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PREGHIERA
1. Signore disarmali. E disarmaci
Disarmali: sappiamo quanto questa violenza estrema sia il sinistro pane quotidiano in Iraq, in Siria, Palestina, Centrafrica, Sudan, Eritrea, Afghanistan. Ora si è impossessata di noi.
Disarmali Signore: e fa' che sorgano in mezzo a loro profeti che gridano la loro indignazione e la loro vergogna nel vedere come hanno sfigurato l'immagine dell'Uomo, l'immagine di Dio.
Disarmali, Signore dandoci, se necessario, poiché è necessario, di adottare tutti i mezzi utili per proteggere gli innocenti con determinazione. Ma senza odio.
Disarma anche noi, Signore: in Francia, in Occidente, senza ovviamente giustificare il circolo vizioso della vendetta, la Storia ci ha insegnato alcune cose.
Dacci, Signore, la capacità di ascoltare profeti guidati dal tuo Spirito. Non farci cadere nella disperazione, anche se siamo confusi dall'ampiezza del male in questo mondo.
Disarmaci e fa' in modo che non ci irrigidiamo dietro porte chiuse, memorie sorde e cieche, dietro privilegi che non vogliamo condividere.
Disarmaci, a immagine del tuo Figlio adorato la cui sola logica è la sola veramente all'altezza degli avvenimenti che ci colpiscono: "Non prendono la mia vita. Sono io che la dono".
Preghiera per la pace, pubblicata dai vescovi francesi, scritta "nello spirito di Tibhirine" da frère Dominique Motte, domenicano del Convento di Lille. Clicca qui per la preghiera con immagine da stampare.
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inviato da Qumran2, inserito il 07/02/2016
ESPERIENZA
Tanino Minuta, Città nuova, n. 24, 2009
Gelida mattina d'inverno. Alla fermata attendo il bus 61. Dal cancello principale del cimitero che sta di fronte vedo uscire una vecchietta che cammina lentamente, appoggiandosi ricurva ad un malfermo bastoncino. Si avvicina alle strisce pedonali per attraversare. Ma una dopo l'altra le macchine le passano veloci davanti. Finalmente una macchina si ferma e la lascia camminare lentamente. Lei, giratasi, continua a guardare grata verso l'auto che l'ha lasciata passare.
Le vado incontro per aiutarla a salire il gradino del marciapiede. Dentro di me ribolle l'indignazione
per quanti non si sono fermati. Lei, offrendomi la mano per essere aiutata, guarda ancora la macchina, ormai lontana, che l'aveva fatta passare. Poi, con un sorriso di indicibile bellezza, mi chiede: «Vero che c'è tanta bontà in questo mondo?».
Quando arriva il 61 l'aiuto a salire. In mezzo a tanti volti che sembrano delle casseforti sigillate, quella nonnina mi sembra sia il tesoro che il bus sta trasportando senza che nessuno lo sappia. La guardo ancora, sorpreso per la lezione che mi ha dato. Lei non ha tenuto conto di chi non si era fermato, ha visto soltanto chi le aveva permesso di passare. Non ha visto altro.
Le dico: «Come sarebbe diverso il mondo se vedessimo soltanto il bene e non il male». Interviene a questo punto un signore seduto vicino: «Allora sì che fallirebbero telegiornali e rotocalchi. Di cosa si nutrirebbe la politica? Veleno, veleno è l'unica risorsa di ogni potere. Soltanto la malvagità equilibra il mondo. Odio ci vuole, sempre di più. Sto andando a denunciare il mio vicino di casa che con le sue orge notturne non ci lascia dormire. Lui ci avvelena la vita e io l'unica cosa che posso fare è distruggerlo. E stavolta se la passerà male!».
La vecchietta lo guarda con materna comprensione; poi, fattasi seria: «Avevo un figlio, che ha vissuto forse come il suo vicino di casa. È morto a trentatrè anni per overdose. Tutte le mattine lo vado a salutare. Quando sono alla tomba mi sembra di rivederlo nella culla, piccolo, indifeso, bisognoso di tutta la mia protezione. Ormai nulla può fargli male, eppure è come se mi chiedesse di proteggerlo ancora. L'unica cosa che posso fare è continuare a difenderlo.
«L'unico figlio. Mio marito ed io abbiamo lavorato duramente per assicurargli una vita migliore della nostra. Ma è stato più infelice di noi. Amicizie sbagliate. Per un ragazzo buono e pulito come lui la scivolata è stata veloce. Per anni non abbiamo saputo dov'era. Poi, attraverso un suo vecchio amico, siamo venuti a sapere che gironzolava come un barbone alla periferia della città. Mio marito è riuscito a trovarlo. Era irriconoscibile. Sembrava più vecchio del padre. Ha accettato di essere curato. In ospedale si comportava come un animale ferito. Parlava poco, lui che era un brillante intrattenitore delle feste.
«Un giorno mi ha detto: "Non c'è cosa peggiore per un uomo che sapere di essere inutile. Niente è più soffocante dell'inutilità". Non serviva ripetergli che per noi era importante. Era come se in lui fosse bruciata la radice della vita.
«Uscito dall'ospedale è sparito, senza dirci niente, come la prima volta. Mio marito è morto di crepacuore. Io avevo speranza.
«Quando sono venuti a dirmi che l'avevano trovato morto, si è chiusa la speranza. Chissà da quanto tempo era morto. Non me l'hanno fatto mai vedere. Nella sua giacca, hanno trovato delle frasi scritte su carta da sigarette o droga, la grafia era la sua: "La vita non mantiene mai le sue promesse. Se tu esistessi, faresti giustizia. Il male ha tutti i poteri. Tu non sei mai nato su questa Terra. Se ci fossi, ti chiederei di ricrearmi".
«Povero figlio mio, chissà che dolori ha provato! Il nostro amore non è bastato! Si apriva davanti a me la strada della disperazione, oppure... rigenerare mio figlio. Per amore di lui ho cominciato a vivere per gli altri e non per me. Ciò mi ha aiutato a rinascere e a rigenerare mio figlio. In qualche modo era come se Dio mi avesse affidato il compito di possedere un amore che non avevo mai avuto. Certo che senza la fede non ce l'avrei fatta. La fede ha delle risorse di forza che, quando meno te lo aspetti, si mostrano in tutta la loro potenza. Ora mio figlio palpita in me».
Il signore che le siede accanto, nonostante la sua statura, sembra diventato piccolo e insicuro. Come disorientato. Poi le chiede, quasi balbettando, se può fare qualche cosa per lei. La vecchietta, come se attendesse la richiesta, risponde veloce: «Il suo vicino potrebbe essere suo figlio che vuole essere ricreato!».
Soltanto il rumore del motore vibra nell'aria. Quando lei si alza per dirigersi alla fermata, il signore l'accompagna. Mi salutano tutti e due. Scende anche lui. Il palazzo dove prima aveva detto di essere diretto non era da quelle parti. Mentre il bus si allontana vedo sul marciapiede quel grande uomo che offre il braccio alla vecchietta. L'atmosfera di Natale colora la città e abbraccia il bus, le macchine, la gente.
«Vero che c'è tanta bontà in questo mondo?», echeggia in me la piccola voce di una fragile donna quasi piegata su un bastoncino instabile. Mi guardo in giro. La gente chiusa nei cappotti e nei cuori è fragile e indifesa. La commozione è forte.
È come se ogni sguardo spento mi stia implorando: «Aiutami a nascere, fammi da madre!».
amorevitabontàpositivitàrinasceresperanzasenso della vita
inviato da Fernanda Plomitallo, inserito il 12/08/2012
TESTO
"...Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce".
Non è così facile imparare a dormire, stare un po' calmi, non agitarci troppo, così come si può cogliere nella piccola parabola evangelica. Però potremmo provarci.
Almeno qualche volta staccare i microfoni, deporre la penna, disattivare il telefono, lasciar il posto vuoto al dibattito, cestinare un documento, non presenziare a una cerimonia, non indire celebrazioni per centenari e simili, chiudere la bocca, sederci in contemplazione, non rincorrere a lingua in fuori l'ultima carrozza del treno.
Almeno qualche volta non esprimere la propria opinione, non fare alcuna dichiarazione, rinunciare alla "ferma presa di posizione", non illustrare il proprio punto di vista, non manifestare la propria indignazione, non stilare la propria diagnosi sui mali della società e non distribuire le relative ricette per la cura.
Almeno qualche volta non far sentire la propria voce, e semmai far sentire il proprio silenzio (che sarebbe un avvenimento sensazionale).
Almeno qualche volta far notare la nostra assenza (e, se non la notano, tanto di guadagnato).
Almeno qualche volta dire: "Non so".
Almeno qualche volta smetterla con la nostra aria da protagonisti, da salvatori dell'umanità.
E che i padroni del vapore fermino i loro stantuffi.
E che certi personaggi, certi primattori, si chiudano a chiave in qualche cella inaccessibile, per diversi mesi, se non per anni.
E che quelli che "gridano" dalle antenne sui tetti ricordino che Gesù ha fatto un prolungato soggiorno nel deserto, dove non c'erano né tetti né antenne.
Se proprio non riusciamo a dormire, mettiamoci pure alla finestra. E cerchiamo di indovinare, nella notte, il guizzare delle fiammelle accese da Qualcuno in molti cuori, anche senza di noi.
Appoggiamo l'orecchio sulla crosta della terra. Coglieremo il rumore quasi impercettibile del seme che "germoglia e cresce"... senza che noi ci possiamo fare nulla.
E se la gente ci domanda "Come?", rispondiamo pure: "Io ci ho faticato un poco. Ma il miracolo, il più, avviene senza che io sappia, senza che io c'entri per niente".
semeumiltàsilenzionascondimentorapporto con Dio
inviato da Elena Mencarelli, inserito il 01/04/2003