I tuoi ritagli preferiti

PERFEZIONA LA RICERCA

Tutti i ritagli

Indice alfabetico dei temi

Invia il tuo ritaglio

Hai cercato luce fede

Hai trovato 95 ritagli

Ricerca avanzata
tipo
parole
tema
fonte/autore

Pagina 1 di 5  

TESTO

1. Una meravigliosa scoperta

Chiara Amirante, Alzati e rivestiti di luce

Una meravigliosa scoperta ha colorato la nostra vita. Un evento straordinario, l'evento degli eventi: l'ineffabile, l'inenarrabile, l'indescrivibile, il trascendente, l'Onnipotente, l'Eccelso, l'immensamente irraggiungibile, è venuto ad abitare in mezzo a noi, si è reso piccolo, fragile, palpabile. Per noi!

Ed è il mistero. Il mistero della nostra fede: l'incarnazione, Colui che è l'Assoluto, Colui che è Dio diventa l'Emmanuele, il Dio con noi, il Dio presente in mezzo a noi. È questa la scoperta che ci ha cambiato la vita, che ci fa danzare, ci fa saltare, ci fa gioire, ci fa sorridere.

natalenativitàsalvezzaincarnazione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 27/07/2023

PREGHIERA

2. Preghiera per la prima Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani

Papa Francesco

Ti rendo grazie, Signore,
per il conforto della Tua presenza:
anche nella solitudine,
sei la mia speranza, la mia fiducia;
fin dalla giovinezza, mia roccia e mia fortezza tu sei!

Ti ringrazio per avermi donato una famiglia
e per la benedizione di una lunga vita.
Ti ringrazio per i momenti di gioia e di difficoltà,
per i sogni realizzati e quelli ancora davanti a me.
Ti ringrazio per questo tempo di rinnovata fecondità
a cui mi chiami.

Accresci, o Signore, la mia fede,
rendimi uno strumento della tua pace;
insegnami ad accogliere chi soffre più di me,
a non smettere di sognare
e a narrare le Tue meraviglie alle nuove generazioni.

Proteggi e guida papa Francesco e la Chiesa,
perché la luce del Vangelo giunga ai confini della terra.
Manda il Tuo Spirito, o Signore, a rinnovare il mondo,
perché si plachi la tempesta della pandemia,
i poveri siano consolati e termini ogni guerra.

Sostienimi nella debolezza,
e donami di vivere in pienezza
ogni istante che mi doni,
nella certezza che sei con me ogni giorno
fino alla fine del mondo.

Amen.

nonnianzianivecchiaia

inviato da Qumran2, inserito il 11/02/2022

PREGHIERA

3. Preghiera Via Crucis Colosseo 2019

Papa Francesco, Via Crucis al Colosseo, Venerdì Santo, 19 aprile 2019

Signore Gesù, aiutaci a vedere nella Tua Croce tutte le croci del mondo:
la croce delle persone affamate di pane e di amore;
la croce delle persone sole e abbandonate perfino dai propri figli e parenti;
la croce delle persone assetate di giustizia e di pace;
la croce delle persone che non hanno il conforto della fede;
la croce degli anziani che si trascinano sotto il peso degli anni e della solitudine;
la croce dei migranti che trovano le porte chiuse a causa della paura e dei cuori blindati dai calcoli politici;
la croce dei piccoli, feriti nella loro innocenza e nella loro purezza;
la croce dell'umanità che vaga nel buio dell'incertezza e nell'oscurità della cultura del momentaneo;
la croce delle famiglie spezzate dal tradimento, dalle seduzioni del maligno o dall'omicida leggerezza e dall'egoismo;
la croce dei consacrati che cercano instancabilmente di portare la Tua luce nel mondo e si sentono rifiutati, derisi e umiliati;
la croce dei consacrati che, strada facendo, hanno dimenticato il loro primo amore;
la croce dei tuoi figli che, credendo in Te e cercando di vivere secondo la Tua parola, si trovano emarginati e scartati perfino dai loro famigliari e dai loro coetanei;
la croce delle nostre debolezze, delle nostre ipocrisie, dei nostri tradimenti, dei nostri peccati e delle nostre numerose promesse infrante;
la croce della Tua Chiesa che, fedele al Tuo Vangelo, fatica a portare il Tuo amore perfino tra gli stessi battezzati;
la croce della Chiesa, la Tua sposa, che si sente assalita continuamente dall'interno e dall'esterno;
la croce della nostra casa comune che appassisce seriamente sotto i nostri occhi egoistici e accecati dall'avidità e dal potere.
Signore Gesù, ravviva in noi la speranza della risurrezione e della Tua definitiva vittoria contro ogni male e ogni morte. Amen!

crocecrocisperanzavia crucis

inviato da Qumran2, inserito il 13/05/2019

PREGHIERA

4. Vieni a colmare la nostra attesa

Luigi Pozzoli, E' bello per noi restare qui. Una comunità prega i Vangeli festivi

Signore Gesù,
tra non molti giorni
celebreremo il Natale.
Sapremo trovare le parole più toccanti
per dire a tutti la nostra gioia
nell'accogliere la tua presenza
che abbiamo atteso e invocato
con il senso della nostra mendicante povertà?
Abbiamo bisogno di parole molto semplici,
di parole umili
che però vengano dal cuore.
Abbiamo bisogno, come Giovanni,
di non vantare alcun merito,
ma di sentirci, semplicemente,
voce della tua Parola,
piccolo riflesso della tua grande luce,
lampada che arde e risplende,
sia pure in misura molto modesta,
per le persone che abbiamo accanto,
per i nostri familiari,
per i nostri amici
e per tanti fratelli e sorelle
che sono in cerca di una luce
per il loro cammino e il loro futuro.
La tua gioia sia il sapore della nostra fede,
la tua Parola sia l'orizzonte del nostro esistere,
la tua luce sia il conforto della nostra speranza.
Signore Gesù,
vieni a colmare la nostra attesa
con la certezza
che tu sei sempre accanto a noi,
anche quando i nostri occhi velati
non sanno scorgere le tracce
della tua meravigliosa, divina presenza.
Amen.

nataleattesapresenza

inviato da Cesarina Volontè, inserito il 29/12/2018

TESTO

5. Il vero significato dell'Avvento   1

Goffredo Boselli

Per John Henry Newman il nome del cristiano è “colui che attende il Signore”. Invece dobbiamo riconoscerlo: da secoli, in occidente, l'attesa della venuta del Signore è una dimensione perlopiù assente nella vita di fede dei cristiani. Era il rammarico di Ignazio Silone che scriveva: "Mi sono stancato di cristiani che aspettano la venuta del loro Signore con la stessa indifferenza con cui si aspetta l'arrivo dell'autobus".

Rivelatore di questa realtà è il modo abituale di comprendere e vivere l'Avvento. Io sono persuaso che l'Avvento è il tempo liturgico oggi meno compreso nel suo valore e nel suo significato. Lo si è ridotto a tempo di preparazione alla festa del Natale. Che tristezza! Non si comprende che l'Avvento è la chiave di tutto l'anno liturgico: l'escatologia è la verità dimenticata dell'intero anno liturgico.

L'Avvento è la chiave per comprendere la celebrazione delle feste della manifestazione del Signore nella carne: i fatti che hanno immediatamente preceduto la nascita di Gesù Cristo, la sua nascita a Betlemme, la manifestazione ai Magi, il battesimo nel Giordano fino alle nozze di Cana. Capiti nella loro intelligenza spirituale, i testi liturgici dell'Avvento esprimo non l'attesa di una nascita già avvenuta nella storia una volta per tutte, quanto piuttosto l'attesa della definitiva venuta di Cristo nella gloria.

Domandiamoci: ma com'è possibile che la liturgia cristiana, che è sempre memoriale della morte e risurrezione di Cristo finché egli venga, faccia di noi cristiani gente per la quale il Signore non è ancora nato e dobbiamo attendere la sua nascita? Se la liturgia dell'Avvento ci costringesse a immedesimarci in coloro che duemila anni fa attesero la nascita di Gesù, la liturgia sarebbe nient'altro che l'artefice di un complesso sociodramma, ossia di una rievocazione ritualizzata degli eventi fondatori del cristianesimo. La nascita non la si attende ma la si commemora (commemoratio nativitatis Domini nostri Jesu Christi), ciò che si attende è invece la parusia che è il compimento del mistero Pasquale.

Il modo di vivere l'Avvento è il simbolo della diffusa perdita della dimensione escatologica che è uno dei tratti distintivi del cristianesimo moderno e contemporaneo occidentale. La progressiva spiritualizzazione dell'escatologia ha portato l'esistenza cristiana a soffrire di un male grave: l'amnesia della parusia. Osservando come la malattia del nostro tempo sia la volontà di dimenticare l'avvento di Dio, J.B. Metz in una preziosa meditazione sull'Avvento pone una domanda:

"Domandiamoci una volta in questi giorni di Avvento e di Natale: non agiamo forse, segretamente, come se Dio fosse restato tutto alle nostre spalle, come se noi - frutti tardivi di questo ventesimo secolo post Christum natum - potessimo trovare Dio solamente in un facile e malinconico sguardo del nostro cuore, una debole luce riflessa alla grotta di Betlemme, al bambino che ci è stato dato?

Abbiamo noi qualche cosa di più della visione di questo bambino negli occhi, quando nelle nostre preghiere e nei nostri canti proclamiamo: è l'Avvento di Dio? Pendiamo qualche cosa di più del Dio dei nostri ricordi e dei nostri sogni? Cerchiamo realmente Dio anche nel nostro futuro? Siamo uomini dell'Avvento, che hanno nel cuore l'urgenza della venuta di Cristo, e con gli occhi che spiano, cercando negli orizzonti della propria vita il suo volto albeggiante?".

Oggi, dobbiamo riconoscerlo, vi è una patologia nel modo di vivere l'Avvento. In realtà l'Avvento è il solo specifico cristiano, perché un tempo di digiuno e penitenza come la Quaresima la condividiamo con l'islam, il tempo della Pasqua con l'ebraismo, ma l'attesa della venuta del Kyrios è solo cristiana. Solo noi cristiani attendiamo il ritorno di Cristo da lui stesso promesse: "Sì vengo presto! Amen" (Ap 22,20). Per questo, privare l'anno liturgico della sua costitutiva dimensione escatologica significa sottrarre alla fede cristiana la dimensione della speranza.

Così compreso e vissuto, l'Avvento sarebbe il tempo dell'anno liturgico più eloquente per i credenti di oggi. Uomini e donne che faticano a sperare perché privati di ogni speranza, a volte perfino incapaci di sperare. Per questo, occorre fare attenzione a liturgie troppo festanti al limite del superficiale, eccessive nei toni e negli accenti, quasi che si debba sempre e a ogni costo far festa.

Domandiamoci: si è altrettanto capaci di offrire ai credenti liturgie capaci di suscitare la speranza, di nutrirla. Liturgie capaci di dare ragioni per sperare a cuori stanchi e affaticati, capaci di risollevare quanti, come i discepoli di Emmaus, si fermano “con il volto triste”. Lo sappiamo, la fatica a credere ad avere fiducia negli altri, nella vita, nel futuro, è uno dei tratti che caratterizzano l'uomo e la donna occidentali dei nostri giorni e questo non può non segnare anche la fede del credente contemporaneo.

Comprendere l'anno liturgico come un ciclo, un anello chiuso su di sé ma come un movimento elicoidale che mette la vede in cammino significa, nel preciso contesto antropologico, culturale e sociale nel quale viviamo, comprendere che le nostre liturgie, e più in generale le celebrazioni dei sacramenti, sono oggi chiamate ad ospitare un modo di vivere la fede, anche tra i credenti più assidui, che non è più, come un tempo, la somma di certezze incrollabili ma è l'espressione di un desiderio di qualcosa e di qualcuno in cui poter sperare, così che credere significa aggrapparsi a una speranza.

Oggi la fede è, infatti, perlopiù esperimentata come l'apertura a una speranza. Nutrire la speranza, questo oggi è il compito primo dell'anno liturgico, dare ragioni per alimentare per esercitarsi a credere che si sono realtà non visibili, e queste realtà sono la nostra salvezza. Uscire dalla precarietà in cui ci si trova per entrare un giorno nella condizione di beatitudine in Dio. “Solo la speranza nella vita eterna ci fa propriamente cristiani”, ha scritto Agostino.

Oggi è molto difficile parlare di speranza, dare ragioni per speranza, eppure questo è il compito oggi dell'anno liturgico, perché la mancanza di speranza rende l'uomo estraneo al tempo, irrimediabilmente assente a questo tempo presente. La speranza è esattamente questo: volere infinitamente il finito, è vivere eternamente il tempo. Come ha scritto Emmanuel Mounier in un saggio dedicato a Péguy, la speranza “rifà ciò che l'abitudine disfa. È la sorgente di tutte le nascite spirituali, di ogni libertà, di ogni novità. Semina cominciamenti là dove l'abitudine immette morte”.

avventoanno liturgicoattesasperanzaparusia

inviato da Francesco De Luca, inserito il 15/01/2018

PREGHIERA

6. Preghiera per un bambino che riceve il Battesimo

Mirella Iovine

Signore, ti prego per (nome bambino):
è nato unico ed irripetibile: fa' che cresca nella consapevolezza
di essere un dono prezioso per te e per tutti noi.
È nato in una famiglia felice:
fa' che non ci siano mai né divisioni, né incomprensioni.
È nato nell'amore e nella libertà: fa' che conservi sempre
il suo cuore per amare e la sua mente per pensare.
È nato pieno di voglia di vivere: fa' che non si scoraggi mai
di fronte alle delusioni e alle amarezze della vita;
È nato in una famiglia cristiana che scegliendo il Battesimo
ha messo nel suo cuore il seme della fede:
fa' che crescendo possa alimentare questo dono
e confermarlo con il sacramento della Cresima,
perché possa fare le giuste scelte tra un bene e un altro bene.
Signore, sii sempre il suo compagno di viaggio e la luce dei suoi passi
affinché non smarrisca mai la strada che conduce a te.
Il suo splendido sorriso possa sempre brillare sul suo volto
e contagiare tutti coloro che lo amano e che gli augurano
un futuro sereno e colmo di gioia e di felicità.
Amen!

battesimo

inviato da Mirella Iovine, inserito il 26/09/2017

RACCONTO

7. Il quarto dono

Gulli Morini

Gesù è nato a Betlemme e dal lontano oriente tre sapienti si sono messi in viaggio per venire a conoscere il re dei re. Li guida una stella, ma in realtà non sanno cosa troveranno. Il linguaggio degli astri ha detto loro che è nato un re: porterà la pace nel mondo, inizierà un regno che non avrà mai fine e unirà il cielo con la terra, ma non ha detto loro dove accadrà tutto questo e, soprattutto, come. Ecco allora che, seguendo la stella, arrivano in Palestina.
Dove andreste a cercare il futuro re? Nella città più grande, nei palazzi dove abitano i ricchi e i potenti, ed è proprio quello che fanno i tre magi a Gerusalemme.

«Dov'è il re dei Giudei che è nato?», vanno chiedendo a tutti, ma nessuno sa rispondere loro.
«Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» affermano con sicurezza i tre forestieri, e all'udire queste parole tutti, ma proprio tutti, si stupiscono, perché a un re normalmente si fa omaggio, ma non adorazione; per questo tutti comprendono bene che i Magi cercano un grande re, non uno dei tanti che regnano sulla terra.
Il loro abbigliamento, le loro domande insistenti non passano inosservate e vengono riferite a chi ha il potere in quel paese, e cioè al re Erode, ma anche ai soldati romani che da anni hanno conquistato la Palestina e sono di fatto i veri padroni del territorio.
Il comandante del presidio di Gerusalemme invia loro un soldato con la scusa di proteggerli, ma in realtà per sapere cosa c'è di vero nelle loro affermazioni.
Erode raduna i suoi consiglieri più fidati, gli studiosi della bibbia di quel tempo per conoscere dove avrebbe dovuto nascere il più grande di tutti i re, cioè il Messia d'Israele. La risposta, come potete leggere nel Vangelo di S. Matteo, è Betlemme, allora il re fa' chiamare segretamente i Magi perché ha in mente un piano. Invia i magi a Betlemme e chiede loro di tornare quando l'avranno trovato, così potrà andare anche lui ad ad «adorarlo». Di fatto pensa solo ad individuare il suo rivale per eliminarlo.

Ecco allora che i tre Magi riprendono il cammino assieme al soldato romano che li scorta sul suo cavallo, armato di lancia e di spada. I tre personaggi parlano tra di loro, sono emozionati perché sperano di arrivare presto alla fine del loro viaggio. Il soldato, che si chiama Longino, ascolta tutto con grande attenzione, così impara quali sono le caratteristiche di questo re nato da poco che i tre sapienti stanno cercando con impazienza.
Sarà un re più grande di ogni altro re; il suo regno si estenderà su tutti i popoli (e questo preoccupa molto il romano se pensa che l'impero della sua Roma possa essere in pericolo), ma nonostante tutto questo sarà un regno di pace, un regno buono, come non ce ne sono stati altri.
Alla sera, quando si accendono le prime stelle, i tre saggi scrutano con visibile apprensione il cielo e d'improvviso scoppiano in esclamazioni di gioia: la stella, ecco di nuovo la stella!
«Quale stella?» chiede Longino ai sapienti che lo guardano con occhi pieni di felicità.
«Guarda, quella è la stella che ci ha guidati», dice Melchiorre indicando un punto luminoso nel cielo.
«E' la stella del più grande dei re, come dicono tutti i libri che insegnano il linguaggio delle stelle», continua Gasparre.
«L'abbiamo vista per la prima volta nei territori d'oriente, da dove veniamo, alcuni mesi fa», aggiunge Baldassarre.
«Per settimane ci ha guidato, poi è sparita, così abbiamo proseguito il cammino solo sulla fiducia», riprende Melchiorre.
«Ma ora i nostri occhi la vedono di nuovo e la nostra gioia è talmente grande che tu non puoi nemmeno immaginare», conclude Gasparre.
«Voi saggi stranieri non lo sapete - dice Longino - ma la stella è proprio nella direzione di Betlemme, che dista da qui meno di un'ora di cammino».
I tre Magi sono eccitati come bambini.
«Cosa aspettiamo? Presto, prepariamo i doni. Partiamo subito», si dicono l'un l'altro.
Longino vorrebbe trattenerli, ma i tre sapienti insistono tanto che alla fine il romano è costretto a far loro da guida.

Il viaggio diventa sempre più disagiato, perché ormai il buio è totale e si intravede solo la via al bagliore delle stelle. L'aspettativa dell'evento ha contagiato anche il soldato, cosicché la comitiva procede in silenzio. Ognuno pensa a ciò che tra poco troverà: un sapiente, un re, un inviato dal cielo, un pericoloso concorrente.
Dopo più di un'ora di viaggio difficoltoso i quattro finalmente giungono in vista delle luci di Betlemme. A quel tempo non c'erano le strade illuminate come adesso. Solo chi era sveglio aveva un lume acceso che filtrava appena dalle finestre già chiuse. Nel buio totale della campagna bastava una luce o due per segnalare la presenza di un villaggio.
Eccolo il paesino tanto a lungo cercato. Una decina di case costruite sulla roccia, qualche muro che circonda cortili e piccoli orti, una luce accesa fuori di una porta dalla quale esce luce e un brusìo continuo. I quattro entrano e si trovano in una locanda. Tre soldati romani ad un tavolo, qualche altro cliente agli altri tavoli, ben lontani dai soldati. Longino si avvicina ai commilitoni, scambia qualche parola in latino, poi va dall'oste, parla animatamente per qualche minuto, poi torna dai Magi che aspettano in piedi vicino alla porta.
«Nessuno sa nulla, nessun personaggio importante è passato di qui ultimamente. Tanti ebrei sono passati di qui in occasione dell'ultimo censimento, ma si trattava quasi esclusivamente di povera gente, se non proprio di straccioni. In qualche momento c'è stata tanta gente che qualcuno ha dovuto alloggiare nelle grotte dei pastori che si trovano intorno al villaggio.»
I quattro escono delusi dalla locanda e si ritrovano in una specie di piazza, nello spazio lasciato libero da alcune casette tutt'intorno. I magi guardano il cielo e interrogano muti la stella che li ha guidati fin qui. Tutte le stelle brillano con qualche tremore della luce, ma questa brilla in un modo strano anche se non fa più luce delle altre.
«E' qui vicino, guardate la stella, sembra che danzi», dice Gasparre come in trance.
«Sembra che stia cantando e che ci chiami», risponde Melchiorre come in estasi.
«Andiamo», dice Gasparre come in sogno.
Longino non capisce bene, ma anche lui è affascinato da questa strana atmosfera che si è creata e senza parlare segue i tre sapienti che si sono incamminati per un sentiero che esce dal paese, nella stessa direzione della stella.

A meno di cinque minuti di cammino c'è una grotta, dentro una piccola luce. I piedi camminano da soli, i quattro procedono come automi e si fermano sulla soglia della grotta. Quello che vedono è molto diverso da quel che si aspettavano. Un giovane uomo che gioca con un bimbo in braccio mentre la moglie, giovanissima, sta cucinando in un angolo della grotta. Di fianco a loro un bue ed un asinello legati vicino ad una greppia. Il giovane uomo si accorge della presenza dei nuovi arrivati e senza nessuna esitazione li invita ad entrare.
«La notte è umida, lì fuori: entrate e dividete con noi la nostra cena.» Poi, rivolto alla moglie: «Maria, il Signore benedice la nostra dimora con quattro ospiti.»
«Siate i benvenuti, riposatevi qualche istante mentre io impasterò e cuocerò per voi delle focacce», risponde lei.
I quattro entrano, si siedono su alcune logore stuoie per terra ed osservano questa piccola famiglia cercando con gli occhi conferme ai loro pensieri più profondi. Si aspettavano tutto tranne la straordinaria normalità di ciò che vedono: una semplice famiglia che vive l'ancor più semplice felicità di tutti i giorni che è stata loro concessa dalla nascita di un figlio. La sicurezza che accompagnava i tre saggi durante la loro ricerca è svanita. Più che delusi sono sorpresi. Qui niente ha l'apparenza dell'abitazione di un re, nemmeno le persone che stanno davanti a loro hanno un comportamento di chi aspira a comandare, le parole che sentono non son quelle di chi ha studiato tanto sui libri o di chi ha grandi sogni ed ambizioni. Eppure tutt'intorno a quel bambino c'è una tale atmosfera d'amore che i tre saggi, ma anche il soldato, ne sono conquistati. Non sono sicuri di essere davvero arrivati perché qui non corrisponde nulla alle loro aspettative, per questo debbono cambiare completamente prospettiva per poter vedere con altri occhi ciò che sta loro innanzi.
Più tardi, mentre mangiano tutti insieme, decidono di fidarsi della loro intuizione e raccontano del loro viaggio, del messaggio delle stelle, dei presagi sul futuro di quel bimbo che ora dorme nella mangiatoia degli animali. Maria e Giuseppe, suo sposo, ascoltano stupiti il racconto dei Magi. Capiscono che possono fidarsi di loro e raccontano dei pastori che, la notte della nascita di Gesù, loro figlio, erano accorsi raccontando di visioni di angeli nel cielo.
Longino ascolta anche queste notizie senza ben capire se deve considerarle verità o frutto d'immaginazione. L'unica cosa che percepisce chiaramente è un'atmosfera di serenità che lo circonda. Per i Magi invece questo racconto è la conferma che cancella tutti i loro dubbi. Sicuramente quel bimbo che dorme tranquillamente nella paglia profumata sarà il grande re annunciato dalle stelle, ma sarà anche molto diverso da tutti gli altri. Il loro cuore e non solo la mente finalmente si è aperto, è ora di aprire anche le bisacce e offrire i doni che hanno portato dal loro paese per il Re dei re. A turno depongono ai piedi del bambino Gesù l'oro, segno di ricchezza della regalità, l'incenso, profumo che sale al cielo segno di unione Dio, e mirra, profumo raro e prezioso, segno di nobiltà e di pulizia terrena, ma anche di profonda umanità, visto che viene usato anche nei riti di sepoltura.
Longino è confuso da questa atmosfera che si è creata: percepisce che quel bambino avrà un futuro misterioso e decide di donare anche lui qualcosa, ma non ha nulla. Allora prende la lancia e la depone ai piedi di Gesù: un re deve avere potere anche se sarà un re di pace: se non vorrà fare guerre almeno potrà difendersi, e la lancia è l'arma più adatta a tener lontani i nemici. Giuseppe e Maria osservano tutto con grande attenzione mista a sorpresa: anche questi doni sono davvero inaspettati. Poi Giuseppe prende la lancia e la restituisce al soldato.
«Amico soldato, non ti offendere se non accetto il tuo dono. Capisco la tua buona intenzione e te ne sono profondamente grato. Non so cosa diventerà da grande mio figlio, ma prego il Signore che non tocchi mai un'arma e che il suo potere sia solo di amore.»
Longino si guarda intorno ma non vede ombra di rimprovero o di commiserazione, ma solo sguardi di comprensione e di stima, allora riprende la lancia e torna a sedersi sulla sua stuoia silenzioso. C'è qualcosa che gli sfugge, che non riesce a capire, che non riesce ad accettare. È tardi, per tutti c'è bisogno di dormire. Il sonno dei Magi è ricco di emozioni, di presagi, di calcoli astronomici. Quello di Longino è un sonno pesante, un po' disilluso, ma anche affascinato dalla serenità di un incontro inaspettato.

È Gesù che sveglia tutti poco prima dell'alba perché ha fame. Maria lo allatta cantando sottovoce per non disturbare gli ospiti, ma questi sono già svegli. I tre saggi discutono tra si loro sommessamente, mentre Longino accompagna Giuseppe a prendere del latte dai pastori che stanno in una grotta poco lontano. Il cielo è ormai chiaro, è l'ora di salutarsi, ma prima che Gesù si riaddormenti i tre sapienti lo prendono a turno in braccio e lo cullano guardandolo con grande affetto. Sembra che se lo mangino con gli occhi, che vogliano fissare per sempre nella mente l'immagine di quel fanciullo che per loro è così importante. Prima di riconsegnarlo alla madre lo sollevano e tenendolo più alto delle loro teste chinano il capo in segno di omaggio, di sottomissione e di adorazione. Anche il romano saluta con gentilezza e accarezza delicatamente il piccino.
I quattro s'incamminano silenziosamente verso Betlemme, ma dopo poco Baldassarre chiede a Longino: «Cambiamo strada, non torniamo a Gerusalemme, andiamo direttamente ad oriente, torniamo a casa.»
«Ma Erode vi aspetta.»
«E lascia che aspetti: secondo me considera il bambino come un rivale che intralcia i suoi progetti», risponde Gasparre.
«E poi non potrà certamente capire quali possano essere i piani di questo fanciullo: non sono chiari nemmeno per noi!», conclude Melchiorre.
Dopo qualche giorno i Magi salutano il soldato romano e lo rimandano alla sua guarnigione.
«Vai, riferisci al tuo comandante ciò che hai visto: Roma non deve aver paura di un bimbo che parlerà di pace e non di guerra. Il cielo ti benedica buon Longino.»

Passano più di trent'anni, Gesù è stato crocifisso da pochi giorni e a Gerusalemme si è sparsa la voce che è risorto. Alcuni discepoli dicono perfino di averlo visto, di aver mangiato con lui. Nel Cenacolo sono riuniti i suoi apostoli, hanno paura perché c'è chi li ha già minacciati di morte. Il sommo sacerdote e i capi religiosi vogliono chiudere per sempre l'avventura di un maestro, di un profeta troppo scomodo che ha avuto l'ardire di chiamarsi Figlio di Dio: chiunque osa affermare che Gesù è risorto viene imprigionato. Alla porta del Cenacolo qualcuno bussa: è un soldato romano, e subito il terrore si dipinge sul volto degli apostoli. Ma è un volto noto, è il vecchio Longino, il più anziano tra i soldati della guarnigione, rispettato da tutti perché non ha mai abusato del proprio potere.
Appena entrato depone la spada e la lancia per terra e chiede di parlare con Pietro. È qui a titolo personale, spiga subito, non in veste ufficiale. Vuole sapere se è vero quel che dicono di Gesù. Pietro si fida di lui e racconta di averlo visto più volte e di aver assistito alla sua ascensione al cielo in Galilea. Allora Longino si mette a piangere, sommessamente, ma incapace di smettere. Tutti gli apostoli gli sono intorno stupiti cercando di fargli coraggio, poi, finalmente, il vecchio soldato riesce a trattenersi. Viene fatto sedere e comincia il suo racconto.
«Sono io che sul Golgota ho trafitto il costato di Gesù con quella lancia», dice con fatica.
«Ti ho visto, c'ero anch'io - conferma Giovanni - ma non sei stato tu ad ucciderlo, non devi avere rimorsi».
«Lo so, ma non avevo ancora capito nulla, ero deluso per la seconda volta.»
«Non capisco per cosa tu sia rimasto deluso, e soprattutto perché la seconda volta», dice Pietro.
«E' una storia lunga», esordisce il vecchio soldato, quindi racconta il primo incontro con Gesù nella grotta di Betlemme. «Cercavo un re, il più grande dei re, ma ho trovato un bambino, una famiglia meravigliosamente normale, troppo normale per far crescere un re speciale. Ho provato nonostante la mia delusione ad offrirgli tutto ciò che avevo, cioè la mia lancia, ma mi è stata rifiutata, allora ho pensato, a differenza dei tre sapienti, di aver fallito la mia ricerca. È passato tanto tempo da quel giorno. Sono tornato a Roma e dopo parecchi anni son tornato qui e ho sentito parlare di Gesù. L'ho cercato, una volta l'ho persino ascoltato e ne sono rimasto turbato. Forse, pensavo, nonostante tutto poteva essere lui quello che doveva venire, anche se era così diverso da come l'aspettavo. Ma la mia speranza è morta con lui sul Golgota. Non sono io che l'ho ucciso, ma la mia incredulità lo ha trafitto, proprio con quella lancia che più di trent'anni fa lui mi aveva rifiutato. Ma adesso è risorto. Tanti lo dicevano e io non volevo crederci. Eppure questa notizia sconvolgente si è aggrappata al mio cuore e non ha più voluto staccarsi: ho cercato inutilmente di cancellarla, di pensare che era impossibile, che era una solo una voce messa in giro per confondere i più deboli e creduloni. Alla fine mi son deciso a venire da voi, i suoi amici per avere una parola definitiva, ed ora voi mi testimoniate che è vero: è risorto. Solo adesso, finalmente, i miei occhi cominciano a vedere, il mio cuore crede quel che la mia mente ha sempre rifiutato. Comincio adesso a capire che nulla è successo per caso, che tutto, proprio tutto è servito perché il suo disegno si compisse. Quando a Betlemme ho voluto donargli la mia lancia, Gesù non l'ha rifiutata, l'ha accettata ma me l'ha lasciata in custodia fin quando non è servita, sul Golgota. Sì, ha preso anche la mia lancia non per conquistare o comandare, ma solo per donarci il suo sangue fino all'ultima goccia.»
Maria, presente in mezzo al gruppo degli apostoli, non ha perso una sola parola del romano: il suo stupore e la sua commozione sono evidenti. Non apre bocca, come pure nessuno dei dodici, come se volesse ben imprimersi nella memoria quella testimonianza.
Dopo qualche istante di silenzio, Pietro propone di pregare tutti assieme e di ringraziare Dio per il dono di Gesù. Longino si ritira in un angolo della stanza per rispetto delle usanze degli Ebrei. È una preghiera semplice «Benedetto sei tu, Signore, che ci hai donato Gesù, tuo figlio, il quale ha versato il suo sangue per la nostra salvezza ed è risorto dai morti per confermare la nostra fede
Nel silenzio che segue alla preghiera si sente un fragore come di un vento che scuote le porte, le finestre si spalancano con frastuono e una luce, come una palla di fuoco entra nel cenacolo e si divide in tante piccole fiamme che scendono sulla testa degli apostoli e sulla Madonna. Ancora una volta Longino è testimone di un evento straordinario ed assiste alla prima predicazione pubblica fatta dagli apostoli per bocca di Pietro dopo la discesa dello Spirito Santo. Nei giorni successivi frequenta assiduamente i dodici, poi dà le dimissioni da soldato e si fa battezzare.

Il soldato romano che trafigge Gesù con la lancia compare anche nei Vangeli Apocrifi: è da queste fonti che abbiamo il suo nome. La tradizione vuole anche che la sua conversione sia stata talmente esemplare da farlo diventare uno dei primi vescovi della Cappadocia, e poi santo martire.

ricerca di Diore magiepifaniacrocifissione

inviato da Guglielmo Morini, inserito il 26/09/2017

PREGHIERA

8. Entra ancora, Gesù   2

Entra ancora, Gesù, nel nostro cuore
come nel santuario del Padre tuo e Padre nostro.
Posa ancora il tuo sguardo
nei suoi angoli più segreti, dove nascondiamo
le nostre più gravi preoccupazioni
e gli affanni più sofferti,
quelli che tante volte ci tolgono serenità e pace;
quelli che tante volte ci fanno vacillare nella fede
e rivolgere il nostro sguardo lontano da te.
Fa' luce e discerni, purifica, libera
da ciò che non vorremmo lasciare, ma pure ci opprime!
Sia casa di lode, di canto e di supplica
questo povero cuore.
Sia pieno di luce, aperto all'ascolto,
ricco solo di te, a lode del Padre.
Visita ancora, Gesù, le nostre comunità:
recidi all'insorgere qualsiasi radice di invidia,
di rivalità, di contesa.
La tua presenza porti mitezza, umiltà, compassione,
doni soprattutto la silenziosa capacità di sacrificarci
gli uni per gli altri.
Riscrivi nel cuore di ognuno e sul volto di tutti
le "dieci parole" che declinano l'unico Amore.

chiesacomunitàcambiamentopreghierainterioritàrapporto con Diocomandamenti

inviato da Qumran2, inserito il 08/05/2017

PREGHIERA

9. O Cristo - Venerdì Santo 2017

Papa Francesco, Via Crucis al Colosseo, Venerdì Santo, 14 aprile 2017

O Cristo lasciato solo e tradito perfino dai tuoi e venduto a basso prezzo.
O Cristo giudicato dai peccatori, consegnato dai Capi.

O Cristo straziato nelle carni, incoronato di spine e vestito di porpora. O Cristo schiaffeggiato e atrocemente inchiodato.

O Cristo trafitto dalla lancia che ha squarciato il tuo cuore.

O Cristo morto e seppellito, tu che sei il Dio della vita e dell'esistenza.

O Cristo, nostro unico Salvatore, torniamo a Te anche quest'anno con gli occhi abbassati di vergogna e con il cuore pieno di speranza:

Di vergogna per tutte le immagini di devastazioni, di distruzioni e di naufragio che sono diventate ordinarie nella nostra vita;

Vergogna per il sangue innocente che quotidianamente viene versato di donne, di bambini, di immigrati e di persone perseguitate per il colore della loro pelle oppure per la loro appartenenza etnica e sociale e per la loro fede in Te;

Vergogna per le troppe volte che, come Giuda e Pietro, ti abbiamo venduto e tradito e lasciato solo a morire per i nostri peccati, scappando da codardi dalle nostre responsabilità;

Vergogna per il nostro silenzio dinanzi alle ingiustizie; per le nostre mani pigre nel dare e avide nello strappare e nel conquistare; per la nostra voce squillante nel difendere i nostri interessi e timida nel parlare di quelle dell'altrui; per i nostri piedi veloci sulla via del male e paralizzati su quella del bene;

Vergogna per tutte le volte che noi Vescovi, Sacerdoti, consacrati e consacrate abbiamo scandalizzato e ferito il tuo corpo, la Chiesa; e abbiamo dimenticato il nostro primo amore, il nostro primo entusiasmo e la nostra totale disponibilità, lasciando arrugginire il nostro cuore e la nostra consacrazione.

Tanta vergogna Signore ma il nostro cuore è nostalgioso anche della speranza fiduciosa che tu non ci tratti secondo i nostri meriti ma unicamente secondo l'abbondanza della tua Misericordia; che i nostri tradimenti non fanno venir meno l'immensità del tuo amore; che il tuo cuore, materno e paterno, non ci dimentica per la durezza delle nostre viscere;

La speranza sicura che i nostri nomi sono incisi nel tuo cuore e che siamo collocati nella pupilla dei tuoi occhi;

La speranza che la tua Croce trasforma i nostri cuori induriti in cuore di carne capaci di sognare, di perdonare e di amare; trasforma questa notte tenebrosa della tua croce in alba folgorante della tua Risurrezione;
La speranza che la tua fedeltà non si basa sulla nostra;

La speranza che la schiera di uomini e donne fedeli alla tua Croce continua e continuerà a vivere fedele come il lievito che da sapore e come la luce che apre nuove orizzonti nel corpo della nostra umanità ferita;

La speranza che la tua Chiesa cercherà di essere la voce che grida nel deserto dell'umanità per preparare la strada del tuo ritorno trionfale, quando verrai a giudicare i vivi e i morti;

La speranza che il bene vincerà nonostante la sua apparente sconfitta!

O Signore Gesù, Figlio di Dio, vittima innocente del nostro riscatto, dinanzi al tuo vessillo regale, al tuo mistero di morte e di gloria, dinanzi al tuo patibolo, ci inginocchiamo, invergognati e speranzosi, e ti chiediamo di lavarci nel lavacro del sangue e dell'acqua che uscirono dal tuo Cuore squarciato; di perdonare i nostri peccati e le nostre colpe;

Ti chiediamo di ricordarti dei nostri fratelli stroncati dalla violenza, dall'indifferenza e dalla guerra;

Ti chiediamo di spezzare le catene che ci tengono prigionieri nel nostro egoismo, nella nostra cecità volontaria e nella vanità dei nostri calcoli mondani.

O Cristo, ti chiediamo di insegnarci a non vergognarci mai della tua Croce, a non strumentalizzarla ma di onorarla e di adorarla, perché con essa Tu ci hai manifestato la mostruosità dei nostri peccati, la grandezza del tuo amore, l'ingiustizia dei nostri giudizi e la potenza della tua misericordia. Amen

crocevergognaviolenzaredenzioneconversionesperanzapentimentogiustiziaingiustizia

inviato da Qumran2, inserito il 15/04/2017

TESTO

10. Buon Natale a voi   2

Buon Natale a voi che avete ancora paura di Dio e lo te­mete come un giudice inappellabile. Egli invece viene co­me un bambino. Un bambino non giudica e non condanna; un bambino non può far paura, fa leva sull'amore, vive per­ché è amato; lo puoi rifiutare ma lui non ti rifiuterà mai.

Buon Natale a voi che avete abbandonato Dio e dite di aver perso la fede in lui. Anche se tu lo perdi, lui, Dio, non ti perde. Lui, Dio, non ha perso la fiducia in te, non è fini­ta la sua speranza. Per questo nasce uomo, perché ha fede in ogni uomo e in tutta la nostra storia di santi e peccatori.

Buon Natale a tutti quelli che vivono in situazioni irre­golari, dopo le ferite di amori finiti o lacerati. Voi siete come i pastori di Betlemme: considerati ai margini, fuori dalle regole, impuri, perché mangiavano senza lavarsi le mani, perché non andavano mai alla sinagoga, sempre die­tro ai loro greggi.

Ebbene proprio voi siete i primi a ricevere la bella noti­zia dagli angeli, perché davanti a Dio non vale la legge, ma l'uomo; contano la carne e il cuore dell'uomo, non il ruolo o le regole, non l'etichetta religiosa. L'uomo guarda le apparenze, ma Dio guarda il cuore: guarda i piccoli, l'u­miltà della sua serva, i pastori nella notte.

È la forza dirompente del Natale, che dirotta l'attenzio­ne non sul grande, sul colto, sul famoso, ma su chi è lon­tano dai riflettori, sul piccolo, su un bambino, su chi non ha nessun altro titolo che quello di essere uomo.

E questo basta. Basta essere uomo. Non occorre altro, dal giorno in cui Dio ha messo la sua gloria in un bambi­no. Buon Natale a voi che siete semplicemente umani.

E poi Buon Natale a voi che siete qui, ricchi di regali, forse poveri di verità e di amore.

A noi Buon Natale, ricchi di agitazione e poveri di rac­coglimento e di silenzio. Questo bambino ci insegna che sono così poche le cose che contano davvero. Sono così poche!

Buon Natale a voi che vi sentite affaticati dai lati oscuri della vita, incapaci di capire il senso di tanta fatica, di tan­ta sofferenza.

Buon Natale a voi che avete sofferto troppo. Questo bambino può darvi un po' di luce, perché viene come la luce vera che illumina ogni uomo. Ogni uomo! E nessuno è perduto, nessuno è fuori dal raggio di questa luce.

Buon Natale anche a voi che avete perso il gusto di vi­vere perché niente più vi soddisfa, neanche il benessere o il prestigio sociale. Questo bambino può restituire il sapo­re alla vita, egli porta ciò che vi manca: la bellezza, il gu­sto di sentirsi amati e di poter amare.

Buon Natale perché Dio è con voi, non siete soli, non lo sarete mai!

nataleaccoglienzamisericordia

4.7/5 (3 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 28/12/2016

PREGHIERA

11. Lettera di un parroco a Gesù Bambino

don Giuseppe Comi, Zenit.org

Caro Gesù Bambino,

da quando il Padre tuo, per mezzo di te, ha creato l'uomo, tu non ti sei mai stancato di amarlo. Per la sua salvezza, ti sei fatto carne nel seno della Vergine. Dalla carne gli hai mostrato quanto è grande la tua compassione, la tua divina carità. Nella carne hai preso tutti i suoi peccati e nel tuo corpo li hai affissi su legno della croce, per toglierli dalle sue spalle. Per attestare che ogni tua parola, ogni tuo gesto d'amore è vero, sei risorto e ora sei assiso nella più alta gloria del Cielo, avendo ricevuto dal Padre un nome che è sopra ogni altro nome.

Dinanzi a te, ogni ginocchio si piega sulla terra, nei cieli, sotto terra e ogni lingua proclama che solo tu sei il Signore. Non esistono altri signori nell'universo. Solo tu sei la Vita di ogni uomo. Questa la tua verità eterna. Questa è la nostra fede. In te, solo in te, l'uomo ritrova la luce, la pace, se stesso.

Dopo la tua gloriosa ascensione, hai bisogno della nostra carne per continuare la tua missione. Hai bisogno del mio corpo per dire la tua parola, per battezzare nel tuo nome, per perdonare i peccati, per fare te pane di vita, per trasformare te in Eucaristia. Per mostrare ad ogni uomo la tua compassione, la tua carità, la tua salvezza, per discerne e separare con taglio netto, più che spada a doppio taglio, la luce dalle tenebre, la verità dalla falsità, il bene dal male, la giustizia dall'ingiustizia, l'amore dall'odio, la pace dalla guerra, la virtù dal vizio.

Non hai bisogno di un corpo di peccato, nel quale non può abitare lo Spirito Santo e il tuo cuore mai potrà muovere il mio. Hai bisogno della mia carne pura, santa, immacolata, come la carne della Madre tua. Se è nel peccato, non può essere data a te, perché appartiene già al principe del mondo. Per questo ti scrivo: per chiederti questa piccola grazia: fa' che la tua carne sia la mia carne, il tuo cuore il mio cuore, la tua anima la mia anima, il tuo Spirito Santo il mio Spirito Santo, i tuoi sentimenti i miei sentimenti.

Conformami a te, perché come te, in te, per te, possa esercitare il mio ministero profetico, sacerdotale, regale come lo hai esercitato tu. Sarò sacerdote secondo il tuo cuore. Il mondo lo vedrà e tutti si lasceranno conquistare a te. Ti prego. Non negarmela. Tu per questo vieni: per farci vita della tua vita, per essere veri strumenti della tua salvezza.

Sarei egoista se pensassi solamente a me. La mia Parrocchia è fatta di molte persone: piccoli giovani, adulti, anziani, sani, ammalati, vicini a te, ma anche tanti che da te sono lontani. Anche per ogni persona affidata alle mie cure pastorali ti chiedo una grazia. Fa' che quanti sono vicini a te, crescano nel tuo amore, diventino tuoi missionari per fare conoscere te a quanti non ti conoscono o si sono stancati di servirti, perché privi del tuo amore nel loro cuore.

Dona a questi tuoi fedeli costanza nel servizio, perseveranza nell'amore, fortezza nell'impegno, zelo nella proclamazione della tua Parola, carità sempre viva perché mai si stanchino di amare, come non ti sei stancato tu, concludendo la tua missione sull'albero della croce. A quanti sono lontani dal tuo cuore e dalla tua parola, manda dal cielo lo Spirito di conversione come hai fatto con Saulo, il tuo persecutore. Tu lo hai convertito e ne hai fatto un tuo apostolo, sempre fedele nel servizio e perennemente obbediente alla tua volontà.

Aiuta quanti sono piccoli a crescere in età, sapienza e grazia. Sostieni i giovani perché non si smarriscano dietro le false profezie del mondo, le ingannevoli promesse e inganni che sempre le tenebre prospettano loro come vera luce. Dona alle famiglia la gioia dell'unità, della pace, del perdono, della mutua carità. Rendi gli uomini liberi per abbracciare la fede nel tuo Vangelo, senza mai vergognarsi di testimoniarti in ogni momento e circostanza della vita.

Ai senza lavoro provvedi perché abbiano il loro pane quotidiano. Agli ammalati porta la consolazione della tua presenza, così come hai fatto con tutti i sofferenti del tuo tempo. A tutti dona la saggezza dello Spirito Santo e la luce della verità.

Tu, Caro Gesù Bambino, dal tuo cielo ci scruti, ci conosci, sai le nostre debolezze, fragilità, carenza di amore. Sai che ci stanchiamo con facilità. Iniziamo tante cose, ma poi non abbiamo la forza di imitarti restando fedeli alla missione. Ti prego, manda con potenza su di noi il tuo Santo Spirito come hai fatto sugli Apostoli il giorno della Pentecoste. Fa' che Lui venga con tutta la potenza dei suoi santi sette doni: sapienza, conoscenza, fortezza, consiglio, intelletto, pietà, timore del Signore.

Senza di lui che ci muove e ci attrae, noi saremo sempre privi di quell'energia divina che ci fa tuoi veri servi. Noi non vogliamo essere discepoli oziosi, infingardi, negligenti, apatici, senza alcuna volontà di amarti. Vogliamo servirti con tutto l'amore che abita nel tuo cuore. Se tu non divieni, con il tuo Santo Spirito, il nostro nuovo alito di vita, mai ti serviremo secondo il tuo cuore e mai porteremo una sola anima a te. Vieni presto, non tardare. Abbiamo bisogno di te, per servire te, per amare te, per mostrare ad ogni uomo te.

Vergine Maria, Madre di Gesù, Madre della Redenzione, presenta la nostra preghiera al tuo Divin Figlio, prima però rivestila con il tuo cuore, avvolgila con la tua anima, così Gesù penserà che se tu che chiedi ogni cosa per te e di certo ti esaudirà. Angeli e Santi, intercedete per noi, gridate al cuore di Gesù perché ascolti la nostra supplica. Vogliamo vivere in lui, per essere di lui, per portare i cuori a Lui. Per lui sempre è Natale quando nasce in un cuore.

nataleGesù Bambinotestimonianzacomunitàevangelizzazionecaritàessere cristiani

4.0/5 (1 voto)

inviato da Qumran2, inserito il 24/12/2016

PREGHIERA

12. Attesa di vita nuova

Alessandro Bianco

Signore Gesù, ci hai donato il tuo pane di vita l'ultima sera,
prima di prostrarti in preghiera nel Getsemani:
siamo stati con te questa notte
ti abbiamo offerto le nostre sofferenze,
le nostre solitudini, i nostri momenti di buio.
Ora, in questo venerdì santo,
uguale ma diverso ogni anno,
siamo ancora con te.
Nel silenzio, nella preghiera.
Ti siamo accanto, ti sentiamo vicino.
Vogliamo essere sempre apostoli e discepoli
che non ti rinnegano,
che non ti tradiscono con trenta denari,
che lasciano le spade nei foderi
e ti seguono sulla via della croce,
condividendone il peso insieme a Simone di Cirene,
ti asciughiamo il volto come Veronica.
Donaci di vivere con te oggi
quando con passi sempre più incerti
cammini sulle strade polverose della nostra esistenza.
Vogliamo rimanere con te.
Non desideriamo altro che vegliare e pregare,
per non essere distratti al richiamo della tua voce
che ci chiede una goccia d'acqua
quando sulla croce stai per emettere l'ultimo sospiro.
Donaci di riconoscerti presente,
come il buon ladrone, nell'ultimo momento utile.
Con te non è mai tardi,
con te il nostro cuore è al sicuro.
Donaci di essere come Giovanni e Maria ai piedi della croce,
che non ti hanno lasciato solo sul Golgota
e sono rimasti accanto a te nel dolore più profondo.
Donaci di essere come Giuseppe d'Arimatea,
che ti ha deposto nel sepolcro nuovo,
in attesa fiduciosa della tua risurrezione.
Donaci di lasciare entrare la luce che all'alba della Pasqua
irrompe dal giardino dove la pietra rotolata
fece vivere sentimenti di incredulità e di fede nuova agli apostoli.

settimana santavenerdì santosperanzarisurrezionepasquatriduo pasqualemortevita

inviato da Alessandro Bianco, inserito il 25/08/2016

PREGHIERA

13. E beata colei che ha creduto

Valentino Salvoldi

Vergine beata, che cosa provasti alla sconcertante richiesta di diventare la madre del Salvatore?

Forse udisti solo una voce interiore, una chiamata ad abbandonarti totalmente alla volontà del Padre. E a Lui, pure turbata, desti il tuo assenso, Tu, la Donna del "sì".

Maria, vedesti solo porte chiudersi al tuo passaggio, quando cercavi un luogo in cui dare alla luce la Luce del mondo e, fiduciosa, continuasti a credere, Tu, la Donna fedele all'eterna Parola.

Profuga, nella straziante fuga verso l'Egitto, quanti dubbi dovesti scacciare, contemplando il bambino Gesù tra le tue braccia: "Ma Tu, figlio mio, sei Dio o pericolosa pietra d'inciampo?". Tu, Donna beata perché hai creduto.

E quando al tempio, dopo tre giorni di penosa ricerca, trovasti Gesù - un po' trasgressivo e misterioso come tutti gli adolescenti -, di fronte al dolore di Giuseppe e tuo, pur non comprendendo, continuasti a credere che era Dio Colui che quasi ti sfidava: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?".

...Ed eccolo al Giordano, in fila con i peccatori a farsi battezzare in remissione dei peccati: "Ma Gesù è Dio o uno dei tanti peccatori?", ti sarai chiesta. Tormento scacciato con un atto di fede nella misteriosa volontà divina.

La tua fede operò il miracolo dell'acqua cambiata in vino, a Cana di Galilea, dopo aver perdonato parole dure come pietre: "Ti emoi kai soi gunai?" ("Che cosa tra me e te, donna?"). Povera Vergine Maria, chiamata "donna" e non "Mamma"!

Tu accettasti che Gesù indirizzasse ad altri - agli ascoltatori della Parola - la lode rivolta a te per averlo generato. Così pure non ti lamentasti quando rifiutò di darti udienza: "Chi è mia madre?", o forse ti sentisti doppiamente madre per aver concepito la Parola nel tuo cuore, prima di concepirla nella carne?

Vergine addolorata ai piedi della croce, accettasti di "privarti" di una maternità divina, di "perdere" un così grande Figlio, per diventare madre di chi stava ammazzando il tuo Signore, il tuo Dio, l'unico tuo sostegno e conforto, l'unico tuo grande Amore.

E in Lui credesti quando te lo depositarono, morto, tra le braccia. Un Dio morto?...

Nel supremo dei dolori, solo il mistero di Dio poteva illuminare il mistero della sofferenza che, come trivella, perforava il tuo cuore alla ricerca dell'acqua viva, la grazia, fulgida luce che dissipa le tenebre della morte con il fulgore della resurrezione.

E nell'alba radiosa del primo giorno della settimana, il Risorto, forse, venne a ringraziare te, Donna del sabato santo, per aver tenuta viva la fede dei discepoli, per averli aiutati a credere e a sperare. Forse ti ringraziò con le sublimi parole di Elisabetta: "Beata te che hai creduto".

A te, Donna che ascolta, crede e si abbandona totalmente al Mistero; a te, Donna il cui latte è diventato il sangue di Dio, nel suo e tuo Figlio, Gesù; a te, Donna che danzi cantando il "Magnificat" e hai il privilegio di sentirti chiamare "Mamma" dal Salvatore del mondo; a te, che pure io invoco come "Madre mia e mia fiducia", chiedo il dono di credere come Tu hai creduto. La fede dilati gli orizzonti della speranza e si consumi nell'amore, affinché, quando busserò alla porta del paradiso, Tu mi corra incontro gioiosa, rivolgendo pure a me l'entusiastico encomio: "Beato te che hai creduto".

fedefiduciaMariamadonna

inviato da Don Valentino Salvoldi, inserito il 23/08/2016

PREGHIERA

14. O Croce di Cristo!   2

Papa Francesco, Via Crucis al Colosseo, Venerdì santo 25 marzo 2016

O Croce di Cristo, simbolo dell'amore divino e dell'ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell'egoismo estremo per stoltezza, strumento di morte e via di risurrezione, segno dell'obbedienza ed emblema del tradimento, patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei dottori della lettera e non dello spirito, della morte e non della vita, che invece di insegnare la misericordia e la vita, minacciano la punizione e la morte e condannano il giusto.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei ministri infedeli che invece di spogliarsi delle proprie vane ambizioni spogliano perfino gli innocenti della propria dignità.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei cuori impietriti di coloro che giudicano comodamente gli altri, cuori pronti a condannarli perfino alla lapidazione, senza mai accorgersi dei propri peccati e colpe.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi in coloro che vogliono toglierti dai luoghi pubblici ed escluderti dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell'uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei traditori che per trenta denari consegnano alla morte chiunque.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ladroni e nei corrotti che invece di salvaguardare il bene comune e l'etica si vendono nel misero mercato dell'immoralità.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli stolti che costruiscono depositi per conservare tesori che periscono, lasciando Lazzaro morire di fame alle loro porte.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei distruttori della nostra "casa comune" che con egoismo rovinano il futuro delle prossime generazioni.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli anziani abbandonati dai propri famigliari, nei disabili e nei bambini denutriti e scartati dalla nostra egoista e ipocrita società.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata.

O Croce di Cristo, immagine dell'amore senza fine e via della Risurrezione, ti vediamo ancora oggi nelle persone buone e giuste che fanno il bene senza cercare gli applausi o l'ammirazione degli altri.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ministri fedeli e umili che illuminano il buio della nostra vita come candele che si consumano gratuitamente per illuminare la vita degli ultimi.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volti delle suore e dei consacrati - i buoni samaritani - che abbandonano tutto per bendare, nel silenzio evangelico, le ferite delle povertà e dell'ingiustizia.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei misericordiosi che trovano nella misericordia l'espressione massima della giustizia e della fede.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle persone semplici che vivono gioiosamente la loro fede nella quotidianità e nell'osservanza filiale dei comandamenti.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei pentiti che sanno, dalla profondità della miseria dei loro peccati, gridare: Signore ricordati di me nel Tuo regno!

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei beati e nei santi che sanno attraversare il buio della notte della fede senza perdere la fiducia in te e senza pretendere di capire il Tuo silenzio misterioso.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle famiglie che vivono con fedeltà e fecondità la loro vocazione matrimoniale.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volontari che soccorrono generosamente i bisognosi e i percossi.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei sognatori che vivono con il cuore dei bambini e che lavorano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore, più umano e più giusto. In te Santa Croce vediamo Dio che ama fino alla fine, e vediamo l'odio che spadroneggia e acceca i cuori e le menti di coloro preferiscono le tenebre alla luce.

O Croce di Cristo, Arca di Noè che salvò l'umanità dal diluvio del peccato, salvaci dal male e dal maligno! O Trono di Davide e sigillo dell'Alleanza divina ed eterna, svegliaci dalle seduzioni della vanità! O grido di amore, suscita in noi il desiderio di Dio, del bene e della luce.

O Croce di Cristo, insegnaci che l'alba del sole è più forte dell'oscurità della notte. O Croce di Cristo, insegnaci che l'apparente vittoria del male si dissipa davanti alla tomba vuota e di fronte alla certezza della Risurrezione e dell'amore di Dio che nulla può sconfiggere od oscurare o indebolire. Amen!

crocesofferenzaperseguitatiingiustiziapasquamortevitarisurrezionecorruzionepeccatosalvezzaegoismosolidarietàsperanza

5.0/5 (5 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 26/03/2016

TESTO

15. Ogni stagione della vita ha un suo paradiso   1

Enzo Bianchi, Il Fatto Quotidiano, 18 maggio 2015

Ogni cristiano che recita il "Credo", la professione di fede, dice: "Credo la resurrezione della carne, la vita eterna. Amen", e questo credere non è periferico, ma fondamentale nella fede cristiana. Il cristiano, dunque, crede che ci sia un dopo la morte, una vita piena per sempre, nella quale non vi saranno più pianto, né dolore, né malattia, né morte, ma la gioia eterna della comunione, attraverso Gesù Cristo, con Dio e con gli uomini e le donne da lui salvati. Anch'io, in quanto cristiano e monaco, aderisco a questa speranza, ma confesso che il mio immaginario è molto personale ed è mutato nelle diverse stagioni della mia vita. La domanda che mi viene posta: "Come immagini il paradiso?", mi spinge dunque a dare diverse risposte.

Innanzitutto, il paradiso è un'immagine che ci viene trasmessa quando siamo piccoli, e così è stato anche per me. Quando morì mia mamma avevo solo otto anni. Chiedevo dov'era andata, perché non riuscivo ancora a comprendere la morte, e mi veniva risposto: è in paradiso, in un bel giardino, e là passeggia tra gli asfodeli, fiori molto profumati. Così immaginavo dunque il paradiso e speravo di andarci presto, per ritrovare mia mamma e vedere questi fiori profumati che nessuno sapeva descrivermi, perché nel Monferrato nessuno li aveva mai visti.

Con la giovinezza e gli studi biblici, elaborai altre immagini, sovente in contrapposizione al possibile esito opposto: gli inferi, luogo di perdizione, lontano da Dio e da tutti gli altri. Il paradiso assumeva le immagini della Bibbia che leggevo e studiavo: un luogo pieno di luce, in cui non era mai notte; un luogo di pace, senza litigi, dispute, violenze, guerre; un banchetto con abbondanza di cibi squisiti e di vini raffinati; tanta musica e la possibilità di stare insieme, in una festa continua... Belle immagini, ma che svanivano velocemente, perché la ragionevole fede mi spingeva a comprendere che il paradiso non era un luogo, bensì una condizione di comunione con il Signore. Mi piaceva però l'immagine del pranzo con piatti sempre nuovi e dal gusto straordinario, dell'ascolto di musiche che rendevano l'eternità sopportabile...

Poi le immagini del paradiso sono cambiate ancora, tra dubbi, rinnovamenti della speranza, a volte anche stanchezza delle immagini stesse e desiderio di rinnovarle. Ora che sono vecchio, il paradiso o l'esito contrario dell'inferno sono sempre più prossimi: non nascondo una certa paura che mi abita al pensiero della morte, perché credo nel giudizio di Dio sulle mie responsabilità, sul mio operare che è stato buono o cattivo.

Spero soprattutto che nessuno vada all'inferno; ma se qualcuno ci va, allora - mi dico - rischio di andarci anch'io, che non mi sento tanto diverso dagli altri nell'acconsentire all'egoismo che mi abita.

E le immagini del paradiso, da vecchio? Sono svanite. Oggi non so dire, non so immaginare, non oso neppure pensare di dire qualcosa che lo descriva. Nella mia fede è solo una cosa: una grande comunione in Gesù Cristo, in cui regnerà l'amore. Sono convinto che chi ho amato qui sulla terra, lo ritroverò anche di là, e così continueranno il nostro amore e la nostra amicizia. Se pensassi di andare di là e di non trovare più i miei amici, preferirei allora non andarci!

Spero di ritrovare questa terra che tanto ho amato, certamente da Dio trasfigurata, ma ancora questa terra con le sue colline, le sue vigne, i suoi boschi... Sì, vorrei che continuassero le "storie d'amore" vissute qui; anzi, che riprendessero quelle che si sono interrotte e, senza gelosie né concorrenze, potessimo tutti insieme bere alle coppe del vino dell'amore.

Per farvi sorridere, cari lettori, vi confesso che ho un'altra paura: di finire sì in paradiso, ma vicino a persone che non mi piacevano, sebbene fratelli o sorelle nella fede e magari anche di rinomata santità. No, questo proprio no! Ma forse, se Dio mi salverà, sarò cambiato tanto da sopportare anche questo. Purché il Signore non mi faccia perdere gli amici, quelli che ho amato bene e quelli che ho amato male: li vorrei con me.

mortevita eternaparadisorapporto con Dioeternitàpienezza

5.0/5 (2 voti)

inviato da Simone Pestelli, inserito il 07/02/2016

TESTO

16. I doni dello Spirito

P. Monier

La sapienza è l'amore che assapora,
gusta, sperimenta la soavità e la dolcezza divine.
L'intelletto è l'amore attento
a penetrare la bellezza delle verità della fede,
che fa trovare Dio stesso e ogni cosa in Dio.
La scienza è l'amore che ci mantiene vigili
per cercare Dio in tutte le creature
per risalire a lui dalla creazione.
Il consiglio è l'amore che ci rende solleciti
nella scelta dei mezzi più idonei a compiere la volontà divina.
La fortezza è l'amore che infonde
slancio e coraggio per eseguire i disegni divini.
La pietà è l'amore che immerge il cuore
nella cordialità, nella naturalezza
e nella tenerezza filiale verso il Padre.
Il timor di Dio è l'amore che si pone in ascolto
per agire con delicatezza e premura affettuose.
Dio, tu sei fuoco che brucia, che mi brucia,
la luce che illumina le mie tenebre,
la vita che mi anima.
Tu sei la presenza che riempie
La mia intelligenza e la mia volontà.

Spirito Santodoni dello Spirito

5.0/5 (1 voto)

inviato da Arianna Marzani, inserito il 07/02/2016

TESTO

17. Lettera dei genitori nel giorno di Battesimo

M. Houbaut, Pour prier avec les sept sacrements, Le Chalet, 1985

Figlio nostro, oggi abbiamo voluto battezzarti in Cristo Gesù,
immergerti nella morte e nella resurrezione del Dio in cui noi crediamo.
In questa lettera, che potrai leggere in seguito, vogliamo dirti perché l'abbiamo fatto.
Non è per importi una scelta che ti abbiamo fatto battezzare,
ma per aprire davanti a te un cammino di libertà
che domani potrai liberamente scegliere di fare tuo.
Abbiamo voluto darti ciò che avevamo di meglio.

Noi crediamo che questo piccolo seme di fede, seminato oggi nel giardino del tuo cuore,
nella luce del giorno e nelle tenebre della notte, germinerà nel segreto della tua vita.
Ti immergiamo oggi nell'oceano di amore di Gesù per darti una forza nuova più grande di te,
sarà il coraggio dei tuoi combattimenti, la chiarezza delle tue scelte, la luce dei tuoi passi.
Per vincere le forze del male essa sarà la tua speranza e la tua gioia.

Abbiamo voluto battezzarti in Cristo perché tu diventi un uomo libero e responsabile
in questo mondo a volte un po' folle.
E soprattutto perché tu diventi un fratello che costruisce,
con Dio, l'avvenire della nostra terra.
Sappi che un giorno potrai anche dimenticare questo dono immortale,
ma rimarrai segretamente segnato dal fuoco del suo appello.

Come la Vergine Maria che offre suo Figlio Gesù nel Tempio,
noi abbiamo voluto portarti sulla soglia della casa del Dio imprevedibile,
deporti tra le braccia della sua Chiesa
e farti entrare nel popolo dei credenti che diventano tuoi fratelli e sorelle.

E quando, domani, non potremo più accompagnarti nel cammino della vita, ti resterà almeno,
scolpita nella fronte e nel cuore, la croce di Cristo vincitore.

È lui infatti, lui solo, il tuo Salvatore e il tuo Signore che traccerà per te un cammino di pace e di libertà.
Al di là delle tue angosce e delle tue miserie, è lui che ti aprirà la casa del Padre e,
al momento della morte, ti darà la sua eternità di amore.

Mamma e Papà

battesimogenitorifigli

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Alessandro Nucci, inserito il 06/02/2016

TESTO

18. Anno della Fede   10

P. Gianni Fanzolato

Ad ogni uomo che nasce Dio affida un lume che accende nell'animo: la fede.
Nessuno può vivere, camminare, correre ed amare senza questa luce viva.
Nascendo il bimbo ha fede nella mamma, il papà nel pilota d'aereo.
Ogni mattina ci fidiamo del lattaio, del barista, dell'avvocato e del taxista.
Di Dio allora non dobbiamo fidarci? Lui che ci conosce, ama e dà la vita?
Errando vagabondi nei labirinti della storia questo lume acceso ci indica la via.
Lungo le coste dove il mare è in tempesta e la mia nave sembra naufragare,
Lontano ma sicuro ecco un faro di salvezza, un'ancora di speranza: è la fede
A volte questa luce sembra spegnersi, resta un lumino fumigante che si dilegua.
Forze avverse sembrano soffiare contro per finirlo del tutto e tu remi senza meta.
E' arrivato il tempo per fare il pieno, caricar le pile, ravvivare questa fiamma.
Dio è l'unico da ritrovare: più ritorni a Dio, più l'uomo si svela nel suo grande mistero.
Ecco il tempo di grazia, tempo favorevole per credere ancora: è l'anno della fede!

anno della fedefedefiducia in Dio

3.1/5 (9 voti)

inviato da Qumran2, inserito il 09/10/2012

PREGHIERA

19. Preghiera a Maria alla conclusione del mese di maggio   1

don Sandro Vigani, Gente Veneta, Settimanale della Diocesi di Venezia

Quando ti penso, Maria, vedo una giovane donna
che si prepara al matrimonio,
una figlia d'Israele cresciuta nella fede e nella storia
di un popolo col quale Dio ha intrecciato
una meravigliosa alleanza.
Vedo una donna che sta progettando il proprio futuro,
pensa alla casa, ai figli, allo sposo,
è innamorata della vita e delle tradizioni della propria gente.
E' piena di attese, di curiosità
e forse anche di un po' di timore.

Il Signore è entrato, potente, Maria,
nella casa della tua esistenza, e la storia del mondo
è cambiata per sempre, duemila anni fa,
perché Tu quel giorno hai detto di «sì».
Il vento di Dio ha soffiato forte e mescolato
le carte dei tuoi progetti, come il vento della primavera
a volte alza la sabbia sulla riva del mare.
Penso alla tua paura, Maria, quel giorno.
Alle parole con le quali, stupita,
chiedi conto al messaggero di Dio
di quello che sta accadendo in Te:
«Come è possibile, io non conosco uomo».
E penso alle paure che tante volte
hanno popolato la casa della mia vita,
ai momenti di buio, di dolore, di incertezza.
Alle direzioni così strane
che spesso ha preso la mia strada,
a come il vento di Dio l'ha battuta
e ha scombinato le tracce
che credevo indispensabili per orientami.

Maria, dopo la prima paura ti sei fidata.
O forse ti sei abbandonata, arresa alla voce del Signore
alla quale sentivi di non poter resistere.
Forse non sempre hai capito subito,
ma hai conservato nel tuo cuore
il senso di quello che ti accadeva.
E al tuo cuore hai attinto
negli anni che sono venuti,
mentre accompagnavi tuo figlio Gesù
giorno dopo giorno verso la croce,
finché quel significato si è dispiegato davanti ai tuoi occhi.
Io ho resistito mille volte più di Te a quella voce,
finché sulla mia strada,
sotto la sabbia e la terra delle mie debolezze,
a poco a poco sono comparse
altre tracce più vive e più vere,
che mi parlavano di quanto il tuo Figlio mi amava.

Anche oggi, molte volte, so di resistere a quella voce,
e mi affido alla pazienza di Dio
perché a poco a poco mi aiuti a leggere
nelle pagine della mia vita le parole che scrive per me.

Maria, hai accolto nel tuo grembo il figlio di Dio.
Sei stata ad un tempo madre e figlia.
Mi chiedo come hai vissuto questo duplice ruolo.
Quel figlio che cresceva in te e poi accanto a te,
era tuo ma non ti apparteneva.
Lo amavi come ogni madre,
accarezzavi per lui i tuoi progetti,
mentre lo cullavi tra le tue braccia,
e dovevi ogni giorno distaccarti da lui,
lasciare che andasse per la sua strada dove lo voleva suo Padre.
La vita è fatta anche di molti distacchi.

Maria, io credo che per poter
affrontare i momenti più difficili accanto a Gesù,
Tu abbia avuto nel tuo cuore un'invincibile speranza,
che si era accesa quando il messaggero di Dio
ti aveva assicurato che il Signore
non ti avrebbe mai abbandonata.
Maria, abbiamo il tesoro più grande
che un uomo possa sperare di avere,
la perla per la quale vale la pena vendere tutto,
abbiamo con noi il Signore.
Aiutaci ad accendere la nostra speranza,
perché il fuoco di Dio che non distrugge,
ma dona la vita,
bruci dentro di noi e attorno a noi.
Fa' che comprendiamo che vale la pena di credere,
essere cristiani conviene: così impareremo a guardare
la vita ed il mondo con occhi pieni di luce.

MariaMadonnafiduciaGesù

4.5/5 (2 voti)

inviato da Don Mario Sgorlon, inserito il 11/08/2012

PREGHIERA

20. Preghiera degli educatori prima dell'incontro   3

Signore, siamo pronti
per iniziare un altro pomeriggio
insieme ai nostri ragazzi e insieme a te,
per i nostri ragazzi e per te.
Aiutaci a lasciare da parte
tutti i nostri pensieri, le nostre preoccupazioni
per dedicarci interamente ai nostri ragazzi.
Fa' che i nostri sentimenti e le nostre parole,
le nostre azioni e i nostri pensieri,
tutto sia dei nostri ragazzi, tutto sia per loro.
Insegnaci, Signore,
a consolare i ragazzi che sono tristi,
a rialzare quelli che cadono,
a sostenere i più timidi e timorosi
e a venire in aiuto di tutti coloro che sono più deboli.
Fa' che sappiamo adattarci
alle esigenze, al carattere,
alle disposizioni, alle capacità e ai limiti
di ciascuno dei nostri ragazzi.
Manda su di noi il tuo Santo Spirito
che ci doni la luce e le competenze di cui abbiamo bisogno.
Metti sulle nostre labbra parole rette e giuste,
affinché, insieme con loro,
possiamo crescere anche noi
nella fede, nella speranza e nell'amore,
nella purezza e nell'umiltà,
nella pazienza, nell'obbedienza
e nella profonda amicizia tra di noi e con te
e possiamo portarti ai nostri ragazzi nella gioia.
Amen!

educatorioratorioaffidamentoanimatorieducare

5.0/5 (2 voti)

inviato da Simone Perotto, inserito il 08/05/2012

Pagina 1 di 5