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TESTO

1. Mai dimenticherò   2

Elie Wiesel, La notte

Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo,
che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi
trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l'eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima,
e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.

Elie Wiesel fu rinchiuso ad Auschwitz all'età di 15 anni.

olocaustogiornata della memoriashoahcampi di concentramento

5.0/5 (2 voti)

inserito il 07/08/2016

TESTO

2. Raggiungere Dio   1

Benedetto XVI, Udienza generale, 13 febbraio 2013

Penso alla figura di Etty Hillesum, una giovane olandese di origine ebraica che morirà ad Auschwitz. Inizialmente lontana da Dio, lo scopre guardando in profondità dentro se stessa e scrive: "Un pozzo molto profondo è dentro di me. E Dio c'è in quel pozzo. Talvolta mi riesce di raggiungerlo, più spesso pietra e sabbia lo coprono: allora Dio è sepolto. Bisogna di nuovo che lo dissotterri" (Diario, 97). Nella sua vita dispersa e inquieta, ritrova Dio proprio in mezzo alla grande tragedia del Novecento, la Shoah. Questa giovane fragile e insoddisfatta, trasfigurata dalla fede, si trasforma in una donna piena di amore e di pace interiore, capace di affermare: "Vivo costantemente in intimità con Dio".

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5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 07/02/2016

TESTO

3. Io, Elisa Springer, ho visto Dio   2

Elisa Springer, Il silenzio dei vivi, Marsilio Editori,1997

Io, Elisa Springer, ho visto Dio. Ho visto Dio, percosso e flagellato, sommerso dal fango, inginocchiato a scavare dei solchi profondi sulla terra, con le mani rivolte verso il cielo, che sorreggevano i pesanti mattoni dell'indifferenza. Ho visto Dio dare all'uomo forza, per la sua disperazione, coraggio alle sue paure, pietà alle sue miserie, dignità al suo dolore. Poi... lo avevo smarrito, avvolto dal buio dell'odio e dell'indifferenza, dalla morte del mondo, dalla solitudine dell'uomo e dagli incubi della notte che scendeva su Auschwitz. Lo avevo smarrito... insieme al mio nome, diventato numero sulla carne bruciata, inciso nel cuore con l'inchiostro del male, e scolpito nella mente, dal peso delle mie lacrime... Lo avevo smarrito... nella mia disperazione che cercava un pezzo di pane, coperta dagli insulti, le umiliazioni, gli sputi, resa invisibile dall'indifferenza, mentre mi aggiravo fra schiene ricurve e vite di morti senza memoria.

Ho ritrovato Dio... mentre spingeva le mie paure al di là dei confini del male e mi restituiva alla vita, con una nuova speranza: io ero viva in quel mondo di morti. Dio era lì, che raccoglieva le mie miserie e sollevava il velo della mia oscurità. Era lì, immenso e sconfitto, davanti alle mie lacrime.

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3.0/5 (2 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 23/01/2015

ESPERIENZA

4. Vorrei morire al suo posto   2

Le ore passano lente come secoli sotto un sole di piena estate che di ora, in ora si fa più spietato per quegli uomini distrutti dalla fame, dalla sete e dalla fatica. Qualcuno comincia a stramazzare al suolo svenuto. Se non si rianima sotto il grandinare delle percosse, è trascinato via, per i piedi e gettato in un angolo del "piazzale".
Testa di mastino, alle 18, si pianta, a gambe divaricate, davanti alle sue vittime, sul campo un silenzio di tomba.
"L'evaso non è stato ritrovato dieci di voi moriranno nel bunker della fame. La prossima volta toccherà a venti."
Lentamente il capo inizia la sua scelta fissando nello sguardo, uno ad uno i prigionieri e di ciascuno assaporando il terrore.
"Questo qui", Testa di mastino puntava a caso il suo indice sul numero cucito sulla giacca del prigioniero. Il drappello dei martiri è completo.

"Arrivederci amici, ci rivedremo lassù, dove c'è vera giustizia", "viva la Polonia! E' per essa che io do la mia vita".
Francesco G. n° 5659, piange disperato ricordando la moglie e i figli. Tra le file dei risparmiati lo sbigottimento lascia il posto ad un senso di sollievo, alla gioia: vivere ancora, sfuggendo alla morte atroce del bunker della fame. Un uomo esce dalle fila - numero 16.670 - e con passo deciso si presenta a Testa di Mastino.
"Cosa vuole da me questo sporco polacco?"
"Vorrei morire al posto di uno di quelli"
"Perché?"
"Sono vecchio, ormai (aveva 47 anni!) e buono a nulla - La mia vita non può più servire gran che."
"E per chi vuoi morire?"
"Per lui, ha moglie e bambini"
"Ma tu chi sei?"
"Un prete cattolico" P. Massimiliano Kolbe - n° 16.670

Era Massimiliano Maria Kolbe, morto ad Auschwitz il 14 agosto 1941 e proclamato santo nel 1982 da papa Giovanni Paolo II.

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4.7/5 (3 voti)

inviato da Qumran, inserito il 11/08/2014

TESTO

5. Auguri pasquali di Don Tonino bello   7

Tonino Bello

Cari amici,
come vorrei che il mio augurio, invece che giungervi con le formule consumate del vocabolario di circostanza, vi arrivasse con una stretta di mano, con uno sguardo profondo, con un sorriso senza parole!
Come vorrei togliervi dall'anima, quasi dall'imboccatura di un sepolcro, il macigno che ostruisce la vostra libertà, che non dà spiragli alla vostra letizia, che blocca la vostra pace!

Posso dirvi però una parola. Sillabandola con lentezza per farvi capire di quanto amore intendo caricarla: "coraggio"!
La Risurrezione di Gesù Cristo, nostro indistruttibile amore, è il paradigma dei nostri destini. La Risurrezione. Non la distruzione. Non la catastrofe. Non l'olocausto planetario. Non la fine. Non il precipitare nel nulla.

Coraggio, fratelli che siete avviliti, stanchi, sottomessi ai potenti che abusano di voi.
Coraggio, disoccupati.
Coraggio, giovani senza prospettive, amici che la vita ha costretto ad accorciare sogni a lungo cullati.
Coraggio, gente solitaria, turba dolente e senza volto.
Coraggio, fratelli che il peccato ha intristito, che la debolezza ha infangato, che la povertà morale ha avvilito.

Il Signore è Risorto proprio per dirvi che, di fronte a chi decide di "amare", non c'è morte che tenga, non c'è tomba che chiuda, non c'è macigno sepolcrale che non rotoli via.
Auguri. La luce e la speranza allarghino le feritoie della vostra prigione.

Vostro,
don Tonino, vescovo

Pasquaresurrezionerisortocoraggiosperanzafiducia

5.0/5 (5 voti)

inviato da Laura Sardonini, inserito il 07/04/2012

TESTO

6. Occhi nuovi   2

Tonino Bello

Nella preghiera eucaristica ricorre una frase che sembra mettere in crisi certi moduli di linguaggio entrati ormai nell'uso corrente, come ad esempio l'espressione "nuove povertà".

La frase è questa: "Signore, donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli...". Essa ci suggerisce tre cose.

Anzitutto che, a fare problema, più che le "nuove povertà", sono gli "occhi nuovi" che ci mancano. Molte povertà sono "provocate" proprio da questa carestia di occhi nuovi che sappiano vedere. Gli occhi che abbiamo sono troppo antichi. Fuori uso. Sofferenti di cataratte. Appesantiti dalle diottrie. Resi strabici dall'egoismo. Fatti miopi dal tornaconto. Si sono ormai abituati a scorrere indifferenti sui problemi della gente. Sono avvezzi a catturare più che a donare. Sono troppo lusingati da ciò che "rende" in termini di produttività. Sono così vittime di quel male oscuro dell'accaparramento, che selezionano ogni cosa sulla base dell'interesse personale. A stringere, ci accorgiamo che la colpa di tante nuove povertà sono questi occhi vecchi che ci portiamo addosso. Di qui, la necessità di implorare "occhi nuovi". Se il Signore ci favorirà questo trapianto, il malinconico elenco delle povertà si decurterà all'improvviso, e ci accorgeremo che, a rimanere in lista d'attesa, saranno quasi solo le povertà di sempre.

Ed ecco la seconda cosa che ci viene suggerita dalla preghiera della Messa. Oltre alle miserie nuove "provocate" dagli occhi antichi, ce ne sono delle altre che dagli occhi sono "tollerate". Miserie, cioè, che è arduo sconfiggere alla radice, ma che sono egualmente imputabili al nostro egoismo, se non ci si adopera perché vengano almeno tamponate lungo il loro percorso degenerativo. Sono nuove anch'esse, nel senso che oggi i mezzi di comunicazione ce le sbattono in prima pagina con una immediatezza crudele che prima non si sospettava neppure. Basterà pensare alle vittime dei cataclismi della storia e della geografia. Ai popoli che abitano in zone colpite sistematicamente dalla siccità. Agli scampati da quelle bibliche maledizioni della terra che ogni tanto si rivolta contro l'uomo. Alle turbe dei bambini denutriti. Ai cortei di gente mutilata per mancanza di medicine e di assistenza. Anche per queste povertà ci vogliono occhi nuovi. Che non spingano, cioè, la mano a voltar pagina o a cambiare canale, quando lo spettacolo inquietante di certe situazioni viene a rovinare il sonno o a disturbare la digestione.

E infine ci sono le nuove povertà che dai nostri occhi, pur lucidi di pianto, per pigrizia o per paura vengono "rimosse". Ci provocano a nobili sentimenti di commossa solidarietà, ma nella allucinante ed iniqua matrice che le partorisce non sappiamo ancora penetrare. La preghiera della Messa sembra pertanto voler implorare: "Donaci, Signore, occhi nuovi per vedere le cause ultime delle sofferenze di tanti nostri fratelli, perché possiamo esser capaci di aggredirle". Si tratta di quelle nuove povertà che sono frutto di combinazioni incrociate tra le leggi perverse del mercato, gli impianti idolatrici di certe rivoluzioni tecnologiche, e l'olocausto dei valori ambientali, sull'altare sacrilego della produzione. Ecco allora la folla dei nuovi poveri, dagli accenti casalinghi e planetari.

Sono, da una parte, i terzomondiali estromessi dalla loro terra. I popoli della fame uccisi dai detentori dell'opulenza. Le tribù decimate dai calcoli economici delle superpotenze. Le genti angariate dal debito estero. Ma sono anche i fratelli destinati a rimanere per sempre privi dell'essenziale: la salute, la casa, il lavoro, la partecipazione. Sono i pensionati con redditi bassissimi. Sono i lavoratori che, pur ammazzandosi di fatica, sono condannati a vivere sott'acqua e a non emergere mai a livelli di dignità. Di fronte a questa gente non basta più commuoversi. Non basta medicare le ustioni a chi ha gli abiti in fiamme. I soli sentimenti assistenziali potrebbero perfino ritardare la soluzione del problema. Occorre chiedere "occhi nuovi".

"Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli". Occhi nuovi, Signore. Non cataloghi esaustivi di miserie, per così dire, alla moda. Perché, fino a quando aggiorneremo i prontuari allestiti dalle nostre superficiali esuberanze elemosiniere e non aggiorneremo gli occhi, si troveranno sempre pretestuosi motivi per dare assoluzioni sommarie alla nostra imperdonabile inerzia. Donaci occhi nuovi, Signore.

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5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Giosuè Lombardo, inserito il 12/08/2003

TESTO

7. Se questo è un uomo   2

Primo Levi, Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per un pezzo di pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.



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5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 31/03/2003