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24 novembre 2024
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) - CRISTO RE
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TESTO
1. Lavanda dei piedi, capovolgimento della vita (versione lunga)
don Primo Mazzolari, Scritti
«Io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto» (Giovanni 13,15)
Un lontano mi scrive parole, che, se non mi sorprendono, mi fanno soffrire. «Non parteciperò al rito del giovedì santo. La lavanda mi ha sempre inchiodato. Forse passa per quest'impressione incancellabile il filo che mi tiene ancora avvinto, in un certo senso, alla chiesa. Ma se ci tornassi quest'anno con l'animo che mi hanno fatto gli avvenimenti all'insaputa di me stesso, mi verrebbe la tentazione di gridare anche contro di voi, che pur mostrate di capire tante cose: capite voi quello che fate? - Forse non l'avete mai capito: certo, adesso, non lo capite più. Quell'azione è un capovolgimento della vita e voi ne fate un rito».
Amico caro e lontano, nella mia chiesa non si fa la funzione del Mandato, ma il vangelo che lo racconta, lo leggo ugualmente a bassa voce - il tono dell'indegnità che si confessa - davanti al cenacolo, dopo l'Ufficio delle tenebre, quando non ci si vede più e ci si può vergognare di noi stessi senza falsi pudori. Lo leggo per me e, se vuoi, anche per te e per qualcun altro che soffre come noi, quantunque le parole decisive non si possano leggere che per sé.
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«Gesù sapendo che era venuta per lui l'ora di passare da questo mondo al Padre»...
Per un cristiano non ci sono ore inconsapevoli; ogni ora segna il transito dal mondo al Padre, dal terrestre allo spirituale, dal parziale all'universale, dal temporale all'eterno.
Il distacco, che prepara il transito, non può avvenire che per un accrescimento d'amore, vale a dire nella luce della carità del Padre, che non conosce limiti. «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine».
Un «passaggio» o una «conversione» che diminuisse le affezioni naturali e ci sottraesse alle parziali emozioni che tali affetti giustamente ci comandano, non sarebbe un'ascensione.
Si sale verso il Padre, con cuore purificato, ma non separato. Il nostro vero patrimonio umano ce lo portiamo con noi per accrescerne il valore nella santità.
Niente ci deve impedire di portare «sino alla fine», nella pienezza della carità, i nostri vincoli umani: neanche la presenza del traditore, neanche la possibilità di piegare per altre vie le resistenze delle creature.
Proprio quando Gesù sa che «il diavolo aveva già messo in cuore» a Giuda Iscariota di tradirlo, quando ha la certezza che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che stava per ritornare a Dio «...si levò da tavola, depose le sue vesti e preso un asciugatoio, se ne cinse...».
Facendosi uomo aveva preso «la forma del servo». Ma nessuno se n'era accorto fino a quel momento, tanto era in alto il Maestro nella sua così comune umanità. Operava grandi miracoli, si trasfigurava sul monte, predicava con autorità mai vista, parlava come un profeta non aveva mai parlato.
Gli uomini avevano bisogno di vedere il servo, in una forma evidente, inequivocabile. L'amore ve l'avrebbe fissato per sempre e in un gesto che sfida le false grandezze e le false dignità create dal nostro orgoglio.
«Si levò da tavola, depose le sue vesti, e preso un asciugatoio se ne cinse. Poi mise dell'acqua in un catino, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio».
Non ha cominciato né da Pietro né da Giovanni; forse da Giuda, per subito gustare l'estrema ripugnanza di servire l'inservibile, di amare l'inamabile.
Quando arriva a Pietro si sente dire: - Tu Signore, lavare i piedi a me? - Pietro misurava soltanto la propria miseria, e non poneva l'occhio sul mandato di carità che lo avrebbe impegnato come seguace di Cristo, per tutta la vita.
- Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo. Capiva il fatto dell'umiliazione, non capiva la lezione che il Maestro intendeva dargli attraverso il mistero dell'umiliazione. Pietro voleva aver parte con Cristo immaginando chi sa quali ricompense; per questo era disposto a farsi lavare anche le mani e il capo. Neanche il primo degli apostoli sapeva che l'unica condizione per aver parte con lui, è legata, più che a una lavanda materiale, alla continuazione di quella carità che il Cristo veniva istituendo con un atto quasi sacramentale.
«Come dunque ebbe loro lavato i piedi ed ebbe riprese le sue vesti, si mise di nuovo a tavola, e disse loro: - Capite quel che vi ho fatto?».
E poiché gli apostoli non capivano l'istituzione della carità, che doveva precedere di poco l'istituzione del sacramento della carità, il Maestro è costretto a continuare la lezione.
«Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene perché lo sono. Se dunque io che sono il Signore e Maestro v'ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Poiché io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come v'ho fatto io».
L'istituzione dell'eucaristia si chiude con parole quasi eguali: - Fate questo in memoria di me.
I cristiani di tutti i tempi hanno trovato più facile ripetere la presenza eucaristica della presenza della carità, dimenticando che non si può capire una mensa dalla quale, almeno uno, dietro l'esempio del Maestro, non si alzi per continuare nel mondo quella carità che è il fermento celeste del pane del mistero.
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Amico lontano e caro, non ti dico: torna anche quest'anno al rito del Mandato. Non ti dico neppure: non chiederti se noi comprendiamo quello che il Cristo ha fatto.
Appunto perché hai l'impressione che nelle nostre chiese ciò che tu giustamente chiami il capovolgimento sia in pericolo di diventare una semplice «forma rituale», io ti scongiuro di non fermarti quest'anno nella navata della tua chiesa, spettatore indeciso e indisposto. Portati avanti, fino alla tavola eucaristica per «levarti» subito dopo la comunione, non come un commensale qualunque, ma come un servo dell'Amore che deve cambiare il mondo.
I «capovolgimenti» non si attendono, si fanno. «Se sapete queste cose, siete beati se le fate».
lavanda dei piediservizioeucaristiagiovedì santo
inviato da Qumran, inserito il 09/06/2015
TESTO
2. Lavanda dei piedi, capovolgimento della vita (versione breve)
don Primo Mazzolari, Scritti
«Io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto» (Giovanni 13,15)
Un lontano mi scrive parole, che, se non mi sorprendono, mi fanno soffrire. «Non parteciperò al rito del giovedì santo. La lavanda mi ha sempre inchiodato. Forse passa per quest'impressione incancellabile il filo che mi tiene ancora avvinto, in un certo senso, alla chiesa. Ma se ci tornassi quest'anno con l'animo che mi hanno fatto gli avvenimenti all'insaputa di me stesso, mi verrebbe la tentazione di gridare anche contro di voi, che pur mostrate di capire tante cose: capite voi quello che fate? - Forse non l'avete mai capito: certo, adesso, non lo capite più. Quell'azione è un capovolgimento della vita e voi ne fate un rito».
Amico caro e lontano, nella mia chiesa non si fa la funzione del Mandato, ma il vangelo che lo racconta, lo leggo ugualmente a bassa voce - il tono dell'indegnità che si confessa - davanti al cenacolo, dopo l'Ufficio delle tenebre, quando non ci si vede più e ci si può vergognare di noi stessi senza falsi pudori. Lo leggo per me e, se vuoi, anche per te e per qualcun altro che soffre come noi, quantunque le parole decisive non si possano leggere che per sé.
Amico lontano e caro, non ti dico: torna anche quest'anno al rito del Mandato. Non ti dico neppure: non chiederti se noi comprendiamo quello che il Cristo ha fatto.
Appunto perché hai l'impressione che nelle nostre chiese ciò che tu giustamente chiami il capovolgimento sia in pericolo di diventare una semplice «forma rituale», io ti scongiuro di non fermarti quest'anno nella navata della tua chiesa, spettatore indeciso e indisposto. Portati avanti, fino alla tavola eucaristica per «levarti» subito dopo la comunione, non come un commensale qualunque, ma come un servo dell'Amore che deve cambiare il mondo.
I «capovolgimenti» non si attendono, si fanno. «Se sapete queste cose, siete beati se le fate».
lavanda dei piediservizioeucaristiagiovedì santo
inviato da Qumran2, inserito il 09/06/2015
PREGHIERA
Cristo, oggi sono in cerca di pane,
il mio pane quotidiano,
quello che serve per la fame di oggi,
per passare di là oggi,
per avere la forza di remare
sotto la tempesta di oggi.
Il pane che non ha profumo se non di sudore,
il pane che non ha gusto, se non di vita,
il pane che fa stare in piedi,
che serve a camminare,
a remare, a vangare,
a combattere con fede, a morire in pace.
..."in principio era la Parola"
e la parola è il pane quotidiano
per ogni uomo che viene al mondo.
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 26/05/2015
TESTO
4. Gesù 2
don Primo Mazzolari, Il compagno Cristo
Gesù è l'unico personaggio della storia che si vorrebbe non fosse esistito... Gli altri uomini, grandi o infami, sono memoria e polvere: Cristo, no, è presenza. Comincia a diventare interessante uno che gli uomini non vorrebbero che fosse! Non può essere uno qualunque, se lui o qualcosa di lui è così vivo e inquietante da desiderare che non fosse...
Gesùricercaricerca di sensofedeincredulità
inviato da Fr. Francesco Bergomi, inserito il 20/09/2012
TESTO
don Primo Mazzolari, Il Vangelo del reduce, 1945
"E Maria diede alla luce il suo figliuolo e lo fasciò e lo pose a giacere in una greppia".
La stalla fu la prima chiesa e la greppia il primo tabernacolo, dopo il seno purissimo di Maria. Ogni cosa può diventare un ostensorio del suo amore. Anzi, le più umili, le più spregiate ne rispettano meglio il mistero, lasciandone trasparire e conservandone il divino incanto.
nataleeucaristiapoveripovertàincarnazione
inviato da Paola Berrettini, inserito il 24/12/2011
TESTO
don Primo Mazzolari, Il compagno Cristo
Egli viene dove volete, dove vi piace,
avendo preso dimora con voi:
in casa vostra, in fabbrica, in piazza.
Ovunque andiate, egli vi segue:
anzi, ci ha preceduto.
Egli occupa ogni cosa nostra,
e ogni nostra abitazione,
da quando si è fatto uomo per stare con noi
inviato da Fr. Francesco Bergomi, inserito il 09/12/2011
PREGHIERA
7. Cosa mi domandi, Signore? 2
don Primo Mazzolari, Pensieri Eucaristici, Centro Eucaristico
Sono il fratello di tutti,
il fratello che ha bisogno di tutti,
che tende la mano a tutti.
Come potrà starci
tutto questo mondo,
che si àncori all'Eterno
fatto pane,
nel cuore di un pover'uomo?
E tu che cosa mi domandi,
o Signore?
Tu mi dici:
"Lasciati amare!"
Tu non mi domandi di più.
Non mi domandi se ti voglio bene.
Basta che io
mi lasci amare dall'Amore,
perché anch'io sono un lontano.
inviato da Cesarina Volontè, inserito il 02/08/2011
TESTO
don Primo Mazzolari, Tu non uccidere
Ci siamo accorti che non basta essere custodi della pace e neanche uomini di pace nel nostro intimo, se lasciamo che altri ne siano i soli testimoni. Come cristiani dobbiamo essere in prima linea nello sforzo comune verso la pace. Davanti per vocazione non per paura. Quando fa buio la lampada non la si mette sotto la tavola.
Opponendo guerra a guerra, violenza a violenza non si fa che moltiplicare le rovine. Invece di uno saremo in due a buttar giù, non importa se per ragioni o con animi opposti. Perché non ammazzo chi non è d'accordo con me, non vuol dire che io sia d'accordo con lui. Non l'ammazzo perché sono certo che la mia verità ha tanta verità da superare l'errore dell'altro. La verità non ha bisogno della mia violenza per vincere. Il cristiano è contro ogni male, non fino alla morte del malvagio, ma fino alla propria morte, dato che non c'è amore più grande che quello di mettere la propria vita a servizio del bene del fratello perduto. Vince chi si lascia uccidere, non chi uccide. La storia della nostra redenzione si apre con la strage degli Innocenti e si chiude con il Calvario.
Un cristiano deve fare la pace anche quando venissero meno le ragioni della pace. Al pari della fede, della speranza e della carità, la pace è vera beatitudine, quando non c'è tornaconto o interesse o convenienza, vale a dire quando incomincia a sembrare follia davanti al buon senso della gente ragionevole.
Tutti si battono e si sputano addosso e aizzano gli uomini, i tuoi figli, gli uni contro gli altri. Tutti si armano pieni di superbia. Tutti fanno come se la pace e la guerra fossero in loro potere.
paceperdononon violenzagiustiziaamare i nemiciconflitti
inviato da Gianmarco Marzocchini, inserito il 03/05/2002
TESTO
don Primo Mazzolari, Impegno con Cristo, EDB, ediz. 2007
Ci impegnamo noi e non gli altri,
unicamente noi e non gli altri,
né chi sta in alto, né chi sta in basso,
né chi crede, né chi non crede.
Ci impegnamo
senza pretendere che altri s'impegnino,
con noi o per suo conto,
come noi o in altro modo.
Ci impegnamo
senza giudicare chi non s'impegna,
senza accusare chi non s'impegna,
senza condannare chi non s'impegna,
senza disimpegnarci perché altri non s'impegna.
Ci impegnamo
perché non potremmo non impegnarci.
C'è qualcuno o qualche cosa in noi,
un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia,
più forte di noi stessi.
Ci impegnamo per trovare un senso alla vita,
a questa vita, alla nostra vita,
una ragione che non sia una delle tante ragioni
che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore.
Si vive una volta sola
e non vogliamo essere "giocati"
in nome di nessun piccolo interesse.
Non ci interessa la carriera,
non ci interessa il denaro,
non ci interessa la donna o l'uomo
se presentati come sesso soltanto,
non ci interessa il successo né di noi né delle nostre idee,
non ci interessa passare alla storia.
Ci interessa perderci
per qualche cosa o per qualcuno
che rimarrà anche dopo che noi saremo passati
e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci.
Ci impegnamo
a portare un destino eterno nel tempo,
a sentirci responsabili di tutto e di tutti,
ad avviarci, sia pure attraverso un lungo errare,
verso l'amore.
Ci impegnamo
non per riordinare il mondo,
non per rifarlo su misura, ma per amarlo;
per amare
anche quello che non possiamo accettare,
anche quello che non è amabile,
anche quello che pare rifiutarsi all'amore,
poiché dietro ogni volto e sotto ogni cuore
c'è insieme a una grande sete d'amore,
il volto e il cuore dell'amore.
Ci impegnamo
perché noi crediamo all'amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta per impegnarci perpetuamente.
inviato da Maria Grazia Guidetti, inserito il 15/04/2002