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PREGHIERA
21. Tu mi hai sedotto, Dio (per godere del dono della profezia)
Spirito creatore, plasmandomi nel seno materno ha posto in me il seme della fede, lo spirito profetico e la chiamata ad essere tutto tuo e a portare te a tanti fratelli.
"Tu mi hai sedotto e io mi sono lasciato sedurre", nulla ho tenuto per me. Per te e per tutti ho voluto, e voglio, essere un dono. Tutto ho posto sull'altare. Ma l'invecchiare non porta automaticamente alla santità: "Ti amavo di più quand'ero giovane".
Grazie perché non demordi. E di fronte alla quotidiana tua chiamata, rispondo con tante suppliche. Non permettere che le mie labbra siano "incirconcise" come quelle di Mosè, né abbia come lui a dirti: "Manda mio fratello Aronne".
Non permettere che fugga in direzione opposta a quella da te indicata: se vuoi che vada a Ninive, non fare di me un altro Giona. Non permettere che accampi scuse come Geremia, per scuotere dalle spalle il mantello profetico. Ma anche a me, come al veggente di Anatot, infiamma le vene con un divorante amore.
Anche a me, come al giovane Isaia, purifica le labbra con un carbone ardente, rendendomi capace di rispondere alla tua chiamata: "Ecco, io sono qui, manda me!". Con fede e umiltà potrò testimoniare e annunciare la Parola.
Non ti chiedo particolari visioni profetiche, ma solo la forza di non stancarmi mai di ripetere a chi incontro: prova e gusta come è buono il Signore, sta attaccato a Lui, lasciati sedurre da quell'Amore che dà un senso alla vita e rende interessante anche la morte.
Scarica la raccolta completa di preghiere e testi di don Valentino Salvoldi
volontà di Diomissionevocazionedisponibilitàprofezia
inviato da Don Valentino Salvoldi, inserito il 16/06/2015
RACCONTO
Apoftegmi dei Padri del deserto
Vivevano in una stessa cella due fratelli assai celebrati per la loro umiltà e pazienza. Un po' alla volta, passando gli anni, si erano accomodati il loro nido eremitico in modo perfetto. La cella l'avevano fatta di vinchi e tutta intonacata; attorno poi avevano piantato un bell'orto con rigagnoli d'acqua derivati da una sorgente vicina, che lo mantenevano fresco tutto l'anno e così ricco di erbaggi e di frutti da averne anche da regalare agli altri eremiti. Non mancavano neppure piccole aiuole di fiori e di erbe odorifere che servivano ad adornare il piccolo altare dell'oratorio.
Un giorno un vecchio monaco che aveva sentito parlare delle grandi virtù di questi due fratelli, volle accertarsene di persona: «Andrò a vedere», disse, «se sarà tutto oro o se vi sarà anche del piombo».
Accolto con molta riverenza e fatta orazione, chiese di vedere il giardino. «Venite venite», dissero i due, e vo lo accompagnarono. «Bello bello!», faceva il vecchio arricciando il naso: «anche troppo bello per degli eremiti...» E, preso un bastone, si mise a menarlo con gran furia a destra e a manca, sbattendolo sui cavoli, l'insalata, i cetrioli, i fiori. Pareva impazzito. I due stavano lì a mani giunte a guardarlo, ed ebbero appena il fiato di dire: «O Dio!», ma non aggiunsero altro.
Più tardi, prostratisi ai piedi di quel santo Padre che nel frattempo s'era seduto all'ombra a tergersi il sudore, gli dissero: «Padre, se ti piace, vorremmo andare a cogliere un poco di quel cavolo che c'è rimasto, e così lo cuoceremo e lo mangeremo tutti e tre insieme». Il vecchio non credeva ai propri orecchi: tutto stupefatto, li abbracciò e disse: «Rendo grazie a Dio, perché veramente lo Spirito Santo abita in voi».
fraternitàconcordiapace interiorepazienzaumiltà
inviato da Il Patriota Cosmico, inserito il 09/06/2015
PREGHIERA
23. La preghiera del Papa a Maria, Stella del Mare 3
Papa Francesco, S. Messa a Lampedusa, 8 luglio 2013
O Maria, stella del mare,
ancora una volta ricorriamo a te, per trovare rifugio e serenità,
per implorare protezione e soccorso.
Madre di Dio e Madre nostra, volgi il tuo sguardo dolcissimo
su tutti coloro che ogni giorno affrontano i pericoli del mare
per garantire alle proprie famiglie il sostentamento necessario alla vita,
per tutelare il rispetto del creato, per servire la pace tra i popoli.
Protettrice dei migranti e degli itineranti,
assisti con cura materna gli uomini, le donne e i bambini
costretti a fuggire dalle loro terre in cerca di avvenire e di speranza.
L'incontro con noi e con i nostri popoli
non si trasformi in sorgente di nuove e più pesanti schiavitù e umiliazioni.
Madre di misericordia, implora perdono per noi che,
resi ciechi dall'egoismo, ripiegati sui nostri interessie prigionieri delle nostre paure,
siamo distratti nei confronti delle necessità e delle sofferenze dei fratelli.
Rifugio dei peccatori, ottieni la conversione del cuore
di quanti generano guerra, odio e povertà, sfruttano i fratelli e le loro fragilità,
fanno indegno commercio della vita umana.
Modello di carità, benedici gli uomini e le donne di buona volontà,
che accolgono e servono coloro che approdano su questa terra:
l'amore ricevuto e donato sia seme di nuovi legami fraterni
e aurora di un mondo di pace. Amen.
accoglienzamigranticaritàsoccorsoamore di CristoMaria
inviato da Paola Maria Teresa, inserito il 23/12/2013
PREGHIERA
24. Con te che sei la nostra pace 3
Comunità FMA dell'Eremo San Biagio, La Voce di San Biagio
Signore Gesù, tu hai detto:
Vi lascio la mia pace,
ve la do in modo diverso
da come la dà il mondo.
Hai anche detto
che dove alcuni sono uniti nel tuo nome,
Tu sarai certamente con loro.
Tu sei dunque qui in mezzo a noi.
Aiutaci a vivere insieme con te,
nello scorrere dei giorni:
con te che sei la nostra pace.
Aiutaci a riconoscerti in ognuno
che incontriamo.
Aiuta il nostro cuore
a passare nel tuo Cuore che, unito al Padre,
è aperto a ogni uomo, a ogni creatura
nell'alito vivificante dello Spirito Santo.
Aiuta gli occhi del nostro cuore
a riconoscerti sempre
nel volto di chi gioisce e di chi piange,
di chi ha successo nella vita
e di chi, stanco e deluso,
si scoraggia e deprime.
Aiutaci a credere che la tua pace
può abbattere il reticolato
delle nostre diffidenze e discordie,
può fiorire anche
nelle aride sabbie dei nostri egoismi
scoperchiati dalla tua Parola e vinti dalla Tua grazia.
Aiutaci, Gesù nostra Pace,
a presentarci al mondo con un volto da salvati,
con occhi pensosi ma vividi di speranza
con progetti di collaborazione
costruttiva con quanti,
da qualsiasi sponda religiosa politica razziale provengano,
siano come noi sinceramente decisi a volere il bene di tutti.
Aiutaci a fare della tua pace
il nostro stile di approccio relazionale
con ogni uomo e donna,
con ogni giovane e anziano
che scopre nell'adesione al tuo volere
la profonda e vera radice della pace.
Aiutaci, o Signore, a percorrere
tutti i sentieri della vita
nel sole della tua presenza
perché, sorretti dalla preghiera
dalla vita sacramentale
e da un rapporto positivo con ogni creatura,
giungiamo a bussare alla porta
della tua e nostra casa.
Proprio perché arriveremo insieme a tanti fratelli e sorelle da te pacificati,
noi lo sappiamo: tu ci spalancherai la porta
della pace e della gioia senza fine.
inviato da Suor Monica, inserito il 06/09/2013
TESTO
25. La bisaccia del cercatore 2
Tonino bello, La bisaccia del cercatore, ediz. La meridiana
Se io fossi un contemporaneo di Gesù, se fossi uno degli Undici ai quali Gesù, nel giorno dell'Ascensione, ha detto: "Lo Spirito santo verrà su di voi e riceverete da lui la forza per essermi miei testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, la Samaria e fino all'estremità della terra" (At 1,8), nell'atto di congedarmi dai fratelli, sapete cosa avrai preso con me? Innanzitutto il bastone del pellegrino e poi la bisaccia del cercatore e nella bisaccia metterei queste cinque cose: un ciottolo del lago; un ciuffo d'erba del monte; un frustolo di pane, magari di quello avanzato nelle dodici sporte nel giorno del miracolo; una scheggia della croce; un calcinaccio del sepolcro vuoto. E me ne andrei così per le strade del mondo, col carico di questi simboli intensi, non tanto come souvenir della mia esperienza con Cristo, quanto come segnalatori di un rapporto nuovo da instaurare con tutti gli abitanti, non solo della Giudea e della Samaria, non solo dell'Europa, ma di tutto il mondo: fino agli estremi confini della terra. Ecco, io prenderei queste cose. Ma anche il credente che voglia obbedire al comando missionario di Gesù dovrebbe prendere con sé queste stesse cose.
segnifedecredereobbedienzamissioneevangelizzazionelibertàinterioritàesterioritàtestimonianzaascensione
inviato da Don Fabio Sgaria, inserito il 23/09/2012
PREGHIERA
26. Era in mezzo alla strada, vacillante 1
Era in mezzo alla strada, vacillante.
Cantava a squarciagola con la sua voce rauca
da ubriacone inveterato.
La gente si voltava, si fermava, si divertiva.
È arrivato un vigile, silenzioso, alle spalle.
Lo ha preso brutalmente per la spalla e portato dentro.
Cantava ancora.
La gente rideva.
Non ho riso.
Ho pensato, o Signore, alla donna che questa sera
attenderebbe invano.
Ho pensato a tutti gli altri ubriaconi della città,
quelli dei bar e dei caffè,
quelli dei ritrovi e dei night-club.
Ho pensato al loro ritorno, alla sera, in casa,
ai bimbi spaventati,
al portafoglio vuoto,
ai colpi,
alle grida,
alle lacrime,
ai bambini che nascerebbero dalle strette puzzolenti.
Ora hai steso la tua notte sulla città, o Signore.
E mentre s'intrecciano e snodano drammi
gli uomini che hanno difeso l'alcool,
fabbricato l'alcool,
venduto l'alcool,
nella stessa notte s'addormentano in pace.
Penso a tutti questi, mi fanno pietà;
hanno fabbricato e venduto miseria,
hanno fabbricato e venduto peccato.
Penso a tutti gli altri, la folla degli altri che lavorano
per distruggere e non per costruire,
per insozzare e non per nobilitare,
per istupidire e non per rasserenare,
per avvilire e non per accrescere.
Penso particolarmente, o Signore, a quella moltitudine
che lavora per la guerra,
che per nutrire la famiglia deve lavorare e distruggerne altre,
che per vivere deve preparare la morte.
Non ti chiedo di strapparli tutti al loro lavoro: non è possibile.
Ma fa', o Signore, che si pongano dei problemi,
che non dormano tranquilli,
che lottino in questo mondo in disordine,
che siano fermento,
che siano redentori.
Per tutti i feriti nell'anima e nel corpo, vittime del lavoro
dei loro fratelli.
Per tutti i morti, di cui migliaia di uomini hanno
coscienziosamente preparato la morte.
Per quell'ubriacone, grottesco clown in mezzo alla strada.
Per l'umiliazione e le lacrime della moglie.
Per la paura e le grida dei bambini.
Signore, abbi pietà di me troppo spesso sonnolento.
Abbi pietà degli infelici completamente addormentati e complici
di un mondo in cui fratelli si uccidono tra loro
per guadagnare il pane.
lavoropaceingiustiziamortearmipeccatoindifferenzaalcolalcolisti
inviato da Paola Berrettini, inserito il 23/09/2012
PREGHIERA
27. Preghiera per i sacerdoti 1
Signore,
vogliamo pregarti oggi per tutti i sacerdoti del mondo.
Ti preghiamo per questi nostri fratelli che dedicano la loro vita a costruire comunità.
Ti preghiamo per i sacerdoti:
categoria ormai in via di estinzione...
E mentre preghiamo per i sacerdoti,
pensiamo a tutti quelli che abbiamo conosciuto:
a volte sacerdoti staccati dalla gente comune,
a volte uomini pieni di comprensione e di umanità,
altre volte sacerdoti inchiodati dalle loro incoerenze più o meno evidenti...
Molte volte i preti che abbiamo avuto accanto
li abbiamo giudicati, criticati, contestati, isolati...
Poche volte abbiamo ricordato che il prete è solo un nostro fratello,
limitato e fragile,
che dedica la sua vita ad annunciare il Vangelo,
cercando con tanta fatica di vivere le cose che dice.
Ti chiediamo, Signore,
di aiutarci a voler bene ai nostri sacerdoti.
Aiutaci a cercare il bene insieme.
Facci capire che prima di abbandonarli,
pensiamo che, anche loro, come tutti noi,
hanno bisogno di un sorriso e di un amico.
Signore Gesù,
tu cerchi sempre dei "pazzi", dei "folli" d'amore disposti a seguirti.
Manda ancora nelle nostre comunità sacerdoti pieni di gioia,
capaci di stravolgerci il cuore con la tua grazia.
Amen.
inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 05/08/2012
ESPERIENZA
Tempo fa', sul far della sera di un sabato qualunque, in una bella e profumata giornata primaverile, stavo innaffiando l'erba e i fiori del piccolo giardino che adorna la nostra casa, assorto nei lieti pensieri del dolce far niente. Davanti al cancello, all'improvviso, appare la figura di una ragazzina. Chiaramente una Rom, una zingara: il suo volto ed il suo cencioso abbigliamento non lasciavano certo spazio a dubbi in tal senso.
Con un italiano piuttosto stentato mi chiama e mi dice: "Dio ti benedica te e tua famiglia, mi dai pane vecchio per mangiare?".
Le rispondo:
- "Dove abiti?" (curioso, vero? Quando Dio ci parla, capita spesso che di primo acchito cambiamo discorso).
- "Là, vicino fiume Mella".
- "E di cosa vivi?".
- "Quello che mi danno".
- "Non vai a scuola?".
- "No, mai andata".
- "E i tuoi genitori cosa dicono?".
- "Padre non so, non vedo da tanto, lui carcere; madre dice: andare prendere qualcosa da mangiare. Mi dai pane vecchio?".
- "Sì, certo, scusa, volevi del pane vecchio. Ho quello fresco, buono, di oggi, vado dentro a prenderti quello", le dico mentre mi giro e faccio per entrare in casa.
- "Buono hai già dato".
Sono rimasto impietrito, come fulminato. Mi sono rigirato lentamente e l'ho guardata: stava sorridendo. Non so, non ho mai voluto pensare che quella frase fosse stata solo il frutto di un malriuscito tentativo di traduzione dal rumeno all'italiano di chissà quale espressione.
Nemmeno che quel suo sorriso fosse solo un modo, forse l'unico che conosceva, per dirmi la sua gioia nel vedere che il pane glielo avrei dato davvero. No. Ho pensato che quel parlare con lei, ascoltarla, sorriderle, fosse per lei, davvero, come spezzare insieme del pane fresco, del pane buono. "Me l'hai già dato, il pane buono: mi hai accolto, mi hai parlato, mi hai sorriso. Non ti sei girato dall'altra parte, non mi hai ignorato, né schernito, né evitato, né maltrattato, né violentato. Mi hai parlato".
Pane che nutre, non denti che divorano. Basta davvero così poco per sentirsi amati? E per essere fratelli, per essere cristiani? Sì. Ed Egle, mia sposa, mentre - entrato in casa - le racconto la vicenda, dice serenamente, quasi fosse la cosa più semplice e scontata di questo mondo: "Pane dei gesti che accolgono, pane delle parole che accarezzano. Pane di Gesù: è questo".
Pane fresco e buono, che non diventa mai vecchio perché prodotto nel cuore di chi crede in Colui che dice: "Io sono il pane della vita", e ci lascia un comandamento nuovo: "Amatevi come io vi ho amato".
Amare quella ragazzina cenciosa, spezzare il pane con lei e con tutti i cenci del mondo. Vivendo una vita nella solidarietà e nella comunione con tutti.
Sforzandoci di vivere così, di spezzare il pane così, allora Dio parla in noi; allora Dio parla con noi. Allora Dio spezza il pane e la parola tra noi: nei panni di una cenciosa ragazzina.
inviato da Ornella Zito, inserito il 24/06/2012
TESTO
Cristo ti chiede di essere un uomo o una donna capace di portare gioia:
1 - ti chiede gli occhi per guardare la realtà del mondo senza chiuderti in te stesso;
2 - ti chiede la mente per escogitare facezie e battute umoristiche onde riuscire a far sorridere chi piange;
3 - ti chiede orecchie per ascoltare e far tuoi i problemi degli altri, dimenticando le proprie amarezze;
4 - ti chiede le spalle per aiutare i tuoi fratelli a portare la croce, senza infastidirti più di tanto di quella che già tu porti;
5 - ti chiede le braccia per sollevare i pesi che gli altri non riescono a rimuovere, temendo di restare schiacciati sotto di essi;
6 - ti chiede i piedi per andare da chi soffre e portare un sorriso;
7 - ti chiede il cuore per amare chi non ha mai ricevuto una carezza e chi si dibatte tra gli affanni;
8 - ti chiede la bocca per pronunciare parole di incoraggiamento e di consolazione al fine di ridare fiducia nella vita;
9 - ti chiede l'intelligenza e la volontà per diventare sale della terra laddove tutto sembra insipido;
10 - ti chiede di non restare indifferente di fronte al fratello che non riesce a venir fuori dalle tenebre in cui si dibatte e di essere per lui come la luce del sole e come l'aria che respiri.
Porterai gioia e calore, ma ricorda di nasconderti sempre come una viola in un grande prato, della quale tutti sentono il profumo, ma che nessuno riesce a trovare.
gioiaumiltàserviziosolidarietàtestimonianza
inviato da Qumran2, inserito il 28/05/2012
TESTO
P. Gianni fanzolato, Loreto S. Natale 2011
Annunciazione
Anche per me, come a Maria, c'è stato un annuncio:
un angelo mi ha chiesto se ero disposto a portare Gesù ai fratelli;
e come per miracolo ho trovato Cristo nei poveri, carcerati, migranti.
Dal sì di Maria come centri concentrici tutti i sì di chi si sente amato dal Padre.
E nasce l'amore!
Natale.
Per me è Natale quando Cristo mi ha cambiato la vita col battesimo e sono rinato.
Da quel momento ho visto nascere attorno a me tanti che sognano un pane,
fratelli in carcere per i quali è natale quando qualcuno li va a visitare,
tanti ragazzi, uomini migranti per il mondo che aspettano di essere accolti.
E nasce la gioia!
I Re Magi
Ogni volta nel mio cuore nasce l'amore a Dio e ai fratelli, è oro che offro.
Quando lascio tutto e perdo tempo in tua compagnia è incenso che sale.
Se vivo nella tua grazia e la vita si fa dono a chi soffre è mirra che profuma.
Permettimi, Signore di inginocchiarmi per adorarti presente nel mio prossimo.
E nasce la lode!
Epifania
Ti manifesti a me nel dolore del malato, di chi vive lontano dalla patria.
Sei continua epifania negli avvenimenti della storia e di chi cammina accanto.
Ti sveli come d'incanto per chi sa scorgerti nella Parola, nel Pane e nella vita.
E il mondo avvolto dalle tenebre del peccato, toglie il velo e risorge a una luce nuova.
E nasce la pace!
annunciazionenataleepifaniare magi
inviato da Gianni Fanzolato, inserito il 07/05/2012
TESTO
Mariano Magrassi, Afferrati da Cristo
Dedichiamo brevemente attenzione ai gesti quotidiani che esprimono l'agàpe (amore) e costruiscono la koinonia (comunione). Al primo posto metterei una capacità infinita di comprensione e perdono. Non sta insieme una comunità dove i componenti non sono pronti a perdonarsi.
Bisogna anzitutto capire gli altri e accettarli come sono. Prendere i fratelli come Dio ce li manda e poi entrare in ciascuno, a partire da un gesto, da una parola, con una forte carica di simpatia, in modo da uscirne con la sua immagine, vera e non deformata. Spesso i pregiudizi fanno da schermo, si interpongono tra noi e i fratelli. Un filosofo ha definito la carità «l'attenzione prestata all'esistenza altrui».
Un altro elemento, importante per la comunione, è la prontezza a donarsi sulla linea del servizio. Un servizio che anzitutto deve afferrare tutto il mio essere, cioè devo fare di me quello che viene bene per gli altri. Aggiusto me stesso per essere gradito agli altri. È una carità che si fa con l'essere, prima che con l'azione.
Amare senza misura, né di intensità né di estensione. Quindi fraterna apertura a tutti. I fratelli non si scelgono, si accolgono senza discriminazione; basta escluderne uno per uccidere la carità. E dopo che l'ho accettato, il fratello, superando l'egoismo che è chiusura in me stesso, devo aprirmi a lui con una immensa speranza. Quando l'io si chiude in se stesso, intristisce. Quando invece diventa capace di rapporto, di comunione, allora si apre e fiorisce, come certi fiori che si schiudono quando sorge il sole.
Altro gesto di comunione è la correzione fraterna. Che sia un gesto cristiano non c'è alcun dubbio, perché si trova nel discorso ecclesiale di Matteo (18, 15-17). Ma è un'arte molto, molto difficile! Occorre intervenire nel momento giusto e col tono giusto. Deve nascere da un bisogno di amicizia che porge fraternamente all'altro una mano per risollevarsi. A sua volta, la correzione spinge chi la compie a togliere la trave dal proprio occhio.
Ma occorre pure sopportare se stessi, cioè accattare con serenità i propri limiti. Questo non lo riferisco ai peccati che dobbiamo cercare di eliminare, tutti; ma ai limiti che ci sono in ogni persona umana. Bisogna diventare scomplessati al riguardo; occorre saperci accettare come siamo, con lo sforzo quotidiano per renderci migliori. Allora si diventa uomini felici di vivere. È una cosa molto importante questa, perché l'uomo felice di vivere è capace di buoni rapporti con gli altri.
Accettare le diversità e saperle comporre nella comunione è un'altra cosa indispensabile. La diversità è voluta da Dio. La diversità è una ricchezza, purché non diventi contrasto. L'immagine più bella mi pare che l'abbia trovata Ignazio di Antiochia quando ha detto che siamo come una cetra, cha ha parecchie corde, e ogni corda suona la sua nota, ma ogni corda è armonizzata con l'altra. Se avessimo nella Chiesa un po' più di capacità di comporre queste differenze nella comunione! Si tratta di diversità a livello personale, non delle diversità sulle verità di fede; è chiaro che lì ci deve essere la perfetta comunione.
Da ultimo occorre da parte di tutti una fraterna cooperazione al bene di tutto il corpo ecclesiale. La salute e la vitalità di un organismo risultano dall'apporto di tutti gli organi che lo compongono. La Chiesa è un corpo che ha bisogno di tutti: ognuno l'arricchisce col suo dono.
Il Signore ci renda capaci di moltiplicare ogni giorno i gesti di bontà intorno a noi. Questa comprensione verso gli altri non è per il cristiano pura filantropia, ma un modo di andare incontro al Cristo, perché il fratello è "sacramento di Gesù". Gesù mette sul suo conto quello che abbiamo fatto al più piccolo dei nostri - e suoi - fratelli.
amorecomunionecomunitàfratelloserviziocorrezione fraterna
inviato da Marco Sciddurlo, inserito il 06/05/2012
TESTO
32. La segnaletica del Calvario 2
Tonino Bello, Scritti vari
Miei cari fratelli, sulle grandi arterie, oltre alle frecce giganti collocate agli incroci, ce ne sono ogni tanto delle altre, di piccole dimensioni, che indicano snodi secondari. Ora, per noi che corriamo distratti sulle corsie preferenziali di un cristianesimo fin troppo accomodante e troppo poco coerente, quali sono le frecce stradali che invitano a rallentare la corsa per imboccare l'unica carreggiata credibile, quella che conduce sulla vetta del Golgota? Ve ne dico tre. Ma bisogna fare attenzione, perché si vedono appena.
La freccia dell'accoglienza. E' una deviazione difficile, che richiede abilità di manovra, ma che porta dritto al cuore del Crocifisso. Accogliere il fratello come un dono. Non come un rivale. Un pretenzioso che vuole scavalcarmi. Un possibile concorrente da tenere sotto controllo perché non mi faccia le scarpe. Accogliere il fratello con tutti i suoi bagagli, compreso il bagaglio più difficile da far passare alla dogana del nostro egoismo: la sua carta d'identità! Si, perché non ci vuole molto ad accettare il prossimo senza nome, o senza contorni, o senza fisionomia. Ma occorre una gran fatica per accettare quello che è iscritto all'anagrafe del mio quartiere o che abita di fronte a casa mia. Coraggio! Il Cristianesimo è la religione dei nomi propri, non delle essenze. Dei volti concreti, non degli ectoplasmi. Del prossimo in carne ed ossa con cui confrontarsi, e non delle astrazioni volontaristiche con cui crogiolarsi.
La freccia della riconciliazione. Ci indica il cavalcavia sul quale sono fermi, a fare autostop, i nostri nemici. E noi dobbiamo assolutamente frenare. Per dare un passaggio al fratello che abbiamo ostracizzato dai nostri affetti. Per stringere la mano alla gente con cui abbiamo rotto il dialogo. Per porgere aiuto al prossimo col quale abbiamo categoricamente deciso di archiviare ogni tipo di rapporto. E' sulla rampa del perdono che vengono collaudati il motore e la carrozzeria della nostra esistenza cristiana. E' su questa scarpata che siamo chiamati a vincere la pendenza del nostro egoismo ed a misurare la nostra fedeltà al mistero della croce.
La freccia della comunione. Al Golgota si va in corteo, come ci andò Gesù. Non da soli. Pregando, lottando, soffrendo con gli altri. Non con arrampicate solitarie, ma solidarizzando con gli altri che, proprio per avanzare insieme, si danno delle norme, dei progetti, delle regole precise, a cui bisogna sottostare da parte di tutti. Se no, si rompe qualcosa. Non il cristallo di una virtù che, al limite, con una confessione si può anche ricomporre. Ma il tessuto di una comunione che, una volta lacerata, richiederà tempi lunghi per pazienti ricuciture.
Il Signore ci conceda la grazia di discernere, al momento giusto, sulla circonvallazione del Calvario, le frecce che segnalano il percorso della Via Crucis. Che è l'unico percorso di salvezza.
via crucisgolgotaaccoglienzariconciliazionecomunioneperdonocomunitàvolontariato
inviato da Qumran2, inserito il 09/04/2012
TESTO
Tonino Bello, Dalla testa ai piedi
Carissimi,
Io non so se nell'ultima cena, dopo che Gesù ebbe ripreso le vesti, qualcuno dei dodici si sia alzato da tavola e con la brocca, il catino e l'asciugatoio si sia diretto a lavare i piedi del maestro. Probabilmente no. C'è da supporre comunque che dopo la sua morte ripensando a quella sera, i discepoli non abbiano fatto altro che rimproverarsi l'incapacità di ricambiare la tenerezza del Signore.
Possibile mai, si saranno detti, che non ci è venuto in mente di strappargli dalle mani quei simboli del servizio, e di ripetere sui suoi piedi ciò che egli ha fatto con ciascuno di noi? Dovette essere così forte il disappunto della Chiesa nascente per quella occasione perduta, che, quando Gesù apparve alle donne il mattino della risurrezione, esse non seppero fare di meglio che lanciarsi su quei piedi e abbracciarli. "Avvicinatesi, gli cinsero i piedi e lo adorarono". Ce lo riferisce Matteo, nell'ultimo capitolo del suo Vangelo. Gli cinsero i piedi. Non gli baciarono le mani o gli strinsero il collo. No.
Gli cinsero i piedi! Erano già bagnati di rugiada. Glieli asciugarono, allora con l'erba del prato e glieli scaldarono col tepore dei loro mantelli. Quasi per risarcire il maestro, sia pure a scoppio ritardato, di una attenzione che la notte del tradimento gli era stata negata. Gli cinsero i piedi. Fortunatamente avevano portato con sé profumi per ungere il corpo di Gesù. Forse ne ruppero le ampolle di alabastro e in un rapimento di felicità riversarono sulle caviglie del Signore gli olii aromatici che furono subito assorbiti da quei fori: profondi e misteriosi, come due pozzi di luce.
Gli cinsero i piedi. Finalmente! Verrebbe voglia di dire. Ma chi sa in quel ritardo ci doveva essere anche tanto pudore. Forse la chiesa nascente rappresentata dalle due Marie prima di cadergli davanti nel gesto dell'adorazione aveva voluto aspettare di proposito che Gesù riprendesse davvero le vesti. Non quelle che aveva momentaneamente deposto prima della lavanda. Ma quelle veramente inconsutili del suo corpo glorioso. Carissimi fratelli, oggi voglio dirvi che la Pasqua è tutta qui. Nell'abbracciamento di quei piedi. Essi devono divenire non solo il punto di incontro per le nostre estasi d'amore verso il Signore, ma anche la cifra interpretativa di ogni servizio reso alla gente, e la fonte del coraggio per tutti i nostri impegni di solidarietà con la storia del mondo.
Non c'è da illudersi. Senza questa dimensione adorante, espressa dal gruppo marmoreo di donne protese dinanzi al risorto, saremo capaci di organizzare solo girandole appariscenti di sussulti pastorali. Se non afferriamo i piedi di Gesù, lavare i piedi ai marocchini, o agli sfrattati, o ai tossici, non basta.
Non basta neppure lavarsi i piedi a vicenda, tra compagni di fede. Se la preghiera non ci farà contemplare speranze ultramondane attraverso quei fori lasciati dai chiodi, battersi per la giustizia, lottare per la pace e schierarsi con gli oppressi, può rimanere solo un'estenuante retorica. Se, caduti in ginocchio, non interpelleremo quei piedi sugli orientamenti ultimi per il nostro cammino, giocarsi il tempo libero nel volontariato rischia di diventare ricerca sterile di sé e motivo di vanagloria. Se l'adorazione dinnanzi all'ostensorio luminoso di quelle stigmate non ci farà scavalcare le frontiere delle semplici liberazioni terrene, impegnarsi per le promozione dei poveri potrà sfiorare perfino il pericolo dell'esercizio di potere. Non basta avere le mani bucate. Ci vogliono anche i piedi forati. E' per questo che quando Gesù apparve ai discepoli la sera di Pasqua "mostrò loro le mani e i piedi".
E poi, quasi per sottolineare con la simbologia di quei due moduli complementari che senza l'uno o l'altro, ogni annuncio di risurrezione rimarrà sempre mortificato, aggiunse: "Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io".
Mani e piedi, con tanto di marchio! Ecco le coordinate essenziali per ricostruire la carta d'identità del risorto. Mani bucate. Richiamo a quella inesauribile carità verso i fratelli, che si fa donazione a fondo perduto. Piedi forati.
Appello esigente a quell'amore verso il Signore, che ci fa scorgere il senso ultimo delle cose attraverso le ferite della sua carne trasfigurata.
pasquaresurrezionerisortorisurrezioneserviziovolontariato
inviato da Qumran2, inserito il 07/04/2012
PREGHIERA
34. Signore, donaci il vino della gioia 3
Don Angelo Saporiti, Preghiera alle Nozze di Cana
Qualche volta
le nostre vite sono come stelle senza luce,
come arcobaleno senza colore,
come musica senza suono.
Qualche volta alle nostre vite manca la gioia.
Eppure, tu, Signore ci affidi la responsabilità
di diffondere la gioia che viene dall'averti conosciuto,
la gioia che viene dal saperci amati da te.
Tu deponi questo tesoro dentro di noi,
lo metti nelle nostre mani,
affinché noi lo moltiplichiamo
e lo condividiamo.
Ogni nuovo giorno che nasce,
è un dono che tu ci fai
per accrescere in noi la gioia.
Tu desideri solo
che prendiamo coscienza
della gioia che è in noi.
Allora aiutaci a conquistarla
anche quando la nostra vita
sembra naufragare
tra le onde della rassegnazione.
Cambia la nostra tristezza in vita,
cambia la nostra ombra in luce,
cambia la nostra acqua in vino nuovo
e trasformala in fontana di gioia,
per noi e per tutti i fratelli.
Amen.
gioiacondivisionenozze di cana
inviato da Don Angelo Saporiti, inserito il 13/12/2011
PREGHIERA
35. Figlio mio, il Padre nostro detto da Dio 7
Hai pensato come Dio direbbe il "Padre nostro"? o meglio il "Figlio mio".
Figlio mio, che stai nella terra e ti senti preoccupato, confuso, disorientato, solo, triste e angosciato.
Io conosco perfettamente il tuo nome e lo pronuncio benedicendolo, perché ti amo, e ti accetto così come sei.
Insieme costruiremo il mio Regno, del quale tu sei mio erede e in esso non sarai solo perché Io sono in te, come tu sei in me.
Desidero che tu faccia sempre la mia volontà, perché la mia volonta è che tu sia umanamente felice.
Avrai il pane quotidiano. Non ti preoccupare. Però ricorda, non è solo tuo, ti chiedo di dividerlo sempre con il tuo prossimo, ecco perché lo do a te, perché so che sai che è per te e per tutti i tutti i tuoi fratelli.
Perdono sempre le tue offese, anzi ti assolvo prima che le commetta, so che le commetterai, però so anche che a volte è l'unico modo che hai per imparare, crescere e avvicinarti a me, alla tua vocazione. Ti chiedo solo, che in egual modo, perdoni te stesso e perdoni coloro che ti feriscono.
So che avrai tentazioni e sono certo che le supererai.
Stringimi la mano, aggrappati sempre a me, ed io ti darò il discernimento e la forza perché ti liberi dal male.
Non dimenticare mai che ti amo da prima che tu nascessi, e che ti amerò oltre la fine dei tuoi giorni, perché sono in te, come tu sei in me. Che la mia benedizione scenda e rimanga su di te sempre e che la mia pace e l'amore eterno ti accompagnino sempre.
Solo da me potrai ottenerli e solo io posso darteli perché Io sono l'Amore e la Pace.
inviato da Cesarina Volontè, inserito il 21/09/2011
RACCONTO
36. Leggenda di Natale a Cresburg 2
Cresburg è l'unico paese del mondo cristiano in cui le campane suonano la gloria della nascita del Redentore cinque minuti dopo la mezzanotte.
Viveva a Cresburg una vecchina di oltre cent'anni: si chiamava Gret.
Una sera, era la sera del ventiquattro dicembre, nella piccola casa entrò improvvisamente la Morte: era passata dalla porta chiusa, silenziosamente.
Gret, che stava sferruzzando lestamente, alzò gli occhi su lei:
- E' ora? - chiese ansiosa.
- E' ora - rispose la Morte.
- Aspetta ancora un poco, te ne prego - supplicò la vecchina - Devo finire questa maglia di lana.
- Quanto tempo occorre?
Gret diede un rapido sguardo al lavoro, fece un breve conto e rispose: - Due ore. Due ore mi bastano.
- E' troppo.
- Ma io devo assolutamente finire la maglia. Tutti gli anni ne faccio una per il Bambino che nasce. E se non riesco a finirla, il Bambino avrà freddo. Non senti che gelo?
- Due ore di ritardo nell'ubbidire alle leggi di Dio - rispose gravemente la Morte - significano duecento anni di pene da scontarsi prima di raggiungere la pace divina.
La vecchina ebbe un moto di sgomento.
Ma poi scosse il capo: - Non importa - rispose - Il Bambino, senza maglia, soffrirebbe. Duecento anni? Pazienza.
E continuò a sferruzzare veloce, mentre la Morte, in un angolo, attendeva.
Mancavano pochi minuti alla mezzanotte, allorché Gret alzò il capo: Sono pronta, disse alla Morte.
Uscirono insieme e s'incamminarono vicine sotto il cielo coperto di stelle.
Troc, troc, faceva la falce, picchiando sulle scapole nude della Morte.
Sulla grande strada alberata dovettero fermarsi.
Circondato da un alone di luce bianchissima, avanzava il Bambino che si recava a Betlemme.
La vecchina si inginocchiò, e, quando Egli le fu vicino, gli porse umilmente la maglia.
Gesù si fermò, guardò la Morte che attendeva, poco discosto e chiese: - Dove andate?
- A scontar duecento anni di pene per raggiungere la felicità eterna - rispose la vecchina.
Il Bambino la fece alzare e si rivolse alla Morte: - Vattene - le disse - L'accompagno io.
La prese per mano e ritornò indietro sulla via percorsa, fino in Paradiso.
Poi riprese il cammino per andare a Betlemme: quando vi giunse era la mezzanotte e cinque minuti.
Di cosa ha bisogno il Dio Bambino?
Di nulla, se non del calore dell'amore di chi si mette in gioco per lui, come lui si è messo in gioco per salvare i suoi fratelli!
inviato da Suor Maria Nerina, inserito il 08/07/2011
PREGHIERA
Piccola Fraternità di S. Zenetto
Vorrei nel mio volto...
uno sguardo limpido e dolce
che trasmetta serenità e pace,
gioia di incontrare i fratelli
con sentimenti di tenerezza,
...il volto di Dio;
un bel sorriso umano
che esprima gioia di vivere,
enorme allegria,
amore verso tutti,
...il volto di Gesù;
la mitezza del suo essere
espressa con gesti generosi,
cantare e ballare insieme a lui
perché mi sento amato.
Il tuo volto, Gesù,
vorrei fosse il mio.
serenitàgioiatenerezzaamorevitagenerositàvolto
inviato da Maria Paola Nicolai, inserito il 24/05/2011
TESTO
38. Una settimana fuori dal tempo: settimana santa 1
Lunedì Santo: orto degli ulivi
Gesù non sei solo nell'orto degli ulivi della storia; quanti calici ricolmi,
stanno sudando sangue con te i martiri moderni, i senza voce, i migranti,
gli schiavi del potere, i poveri forzati, i bimbi affamati e le donne umiliate.
Martedì santo: il processo dei processi
Il mondo è un grande scenario dove si consumano i processi più assurdi.
Molti puntano il dito per condannare, distruggere, consumare, come il diavolo che divide.
Cristo non ha mai condannato, ha sempre recuperato chi era perduto, perché ci crede.
Mercoledì santo: lavarsi le mani
Troppi si lavano le mani per paura, per non sporcarsi, per non compromettersi, perché è comodo.
Le mani sembrano pulite, ma ti rimane il rimpianto di non aver messo il tuo granello, il tuo mattone,
il cuore rimane ingolfato, sporcato nei meandri del tuo egoismo e ti rode il rimorso dentro.
Giovedì santo: lavare i piedi
Il tuo sacrificio, la tua Messa, la tua offerta al Padre hai voluto arricchirla
con un gesto inedito di servizio al fratello e di carità profonda. Nessuno l'aveva fatto prima.
È il tuo testamento: solo lavando i piedi ai fratelli saremo autentici testimoni del tuo amore.
Venerdì santo: Dio muore nasce l'uomo
Dalla tua morte, è rinato l'uomo nuovo della speranza e dello spirito, l'uomo della resurrezione.
Sabato santo: il grande silenzio
Abbiamo bisogno di fare silenzio, è urgente trovare un po' di deserto nel nostro giorno,
silenzio degli occhi, silenzio di parole, sottrarsi dal frastuono per contemplare il mistero.
Scopriremo il miracolo di un Dio che agisce nel raccoglimento e fa risorgere dalle macerie.
Domenica di pasqua: il trionfo della vita
Tutto tende a te, tutti guardano a te con speranza, giorno senza tramonto, giorno della vita.
Dalla prima pasqua parte un'onda positiva che travolge e contagia di eternità l'esistenza.
Sei il perno della storia, dell'avventura di un Dio che si è giocato tutto credendo nell'uomo.
Loreto, Pasqua 2011
inviato da P. Gianni Fanzolato, inserito il 19/04/2011
PREGHIERA
39. Ti salutiamo Croce di Cristo
Ti salutiamo, Croce di Cristo,
legno che ha portato il suo corpo donato per noi
nuova arca della nuova ed eterna alleanza
trono e altare dove Cristo, re e sacerdote regna per sempre.
Ti salutiamo, Croce di Cristo
e ti preghiamo per tutti i giovani
che vivranno in queste settimane un momento di grazia
nel loro cammino di fede
e nel cammino verso la Giornata mondiale della Gioventù.
Ti salutiamo, Croce di Cristo,
documento che sigilla e conferma
il riscatto che Cristo ha pagato per noi
per liberarci per sempre dal peccato.
Ti salutiamo, Croce di Cristo,
dove viene immolato l'Agnello di Dio
colui che prende su di sé il nostro peccato
e lo estirpa dal mondo e dal cuore dell'uomo.
Ti salutiamo, Croce di Cristo,
speranza di un'umanità nuova, liberata dal peccato,
uomini e donne disposti a riconoscere come fratello e sorella
per la potenza di chi, su di te inchiodato, ha donato la vita.
Ti salutiamo, Croce di Cristo,
che appari a noi spoglia, nuda, senza il Crocifisso
sei la conferma che lui è risorto, è vivo
sei la certezza che lui è il re vittorioso
donato dal Padre per redimere i fratelli.
crocecrocifissoquaresimavenerdì santo
inviato da Don Remigio Menegatti, inserito il 19/04/2011
TESTO
S. Giovanni Maria Vianney, Omelia per la V Domenica dopo Pasqua
Per mostrarvi il potere della preghiera e le grazie che essa vi attira dal cielo, vi dirò che è soltanto con la preghiera che tutti i giusti hanno avuto la fortuna di perseverare. La preghiera è per la nostra anima ciò che la pioggia è per la terra. Concimate una terra quanto volete, se manca la pioggia, tutto ciò che farete non servirà a nulla. Così, fate opere buone quanto volete, se non pregate spesso e come si deve, non sarete mai salvati; perché la preghiera apre gli occhi della nostra anima, le fa sentire la grandezza della sua miseria, la necessità di fare ricorso a Dio; le fa temere la sua debolezza.
Il cristiano conta per tutto su Dio solo, e niente su se stesso. Sì, è per mezzo della preghiera che tutti i giusti hanno perseverato. Del resto, ci accorgiamo noi stessi che appena trascuriamo le nostre preghiere, perdiamo subito il gusto delle cose del cielo: pensiamo solo alla terra; e se riprendiamola preghiera, sentiamo rinascere in noi il pensiero e il desiderio delle cose del cielo. Sì, se abbiamo la fortuna di essere nella grazia di Dio, o faremo ricorso alla preghiera, o saremo certi di non perseverare per molto tempo nella via del cielo.
In secondo luogo, diciamo che tutti i peccatori debbono, senza un miracolo straordinario che accade rarissimamente, la loro conversione soltanto alla preghiera. Vedete santa Monica, ciò che fa per chiedere la conversione di suo figlio: ora essa è al piede del suo crocifisso a pregare e piangere; ora si trova presso persone che sono sagge, per chiedere il soccorso delle loro preghiere. Guardate lo stesso sant'Agostino, quando volle seriamente convertirsi... Si, per quanto fossimo peccatori, se avessimo fatto ricorso alla preghiera e se pregassimo come si deve, saremmo sicuri che il buon Dio ci perdonerebbe.
Ah!, fratelli miei, non meravigliamoci del fatto che il demonio fa tutto ciò che può per farci tralasciare le nostre preghiere, e farcele dire male; è che capisce molto meglio di noi quanto la preghiera è temibile nell'inferno, e che è impossibile che il buon Dio possa rifiutarci ciò che gli chiediamo per mezzo della preghiera...
Non sono né le lunghe né le belle preghiere che il buon Dio guarda, ma quelle che si fanno dal profondo del cuore, con un grande rispetto ed un vero desiderio di piacere a Dio. Eccovene un bell'esempio. Viene riferito nella vita di san Bonaventura, grande dottore della Chiesa, che un religioso assai semplice gli dice: «Padre, io che sono poco istruito, lei pensa che posso pregare il buon Dio e amarlo?».
San Bonaventura gli dice: «Ah, amico, sono questi principalmente che il buon Dio ama di più e che gli sono più graditi». Questo buon religioso, tutto meravigliato da una notizia così buona, va a mettersi alla porta del monastero, dicendo a tutti quelli che vedeva passare: «Venite, amici, ho una buona notizia da darvi; il dottore Bonaventura m'ha detto che noi altri, anche se ignoranti, possiamo amare il buon Dio quanto i dotti. Quale felicità per noi poter amare il buon Dio e piacergli, senza sapere niente!».
Da questo, vi dirò che non c'è niente di più facile che il pregare il buon Dio, e che non c'è nulla di più consolante.
Diciamo che la preghiera è una elevazione del nostro cuore verso Dio. Diciamo meglio, è il dolce colloquio di un bambino con il padre suo, di un suddito con il suo re, di un servo con il suo padrone, di un amico con il suo amico, nel cui cuore depone i suoi dispiaceri e le sue pene.
preghierarapporto con Dioconversionecrescita interiore
inviato da Parrocchia S. Giovanni M. Vianney, Roma, inserito il 10/03/2011