
i compagni di scuola, gli amici del tempo libero.

Donaci il coraggio e la forza
di non ricercare e non condividere
parole, immagini, musica e video
che possono offendere
il valore e la dignità dell'essere umano,
e di cestinare, senza indugio, tutto ciò
che alimenta odio, violenza, intolleranza.

Fa' che non cadiamo nell'inganno
di quanti ci vorrebbero ingenui consumatori,
in un mercato di possibilità indifferenti,
dove la scelta in se stessa diviene il bene,
la novità si contrabbanda come bellezza ,
l'esperienza soggettiva soppianta la verità.
La nostra sete di rispetto, dialogo e amicizia,
o Padre,
sia fondata sulla ricerca sincera e reciproca
del vero, del bene e del bello,
dove ognuno possa ritrovare
pienezza di vita,
felicità e gioia duratura.

O Trinità santa,
sii tu la dimora di ogni cuore
che accede e fruisce dei mondi virtuali
affinché possiamo navigare nelle nuove reti digitali,
con cuore semplice e sguardo trasparente,
intelligenza aperta e coscienza illuminata
e realizzare il tuo sogno:
fare dell'intera umanità
un'unica famiglia.
A te la nostra lode
ora e sempre, nei secoli dei secoli.
Amen.

comunicazioneinternetmediafacebook

inviato da Qumran2, inserito il 28/04/2009

TESTO

23. Un pieno di gioia (Messaggio in occasione dell'inizio della Quaresima - 22 febbraio 1993)   1

Tonino Bello

Carissimi,

incomincia il periodo dell'anno più ricco di grazia, che dal Mercoledì delle Ceneri ci porta alla Pasqua della Resurrezione. Dovrebbe essere l'identikit del nostro itinerario cristiano.

Si parte con l'anima piena di rimorsi, di peccati e di stanchezza e si giunge nell'estuario della luce e della speranza. Perché tutti sappiamo che il dolore, la morte, la malattia non sono stagioni permanenti della vita, ma sono passaggi che ci introducono nella gioia che non ha tramonti.

La mia esortazione quindi, di amico e di vescovo, è che affrontiate sin dall'inizio, con animo deciso al cambiamento, questo tempo di salvezza.

Perché non progettate un po' di digiuno, un po' di preghiera in più, semplice e autentica che vi metta in rapporto vero con Dio? Gli altri atteggiamenti penitenziali propri della quaresima potrebbero esprimersi rinnovando i rapporti con le persone, riscoprendone il volto, facendo la pace. Tutto il resto è chiacchiera.

Un capitale grossissimo da investire sul versante della nostra crescita comunitaria è quello che ci viene offerto dai nostri sofferenti.

Sabato prossimo celebreremo la giornata Diocesana dell'ammalato. E io mi rivolgo a voi, protagonisti del mistero della sofferenza, perché facciate un grande offertorio della vostra povertà. Siamo in tanti. Stavolta ci sono in mezzo anch'io e guiderò il popolo della sofferenza davanti al Signore perché egli dia prosperità e pace alla nostra città.

E ora desidero rivolgermi ai giovani. Ogni anno in quaresima abbiamo vissuto nelle nostre cattedrali incontri carichi di forza e di entusiasmo. Anche quest'anno, nonostante la mia non presenza fisica, v'incontrerete ugualmente guidati da persone che hanno fatto esperienza di Cristo. Sono certo che il bisogno di vedere il volto di Dio e ascoltarne il messaggio, prevalga su tutte le altre gratificazioni di amicizia, d'incontro, di tenerezza, di festa che permeano questi nostri raduni settimanali. Comunque, cari giovani, un affettuosissimo saluto ed un augurio per tutte le cose belle, i progetti, gli affetti che coltivate nel cuore.

Per tutti voi, carissimi fedeli, il Signore faccia il pieno già in anticipo della gioia che si sprigionerà dagli otri della Pasqua.

quaresimamercoledì delle cenericonversione

inviato da Sandra Aral, inserito il 12/03/2009

PREGHIERA

24. Preghiera dell'Uomo

meditazione personale

...quando riesco a fare silenzio dentro di me,
quando spengo gli effimeri rumori del mondo,
le banalità e le volgarità del nostro tempo,
buffi nani che vogliono fare i giganti,
mostri di indifferenza e di potere
che uccidono la speranza

quando li faccio tutti tacere...
e piego anche il mio corpo al tuo silenzio...
sento la tua voce... e imbevuto di pace
lascio che il tuo spirito mi impregni

...sottile e potente,
spirito leggero e profumato
di gioia, di speranza, di certezza, di vita.

Mi hai chiamato e formato,
vivente dalla materia inerte,
traendomi dalla profondità dei millenni
per un progetto nuovo, unico... il mio progetto.

Vedo la strada da percorrere,
vedo che tornerò alla materia
dopo un tempo infinitesimo per l'universo,
ma immenso per me, il mio tempo.

Sento che il mio essere partecipa
al tuo progetto globale per l'universo,
con la sua gioia, il suo dolore, la sua speranza

Apri la mia mente a questo disegno,
Tu che in forza di questa tensione creatrice sei in me,
spiega le ali della tua grande Forza,
che so essere Amore,
sulla mia volontà, sui miei sentimenti,
sulla mia intelligenza, sul mio essere tutto,
per tendere sempre a Te in ogni angolo del creato
ed in ogni anfratto del tempo,
per scovare la tua scintilla in ogni creatura.

Il peso del mio egoismo e l'inerzia del piacere
non mi facciano ripiombare disintegrato
nel Molteplice indifferenziato
senza avere contribuito
ad amplificare il Tuo amore sul mondo,
per avvicinarmi con tutto il Creato alla meta finale:
Cristo redentore che hai rivelato come Tuo Figlio.

Gesù di Nazareth che laceriamo ogni giorno
Come allora i giudei sul calvario,
con il cieco orgoglio di sapere... ove è il bene e ove è il male.

Gesù che ha fuso sulla croce i dolori e la caducità del mondo
per riscattarli con la promessa della Resurrezione
che mi attende
per accogliermi nella sua grande luce,
in un unico Tempo.

tempoamoreresponsabilitàimpegnointerioritàcompitovocazione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Lorenzo De Francesco, inserito il 01/05/2007

ESPERIENZA

25. Jacques Fesch: la drammatica storia di un giovane moderno   1

Chi è Jacques Fesch? E' un giovane moderno, che a 24 anni commette un terribile delitto, epilogo di una vita vuota e senza ideali, piena di egoismo e di capricci. Ecco una veloce cronaca del delitto. Il 24 febbraio 1954 Jacques entra al mattino nel negozio di un cambiavalute e ordina un quantitativo d'oro. L'uomo si fida perché sa che alle spalle del giovane c'è un opadre facoltoso che può pagare. Nel pomeriggio dello stesso giorno Jacquaes torna per prelevare l'oro e approfittando di un momento di disattenzione del cambiavalute lo colpisce alla testa con il calcio della pistola del padre. Il cambiavalute reagisce urlando. Jacques fugge e si nasconde in un palazzo vicino fino a che è riconosciuto da un polizziotto accorso sul posto. All'ingiunzione di fermarsi Jacques spara e uccide l'agente di polizia. Intervengono poi altri agenti che lo catturano.

Perché questo delitto assurdo? Jacques voleva aprire una propria attività e chiede un grosso prestito al padre che glielo rifiuta. Sa che il figlio ha le mani bucate! Allora Jacques decide di compiere una rapina: di procurarsi i soldi con l'inganno.

Che cosa accade in carcere? Viene raggiunto dal cappellano ma egli lo rifiuta dicendo: "Io non ho la fede e non ho bisogno di lei!". Passano i giorni, chiuso tra quattro pareti, solo con la sua disperazione. Ma una notte: "Era una sera, nella mia cella... Nonostante tutte le catastrofi che da alcuni mesi si erano abbattute sulla mia testa, io restavo ateo. Ora quella sera, ero a letto con gli occhi aperti e soffrivo realmente per la prima volta nella mia vita per le conseguenze del mio delitto; ed è allora che un grido mi scaturì dal petto, un appello di soccorso: "Mio Dio, Mio Dio aiutami!". E instantaneamente, come un vento violento, che passa senza che si sappia dove viene, lo Spirito del Signore mi prese alla gola! Ho creduto e non capivo più come avessi fatto prima a non credere. La grazia mi ha visitato e una grande gioia s'è impossessata di me e soprattutto una grande pace". Quella notte Jacques udì una voce che gli diceva: "Tu ricevi le grazie della tua morte!". Una frase per lui incomprensibile, il cui senso capirà più tardi.

Inizia una nuova vita in Cristo. Il cambiamento di questo giovane è qualche cosa di straordinario: è una testimonianza di quanto Dio può operare. "Ora veramente ho la certezza di cominciare a vivere per la prima volta. Ho la pace e ho dato un senso alla mia vita, mentre prima non ero che un uomo morto!". Jacques organizza la vita in prigione come la vita in un monastero: si dà un orario per la preghiera, legge libri religiosi e la Bibbia, scrive lettere per dare conforto ai suoi famigliari, che stanno vivendo una grossa crisi, vuole soprattutto poter vivere per riparare il male fatto.

Arriva il giorno del processo: il 3 aprile 1957 si apre il processo che si conclude con la sua condanna a morte. In quel momento capisce la frase: "Tu ricevi le grazie della tua morte!". Jacques dopo un iniziale smarrimento vive la sentenza e la condanna come una vocazione ad amare fino in fondo la croce di Gesù. Egli desidera prepararsi spiritulamente alla sua morte e desidera salutare da vero cristiano tutti coloro che lo hanno amato e coloro a cui ha fatto del male. Scrive alla moglie e alla sua piccola figlia di 6 anni, si mette in contatto, tramite il suo avvocato anche con la famiglia del gendarme che lui ha ucciso per chiedere il perdono. Nonostante il grande cambiamento di vita che stupisce lo stesso presidente della Repubblica a cui era stata inoltrata la domanda di grazia, la sentenza viene confermata per il 30 settembre.

Le ultime ore: l'attesa dell'incontro con Gesù. "Ancora soltanto qualche ora di lotta, prima di conoscere Colui che è l'Amore. Oggi sarò in cielo. Cara mamma, innanzi tutto ti devo dire un grosso grazie per tutto l'amore di cui mi hai circondato in questi ultimi mesi... Tu sai che Gesù ha detto nel suo vangelo: Ero carcerato e siete venuti a visitarmi. Con queste righe io ti affido la mia bambina e mia moglie. Proteggile assiduamente. Amale in Dio e sii certa che di lassù io vi proteggerò e veglierò su di voi...". Alle 5,30 del mattino del 30 settembre le guardie carcerarie che sono veute a prenderlo per l'esecuzione capitale, lo trovano in ginocchio e in preghiera accanto al letto rifatto. Si confessa e riceve l'Eucarestia. Abbraccia il crocefisso e si avvia verso la ghigliottina... Le ultime sue parole: "Signore non abbandonarmi, io confido in te!".

confessioneconversionecambiare vitapeccatomisericordia di Dio

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 13/12/2005

TESTO

26. Il Segno della Croce

Matteo Salvatti

Che dono, che grande dono, il Segno della Croce! Non dovremmo mai stancarci di ringraziare il Signore per questo gesto di amore verso di noi. Un dono eterno, che mai si esaurisce e che sempre possiamo sfruttare a nostro beneficio.

Con il segno della santa croce noi veniamo inglobati, subito, all'istante, nel grande vortice del paradiso. Siamo già in paradiso, siamo già con Lui! Non c'è istante della vita in cui non possa essere composta questa melodia del cielo. Non c'è problema che non sia immediatamente alleviato da quel gesto. Un gesto universale, perché non esiste preghiera tanto semplice e tanto bella. Una preghiera così universale che ingloba tutti, che si esprime con il solo linguaggio dell'amore, che travalica, supera ogni lingua, così che davanti a quel gesto tutte le nazioni, tutti i continenti si scoprono davvero fratelli.Ogni volta che tracciamo il segno della croce su di noi, ci tocchiamo prima il capo: simbolo della ragione, perché la ragione è essenziale per giungere a Dio, la cui conoscenza non è gioco cieco, avventura spericolata. Poi ci tocchiamo il cuore, perché la fede è l'amore, è l'amore di Dio, è il Suo dono gratuito, senza il quale non possiamo credere, è fondamentale la sua grazia. E infine ci tocchiamo le spalle, perché è il nostro corpo, la nostra responsabilità, la nostra singolarità di persone che alla fine deve accettare Dio. Ognuno lo deve accettare singolarmente, con una adesione personale.

Ma il segno della croce non testimonia solo la fede: il segno della croce testimonia anche la carità. Noi ci tocchiamo il capo, perché dobbiamo conoscere Dio con le parole, tramite la Sua rivelazione, tramite la Sua parola rivelata, ma ci tocchiamo anche il cuore, perché poi dobbiamo saper meditare, come Maria, tutto nell'amore, e infine ci tocchiamo per due volte le spalle: perché tutto deve trasformarsi in carità operosa, altrimenti tutto diventa sterile.

Il segno della santa croce: tracciamo su di noi il segno della croce di Gesù, il vessillo glorioso, la nostra salvezza. Con quel gesto noi abbracciando noi stessi con le nostre stesse braccia abbracciamo Gesù e ci doniamo completamente e totalmente a Lui, accettiamo apertamente la Sua Croce.

Il segno della Santa Croce: l'orgoglio dei cristiani: quel gesto da compiere tutti i giorni, più volte al giorno, in tutte le circostanze. Anche quando la malattia impedisce la parola o neppure ci si può alzare dal letto, quel gesto fatto con fede quanta pace dona, quanta gioia, quanti miracoli ottiene!

crocesegno di croce

inviato da Matteo Salvatti, inserito il 09/12/2005

PREGHIERA

27. Preghiera del sacerdote la domenica sera   3

Michel Quoist, Preghiere

Signore, stasera, sono solo.
A poco a poco, i rumori si sono spenti nella chiesa,
le persone se ne sono andate,
ed io sono rientrato in casa,
solo.

Ho incontrato la gente che tornava da passeggio.
Sono passato davanti al cinema che sfornava la sua porzione di folla.
Ho costeggiato le terrazze dei caffè, in cui i passanti,
stanchi, cercavano di prolungare la gioia di vivere una domenica di festa.
Ho urtato i bambini che giocavano sul marciapiede,
i bambini o Signore,
i bambini degli altri, che non saranno mai i miei.

Eccomi, Signore
solo.
Il silenzio mi incomoda,
la solitudine mi opprime.

Signore, ho 35 anni,
un corpo fatto come gli altri,
braccia nuove per il lavoro,
un cuore riservato all'amore,
ma ti ho donato tutto.
È vero, tu ne avevi bisogno.
Io ti ho dato tutto ma è duro, o Signore.

È duro dare il proprio corpo: vorrebbe darsi ad altri.
È duro amare tutti e non serbare alcuno.
È duro stringere una mano senza volerla trattenere.
È duro far nascere un'affetto, ma per donarlo a Te.
È duro non essere niente perper esser tutto per loro.
È duro essere come gli altri, fra gli altri, ed esser un'altra.
È duro dare sempre senza cercare di ricevere.
È duro andare incontro agli altri, senza che mai qualcuno ti venga incontro.
È duro soffrire per i peccati degli altri, senza poter rifiutare di accoglierli e portarli.
È duro ricevere i segreti, senza poterli condividere.
È duro sempre trascinare gli altri e non mai potere, anche solo un'istante, farsi trascinare.
È duro sostenere i deboli senza potersi appoggiare ad uno forte
È duro essere solo,
solo davanti a tutti,
Solo davanti al Mondo.
Solo davanti alla sofferenza,
alla morte,
al peccato.

Figlio, non sei solo,
io sono con te,
Sono te.
Perché avevo bisgono di un'umanità in più
per continuare la Mia Incarnazione e la Mia Redenzione.
Dall'eternità Io ti ho scelto,
ho bisogno di te.

Ho bisogno delle tue mani per continuare a benedire,
Ho bisogno delle tue labbra per continuare a parlare,
Ho bisogno del tuo corpo per continuare a soffrire,
Ho bisogno del tuo cuore per continuare ad amare,
Ho bisogno di te per continuare a salvare,
Resta con Me, Figlio mio.

Eccomi, Signore;
ecco il mio corpo,
ecco il mio cuore,
ecco la mia anima.
Concedimi d'essere tanto grande da raggiungere il Mondo,
tanto forte da poterlo portare,
tanto puro da abbracciarlo senza volerlo tenere.
Concedimi d'essere terreno d'incontro,
ma terreno di passaggio,
strada che non ferma a sé,
perché non vi è nulla di umano da cogliervi
che non conduca a te.

Signore, stasera, mentre tutto tace e nel mio cuore sento
duramente questo morso della solitudine,
mentre il mio corpo urla a lungo la sua fame di piacere,
mentre gli uomini mi divorano l'anima ed io mi sento incapace di saziarli,
mentre sulle mie spalle il mondo intero pesa con tutto il suo peso di miseria e di peccato,
io ti ripeto il mio sì, non in una risata, ma lentamente, lucidamente, umilmente.
Solo, o Signore davanti a te,
nella pace della sera.

I fedeli sono esigenti verso il loro prete. Hanno ragione. Ma devono sapere che è duro essere prete. Chi si è donato nella piena generosità della sua giovinezza rimane un uomo, ed ogni giorno in lui l'uomo cerca di riprendere quel che ha donato. È una lotta continua per restare totalmente disponibile al Cristo e agli altri.

Il prete non ha bisogno di complimenti o di regali imbarazzanti: ha bisogno che i cristiani, di cui ha in modo speciale la cura, amando sempre più i loro fratelli, gli provino che non ha dato invano la sua vita. E poiché rimane un uomo, può aver bisogno una volta d'un gesto delicato di amicizia disinteressata... una domenica sera in cui è solo.

Seguitemi ed io vi farò pescatori di uomini. (Mc 1,17)
Non voi avete scelto me, ma io ho sceto voi e vi ho destinati ada ndare a portare frutto, un frutto che rimanga. (Gv 15,16)
Dimentico del cammino percorso, mi protendo in avanti, corro verso la meta, per conseguire lassù il premio della vocazione di Dio nel Cristo Gesù. (Fil 3,13-14)

sacerdoziopretesacerdotesolitudineoffertà di sédonazione

inviato da Anna Barbi, inserito il 27/07/2004

ESPERIENZA

28. Il mio cammino con Gesù crocifisso e abbandonato

E.l.

E' iniziato così il mio cammino con Gesù Crocifisso e abbandonato.

Ero seduta di fronte al mio neurologo che con il volto preoccupato leggeva i risultati degli accertamenti da me eseguiti perché da tempo avevo dei proplemi alla vista e alle articolazioni, tanto da non riuscire a camminare bene. Mi aveva accompagnato una mia carissima amica.

Il neurologo mi guardava e comincia a parlare con termini medici a me poco chiari. Allora lo interrompo e gli dico: "Senti, parlami chiaramente, non ho problemi ad accettare qualunque sia la diagnosi". Mi guarda ancora quasi impacciato e mi dice: "Purtroppo è una forma di sclerosi multipla".

La mia amica rimane quasi senza respiro, io non faccio certo salti di gioia, ma in quel momento guardo un piccolo crocifisso posto nel muro dietro la scrivania del dottore. Non ascolto più le sue parole, il mio dialogo è con Gesù crocifisso e abbandonato che in quel momento mi chiama a condividere con Lui la croce della sofferenza, come il Cireno che sulla strada del Calvario prende la croce di Gesù.

Quella sera non dissi niente a mia figlia e mio marito, ma ho preso il Vangelo e leggo il discorso della montagna che Gesù fa alla folla e dice: "...beati i poveri, beati gli afflitti, beati gli operatori di pace, beati i poveri di spirito perché di loro sarà il regno de cieli...". Con quete parole ho messo nelle mani di Gesù le mie preoccupazioni, la mia sofferenza e la croce è diventata "un giogo leggero e soave" perché Gesù dice ancora: "venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò".

Questo dialogo con Gesù scaturisce dalla preghiera e meditazione della sua Parola, mi aiuta a liberare lo spirito da ogni cosa che mi impedisce di entrare in comunione con il Padre sempre pronto ad ascoltarci e risollevarci. L'apostolo Luca nella prima domenica di avvento ci dice "vegliate e pregate, alzate il capo non lasciatevi appessantire dagli eventi della vita". Ma gettiamo ogni preoccupazione nelle mani di Dio ed egli ci soleverà. Solo così si può accogliere Gesù che per amore nostro nasce nella povertà e umiltà, Dio mi ama e ci ama di un amore infinito, sono felice di averlo incontrato, in modo particolare, in questo momento di prova.

Ogni giorno offro a Lui la mia malattia, la mia sofferenza per tutti gli ammalati, chi si sente solo, i giovani, affinché possiamo riscoprire la tenerezza dell'amore di un Padre che non ci abbandona mai.

doloresofferenzacrocesacrificio

inviato da E.l., inserito il 22/12/2003

PREGHIERA

29. Preghiera per la pace

Carlo Maria Martini

O Dio nostro Padre, ricco di amore e di misericordia, noi vogliamo pregarti con fede per la pace, addolorati e umiliati come siamo a causa degli episodi di violenza che hanno insanguinato e insanguinano Gerusalemme, città il cui nome evoca subito il mistero di morte e di risurrezione del tuo Figlio, di Gesù che ha donato la sua vita per riconciliare ogni uomo e ogni donna di questo mondo con te, con se stessi, con tutti i fratelli. Città santa, città dell'incontro eppure città da sempre contesa, da sempre crocifissa e sulla quale il tuo Figlio, i profeti e i santi hanno invocato la pace.

Noi vogliamo pregarti con fede per la pace in tanti altri paesi del mondo, per i numerosi focolai di lotte e di odio; vogliamo pregarti per gli aggressori e per gli aggrediti, per gli uccisi e gli uccisori, per tutti i bambini che non hanno potuto conoscere il sorriso e la gioia della pace.

E' vero, Signore, che noi stessi siamo responsabili del venire meno della pace, e per questo ti supplichiamo di accogliere il nostro accorato pentimento, di donarci una volontà umile, forte, sincera per ricostruire nella nostra vita personale e comunitaria rapporti di verità, di giustizia, di libertà, di carità, di solidarietà. Ti confessiamo i nostri peccati personali e sociali: il nostro attaccamento al benessere, i nostri egoismi, le infedeltà e i tradimenti a livello familiare, la pigrizia e lo sciupio delle energie vitali per cose vane e frivole, dannose, il nostro voltare la faccia di fronte alle miserie di chi ci sta vicino o di chi viene da lontano. Vivendo così, non abbiamo forse pensato di renderci responsabili della distruzione di quell'edificio invisibile che è la pace. La pace terrestre è riflesso della tua pace che tu ci doni e ci affidi, nasce dal tuo amore per l'uomo e dal nostro amore per te e per tutti i fratelli.

Cambia il nostro cuore, Signore, perché siamo noi i primi ad avere bisogno di un cuore pacifico. Purificaci, per il mistero pasquale del tuo Figlio, da ogni fermento di ostilità, di partigianeria, di partito preso; purificaci da ogni antipatia, da ogni pregiudizio, da ogni desiderio di primeggiare.

Facci comprendere, o Padre, il senso profondo di una preghiera vera di pace, di una preghiera di intercessione e di espiazione simile a quella di Gesù su Gerusalemme. Preghiera di intercessione che ci renda capaci di non prendere posizione nei conflitti, ma di entrare nel cuore delle situazioni insanabili diventando solidali con entrambe le parti in contesa, pregando per l'una e per l'altra. Noi vogliamo abbracciare con amore tutte le parti in causa, fiduciosi soltanto nella tua divina potenza. Se noi preghiamo perché tu dia vittoria all'uno o all'altro, questa preghiera tu non l'ascolti; se ci mettiamo a giudicare l'uno o l'altro, la nostra supplica tu non l'ascolti.

Manda il tuo santo Spirito su di noi per convertirci a te! Non ci illudiamo di superare le nostre inquietudini interiori, i rancori che ci portiamo dentro verso un popolo o verso un altro se non lasciamo spazio allo Spirito di gioia e di pace che vuole pregare in noi con gemiti inenarrabili. E' lo Spirito che ci fa accogliere quella pace che sorpassa ogni nostra veduta e diventa decisione ferma e seria di amare tutti i nostri fratelli, in modo che la fiamma della pace risieda nei nostri cuori e nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità e si irradi misteriosamente sul mondo intero sospingendo tutti verso una piena comunione di pace. E' lo Spirito che ci aiuta a penetrare nella contemplazione del tuo Figlio crocifisso e morto sulla croce per fare di tutti un popolo solo.

E tu, Maria, Regina della pace, intercedi affinché il sorriso della pace risplenda su tanti bambini sparsi nelle varie parti del mondo, segnate dalla violenza e dalla guerriglia; veglia sulla tua terra, su Gerusalemme, suscita nei suoi abitanti desideri profondi e costruttivi di pace, desideri di giustizia e di verità. Noi ti promettiamo di non temere le difficoltà e i momenti oscuri e difficili, purché tutta l'umanità cammini nella pace e nella giustizia, così che si avveri pienamente la parola del profeta Isaia: "Ho visto le vostre vie e voglio sanarle [...] Pace, pace ai lontani e ai vicini, dice il Signore, io guarirò tutti".

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inviato da Gianmarco Marzocchini, inserito il 01/04/2003

RACCONTO

30. La vecchietta che aspettava Dio   9

Bruno Ferrero

La vita di ognuno di noi è intessuta di attese. Si tratta di una esperienza importante e di grande valore educativo. Consapevole di ciò, la Chiesa ha fissato un tempo per ravvivare questo 'stato' fondamentale nella vita del cristiano: il tempo dell'Avvento. La storia sottolinea che Dio è sempre sorprendente... è possibile incontrarlo in tanti modi, ma in modo particolare nelle persone che ci avvicinano tutti i giorni.

C'era una volta un'anziana signora che passava in pia preghiera molte ore della giornata. Un giorno sentì la voce di Dio che le diceva: "Oggi verrò a farti visita". Figuratevi la gioia e l'orgoglio della vecchietta. Cominciò a pulire e lucidare, impastare e infornare dolci. Poi indossò il vestito più bello e si mise ad aspettare l'arrivo di Dio.

Dopo un po', qualcuno bussò alla porta. La vecchietta corse ad aprire. Ma era solo la sua vicina di casa che le chiedeva in prestito un pizzico di sale. La vecchietta la spinse via: "Per amore di Dio, vattene subito, non ho proprio tempo per queste stupidaggini! Sto aspettando Dio, nella mia casa! Vai via!". E sbattè la porta in faccia alla mortificata vicina.

Qualche tempo dopo, bussarono di nuovo. La vecchietta si guardò allo specchio, si rassettò e corse ad aprire. Ma chi c'era? Un ragazzo infagottato in una giacca troppo larga che vendeva bottoni e saponette da quattro soldi. La vecchietta sbottò: "Io sto aspettando il buon Dio. Non ho proprio tempo. Torna un'altra volta!". E chiuse la porta sul naso del povero ragazzo.

Poco dopo bussarono nuovamente alla porta. La vecchietta aprì e si trovò davanti un vecchio cencioso e male in arnese. "Un pezzo di pane, gentile signora, anche raffermo... E se potesse lasciarmi riposare un momento qui sugli scalini della sua casa", implorò il povero.

"Ah, no! Lasciatemi in pace! Io sto aspettando Dio! E stia lontano dai miei scalini!" disse la vecchietta stizzita. Il povero se ne partì zoppicando e la vecchietta si dispose di nuovo ad aspettare Dio.

La giornata passò, ora dopo ora. Venne la sera e Dio non si era fatto vedere. La vecchietta era profondamente delusa. Alla fine si decise ad andare a letto. Stranamente si addormentò subito e cominciò a sognare. Le apparve in sogno il buon Dio che le disse: "Oggi, per tre volte sono venuto a visitarti, e per tre volte non mi hai ricevuto".

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inviato da Andrea Zamboni, inserito il 23/11/2002

TESTO

31. Buon Natale, tanti auguri... scomodi!

Tonino Bello

Non obbedirei al mio dovere di Vescovo, se vi dicessi "Buon Natale" senza darvi disturbo.
Io, invece, vi voglio infastidire.

Non posso, infatti, sopportare l'idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla "routine" di calendario. Mi lusinga, addirittura, l'ipotesi che qualcuno li possa respingere al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali. E vi conceda la forza di inventarvi un'esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla ove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che lo sterco degli uomini o il bidone della spazzatura o l'inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell'affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunziano la pace portino guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che, poco più lontano di una spanna con l'aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano i popoli allo sterminio per fame.

I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell'oscurità e la città dorme nell'indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere "una gran luce", dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell'edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

I pastori che vegliano nella notte, "facendo la guardia al gregge" e scrutando l'aurora, vi diano il senso della storia, l'ebbrezza delle attese, il gaudio dell'abbandono in Dio. E poi vi ispirino un desiderio profondo di vivere poveri: che poi è l'unico modo per morire ricchi.

Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

Nataleincarnazioneconversione

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 12/06/2002

ESPERIENZA

32. La messa si fa missione

padre Giovanni Dutto, Eucarestia, cuore della missione

Ad un giovane medico indiano, induista e profondamente religioso, venne offerta una borsa di studio per l'università di Roma: avrebbe potuto specializzarsi in chirurgia. Nella sua città non c'era nessun chirurgo. Egli ne fu felicissimo, evidentemente per la specializzazione, ma anche per un motivo religioso: avrebbe incontrato persone di altre religioni e avrebbe potuto pregare con loro. E' una nota culturale ed eclettica comune agli Indù. Per loro tutte le religioni sono ugualmente valide e tutte, per vie diverse, portano allo stesso fine. Nessuna religione può pretendere di essere l'unica vera e di conseguenza non ha senso convertirsi da una all'altra. La pensava così anche Gandhi, che ammirava Cristo e fece proprio il discorso della montagna, ma non pensò mai di divenire cristiano e condannò l'opera dei missionari cattolici. Si legge in un libro indù: "Il cristiano non deve diventare un indù, né un buddista. Un indù, o un buddista, non deve diventare un cristiano. Ognuno deve assimilare lo spirito altrui e conservare nel tempo stesso la propria individualità" (Vivekananda).

Durante il viaggio il nostro medico entrò nelle moschee e pregò con i musulmani. Incontrò gli ebrei e volle pregare con loro nelle sinagoghe. A Roma, si riprometteva di pregare anche con i cristiani. Non conosceva nulla del cristianesimo. Aveva intuito solo che i cristiani a volte si radunano in edifici particolarmente belli, per pregare insieme.

Fu così che una domenica si unì alla folla che entrava in S. Andrea della Valle. Era per la Messa, ma lui non la conosceva: era unicamente animato da una grande attenzione per poter pregare con i cristiani. Ad un certo momento vide tutti frugare nelle tasche e offrire del denaro, mentre una processione si mosse dal fondo della chiesa: venivano portati dei pani e dei vasi, che il sacerdote accolse ed elevò sull'altare con somma dignità. Pensò: "Si vede che i cristiani, quando pregano, donano qualche cosa".

Non aveva portato nulla con sé. Si sentì indotto a supplire con una preghiera: "Signore, lavorerò per i poveri".

Ora diventato chirurgo, è nella sua città natale, Madras, ed è il primario dell'ospedale. E' famoso per questo: non si concede tempo libero, e dopo il normale turno quotidiano si attarda ancora nel suo studio per ricevere i poveri, e li riceve gratuitamente!

Lo Spirito Santo aveva trovato la via aperta per comunicarsi a lui e ispirargli il dono di sé.

Questo medico insegna la partecipazione: a Messa non si va "come estranei o muti spettatori" (Sacrosanctum Concilium 47). Ma soprattutto insegna che la Messa si proietta sulla vita. Il medico induista non fu più quello di prima: quella Messa lo fece missionario dell'amore.

La Messa ci fa "sacrificio a Dio gradito", cioè persone nuove, toccate da Lui. La Messa ci ha chiamati, ci ha trasformati e ci invia. Messa e vita; Messa e missione, dunque!

L'esperienza dell'Eucarestia non si chiude alle spalle con le porte della chiesa dopo la celebrazione, ma "va'" in tutto il mondo. Ci è stato detto: "La Messa è finita". Il suo genuino significato è: "La Messa non è finita". "Si scioglie l'assemblea perché ognuno torni alle sue occupazioni lodando e benedicendo Dio".

La carica eucaristica è tale che riscopre il suo vero nome: missione.

E' la missione della pace, come suggerisce l'augurio liturgico: "andate in pace!".

EucaristiamissionetestimonianzasacrificioMessaoffertorio

5.0/5 (2 voti)

inviato da Stefania Raspo, inserito il 11/06/2002

RACCONTO

33. Date l'esempio!   2

C'era una volta un uomo che viveva una vita normale. Pensava di non essere stato cattivo, ma neppure di essere stato un santo. Un giorno Gesù toccò il suo cuore e quest'uomo lo accettò come suo Signore e Salvatore. Sentì tanta gioia che promise al Signore di parlare di Lui a tutte le persone che avrebbe incontrato e che avrebbe portato almeno 100 persone a questa cosa grande che aveva trovato. Ma quest'uomo subito si accorse che portare persone a Cristo non era una cosa facile da fare. La maggior parte dei suoi amici pensava che fosse impazzito e si allontanava da lui.

A volte voleva ritirarsi dalla sua promessa ma continuò a raccontare a chi gli era possibile della buona novella del vangelo e come lo aveva cambiato riempiendolo di tanta pace e gioia.

Poi un giorno quest'uomo morì e si trovò in una stanza, con tutte le cose che aveva fatto e detto durante la sua vita: tutte le cose cattive che aveva fatto, tutti i brutti pensieri che aveva avuto, ritornati a lui come un lampo in un momento di tempo. Poi vide una visione di sé, nel giorno in cui la salvezza l'aveva toccato, quando aveva promesso a Gesù che avrebbe portato a Lui almeno 100 persone. L'uomo cadde in ginocchio piangendo.

Allora Gesù si avvicinò a lui e gli disse: "Alzati figliolo e dimmi: perché piangi?". L'uomo rispose: "Signore ho commesso tutte queste cose terribili nella mia vita, e ti ho detto perfino bugie!". Il Signore lo guardò chiedendogli: "Quando mi hai detto bugie?". "Ti avevo promesso di portare 100 persone a te Signore. E anche se ho provato non sono riuscito a portarne nemmeno una alla salvezza! Non ho mantenuto la mia promessa e ho detto bugie a Te".

Allora Gesù gli sorrise, gli asciugò le lacrime sul viso, e gli disse: "Figliuolo, tu non hai rotto la tua promessa con me". "Ma Signore, non ho portato neanche una persona a te!!!". Gesù rispose: "Mio figliuolo, ti ricordi quel giorno quando ti sei seduto al ristorante e hai mangiato ringraziando il Padre per il cibo? C'era una donna seduta in quel ristorante, era malata di peccato. Anche se ho provato tante volte a toccare il suo cuore, lei mi aveva sempre ignorato. Pensava di ritornare a casa per togliere la vita a sé stessa e a quella dei suoi figliuoli. Ma questa signora ti ha visto pregare e le si è aperto il cuore. Una porta si aprì nel suo cuore e mi lasciò entrare. La signora andò a casa e invece di togliersi la vita accettò me chiedendomi di diventare il Signore della sua vita. Uno dei suoi bambini diventò un presbitero santo e guidò molte anime a me. Quindi mio figliuolo sii felice, tu hai mantenuto la tua promessa. Il tuo piccolo consistente atto di fede guidò non 100 ma 100.000 persone a me!".

L'uomo prese coraggio, ma ancora si sentiva colpevole: "Mio Dio, e tutte le altre cose brutte che ho fatto?". Gesù sorrise dicendo: "Ho pagato il prezzo io per te: vedi le mie mani e i miei piedi trafitti, il mio costato perforato, il mio capo grondante sangue per te, tutto il mio corpo flagellato? Tutti e due abbiamo mantenuto la promessa!".

Ricordiamoci che un nostro piccolo atto insignificante può toccare il cuore di altri fratelli, anche quando non ce ne accorgiamo.

Un sorriso, una dolce parola, una preghiera in pubblico, sono vie che portano luce e possono cambiare una vita.

quotidianitàtestimonianzaesempioconversionemissione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 02/06/2002

PREGHIERA

34. Preghiera di un uomo che ha sofferto molto

Lucien Jerphagnon

Signore, è ormai molto tempo che mi è stato inflitto l'ultimo colpo. Veniva dopo tanti altri...

Non ho più niente da perdere, o, per lo meno, ben poca cosa. Forse, verrà finalmente la pace?
Vorrei che venisse; dolcemente, come il sonno.

Fa', Signore, che non infastidisca mai gli altri con le mie pene. Dopo tutto, che importanza hanno, per loro, i miei dolori? Concedimi di non indignarmi mai, per il fatto che nulla di quanto mi ha ferito li commuove. E' normale. Come potrebbero comprendere?

Fa' che dopo tutto quello che ho sofferto, non trovi strano che nel mondo vi siano ancora fiori e raggi di sole. E delle famiglie unite e degli amori felici e delle convivenze serene. E dei fanciulli che vivono.
Salvami dall'imporre le mie miserie.

Signore, salvami dal frugare nel passato, e dal voler rivivere le ore dolorose di una vita ormai finita...

Salvami dal contemplare continuamente nel fondo di me stesso quei volti amati, quei sorrisi perduti, e tutta quella antica felicità, che ha durato una sola stagione.
Salvami dallo scrutare le mie miserie.

Signore, proteggimi anche dalla tenebrosa gioia della disperazione.

Fa' che non assomigli mai a quel vecchio re doloroso, nella tragedia di Shakespeare, che si incantava senza fine alla tempesta e al vento e a tutte le sventure che piombavano nella vita.
La mia sofferenza non ha un bel titolo di gloria.
Salvami dal cantare le mie pene.

Signore, rendimi calmo e staccato da tutto, ma senza indifferenza. Che io sia aperto e buono, maturato dalla sofferenza, pronto a dare agli altri quello che non ho avuto.

Non mi resta niente. A che cosa ancora mi potrei aggrappare? Eppure io vorrei che la gioia di ogni uomo trovasse come un'eco nel mio cuore purificato.

Piuttosto che soffrire senza utilità per nessuno e aggravare ulteriormente le tristezze del mondo, vorrei che da tutte le lacrime che ho versato, mi venisse il potere di comprendere gli altri, fino nell'intimo del loro essere, là dove sono veramente se stessi, là dove aspettano l'amore.

Vorrei che il mio dolore servisse a qualcosa.

E quando niente vi avrà consolato...
...dite:
«Padre nostro che sei nei cieli;
Sia santificato il tuo nome
Venga il tuo regno.
Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Rimetti a noi i nostri debiti,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori.
E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Amen».

solitudinesofferenzacrocedoloresolidarietàcompassione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Luca Mazzocco, inserito il 01/06/2002

TESTO

35. Credo in Te   1

Credo nell'amore perché in sé racchiude tutto il significato della nostra vita: nasciamo per amore, cresciamo nell'amore e siamo chiamati ad amare, in condivisione e comunione completa con i nostri fratelli, perché elevato fino a Dio l'amore può andare oltre i limiti dell'uomo.

Credo nell'altro perché è in chi mi sta accanto che ritrovo il tuo volto.

Credo nell'amicizia perché riconosco in essa un importante punto di riferimento che mi dà sicurezza, fiducia in me e negli altri, insegnandomi a crescere e a maturare.

Credo nella vita come grande dono che Dio ci ha concesso e con il quale possiamo realizzare quel progetto che lui ha posto in noi.

Credo nella preghiera perché ci permette di entrare in intimità con un amico sempre disponibile ad ascoltarci e confortarci; perché ci consente di elevarci fino a lui dimenticando tutto ciò che ci preoccupa ed affanna e perché in essa ritroviamo la forza per fare della nostra vita una grande esperienza d'amore.

Credo nell'intelligenza perché ci permette di affrontare con consapevolezza e responsabilità le scelte della vita.

Credo nella sincerità perché rende più puri e veri i nostri sentimenti.

Credo nella fiducia perché ci consente di non rimanere mai soli.

Credo nella felicità perché ci rende vivi e capaci di donare con spontaneità e senza pretese.

Credo nel rispetto poiché non siamo nati per giudicare o condannare, ma per imparare a crescere nella scoperta del grande valore che l'altro rappresenta per noi.

Credo nella vita eterna perché consente di superare il limite umano, la materialità, dando un senso ancora più profondo alla vita terrena.

Credo nella semplicità perché Dio ha scelto la semplicità del pane e del vino per essere sempre presente e vivo in mezzo a noi.

Credo nella conversione perché solo attraverso essa posso liberare la mia anima ed avvicinarmi a Dio privo di condizionamenti e nel totale appagamento.

Credo nel silenzio perché ci consente di superare la confusione delle parole, di riflettere, di capire, ascoltare e confortare meglio di quanto possa fare qualunque parola o qualunque orecchio.

Credo nella musica come modo di comunicare universale, diretto, spontaneo; la musica ci parla della nostra vita e ci dà l'opportunità di riflettere.

Credo nella volontà perché è grazie al desiderio e allo stimolo che Dio suscita nel cuore dell'uomo che egli riesce ad affrontare di tutto per poter, alla fine, raggiungere il suo scopo e trovare la piena felicità in esso.

Credo nella Verità poiché tutti noi abbiamo bisogno di sapere la verità; l'uomo ha sete di verità.

Credo nella gratuità perché nessuna ricompensa è più grande della gioia che sa donarci la felicità espressa dal sorriso di un volto amico.

Credo nella Provvidenza perché con essa in noi nulla ci può mancare anche quando non abbiamo niente.

Credo nel camposcuola come stimolo, spinta verso un cammino di crescita che ci fa forti nella fede e ci rende testimoni della Tua misteriosa e preziosa presenza.

Credo nella perfetta letizia, nel dono di Dio di perdonare e sentirsi perdonati. Un amore senza misura che riempie il cuore di gioia e dà il coraggio di affrontare la vita.

Credo nella libertà di essere se stessi perché ci rende unici, veri, autentici e liberi.

Credo nella pace perché è nella pace che si costruisce un mondo fatto d'amore, di felicità e di quella serenità che ci rende liberi pellegrini verso te, Signore.

Credo nel creato perché ovunque Lo sento: nelle montagne, nel cielo, nelle nuvole, nelle stelle, nel sole, nel vento... Tutto ci parla di Lui.
Credo in tutto questo perché credo in te.

regola di vitacredo

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inviato da Francesco G., inserito il 21/05/2002

TESTO

36. Amore   2

Kahlil Gibran, Il profeta

Quando l'amore vi fa cenno, seguitelo,
benché le sue strade siano aspre e scoscese.
E quando le sue ali vi avvolgono,
abbandonatevi a lui,
benché la spada che nasconde tra le penne possa ferirvi.
E quando vi parla, credetegli,
anche se la sua voce può mandare in frantumi i vostri sogni
come il vento del nord lascia spoglio il giardino.
Perché come l'amore vi incorona, così vi crocifigge.
E come per voi è maturazione, così è anche potatura.
E come sale alla vostra cima e accarezza i rami più teneri che fremono al sole,
così discenderà alle vostre radici che scuoterà dove si aggrappano con più forza alla terra.
Come fastelli di grano vi raccoglierà.
Vi batterà per denudarvi.
Vi passerà al crivello per liberarvi dalla pula.
Vi macinerà fino a farvi farina.
Vi impasterà fino a rendervi plasmabili.
E poi vi assegnerà al fuoco sacro,
perché possiate diventare pane sacro nei sacri conviti di Dio.
Tutto questo farà in voi l'amore,
affinché conosciate i segreti del cuore,
e in quella conoscenza diventiate un frammento del cuore della vita.
Ma se avrete paura, e cercherete soltanto la pace dell'amore
ed il piacere dell'amore,
allora è meglio che copriate le vostre nudità,
e passiate lontano dall'aia dell'amore,
nel mondo senza stagioni dove potrete ridere,
ma non tutto il vostro riso,
e piangere, ma non tutto il vostro pianto.
L'amore non dà nulla all'infuori di sé,
né prende nulla se non da se stesso.
L'amore non possiede né vuol essere posseduto,
perché l'amore basta all'amore.
Quando amate non dovreste dire: "Dio è nel mio cuore".
Ma, semmai, "sono nel cuore di Dio".
E non crediate di guidare il corso dell'amore,
poiché l'amore, se vi trova degni,
guiderà lui il vostro corso.
L'amore non desidera che il proprio compimento.
Ma se amate e quindi avete desideri,
i vostri desideri siano questi:
sciogliersi e farsi simili a un ruscello
che scorra e canti nella notte la sua melodia;
conoscere il martirio della troppa tenerezza;
esser feriti dal vostro proprio intendere l'amore;
e sanguinare di buon grado, gioiosamente;
svegliarsi all'alba con un cuore alato
e dire grazie a un nuovo giorno d'amore;
Riposare al pomeriggio e meditare sull'estasi amorosa,
tornare a casa con gratitudine la sera,
e addormentarsi con una preghiera per chi amate nel cuore,
e un canto di lode sulle labbra.

amore

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inviato da Cristiano Ciferri, inserito il 16/04/2002