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RACCONTO
21. La vita non ti strapperà mai tutte le corde 1
C'era una volta un grande violinista di nome Paganini. Alcuni dicevano che era strano. Altri che era angelico. Traeva dal suo violino note magiche. Una sera, il teatro dove doveva esibirsi era affollatissimo. Paganini fu accolto da un'ovazione. Il maestro impugnò il violino e cominciò a suonare nel silenzio assoluto. Brevi e semibrevi, crome e semicrome, ottave e trilli sembravano avere ali e volare al tocco delle sue mani. Improvvisamente, un suono diverso sospese l'estasi della platea. Una delle corde del violino di Paganini si ruppe. Il direttore si fermò. L'orchestra che accompagnava il violinista tacque. Il pubblico ammutolì. Ma Paganini non smise di suonare. Guardando la partitura, continuò a intessere melodie deliziose con il suo violino. Ma dopo qualche istante un'altra corda del violino si spezzò. Il direttore dell'orchestra si fermò. L'orchestra tacque nuovamente. Paganini non si fermò. Come se niente fosse, ignorò le difficoltà e continuò la sua deliziosa melodia. Il pubblico non si accorse di niente. Finché non saltò, con un irritante stridio, un'altra corda del violino. Tutti, attoniti, esclamarono: «Oh!». L'orchestra si bloccò. Il pubblico rimase con il fiato sospeso, ma Paganini continuò. L'archetto correva agile traendo suoni celestiali dall'unica corda che restava del violino. Neppure una nota della melodia fu dimenticata. L'orchestra si riprese e il pubblico divenne euforico per l'ammirazione. Paganini aggiunse altra gloria a quella che già lo circondava. Divenne il simbolo dell'uomo che sfida l'impossibile.
Libera il Paganini che c'è dentro di te. lo non so quali problemi ti affliggano. Può essere un problema personale, coniugale, familiare, non so che cosa stia demolendo la tua stima o il tuo lavoro. Una una cosa so: di sicuro non tutto è perduto. Esiste ancora, almeno, una corda e puoi continuare a suonare. Impara a scoprire che la vita ti lascerà sempre un'ultima corda. Quando sei sconfortato, non ti ritirare. È rimasta la corda della perseveranza intelligente, del «tentare ancora una volta». La vita non ti strapperà mai tutte le corde. È sempre la corda dimenticata quella che ti darà il miglior risultato: la tua fede, la tua forza interiore, la tua speranza, coloro che ti amano.
incidentiimprevistidiffIcoltàperseveranzapotenzialitàfedefiduciaottimismoresilienza
inviato da Qumran2, inserito il 16/02/2017
TESTO
Buon Natale a voi che avete ancora paura di Dio e lo temete come un giudice inappellabile. Egli invece viene come un bambino. Un bambino non giudica e non condanna; un bambino non può far paura, fa leva sull'amore, vive perché è amato; lo puoi rifiutare ma lui non ti rifiuterà mai.
Buon Natale a voi che avete abbandonato Dio e dite di aver perso la fede in lui. Anche se tu lo perdi, lui, Dio, non ti perde. Lui, Dio, non ha perso la fiducia in te, non è finita la sua speranza. Per questo nasce uomo, perché ha fede in ogni uomo e in tutta la nostra storia di santi e peccatori.
Buon Natale a tutti quelli che vivono in situazioni irregolari, dopo le ferite di amori finiti o lacerati. Voi siete come i pastori di Betlemme: considerati ai margini, fuori dalle regole, impuri, perché mangiavano senza lavarsi le mani, perché non andavano mai alla sinagoga, sempre dietro ai loro greggi.
Ebbene proprio voi siete i primi a ricevere la bella notizia dagli angeli, perché davanti a Dio non vale la legge, ma l'uomo; contano la carne e il cuore dell'uomo, non il ruolo o le regole, non l'etichetta religiosa. L'uomo guarda le apparenze, ma Dio guarda il cuore: guarda i piccoli, l'umiltà della sua serva, i pastori nella notte.
È la forza dirompente del Natale, che dirotta l'attenzione non sul grande, sul colto, sul famoso, ma su chi è lontano dai riflettori, sul piccolo, su un bambino, su chi non ha nessun altro titolo che quello di essere uomo.
E questo basta. Basta essere uomo. Non occorre altro, dal giorno in cui Dio ha messo la sua gloria in un bambino. Buon Natale a voi che siete semplicemente umani.
E poi Buon Natale a voi che siete qui, ricchi di regali, forse poveri di verità e di amore.
A noi Buon Natale, ricchi di agitazione e poveri di raccoglimento e di silenzio. Questo bambino ci insegna che sono così poche le cose che contano davvero. Sono così poche!
Buon Natale a voi che vi sentite affaticati dai lati oscuri della vita, incapaci di capire il senso di tanta fatica, di tanta sofferenza.
Buon Natale a voi che avete sofferto troppo. Questo bambino può darvi un po' di luce, perché viene come la luce vera che illumina ogni uomo. Ogni uomo! E nessuno è perduto, nessuno è fuori dal raggio di questa luce.
Buon Natale anche a voi che avete perso il gusto di vivere perché niente più vi soddisfa, neanche il benessere o il prestigio sociale. Questo bambino può restituire il sapore alla vita, egli porta ciò che vi manca: la bellezza, il gusto di sentirsi amati e di poter amare.
Buon Natale perché Dio è con voi, non siete soli, non lo sarete mai!
inviato da Qumran2, inserito il 28/12/2016
RACCONTO
23. Tre figli e una gemma preziosa
Un filosofo moderno, buon pensatore, scriveva un giorno ad un suo amico così: vorrei scrivere la tua vita in un bel volume, questo volume però lo vorrei raccogliere in una sola pagina, questa pagina in una sola riga e questa riga in una sola parola.
L'amico gli riscontrava: lo puoi. Scrivi così di me: Tu sei niente. Forse aveva ragione.
Se il medesimo filosofo dicesse a noi: io vorrei scrivere la vita del cristianesimo in un bel volume, questo volume in una pagina, questa pagina in una riga, questa riga in una sola parola, noi gli risponderemmo dicendo: scrivi "Amore".
Ci sono diverse specie di amore del prossimo, per diversi motivi.
I genitori amano i propri figlioli come i figlioli amano i propri genitori. E' un amore lodevole ma non è carità. Quello tra i genitori e i figli è un amore puramente naturale....
Si ama una persona perché ci fa dei favori, perché ci aiuta nelle più gravi necessità. E' lodevole questo amore, ma non è carità; questa sarà riconoscenza che facevano anche i pagani; si può amare una persona per la sua genialità, per il suo modo graziato di dire, perché ci riesce simpatica. E' pur anche questo un amore lodevole, ma non si può chiamare carità. Sarà invece amicizia, sarà simpatia e nulla più.
La vera carità è che si debba amare il prossimo nostro per un motivo soprannaturale cioè per amore di Dio. E perché?
Perché il nostro prossimo è l'immagine di Dio. Ora se noi amiamo la persona cara, amiamo anche la sua immagine. Quindi non bisogna distinguere né chi è in alto né chi sta in basso nella società; né se è ricco o povero; né se è dotto o ignorante... Il Vangelo dice di perdonare ai nostri nemici e Iddio ce ne dà l'esempio perché fa sorgere il sole sia sul campo del buono come sul campo del cattivo, come fa piovere sia sul campo del buono come sul campo del cattivo.
Il Vangelo però continua e dice: perdonate e sarete perdonati.
Il cristiano pertanto deve conformarsi a questa legge. Ora, il cristianesimo è nato e cresce nella grandiosa legge del perdono. E per comprendere maggiormente la nobiltà della legge cristiana sul perdono, racconto una parabola.
Un uomo aveva tre figli coi quali divise la sua eredità. Avanzò per sé una gemma preziosa da destinarsi a quello dei tre figli che avrà compiuta la più grande e più magnanima azione entro un anno. Andarono i fratelli e ritornarono dopo un anno.
E il primogenito si presenta a suo padre e gli dice: «Io ho incontrato un forestiero che mi ha affidato tutti i suoi averi. Al suo ritorno io gli consegnai ogni cosa e nessuna garanzia egli aveva fuorché la mia parola». E il padre: «Hai fatto bene, ma la tua opera è giustizia e non generosa azione».
Il secondo invece dice: «Padre, io un giorno ritornavo a casa lungo un fiume rigonfio di acqua e, vedendo un bimbo caduto nell'acqua che stava per annegare, mi buttai nel fiume e lo trassi in salvo». «Tu sei degno di lode - rispose - ma la tua azione si deve chiamare umanità e non è la più perfetta».
Il terzogenito si fece innanzi e disse: «Padre, io trovai lungo la strada il mio mortal nemico addormentato sull'orlo di un precipizio; solo che un poco si fosse mosso nel sonno, sarebbe precipitato e avrebbe trovata la sua morte. Io mi accostai a lui, cautamente, lo svegliai perché badasse a salvare la sua vita».
«Figliol mio - disse il padre, abbracciandolo - tu hai veramente compiuta la più bella azione, il diamante tocca a te».
O cristiano, qui sta l'essenza del cristianesimo, amare i nemici; qui è legge divina, la perfezione, la santità, il premio del paradiso.
perdonomisericordiaamoregratuitàcarità
inviato da Simona Fontanesi, inserito il 28/12/2016
PREGHIERA
24. Lettera di un parroco a Gesù Bambino
Caro Gesù Bambino,
da quando il Padre tuo, per mezzo di te, ha creato l'uomo, tu non ti sei mai stancato di amarlo. Per la sua salvezza, ti sei fatto carne nel seno della Vergine. Dalla carne gli hai mostrato quanto è grande la tua compassione, la tua divina carità. Nella carne hai preso tutti i suoi peccati e nel tuo corpo li hai affissi su legno della croce, per toglierli dalle sue spalle. Per attestare che ogni tua parola, ogni tuo gesto d'amore è vero, sei risorto e ora sei assiso nella più alta gloria del Cielo, avendo ricevuto dal Padre un nome che è sopra ogni altro nome.
Dinanzi a te, ogni ginocchio si piega sulla terra, nei cieli, sotto terra e ogni lingua proclama che solo tu sei il Signore. Non esistono altri signori nell'universo. Solo tu sei la Vita di ogni uomo. Questa la tua verità eterna. Questa è la nostra fede. In te, solo in te, l'uomo ritrova la luce, la pace, se stesso.
Dopo la tua gloriosa ascensione, hai bisogno della nostra carne per continuare la tua missione. Hai bisogno del mio corpo per dire la tua parola, per battezzare nel tuo nome, per perdonare i peccati, per fare te pane di vita, per trasformare te in Eucaristia. Per mostrare ad ogni uomo la tua compassione, la tua carità, la tua salvezza, per discerne e separare con taglio netto, più che spada a doppio taglio, la luce dalle tenebre, la verità dalla falsità, il bene dal male, la giustizia dall'ingiustizia, l'amore dall'odio, la pace dalla guerra, la virtù dal vizio.
Non hai bisogno di un corpo di peccato, nel quale non può abitare lo Spirito Santo e il tuo cuore mai potrà muovere il mio. Hai bisogno della mia carne pura, santa, immacolata, come la carne della Madre tua. Se è nel peccato, non può essere data a te, perché appartiene già al principe del mondo. Per questo ti scrivo: per chiederti questa piccola grazia: fa' che la tua carne sia la mia carne, il tuo cuore il mio cuore, la tua anima la mia anima, il tuo Spirito Santo il mio Spirito Santo, i tuoi sentimenti i miei sentimenti.
Conformami a te, perché come te, in te, per te, possa esercitare il mio ministero profetico, sacerdotale, regale come lo hai esercitato tu. Sarò sacerdote secondo il tuo cuore. Il mondo lo vedrà e tutti si lasceranno conquistare a te. Ti prego. Non negarmela. Tu per questo vieni: per farci vita della tua vita, per essere veri strumenti della tua salvezza.
Sarei egoista se pensassi solamente a me. La mia Parrocchia è fatta di molte persone: piccoli giovani, adulti, anziani, sani, ammalati, vicini a te, ma anche tanti che da te sono lontani. Anche per ogni persona affidata alle mie cure pastorali ti chiedo una grazia. Fa' che quanti sono vicini a te, crescano nel tuo amore, diventino tuoi missionari per fare conoscere te a quanti non ti conoscono o si sono stancati di servirti, perché privi del tuo amore nel loro cuore.
Dona a questi tuoi fedeli costanza nel servizio, perseveranza nell'amore, fortezza nell'impegno, zelo nella proclamazione della tua Parola, carità sempre viva perché mai si stanchino di amare, come non ti sei stancato tu, concludendo la tua missione sull'albero della croce. A quanti sono lontani dal tuo cuore e dalla tua parola, manda dal cielo lo Spirito di conversione come hai fatto con Saulo, il tuo persecutore. Tu lo hai convertito e ne hai fatto un tuo apostolo, sempre fedele nel servizio e perennemente obbediente alla tua volontà.
Aiuta quanti sono piccoli a crescere in età, sapienza e grazia. Sostieni i giovani perché non si smarriscano dietro le false profezie del mondo, le ingannevoli promesse e inganni che sempre le tenebre prospettano loro come vera luce. Dona alle famiglia la gioia dell'unità, della pace, del perdono, della mutua carità. Rendi gli uomini liberi per abbracciare la fede nel tuo Vangelo, senza mai vergognarsi di testimoniarti in ogni momento e circostanza della vita.
Ai senza lavoro provvedi perché abbiano il loro pane quotidiano. Agli ammalati porta la consolazione della tua presenza, così come hai fatto con tutti i sofferenti del tuo tempo. A tutti dona la saggezza dello Spirito Santo e la luce della verità.
Tu, Caro Gesù Bambino, dal tuo cielo ci scruti, ci conosci, sai le nostre debolezze, fragilità, carenza di amore. Sai che ci stanchiamo con facilità. Iniziamo tante cose, ma poi non abbiamo la forza di imitarti restando fedeli alla missione. Ti prego, manda con potenza su di noi il tuo Santo Spirito come hai fatto sugli Apostoli il giorno della Pentecoste. Fa' che Lui venga con tutta la potenza dei suoi santi sette doni: sapienza, conoscenza, fortezza, consiglio, intelletto, pietà, timore del Signore.
Senza di lui che ci muove e ci attrae, noi saremo sempre privi di quell'energia divina che ci fa tuoi veri servi. Noi non vogliamo essere discepoli oziosi, infingardi, negligenti, apatici, senza alcuna volontà di amarti. Vogliamo servirti con tutto l'amore che abita nel tuo cuore. Se tu non divieni, con il tuo Santo Spirito, il nostro nuovo alito di vita, mai ti serviremo secondo il tuo cuore e mai porteremo una sola anima a te. Vieni presto, non tardare. Abbiamo bisogno di te, per servire te, per amare te, per mostrare ad ogni uomo te.
Vergine Maria, Madre di Gesù, Madre della Redenzione, presenta la nostra preghiera al tuo Divin Figlio, prima però rivestila con il tuo cuore, avvolgila con la tua anima, così Gesù penserà che se tu che chiedi ogni cosa per te e di certo ti esaudirà. Angeli e Santi, intercedete per noi, gridate al cuore di Gesù perché ascolti la nostra supplica. Vogliamo vivere in lui, per essere di lui, per portare i cuori a Lui. Per lui sempre è Natale quando nasce in un cuore.
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inviato da Qumran2, inserito il 24/12/2016
RACCONTO
Ho capito esattamente come avrei voluto il mondo
quella volta in cui da piccolino
mia madre mi scrisse sulla mano
pane
e mi disse:
- Esci e torna solo quando avrai trovato quello che ti ho scritto sulla mano.
Facile, pensai. Vado fino al forno che è all'angolo della via e torno
Mentre camminavo vidi due vecchietti litigare tra loro
ma non mi fermai perché avevo troppa fretta di prendere il pane e tornare a casa
Arrivai nel negozio e chiesi del pane
la commessa abbastanza disturbata mi chiese che tipo e quanto
- Mica puoi venire fin qui ragazzì se non mi sai dire nemmeno quello che vuoi.
Tornai a casa quel primo giorno senza pane e molto triste
Mia madre sorrideva e io non capii.
Il secondo giorno mi disse:
- Adesso ci riproviamo
e mi scrisse di nuovo
pane
Inquieto nel voler risolvere la pratica, le stavo per chiedere cosa, quanto
Ma lei con voce amorevole aggiunse
- decidi tu -
Corsi al panificio e non mi accorsi della bella ragazza con i capelli biondi che piangeva triste all'angolo della via.
Quel giorno presi del pane a caso
Era decisamente troppo e non del tipo che mangiavamo noi di solito.
Così decisi di prendermi un giorno e fare il furbetto. La sera avrei osservato che tipo di pane mamma aveva preso e in che quantità, così finalmente sarei riuscito a portare a tavola il pane giusto.
Quel pomeriggio uscii e camminando per la solita strada vidi i due signori del primo giorno che mi fermarono e dissero che avevano fatto la pace dopo che mi avevano visto passare qualche giorno prima perché gli avevo ricordato il loro figlio da piccolino.
- Sai, ora è in missione di pace. Ma noi la chiamiamo guerra.
Poi vidi quella splendida ragazzina. Le sorrisi Lei sorrise a me. E ci fermammo a parlare
- Piangevo perché i miei nonni si stavano facendo la guerra.
- Non facevano la guerra, litigavano. - Le dissi
- Si comincia non capendo le piccole cose dell'altro che ti è tanto vicino e si continua facendo la guerra a chi non conosci solo perché non lo conosci ed è diverso da te.
Mi sembrò così grande in quel momento. Le chiesi se le andava di venire a cena da noi.
Lei mi disse.... sì.
La sera intorno alla mia tavola, apparecchiata in giardino come tutte le nostre sere d'estate, con la mia bellissima nuova amica e con il pane caldo che mamma aveva comprato mi sentivo finalmente felice.
Mamma mi sorrise e mi disse
- Finalmente sei tornato con quello che ti avevo chiesto -
Mi guardai la mano.
C'era scritto
Pace
non pane!
Sì. Ho capito esattamente come avrei voluto il mondo, quella sera d'estate.
inviato da Giulia Bella, inserito il 05/09/2016
TESTO
Gianni Fanzolato, Da Loreto nell'anno della misericordia 2015-2016
Chiudo gli occhi e mi butto fra le braccia della fantasia: e sogno.
Sognare è l'unico tesoro che nessuno ti può rubare e non costa niente.
Il sogno è il volo dell'anima, è passare il limite, è sfiorare la mente di Dio;
ti prende, ti circonda, ti sprona, ti affascina, ti strega e ti proietta all'infinito.
Che meraviglioso sognare un mondo dove tutti si abbracciano, mano nella mano,
e l'amore di ognuno fa crollare i muri, rompe barriere, spezza le guerre e semina pace.
Ma il sogno si fa duro, perché devo entrare nel cuore di tutti per dare la buona notizia
di quel sognatore che ci ha detto: "amatevi gli uni e gli altri come io ho amato voi".
E' bello sognare che ci sono più abbracci che bombe, più mani tese che armi puntate,
più gente che accoglie che bambini smarriti e annegati nei mari di un mondo diviso.
Cosa costa chiudere gli occhi e vedere che tutti i bambini della terra, di ogni colore
stanno facendo un grande girotondo, un arcobaleno di luce, perché amati da Dio.
Chi mi può rubare il fascino del sogno di Dio di fare del mondo una unica famiglia
dove non si guarda il colore, non c'è passaporto, ma basta la dignità di figli di Dio.
Mi possono togliere la libertà, impedire di parlare, ma non la sfida di volare in alto.
Dio mi sussurra la gioia di essere missionario della sua misericordia e mi accarezza.
Gesù, il grande sognatore che ha cambiato il sogno in un nuovo stile di vita,
si è identificato col migrante, col prigioniero, con l'ammalato, con chi ha fame.
"Ma, Signore, quel che tu dici è sogno, è utopia, la vita è dura, ad ognuno la sua pena."
"Se hai amore, mi vedrai presente nel povero, migrante e il sogno si farà benedizione."
Solo adesso, Signore, ho capito che devo aprire gli occhi, perché il sogno è reale;
ho sognato perché ho volato vicino a Te che mi hai trasmesso la forza di osare.
Sono una goccia d'amore nell'oceano del mondo, sogno e son desto, immerso nell'utopia
di Te che ci vuoi abbraccio, perdono, ponte e famiglia in un mondo possibile.
misericordiagiustiziaaccoglienzamigranti
inviato da P. Gianni Fanzolato, inserito il 25/08/2016
TESTO
27. Dieci leggi per essere felici
Augusto Cury, Diez leyes para ser feliz
Puoi aver difetti, essere ansioso e vivere qualche volta irritato, ma non dimenticate che la tua vita è la più grande azienda al mondo. Solo tu puoi impedirle che vada in declino. In molti ti apprezzano, ti ammirano e ti amano.
Mi piacerebbe che ricordessi che essere felice, non è avere un cielo senza tempeste, una strada senza incidenti stradali, lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni.
Essere felici è trovare forza nel perdono, speranza nelle battaglie, sicurezza sul palcoscenico della paura, amore nei disaccordi.
Essere felici non è solo apprezzare il sorriso, ma anche riflettere sulla tristezza. Non è solo celebrare i successi, ma apprendere lezioni dai fallimenti. Non è solo sentirsi allegri con gli applausi, ma essere allegri nell'anonimato.
Essere felici è riconoscere che vale la pena vivere la vita, nonostante tutte le sfide, incomprensioni e periodi di crisi.
Essere felici non è una fatalità del destino, ma una conquista per coloro che sono in grado viaggiare dentro il proprio essere.
Essere felici è smettere di sentirsi vittima dei problemi e diventare attore della propria storia.
È attraversare deserti fuori di sé, ma essere in grado di trovare un'oasi nei recessi della nostra anima.
È ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della vita.
Essere felici non è avere paura dei propri sentimenti.
È saper parlare di sé.
È aver coraggio per ascoltare un "No".
È sentirsi sicuri nel ricevere una critica, anche se ingiusta.
È baciare i figli, coccolare i genitori, vivere momenti poetici con gli amici, anche se ci feriscono.
Essere felici è lasciar vivere la creatura che vive in ognuno di noi, libera, gioiosa e semplice.
È aver la maturità per poter dire: "Mi sono sbagliato".
È avere il coraggio di dire: "Perdonami".
È avere la sensibilità per esprimere: "Ho bisogno di te".
È avere la capacità di dire: "Ti amo".
Che la tua vita diventi un giardino di opportunità per essere felice...
Che nelle tue primavere sii amante della gioia.
Che nei tuoi inverni sii amico della saggezza.
E che quando sbagli strada, inizi tutto daccapo.
Poiché così sarai più appassionato per la vita.
E scoprirai che essere felice non è avere una vita perfetta.Ma usare le lacrime per irrigare la tolleranza.
Utilizzare le perdite per affinare la pazienza.
Utilizzare gli errori per scolpire la serenità.
Utilizzare il dolore per lapidare il piacere.
Utilizzare gli ostacoli per aprire le finestre dell'intelligenza.
Non mollare mai...
Non rinunciare mai alle persone che ami.
Non rinunciare mai alla felicità, poiché la vita è uno spettacolo incredibile!
Sul web viene attribuito a un discorso di Papa Francesco ad un Convegno Famiglie, ma in realtà il testo è tratto dal libro "Dez Leis Para Ser Feliz" di Augusto Cury, psichiatra brasiliano, come spiegato qui.
felicitàvitasperanzaserenitàforzaforza interiore
inviato da Qumran2, inserito il 25/08/2016
PREGHIERA
28. E beata colei che ha creduto
Vergine beata, che cosa provasti alla sconcertante richiesta di diventare la madre del Salvatore?
Forse udisti solo una voce interiore, una chiamata ad abbandonarti totalmente alla volontà del Padre. E a Lui, pure turbata, desti il tuo assenso, Tu, la Donna del "sì".
Maria, vedesti solo porte chiudersi al tuo passaggio, quando cercavi un luogo in cui dare alla luce la Luce del mondo e, fiduciosa, continuasti a credere, Tu, la Donna fedele all'eterna Parola.
Profuga, nella straziante fuga verso l'Egitto, quanti dubbi dovesti scacciare, contemplando il bambino Gesù tra le tue braccia: "Ma Tu, figlio mio, sei Dio o pericolosa pietra d'inciampo?". Tu, Donna beata perché hai creduto.
E quando al tempio, dopo tre giorni di penosa ricerca, trovasti Gesù - un po' trasgressivo e misterioso come tutti gli adolescenti -, di fronte al dolore di Giuseppe e tuo, pur non comprendendo, continuasti a credere che era Dio Colui che quasi ti sfidava: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?".
...Ed eccolo al Giordano, in fila con i peccatori a farsi battezzare in remissione dei peccati: "Ma Gesù è Dio o uno dei tanti peccatori?", ti sarai chiesta. Tormento scacciato con un atto di fede nella misteriosa volontà divina.
La tua fede operò il miracolo dell'acqua cambiata in vino, a Cana di Galilea, dopo aver perdonato parole dure come pietre: "Ti emoi kai soi gunai?" ("Che cosa tra me e te, donna?"). Povera Vergine Maria, chiamata "donna" e non "Mamma"!
Tu accettasti che Gesù indirizzasse ad altri - agli ascoltatori della Parola - la lode rivolta a te per averlo generato. Così pure non ti lamentasti quando rifiutò di darti udienza: "Chi è mia madre?", o forse ti sentisti doppiamente madre per aver concepito la Parola nel tuo cuore, prima di concepirla nella carne?
Vergine addolorata ai piedi della croce, accettasti di "privarti" di una maternità divina, di "perdere" un così grande Figlio, per diventare madre di chi stava ammazzando il tuo Signore, il tuo Dio, l'unico tuo sostegno e conforto, l'unico tuo grande Amore.
E in Lui credesti quando te lo depositarono, morto, tra le braccia. Un Dio morto?...
Nel supremo dei dolori, solo il mistero di Dio poteva illuminare il mistero della sofferenza che, come trivella, perforava il tuo cuore alla ricerca dell'acqua viva, la grazia, fulgida luce che dissipa le tenebre della morte con il fulgore della resurrezione.
E nell'alba radiosa del primo giorno della settimana, il Risorto, forse, venne a ringraziare te, Donna del sabato santo, per aver tenuta viva la fede dei discepoli, per averli aiutati a credere e a sperare. Forse ti ringraziò con le sublimi parole di Elisabetta: "Beata te che hai creduto".
A te, Donna che ascolta, crede e si abbandona totalmente al Mistero; a te, Donna il cui latte è diventato il sangue di Dio, nel suo e tuo Figlio, Gesù; a te, Donna che danzi cantando il "Magnificat" e hai il privilegio di sentirti chiamare "Mamma" dal Salvatore del mondo; a te, che pure io invoco come "Madre mia e mia fiducia", chiedo il dono di credere come Tu hai creduto. La fede dilati gli orizzonti della speranza e si consumi nell'amore, affinché, quando busserò alla porta del paradiso, Tu mi corra incontro gioiosa, rivolgendo pure a me l'entusiastico encomio: "Beato te che hai creduto".
inviato da Don Valentino Salvoldi, inserito il 23/08/2016
PREGHIERA
Papa Francesco, Via Crucis al Colosseo, Venerdì santo 25 marzo 2016
O Croce di Cristo, simbolo dell'amore divino e dell'ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell'egoismo estremo per stoltezza, strumento di morte e via di risurrezione, segno dell'obbedienza ed emblema del tradimento, patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei dottori della lettera e non dello spirito, della morte e non della vita, che invece di insegnare la misericordia e la vita, minacciano la punizione e la morte e condannano il giusto.
O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei ministri infedeli che invece di spogliarsi delle proprie vane ambizioni spogliano perfino gli innocenti della propria dignità.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei cuori impietriti di coloro che giudicano comodamente gli altri, cuori pronti a condannarli perfino alla lapidazione, senza mai accorgersi dei propri peccati e colpe.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi in coloro che vogliono toglierti dai luoghi pubblici ed escluderti dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell'uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei traditori che per trenta denari consegnano alla morte chiunque.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ladroni e nei corrotti che invece di salvaguardare il bene comune e l'etica si vendono nel misero mercato dell'immoralità.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli stolti che costruiscono depositi per conservare tesori che periscono, lasciando Lazzaro morire di fame alle loro porte.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei distruttori della nostra "casa comune" che con egoismo rovinano il futuro delle prossime generazioni.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli anziani abbandonati dai propri famigliari, nei disabili e nei bambini denutriti e scartati dalla nostra egoista e ipocrita società.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata.
O Croce di Cristo, immagine dell'amore senza fine e via della Risurrezione, ti vediamo ancora oggi nelle persone buone e giuste che fanno il bene senza cercare gli applausi o l'ammirazione degli altri.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ministri fedeli e umili che illuminano il buio della nostra vita come candele che si consumano gratuitamente per illuminare la vita degli ultimi.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volti delle suore e dei consacrati - i buoni samaritani - che abbandonano tutto per bendare, nel silenzio evangelico, le ferite delle povertà e dell'ingiustizia.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei misericordiosi che trovano nella misericordia l'espressione massima della giustizia e della fede.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle persone semplici che vivono gioiosamente la loro fede nella quotidianità e nell'osservanza filiale dei comandamenti.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei pentiti che sanno, dalla profondità della miseria dei loro peccati, gridare: Signore ricordati di me nel Tuo regno!
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei beati e nei santi che sanno attraversare il buio della notte della fede senza perdere la fiducia in te e senza pretendere di capire il Tuo silenzio misterioso.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle famiglie che vivono con fedeltà e fecondità la loro vocazione matrimoniale.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volontari che soccorrono generosamente i bisognosi e i percossi.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo.
O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei sognatori che vivono con il cuore dei bambini e che lavorano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore, più umano e più giusto. In te Santa Croce vediamo Dio che ama fino alla fine, e vediamo l'odio che spadroneggia e acceca i cuori e le menti di coloro preferiscono le tenebre alla luce.
O Croce di Cristo, Arca di Noè che salvò l'umanità dal diluvio del peccato, salvaci dal male e dal maligno! O Trono di Davide e sigillo dell'Alleanza divina ed eterna, svegliaci dalle seduzioni della vanità! O grido di amore, suscita in noi il desiderio di Dio, del bene e della luce.
O Croce di Cristo, insegnaci che l'alba del sole è più forte dell'oscurità della notte. O Croce di Cristo, insegnaci che l'apparente vittoria del male si dissipa davanti alla tomba vuota e di fronte alla certezza della Risurrezione e dell'amore di Dio che nulla può sconfiggere od oscurare o indebolire. Amen!
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inviato da Qumran2, inserito il 26/03/2016
RACCONTO
Un giorno, la pietra disse: «Sono la più forte!». Udendo ciò, il ferro disse: «Sono più forte di te! Lo vuoi vedere?». Subito, i due lottarono fino a quando la pietra fu ridotta in polvere.
Il ferro disse a sua volta: «lo sono il più forte! Udendolo, il fuoco disse: «lo sono più forte te! Lo vuoi vedere?». Allora i due lottarono finché il ferro fu fuso.
Il fuoco disse a sua volta: «lo sì che sono forte!». Udendo ciò, l'acqua disse: «lo sono più forte di te! Se vuoi te lo dimostro». Allora, lottarono fin quando il fuoco fu spento.
L'acqua disse a sua volta: «Sono io la più forte!». Udendola il sole disse: «lo sono più forte ancora! Guarda!». I due lottarono finché il sole fece evaporare l'acqua.
Il sole disse a sua volta: «Sono io il più forte!». Udendolo, la nube disse: «lo sono più forte ancora! Guarda!». I due lottarono finché la nube nascose il sole.
La nube disse a sua volta: «Sono io la più forte!». Ma il vento disse: «lo sono più forte di te! Te lo dimostro». Allora i due lottarono fin quando il vento soffiò via la nube ed essa sparì.
ll vento disse a sua volta: «lo sì, che sono forte!». I monti dissero: «Noi siamo più forti di te! Guarda!». Subito i due lottarono fino a che il vento restò preso tra le catene dei monti.
I monti, a loro volta, dissero: «Siamo i più forti!». Ma sentendoli, l'uomo disse: «lo sono più forte di voi! E, se lo volete vedere...». L'uomo, dotato di grande intelligenza, perforò i monti, impedendo che bloccassero il vento. Dominando il potere dei monti, l'uomo proclamò: «lo sono la creatura più forte che esista!».
Ma poi venne la morte, e l'uomo che si credeva intelligente e tanto forte, con un ultimo respiro, morì.
La morte a sua volta disse: Sono io la più forte! Perché prima o poi tutto muore e finisce nel nulla"
La morte già festeggiava quando, inatteso, venne un uomo e, dopo soli tre giorni dalla morte, risuscitò, vincendo la morte.
Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori è diventata testata d'angolo...
inviato da Qumran2, inserito il 22/03/2016
TESTO
31. Lettera dei genitori nel giorno di Battesimo
M. Houbaut, Pour prier avec les sept sacrements, Le Chalet, 1985
Figlio nostro, oggi abbiamo voluto battezzarti in Cristo Gesù,
immergerti nella morte e nella resurrezione del Dio in cui noi crediamo.
In questa lettera, che potrai leggere in seguito, vogliamo dirti perché l'abbiamo fatto.
Non è per importi una scelta che ti abbiamo fatto battezzare,
ma per aprire davanti a te un cammino di libertà
che domani potrai liberamente scegliere di fare tuo.
Abbiamo voluto darti ciò che avevamo di meglio.
Noi crediamo che questo piccolo seme di fede, seminato oggi nel giardino del tuo cuore,
nella luce del giorno e nelle tenebre della notte, germinerà nel segreto della tua vita.
Ti immergiamo oggi nell'oceano di amore di Gesù per darti una forza nuova più grande di te,
sarà il coraggio dei tuoi combattimenti, la chiarezza delle tue scelte, la luce dei tuoi passi.
Per vincere le forze del male essa sarà la tua speranza e la tua gioia.
Abbiamo voluto battezzarti in Cristo perché tu diventi un uomo libero e responsabile
in questo mondo a volte un po' folle.
E soprattutto perché tu diventi un fratello che costruisce,
con Dio, l'avvenire della nostra terra.
Sappi che un giorno potrai anche dimenticare questo dono immortale,
ma rimarrai segretamente segnato dal fuoco del suo appello.
Come la Vergine Maria che offre suo Figlio Gesù nel Tempio,
noi abbiamo voluto portarti sulla soglia della casa del Dio imprevedibile,
deporti tra le braccia della sua Chiesa
e farti entrare nel popolo dei credenti che diventano tuoi fratelli e sorelle.
E quando, domani, non potremo più accompagnarti nel cammino della vita, ti resterà almeno,
scolpita nella fronte e nel cuore, la croce di Cristo vincitore.
È lui infatti, lui solo, il tuo Salvatore e il tuo Signore che traccerà per te un cammino di pace e di libertà.
Al di là delle tue angosce e delle tue miserie, è lui che ti aprirà la casa del Padre e,
al momento della morte, ti darà la sua eternità di amore.
Mamma e Papà
inviato da Don Alessandro Nucci, inserito il 06/02/2016
PREGHIERA
32. Laudato si, Dio creatore e padre
Laudato si, Signore mio,
perché ci ha creato e redento,
Tu Padre di immensa tenerezza e bontà.
Laudato si, Signore mio,
per il dono del creato
che hai affidato alla nostra custodia
e messo nelle nostre mani,
non sempre attente ed oculate
nel conservare i beni
che ci hai lasciato
a nostra gioia e felicità.
Laudato si, Signore mio
per ogni uomo e donna
di questa martoriata terra,
afflitta da tanti mali incurabili
del corpo e dello spirito.
Fa' che nessuno di questi nostri fratelli
possano assaporare la freddezza
del nostro cuore e l'indifferenza
della nostra mente
presa da tanti personali problemi,
incapace di leggere il dolore
e la sofferenza sul volto
di chi non conta in questo mondo.
Laudato si, Signore mio,
per tutte le croci che ci doni ogni giorno
e ci inviti a portare con dignità
senza scaricarle sulle spalle degli altri,
ma felici di salire con te sul calvario
e donare la nostra vita,
come vittime espiatrici
per la conversione e la santificazione
del genere umano.
Laudato si, Signore mio
per le tante umiliazioni
che ci hai fatto sperimentare
attraverso quanti non sanno
e non vogliono amare sinceramente gli altri
e si fanno giudici severi degli altri
e molto tolleranti con se stessi.
Laudato si, Signore mio
per ogni cosa e per tutto quello
che guardiamo con i nostri occhi,
gustiamo con il nostro palato,
tocchiamo con le nostre mani,
odoriamo con il nostro naso,
ascoltiamo con le nostre orecchie,
soprattutto se sei Tu Signore a parlare
direttamente al nostro cuore,
perché ci vuoi totalmente consacrati
al tuo amore e alla tua lode,
nella cristiana speranza di lodarti
per sempre nella gioia del tuo Regno,
dove ci attendi per donarci
la pace e la felicità che non ha fine,
insieme a Maria, la tua e la nostra Madre,
Regina del cielo e della terra. Amen.
creatocustodia del creatodonogratitudinelode
inviato da Paola Berrettini, inserito il 03/02/2016
RACCONTO
33. Ascolta l'eco della tua vita!
C'era una volta un ragazzo che viveva in un piccolo villaggio sulle montagne e ogni mattina conduceva al pascolo il suo gregge di capre.
Un mattino, mentre era su un sentiero nuovo in una valle stretta, gli sembrò di udire rumore di passi e belati di altri animali. Il ragazzo pensò che ci doveva essere nelle vicinanze un pastore come lui e ne fu felice: gli sarebbe tanto piaciuto avere un amico. Facendo imbuto con le mani davanti alla bocca, gridò: «Chi è là?». Udì una voce che gli rispondeva: «Chi è là? Chi è là? Chi è là?». Le grida venivano da più parti. C'erano tanti pastori sulla montagna? Allora gridò più forte: «Fatevi vedere!». Le voci risposero: «fatevi vedere! Fatevi vedere! Fatevi vedere!». Ma non apparve nessuno. Il ragazzo gridò ancora: «Perché non venite fuori?». Da tutte le direzioni le voci risposero «Venite fuori! Venite fuori!». Il giovane pastore pensò che volessero prenderlo in giro e si rattristò. Allora urlò in tono arrabbiato: «Chi fa così è proprio scemo!». Per tutta la montagna rimbombò: «Scemo! Scemo! Scemo!». Allora il povero pastore tornò in fretta al villaggio. Ora aveva paura a tornare sulla montagna: magari quei pastori avrebbe potuto tendergli un tranello e fargli del male!
Il giorno dopo la madre gli chiese: «Che cos'hai, figlio mio? Perché non vuoi portare le capre al pascolo?». Il ragazzo le raccontò tutto. La madre comprese che non c'era nessuno sulla montagna, soltanto l'eco rimandava al ragazzo le parole che lui stesso aveva gridato.
«Non ti preoccupare, figlio mio», gli disse «Quei pastori non ti vogliono fare alcun male. Hanno solo paura di te e vorrebbero amici. Domani, quando sarai tra le rocce, augura loro il buongiorno e aggiungi qualche frase amichevole! Sono sicura che te la ricambieranno».
Il giorno dopo, quando raggiunse la gola tra i monti, il ragazzo inspirò profondamente e gridò: «Buongiorno!». L'eco rispose: «Buongiorno! Buongiorno! Buongiorno!». Rassicurato, il giovane gridò ancora: «Vorrei essere vostro amico!». L'eco rimbalzo tra le rocce: «Amico! Amico! Amico!».
E' quasi una legge della vita.
Gli altri ti restituiscono sempre l'eco delle tue parole...
comunicazionecomportamentoparolepositivitànegativitàottimismopessimismorapporto con gli altrigentilezzavolgarità
inviato da Qumran2, inserito il 02/02/2016
TESTO
34. Lettera di Dio per la custodia della donna 2
La donna che hai al fianco, emozionata, con l'abito da sposa, è mia. Io l'ho creata. Io le ho voluto bene da sempre; ancor prima di te e ancor più di te. Per lei non ho esitato a dare la mia vita. Ho dei grandi progetti per lei. Te l'affido. La prenderai dalle mie mani e ne diventerai responsabile.
Quando l'hai incontrata l'hai trovata bella e te ne sei innamorato. Sono le mie mani che hanno plasmato la sua bellezza, è il mio cuore che ha messo dentro di lei la tenerezza e l'amore, è la mia sapienza che ha formato la sua sensibilità e la sua intelligenza e tutte le qualità belle che hai trovato in lei.
Però non basta che tu goda del suo fascino. Dovrai impegnarti a rispondere ai suoi bisogni, ai suoi desideri. Ti renderai conto che ha bisogno di tante cose: ha bisogno di casa, di vestito, di serenità, di gioia, di equilibrio psichico, di rapporti umani, di affetto e tenerezza, di piacere e di divertimento, di presenza umana e di dialogo, di relazioni sociali e familiari, di soddisfazioni nel lavoro e di tante altre cose.
Ma dovrai renderti conto che ha bisogno soprattutto di me, e di tutto quello che aiuta e favorisce questo incontro con me: la pace del cuore, la purezza di spirito, la preghiera, la Parola, il perdono, la speranza e la fiducia in me, la mia vita. Sono Io e non tu il principio, il fine, il destino di tutta la sua vita.
Facciamo un patto tra noi: la ameremo insieme. Io la amo da sempre. Tu hai incominciato ad amarla da qualche anno, da quando te ne sei innamorato. Sono io che ho messo nel tuo cuore l'amore per lei. È stato il modo più bello perché ti accorgessi di lei. Volevo affidarla a qualcuno che se ne prendesse cura. Ma volevo anche che lei arricchisse con la sua bellezza e le sue qualità la vita di un uomo. E questo uomo sei tu.
Per questo ho fatto nascere nel tuo cuore l'amore per lei. Era il modo più bello per dirti: "ecco, te la affido", e perché tu potessi godere della sua bellezza e delle sue qualità. Quando le dirai "prometto di esserti fedele, di amarti e rispettarti per tutta la vita", sarà come se mi rispondessi che sei lieto di accoglierla nella tua vita e di prenderti cura di lei. Da quel momento saremo in due ad amarla.
Dobbiamo però metterci d'accordo: non è possibile che tu la ami in un modo e io in un altro. Devi avere per lei un amore simile al mio, e devi desiderare per lei le stesse cose che Io desidero. Non puoi pensare nulla di più bello e gioioso per lei.
Se la ami sul serio vedrai che ti troverai d'accordo con me nel progetto che ho concepito per lei. Ti farò capire poco alla volta quale sia il mio modo di amare, e ti svelerò quale vita ho sognato e voluto per questa mia creatura che diventerà tua sposa.
Mi rendo conto che ti sto chiedendo molto. Pensavi che questa donna fosse tutta e solo tua, e ora invece hai l'impressione che io ti chieda di spartirla con Me. Non è così. Io non sono il tuo rivale in amore. Al contrario, sono molui che ti aiuta ad amarla appassionatamente. Per questo desidero che nel tuo piccolo amore ci sia il mio grande amore.
Col tuo amore potrai fare molto per lei, ma è sempre troppo poco. Io ti rendo invece capace di amare da Dio. È questo il mio dono di nozze: un supplemento di amore che trasforma il tuo amore di creatura e lo rende capace di produrre le opere di Dio nella donna che ami.
Sono parole per te misteriose, ma le capirai un poco alla volta. Ti assicurò che non ti lascerò mai solo in questa impresa. Sarò sempre con te e farò di te lo strumento del mio amore, della mia tenerezza; continuerò ad amare la mia creatura, che è diventata tua sposa, attraverso i tuoi gesti d'amore, di attenzione di impegno, di perdono, di dedizione. In una parola: ti renderò capace di amare come io amo, perché ti darò una forza nuova di amare che è il mio stesso amore.
Se vi amerete in questo modo, la vostra coppia diventerà come una fortezza che le tempeste di vita non riusciranno mai ad abbattere. Un amore costruito sulla mia Parola è come una casa costruita sulla roccia: nessuna vicenda potrà distruggerla. Ricordatelo, perché molti si illudono di poter fare a meno di me: ma se io non sono con voi nell'edificare la casa della vostra vita e del vostro amore, vi affaticherete invano: come gli apostoli che faticarono tutta una notte e al mattino tornarono a riva con le reti vuote; bastò un semplice intervento Mio, e le reti pescarono tanto pesce che per l'abbondanza si rompevano. Di più. Se vi amerete in questo modo diventerete forza anche per gli altri.
Oggi si crede poco all'amore vero, quello che dura per sempre, e che offre la propria vita all'amato. Si cercano più le emozioni amorose che l'amore. Ma le emozioni nascono e muoiono presto, lasciando solo vuoto e nostalgia.
Per questo qualcuno ha detto che il matrimonio è solo una grande illusione che si dissolve presto. Se voi saprete amarvi come io amo, con una fedeltà che non viene mai meno, diventerete come la città sul monte. Sarete una speranza per tutti, perché tutti vedranno che l'amore è una cosa possibile.
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inviato da Paola Berrettini, inserito il 16/06/2015
TESTO
35. A coloro che non trovano pace
Carissimi,
l'idea di rivolgermi a voi mi è venuta stasera quando, recitando i vespri, ho trovato questa invocazione: «Metti, Signore, una salutare inquietudine in coloro che si sono allontanati da te, per colpa propria o per gli scandali altrui».
Per prima cosa mi son chiesto se, nel numero delle mie conoscenze, ci fosse qualcuno che poteva essere raggiunto da questa preghiera.
E mi sono ricordato dite, Giampiero, che, dopo essere passato per tutta la trafila dei gruppi giovanili della parrocchia, un giorno te ne sei andato e non ti sei fatto più vedere.
L'altra sera ti ho incontrato per caso. Pioveva. Eri fermo sul marciapiede e ti ho dato un passaggio. In macchina mi hai chiesto con sufficienza se durante la quaresima continuavo a predicare le «solite chiacchiere» ai giovani, riuniti in cattedrale. Ci son rimasto male, perché mi hai detto chiaro e tondo che tu ormai a quelle cose non ci credevi più da un pezzo, e che al politecnico stavi trovando risposte più utili di quelle che ti davano i preti.
Mi hai raccontato che a Torino hai conosciuto Gigi, ex seminarista e mio alunno di ginnasio, il quale ti parla spesso di me. Ho notato che avevi una punta d'ironia e sembrava che ti divertissi quando hai aggiunto che ora sta con una ragazza, bestemmia come un turco, e fuma lo spinello.
Quando all'improvviso ti ho chiesto se eri felice, mi hai risposto che ne avremmo parlato un'altra volta, perché dovevi scendere e poi era troppo tardi.
Addio, Giampiero! L'invocazione del breviario stasera la rivolgo al Signore per te. E per Gigi. E la rivolgo anche per te, Maria, che ti sei allontanata senza una plausibile ragione. Facevi parte del coro. Ora a messa non ci vai nemmeno a Pasqua. Tu dici che hai visto troppe cose storte anche in chiesa, e che non ti aspettavi certe pugnalate alle spalle proprio da coloro che credono in Dio. Non so che cosa ti sia successo di preciso. Ma l'altro giorno, quando sei venuta da me per implorare un ricovero urgente al Gemelli a favore del tuo bambino che sta male, e io ti ho esortata ad aver fiducia in Dio, e tu sei scoppiata a piangere dicendomi che in Dio non ci credi più... mi è parso di leggere in quelle lacrime, oltre alla paura di poter perdere il figlio, anche l'amarezza di aver perduto il Padre.
Non temere, Maria. Pregherò io per il tuo bambino, perché guarisca presto. Ma anche per te, perché il Signore ti metta nel cuore una salutare inquietudine.
Vedo che non afferri il senso di una preghiera del genere. Di inquietudini nei hai già tante e non è proprio il caso che mi metta anch'io ad aumentartene la dose. Tu sai bene, però, che in fondo io imploro la tua pace. Ecco, infatti, come il breviario prolunga l'invocazione su coloro che si sono allontanati da Dio: «Fa' che ritornino a te e rimangano sempre nel tuo amore».
E ora, visto che mi sono messo ad assicurare preghiere un po' per tutti, vorrei rivolgermi anche a voi che, pur non essendovi mai allontanati da Dio, non riuscite ugualmente a trovar riposo nella vostra vita.
Per sè parrebbe un controsenso. Perché Dio è la fontana della pace, e chi si lascia da lui possedere non può soffrire i morsi dell'inquietudine. Però sta di fatto che, o per difetto di affido alla sua volontà, o per eccesso di calcolo sulle proprie forze, o per uno squilibrio di rapporti tra debolezza e speranza, o chi sa per quale misterioso disegno, è tutt'altro che rara la coesistenza di Dio con l'insoddisfazione cronica dello spirito.
Mi rivolgo perciò a voi, icone sacre dell'irrequietezza, per dirvi che un piccolo segreto di pace ce l'avrei anch'io da confidarvelo.
A voi, per i quali il fardello più pesante che dovete trascinare siete voi stessi. A voi, che non sapete accettarvi e vi crogiolate nelle fantasie di un vivere diverso. A voi, che fareste pazzie per tornare indietro nel tempo e dare un'altra piega all'esistenza. A voi, che ripercorrete il passato per riesaminare mille volte gli snodi fatali delle scelte che oggi rifiutate. A voi, che avete il corpo qui, ma l'anima ce l'avete altrove. A voi, che avete imparato tutte le astuzie del «bluff» perché sapete che anche gli altri si sono accorti della vostra perenne scontentezza, ma non volete farla pesare su nessuno e la mascherate con un sorriso quando, invece, dentro vi sentite morire. A voi, che trovate sempre da brontolare su tutto, e non ve ne va mai a genio una, e non c'è bicchiere d'acqua limpida che non abbia il suo fondiglio di detriti.
A tutti voi voglio ripetere: non abbiate paura. La sorgente di quella pace, che state inseguendo da una vita, mormora freschissima dietro la siepe delle rimembranze presso cui vi siete seduti.
Non importa che, a berne, non siate voi. Per adesso, almeno.
Ma se solo siete capaci di indicare agli altri la fontana, avrete dato alla vostra vita il contrassegno della riuscita più piena. Perché la vostra inquietudine interiore si trasfigurerà in «prezzo da pagare» per garantire la pace degli altri.
O, se volete, non sarà più sete di «cose altre», ma bisogno di quel «totalmente Altro» che, solo, può estinguere ogni ansia di felicità.
Vi auguro che stasera, prima di andare a dormire, abbiate la forza di ripetere con gioia le parole di Agostino, vostro caposcuola: «O Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».
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inviato da Francesco De Luca, inserito il 16/06/2015
TESTO
36. Lavanda dei piedi, capovolgimento della vita (versione lunga)
don Primo Mazzolari, Scritti
«Io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto» (Giovanni 13,15)
Un lontano mi scrive parole, che, se non mi sorprendono, mi fanno soffrire. «Non parteciperò al rito del giovedì santo. La lavanda mi ha sempre inchiodato. Forse passa per quest'impressione incancellabile il filo che mi tiene ancora avvinto, in un certo senso, alla chiesa. Ma se ci tornassi quest'anno con l'animo che mi hanno fatto gli avvenimenti all'insaputa di me stesso, mi verrebbe la tentazione di gridare anche contro di voi, che pur mostrate di capire tante cose: capite voi quello che fate? - Forse non l'avete mai capito: certo, adesso, non lo capite più. Quell'azione è un capovolgimento della vita e voi ne fate un rito».
Amico caro e lontano, nella mia chiesa non si fa la funzione del Mandato, ma il vangelo che lo racconta, lo leggo ugualmente a bassa voce - il tono dell'indegnità che si confessa - davanti al cenacolo, dopo l'Ufficio delle tenebre, quando non ci si vede più e ci si può vergognare di noi stessi senza falsi pudori. Lo leggo per me e, se vuoi, anche per te e per qualcun altro che soffre come noi, quantunque le parole decisive non si possano leggere che per sé.
* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *
«Gesù sapendo che era venuta per lui l'ora di passare da questo mondo al Padre»...
Per un cristiano non ci sono ore inconsapevoli; ogni ora segna il transito dal mondo al Padre, dal terrestre allo spirituale, dal parziale all'universale, dal temporale all'eterno.
Il distacco, che prepara il transito, non può avvenire che per un accrescimento d'amore, vale a dire nella luce della carità del Padre, che non conosce limiti. «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine».
Un «passaggio» o una «conversione» che diminuisse le affezioni naturali e ci sottraesse alle parziali emozioni che tali affetti giustamente ci comandano, non sarebbe un'ascensione.
Si sale verso il Padre, con cuore purificato, ma non separato. Il nostro vero patrimonio umano ce lo portiamo con noi per accrescerne il valore nella santità.
Niente ci deve impedire di portare «sino alla fine», nella pienezza della carità, i nostri vincoli umani: neanche la presenza del traditore, neanche la possibilità di piegare per altre vie le resistenze delle creature.
Proprio quando Gesù sa che «il diavolo aveva già messo in cuore» a Giuda Iscariota di tradirlo, quando ha la certezza che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che stava per ritornare a Dio «...si levò da tavola, depose le sue vesti e preso un asciugatoio, se ne cinse...».
Facendosi uomo aveva preso «la forma del servo». Ma nessuno se n'era accorto fino a quel momento, tanto era in alto il Maestro nella sua così comune umanità. Operava grandi miracoli, si trasfigurava sul monte, predicava con autorità mai vista, parlava come un profeta non aveva mai parlato.
Gli uomini avevano bisogno di vedere il servo, in una forma evidente, inequivocabile. L'amore ve l'avrebbe fissato per sempre e in un gesto che sfida le false grandezze e le false dignità create dal nostro orgoglio.
«Si levò da tavola, depose le sue vesti, e preso un asciugatoio se ne cinse. Poi mise dell'acqua in un catino, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio».
Non ha cominciato né da Pietro né da Giovanni; forse da Giuda, per subito gustare l'estrema ripugnanza di servire l'inservibile, di amare l'inamabile.
Quando arriva a Pietro si sente dire: - Tu Signore, lavare i piedi a me? - Pietro misurava soltanto la propria miseria, e non poneva l'occhio sul mandato di carità che lo avrebbe impegnato come seguace di Cristo, per tutta la vita.
- Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo. Capiva il fatto dell'umiliazione, non capiva la lezione che il Maestro intendeva dargli attraverso il mistero dell'umiliazione. Pietro voleva aver parte con Cristo immaginando chi sa quali ricompense; per questo era disposto a farsi lavare anche le mani e il capo. Neanche il primo degli apostoli sapeva che l'unica condizione per aver parte con lui, è legata, più che a una lavanda materiale, alla continuazione di quella carità che il Cristo veniva istituendo con un atto quasi sacramentale.
«Come dunque ebbe loro lavato i piedi ed ebbe riprese le sue vesti, si mise di nuovo a tavola, e disse loro: - Capite quel che vi ho fatto?».
E poiché gli apostoli non capivano l'istituzione della carità, che doveva precedere di poco l'istituzione del sacramento della carità, il Maestro è costretto a continuare la lezione.
«Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene perché lo sono. Se dunque io che sono il Signore e Maestro v'ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Poiché io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come v'ho fatto io».
L'istituzione dell'eucaristia si chiude con parole quasi eguali: - Fate questo in memoria di me.
I cristiani di tutti i tempi hanno trovato più facile ripetere la presenza eucaristica della presenza della carità, dimenticando che non si può capire una mensa dalla quale, almeno uno, dietro l'esempio del Maestro, non si alzi per continuare nel mondo quella carità che è il fermento celeste del pane del mistero.
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Amico lontano e caro, non ti dico: torna anche quest'anno al rito del Mandato. Non ti dico neppure: non chiederti se noi comprendiamo quello che il Cristo ha fatto.
Appunto perché hai l'impressione che nelle nostre chiese ciò che tu giustamente chiami il capovolgimento sia in pericolo di diventare una semplice «forma rituale», io ti scongiuro di non fermarti quest'anno nella navata della tua chiesa, spettatore indeciso e indisposto. Portati avanti, fino alla tavola eucaristica per «levarti» subito dopo la comunione, non come un commensale qualunque, ma come un servo dell'Amore che deve cambiare il mondo.
I «capovolgimenti» non si attendono, si fanno. «Se sapete queste cose, siete beati se le fate».
lavanda dei piediservizioeucaristiagiovedì santo
inviato da Qumran, inserito il 09/06/2015
TESTO
37. Lavanda dei piedi, capovolgimento della vita (versione breve)
don Primo Mazzolari, Scritti
«Io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto» (Giovanni 13,15)
Un lontano mi scrive parole, che, se non mi sorprendono, mi fanno soffrire. «Non parteciperò al rito del giovedì santo. La lavanda mi ha sempre inchiodato. Forse passa per quest'impressione incancellabile il filo che mi tiene ancora avvinto, in un certo senso, alla chiesa. Ma se ci tornassi quest'anno con l'animo che mi hanno fatto gli avvenimenti all'insaputa di me stesso, mi verrebbe la tentazione di gridare anche contro di voi, che pur mostrate di capire tante cose: capite voi quello che fate? - Forse non l'avete mai capito: certo, adesso, non lo capite più. Quell'azione è un capovolgimento della vita e voi ne fate un rito».
Amico caro e lontano, nella mia chiesa non si fa la funzione del Mandato, ma il vangelo che lo racconta, lo leggo ugualmente a bassa voce - il tono dell'indegnità che si confessa - davanti al cenacolo, dopo l'Ufficio delle tenebre, quando non ci si vede più e ci si può vergognare di noi stessi senza falsi pudori. Lo leggo per me e, se vuoi, anche per te e per qualcun altro che soffre come noi, quantunque le parole decisive non si possano leggere che per sé.
Amico lontano e caro, non ti dico: torna anche quest'anno al rito del Mandato. Non ti dico neppure: non chiederti se noi comprendiamo quello che il Cristo ha fatto.
Appunto perché hai l'impressione che nelle nostre chiese ciò che tu giustamente chiami il capovolgimento sia in pericolo di diventare una semplice «forma rituale», io ti scongiuro di non fermarti quest'anno nella navata della tua chiesa, spettatore indeciso e indisposto. Portati avanti, fino alla tavola eucaristica per «levarti» subito dopo la comunione, non come un commensale qualunque, ma come un servo dell'Amore che deve cambiare il mondo.
I «capovolgimenti» non si attendono, si fanno. «Se sapete queste cose, siete beati se le fate».
lavanda dei piediservizioeucaristiagiovedì santo
inviato da Qumran2, inserito il 09/06/2015
RACCONTO
38. Si faccia avanti chi crede 2
Una domenica mattina, mentre stava per iniziare la Messa, in una piccola chiesa al confine tra il Venezuela e la Colombia, fecero irruzione una banda di guerriglieri armati fino ai denti. Tra lo sgomento generale, afferrarono il sacerdote e lo trascinarono fuori dalla chiesa facendo chiaramente capire che lo avrebbero giustiziato.
Poi il capo della banda rientrò in chiesa tra il terrore generale, dicendo ad alta voce: "Si faccia avanti chiunque crede veramente in queste stupidaggini della religione che vi insegna questo prete."
La paura si leggeva sul viso sbiancato di tutti i presenti. Ci fu un lungo silenzio pieno di tensione. Poi, un giovane trentenne si fece avanti e davanti allo capo dei guerriglieri orgogliosamente disse: "Io amo Gesù". Fu subito trascinato con rudezza fuori della chiesa.
Nel frattempo, altre 14 persone di varie età, si fecero avanti e davanti al capo della banda professarono la loro fede in Gesù. Uno dopo l'altro, anch'essi furono trascinati in malo modo fuori dalla chiesa, facendo presagire ai presenti la stessa sorte che sarebbe toccata al sacerdote. Passarono pochi attimi e i presenti sentirono il crepitare delle mitragliatrici.
Assicuratosi che non c'era più nessuno in chiesa desideroso di farsi identificare come cristiano, il capo dei guerriglieri, con fare sdegnato ordinò ai presenti di uscire immediatamente dalla chiesa.
Appena passata la soglia della chiesa si accorsero che il sacerdote e gli altri trascinati fuori a forza, erano sani e in piedi fuori della porta. A quest'ultimi, il capo dei guerriglieri ordinò di rientrare e di continuare la loro liturgia mentre a tutti gli altri disse in maniera sprezzante: "Non vi permettete assolutamente di rientrare in chiesa fino a quando non avrete il coraggio di morire per la vostra fede".
Detto questo, il gruppo sparì nella giungla con la stessa rapidità con la quale aveva fatto irruzione in chiesa.
Se ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te? (Dietrich Bonhoeffer)
martiriotestimonianzaessere cristiani
inviato da Padre Vincenzo PMS, inserito il 28/05/2015
PREGHIERA
39. Resta con noi, Signore, perché si fa sera
Antonietta Milella, Commento al Vangelo
Quando le parole non bastano, specialmente quelle scritte dalla tua mano.
Quando non basta che sei venuto a spiegarcele con la tua vita e a testimoniarne la verità con la tua morte.
Quando non basta tutto questo per riconoscerti nel compagno di viaggio che parla con noi.
Quando siamo tristi e smarriti perché pensiamo che te ne sei andato per sempre, nella maniera più atroce, triste e dolorosa e ci hai lasciati irrimediabilmente soli, senza speranza...
Ti prego, fermati a mangiare con noi.
La sera, il buio fa più paura, se tu non ci sei.
Rimani con noi, riposati un po', prima di riprendere il viaggio attraverso le strade del mondo.
Signore, resta con noi che non ancora riusciamo a capirti, non ancora riusciamo a capacitarci che sei andato a morire.
Signore, resta con noi ancora un poco, forse il miracolo di vederti risorto anche noi potremo vederlo, se ci aprirai gli occhi al tuo folgorante mistero.
Torna a spezzare quel pane che la sera prima di morire distribuisti ai tuoi discepoli, invitandoli a fare altrettanto, in memoria di te, perché tutti ne avessimo sempre.
Fatti conoscere nella quotidianità di un gesto così tanto familiare, non capito, dimenticato, quando solennemente lo benedicesti, perché non rimanessimo mai senza di te, mai ci sentissimo soli, mai pensassimo che te ne eri andato per sempre.
Ti voglio incontrare, Signore nel pane spezzato, un gesto che non abbiamo capito abbastanza, ti vogliamo, Signore, riconoscere nella semplicità di ciò che tu hai trasformato in segno indelebile di te che sei il Cristo morto e risorto per noi.
Vogliamo, Signore, incontrarti e abbracciati per sempre, sicuri che non te ne andrai, convinti che quand'anche fosse, hai dato ai tuoi ministri il potere di renderti vivo e presente nell'Eucaristia.
A torto abbiamo pensato che ci avevi illusi, dicendo che saresti stato sempre con noi, sbagliavamo quando ti abbiamo visto morire e non abbiamo creduto che saresti risorto, invano ti stavamo cercando senza guardarti nel volto, senza ascoltare parole che ci avrebbero dato speranza.
Ma ora che il pane è stato spezzato, ora sì che ho capito e ho gioito, perché a tutto tu avevi pensato prima di tornare dal Padre, trasformandoti in cibo e bevanda perenne, per quelli che avevano fame e sete di te.
Grazie Signore perché ora so che tu sei risorto davvero e per sempre.
Grazie, perché ora so dove trovarti.
preghieraeucaristiadiscepoli di emmaus
inviato da Antonietta Milella, inserito il 05/05/2015
PREGHIERA
40. Cristo, volto misericordioso del Padre
Convertici a Te, Gesù,
che sei venuto a chiamare i peccatori
e non i giusti che non hanno bisogno di redenzione.
Convertici a Te, in questo anno giubilare,
indetto da Papa Francesco, per aiutare
il cammino di credenti verso la penitenza,
la conversione e il rinnovamento spirituale e morale.
Riconosciamo, Signore, le nostre colpe di oggi
e tutte quelle della vita passata,
vissuta, molte volte, nell'ipocrisia e nella falsità.
Noi abbiamo bisogno del tuo perdono
e della tua misericordia
per sentire quanto è grande il tuo amore per noi,
e quanto tieni poco conto dei nostri errori,
e delle nostre deviazioni,
dalla tua santa legge, o Signore.
Non abbandonarci, Signore, nella tentazione
di poter fare a meno di Te,
illudendo noi stessi che è possibile
essere felici e vivere senza il tuo sorriso
e dell'abbraccio della tua paternità infinita.
Con il tuo aiuto, vogliamo sinceramente
riprendere il cammino che ci porta a Te,
mediante la Penitenza e l'Eucaristia,
sacramenti della nostra continua rinascita spirituale
nel segno della coscienza di quanto poco valiamo
se non siamo ancorati a Te che sei la Via, la Verità e la Vita.
Non sia, Gesù, il nostro pentimento
solo e soltanto esteriore o apparente,
ma tocchi le profondità del nostro essere
e le corde di quell'armonia d'amore
che solo tuo puoi ridonarci, Signore.
Convertici a Te, con la tua Parola,
che è luce ai nostri passi,
è forza nel nostro cammino
è consolazione nel nostro patire.
Convertici a Te Signore e abbatti in noi
l'orgoglio e la presunzione di essere giusti
come il fariseo al tempio,
mentre dovremmo batterci sinceramente il petto,
come il pubblicano che non ha avuto
neppure la forza di alzare gli occhi
e lasciarsi illuminare dal tuo volto,
indegno quale era di avanzare nel tempio,
quale segno di riavvicinamento a Te.
Signore, converti il nostro cuore,
la nostra vita,
la nostra storia.
Purifica tutto e lava le nostre colpe
nel tuo sangue prezioso versato sulla croce per noi.
Gesù abbi pietà di noi e non abbandonarci più
nelle nostre illusioni, delusioni e tentazioni,
non abbandonarci nel peccato,
ma donaci il tuo abbraccio di Padre
dal volto tenero e misericordioso.
Amen.
inviato da Antonio Rungi, inserito il 13/04/2015