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RACCONTO

301. Il dono dello Spirito Santo   1

Il giorno dell'Ascensione così riferisce una leggenda un Angelo incontrò Gesù che saliva al cielo e gli chiese: "Signore hai già terminato la tua missione?". "Si", rispose Gesù.

Poi rivolgendo lo sguardo laggiù verso la terra immersa nel freddo e nell'oscurità, videro un tenue fuoco ardere in un piccolo punto. "Che cos'è?", domandò l'angelo. Rispose il Signore: "Quel piccolo focolare è in Gerusalemme; attorno vi sono riuniti gli Apostoli insieme con mia Madre. Ora, appena sarò tornato il mio piano sarà completato: manderemo laggiù lo Spirito Santo per ravvivare quel focolare così che possa diffondersi per tutta la terra e dare luce e calore a tutti gli uomini".

L'angelo, meravigliato, dopo un momento di riflessione disse di nuovo a Gesù: "E se questo non funzionasse?". Il Signore rispose: "Il mio piano è questo e non ne ho altro. Io voglio che nel mondo regni l'amore tra gli uomini".

Aprire senza paura le porte del cuore e della mente allo Spirito Santo, dono del Padre e del Figlio, perché ravvivi anche in noi quel fuoco per renderci capaci di trasformare il mondo, questo è il compito principale del nostro essere cristiani.

Spirito SantoPentecosteAscensione

inviato da Don Santino Terranova, inserito il 09/12/2005

TESTO

302. Il mistero del male. La bellezza che salva

Abbé Pierre

La situazione del mondo è tale, che ci è impossibile non interrogare Dio. Dio che è eterno Amore, Amore infinito. Personalmente, nei miei 93 anni ormai, avendo anche avuto l'occasione di vedere e di toccare con mano, in ogni angolo della terra, tante miserie, tante ingiustizie, tanti mali, tanti crimini, tanti delitti di ogni sorta, più di una volta ho osato chiedere: "Dio mio, ma perché? A che gioco stai giocando? Forse al massacro dell'umanità?". Ho letto da qualche parte che anche Woody Allen, lui pure ferito da questa crudele realtà, ha esclamato: "se Dio esiste, spero abbia una spiegazione di tutto questo...".

E' comprensibile non capire questa "assenza" di Dio, e gridargli con tutto l'Amore e anche la rabbia che abbiamo dentro di noi: "Signore basta! Quanti miliardi di persone innocenti devono ancora soffrire e morire ingiustamente?". Certo, amo Dio profondamente e credo con tutte le mie forze che Lui può tutto, anzi è Tutto, ma non posso stare zitto. Di questa situazione del mondo, non capisco nulla. Non capisco nulla, ma a differenza di Woody Allen che "spera", io sono che Dio ha una spiegazione.

Credo nella perfezione infinita di Dio, ma nello stesso tempo mi interrogo, devo interrogarmi sul perché di questa sofferenza così ingiusta e detestabile.

E so benissimo che mentre io sento il bisogno, il dovere di gridare a Dio: "Mio Dio, basta!", Lui pure, a sua volta, avendoci dotati di intellligenza e di responsabilità, potrebbe gridarci ugualmente: "Basta!". E chiederci conto di come mai, anziché utilizzare la nostra intelligenza, le nostre risorse e le nostre conoscenze per alimentare sulla terra solo paure e guerre, per disumani sfruttamenti dei più deboli, per rompere l'armonia del creato spezzando le regole che regolano l'ambiente, non mettiamo le nostre qualità migliori al servizio dell'umanità, cominciando dai più deboli e dai più sofferenti. Gridiamo pure "Basta" a Dio, ma sappiamo anche ascoltare i suoi "Basta"... questo non ci impedisce di vedere la bellezza e la bontà che pur esitono nel mondo: nella vita che comincia, ovunque e comunque, nell'immensità del mare, nell'incanto delle stelle, soprattutto nella gioia del sorriso dei bimbi... questi doni che Dio ci fa di continuo possono essere una prima spiegazione alle nostre giuste interpellanze di Dio. E devono essere anche le ragioni per dare, da parte nostra, la risposta alle interpellanze di Dio nei nostri confronti. Non possiamo dimenticare che la prima risposta di Dio ai nostri interrogativi sull'esistenza del male nel mondo è la reale presenza di Gesù nell'Eucaristia. Questa presenza esige coerenza nella vita di noi cristiani. Pur non dandoci la risposta, l'Eucaristia ci indica da che parte stare, concretamente, in questo mondo minato dall'odio, dal terrorismo, dalla miseria e dalla sofferenza, non solo materiale, di troppo miliardi di figli di Dio. Innocenti. Ci dà la forza di non scoraggiarci, pur così terribilmente fragili. Ci rende capaci, se lo vogliamo, di donarci tutti agli altri, ben sapendo che non possiamo essere felici prendendo ma donandoci senza riserva, senza altri calcoli, senza speculazione alcuna, agli altri. E non dimentichiamo che lo spirito di Dio soffia. Dove e come vuole. Una "sveglia" per tutti gli umani.

sofferenzamaledoloregiustiziaingiustiziaimpegnoresponsabilità

5.0/5 (1 voto)

inviato da Don Giovanni Benevenuto, inserito il 09/12/2005

TESTO

303. A te che soffri   2

A te che in questo momento stai soffrendo: ti chiedo di essere forte, di scoprire la luce che brilla nella tua anima. Sentiti avvolto dalla mia grazia che mai ti abbandona, il mio sguardo è su di te e ti amo infinitamente. Dalla croce pesante del tuo dolore grida il tuo amore verso di me, non perderti d'animo, colora la tua esistenza con i pastelli più incisivi, sappi scoprire la bellezza di essere un vero prodigio e non temere mai nulla, Io ti sono sempre vicino, ti sostengo e guido i tuoi passi dovunque tu andrai... a volte comprendo che ti senti solo e perso tra le mura di un ospedale o della tua casa, ma sappi che io sono seduto accanto a te, ti sussurro all'orecchio dolci parole, ti parlo come ad un amico, a un fratello, a un bimbo... sei una persona splendida per me e mai ti dimenticherò... sei nel mio cuore, ricco di amore e di tenerezza, a volte pensi che sia io a farti soffrire ma come potrei? ti ho fatto di poco inferiore agli angeli, di gloria e di onore ti ho coronato, come potrei farti tutto questo e come mi potrei dimenticare di te?

Figlio mio carissimo, da tempo ho fissato i miei occhi su di te, sei amabile e ricco di tenerezza, soffro con te e per te, vivo con te il dolore che ti consuma e ti stringe dentro l'anima, ma tu sii forte, sii tenace nella tua impresa e a tutti devi saper donare un sorriso, anche quando ti costa... vedo anche come vivi la terapia, il disagio per le tante prestazioni che devi subire, ma abbandonati a me e non temere mai nulla, come un bimbo stretto tra le braccia della sua tenerissima madre, tale sei tu, stretto nell'abbraccio del mio amore e mai ti abbandonerò, perché so che tu mi sai ascoltare, mi sai amare...figlio mio tenerissimo, ho un amore speciale per te, credimi, come la pupilla dei miei occhi, così voglio proteggerti e stringerti a me...

Consegnami il tuo cuore, la tua anima, la tua persona e lasciati abitare dalla mia grazia, solo così potrai essere la mia dimora, abiterò in te e farò di te un raggio della mia presenza..

Grazie di quanto ogni giorno mi regali, grazie di ogni sorriso nella sofferenza e grazie perché nonostante tanto dolore, sai guardare a me con grande amore e speranza...

Tuo Padre Dio

sofferenzaabbandono in Diodolorecroce

inviato da Don Gianni Mattia, inserito il 08/12/2005

PREGHIERA

304. "Credo" che padre Daniele e i suoi fratelli lebbrosi recitavano ogni mattina

padre Daniele da Samarate, Servo di Dio, OFMCap, Missionario Cappuccino in Brasile, Lebbroso

Io sono figlio di Dio.
Dio abita in me.
Posso essere quello che desidero
perché Dio è il mio aiuto.
Non mi stanco mai
perché Dio è la mia forza.
Non sono mai ammalato e addolorato
perché Dio è la mia salute.
Non mi manca niente
perché Dio è il mio fornitore.
Proprio perché sono figlio di Dio,
sono unito alla Divina Presenza di mio Padre.
Io sono felice in tutto quello che intraprendo
perché il mio sapere e le mie conoscenze
aumentano in me ogni giorno che passa.
Amen.

fiducia in Diocredorapporto con Dioabbandonofiducia

inviato da F. Carlo, inserito il 08/12/2005

PREGHIERA

305. Chiamati a volare

Giuliana Martirani

Parla all'io cuore, Signore.
"Ti sto parlando. Ma perché hai paura?
Eppure non avevi paura di incontrare illustri sconosciuti
che potevano portarti a sfiorare i pantani della vita!
E hai paura di me, l'unico che hai conosciuto meglio di tutti?
Mi hai conosciuto. Non è forse vero?
Puoi forse dire che conosci i pensieri, i sogni e i palpiti di qualcun altro, come conosci i miei?
Sono tanti anni che li racconto personalmente a te.
Quali sogni conosci meglio dei miei?
Ti ho conosciuto, chi ti conosce meglio di me?
Forse qualcuno ha saputo intravedere i tuoi talenti anche quando non si vedevano,
soffocati com'erano da mille croste?
Forse qualcuno ha puntato su di te come ho fatto io, con determinazione e sicurezza?
Io sapevo di te quando tu neanche ti supponevi.
E allora, se io conosco così bene te e tu così bene me, perché hai paura?
Sono forse un fantasma?
Ti ha fatto compagnia un fantasma durante le notti di paura e solitudine?
E' forse un fantasma quello che, con le mani della provvidenza, ti ha mandato cibo, casa e vestiti per te e i tuoi figli?
Tu dici: - Può essere fantasia, autosuggestione tutto ciò?
E se fosse tutto una follia? -
Io ti rispondo: E' forse una follia andare insieme sul monte della felicità,
o era una follia affidarsi ciecamente a gente più cieca di te?
E' forse una follia la dimensione dello spirito sulla quale voglio farti volare,
o non è forse più follia restare terra terra quando invece il Padre nostro
ci ha fatto giganti spirituali con ali per volare?
Non aver paura, non è una follia. Solo resta tranquillo, seguimi, attaccati alle mie ali
e comincia a volare con me.
Quando ti vedrò sicuro nel volo, solo allora ti lascerò volare da solo!
Ma dovrai volare da solo, perché non posso fare la balia per sempre.
Devi diventare adulto e aiutarmi perché è per diffondere l'amore
che mi sono fatto conoscere da te, è per essere amato e per far conoscere agli altri,
attraverso il rapporto d'amore mio e tuo, che l'amore di Dio è una seria e concreta.
Perché vedano e, vedendo, ne abbiano voglia anche loro.
Per questo mi sono fatto conoscere da te".

rapporto con Dioconversioneevangelizzazionetestimonianzamissionecrescitainteriorità

inviato da Leo, inserito il 10/10/2005

PREGHIERA

306. Signore, io ti chiedo sempre perdono   1

Signore, io ti chiedo sempre perdono, ad ogni mancanza mi ricordo che tu soffri per questo mio peccato che potevo evitare.
Dico parolacce e la sera prima di addormentarmi ti chiedo di perdonarmi.
...Ma un mio amico mi offende e non riesco a dimenticare tale offesa...
Non aiuto in casa e sono menefreghista nei confronti dei miei genitori che fanno sacrifici per me. Scusa Signore per la mia indifferenza.
...Però un mio amico non mi aiutato in un compito ed ho deciso che d'ora in poi con me ha chiuso...
Signore, perdonami perché ti penso poco e dedico poco tempo alla preghiera e al dialogo con te.
...Però un mio ex compagno di classe non si fa più sentire e ho deciso di dimenticarlo perché non merita le mie attenzioni....
C'è qualcosa che non quadra Signore: ti chiedo di perdonarmi azioni che io stesso non sono capace di perdonare ad altri.... Ma è difficile...
Signore, dammi la forza di riuscire a perdonare perché il mio piccolo mondo possa essere un mondo di pace.

perdonopacemisericordiamisericordia di Dio

inviato da Lisa Gleria, inserito il 02/10/2005

TESTO

307. La croce di Cristo, nostra salvezza

S. Teodoro Studita, Discorso sull'adorazione della croce; PG 99, 691-694, 695, 698-699

O dono preziosissimo della croce! Quale splendore appare alla vista! Tutta bellezza e tutta magnificenza. Albero meraviglioso all'occhio e al gusto e non immagine parziale di bene e di male come quello dell'Eden.

E' un albero che dona la vita, non la morte, illumina e non ottenebra, apre l'udito al paradiso, non espelle da esso.

Su quel legno sale Cristo, come un re sul carro trionfale. Sconfigge il diavolo padrone della morte e libera il genere umano dalla schiavitù del tiranno. Su quel legno sale il Signore, come un valoroso combattente. Viene ferito in battaglia alle mani, ai piedi e al divino costato. Ma con quel sangue guarisce le nostre lividure, cioè la nostra natura ferita dal serpente velenoso.

Prima venimmo uccisi dal legno, ora invece per il legno recuperiamo la vita. Prima fummo ingannati dal legno, ora invece con il legno scacciamo l'astuto serpente. Nuovi e straordinari mutamenti! Al posto della morte ci viene data la vita, invece della corruzione l'immortalità, invece del disonore la gloria.

Perciò non senza ragione esclama il santo Apostolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6, 14).

Quella somma sapienza che fiorì dalla croce rese vana la superba sapienza del mondo e la sua arrogante stoltezza. I beni di ogni genere, che ci vennero dalla croce, hanno eliminato i germi della cattiveria e della malizia. All'inizio del mondo solo figure e segni premonitori di questo legno notificavano ed indicavano i grandi eventi del mondo. Stai attento, infatti tu, chiunque tu sia, che hai grande brama di conoscere. Noè non ha forse evitato per sé, per tutti i suoi familiari ed anche per il bestiame, la catastrofe del diluvio, decretata da Dio, in virtù di un piccolo legno? Pensa alla verga di Mosè. Non fu forse un simbolo della croce? Cambiò l'acqua in sangue, divorò i serpenti fittizi dei maghi, percosse il mare e lo divise in due parti, ricondusse poi le acque del mare al loro normale corso e sommerse i nemici, salvò invece coloro che erano il popolo legittimo. Tale fu anche la verga di Aronne, simbolo della croce, che fiorì in un solo giorno e rivelò il sacerdote legittimo. Anche Abramo prefigurò la croce quando legò il figlio sulla catasta di legna.

La morte fu uccisa dalla croce e Adamo fu restituito alla vita. Della croce tutti gli apostoli si sono gloriati, ogni martire ne venne coronato, e ogni santo santificato. Con la croce abbiamo rivestito Cristo e ci siamo spogliati dell'uomo vecchio. Per mezzo della croce noi, pecorelle di Cristo, siamo stati radunati in un unico ovile e siamo destinati alle eterne dimore.

crocesalvezzaredenzione

5.0/5 (1 voto)

inviato da Anna Barbi, inserito il 02/10/2005

TESTO

308. Terza Lettera a Timoteo   2

Francesco Lambiasi

La seguente lettera è uno "pseudoepigrafo paolino", sulla conversione missionaria del prete; è una simpatica e profonda lettera rivolta da un vescovo ai preti di oggi.

Carissimo fratello Timoteo,

da circa un mese sei parroco in Santa Maria del terzo Millennio. Come non ricordare la solenne e commovente "presa di possesso"? L'unica pecca che stava per guastare la festa fu proprio quella bruttissima espressione - "presa di possesso" - che il cancelliere vescovile voleva implacabilmente inserire nel verbale da conservare nell'archivio Diocesano e in quello parrocchiale. Ti ho letto nel lampo degli occhi che stavi per scattare - per dire con la vostra brutalità giovanile che non ti sentivi affatto un vassallo in atto di prendere possesso del suo ambìto feudo. Intervenni io, un po' a gamba tesa, e spiegai alla tanta gente in festa che tu, la parrocchia, non l'avresti mai e poi mai vista come un "tuo" possesso, ma solo come un dono immeritato e preziosissimo, e a quel punto mi permisi un'autocitazione, presa dalla mia seconda lettera ai cristiani di Corinto: noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia.

Mi telefonasti la sera dopo, e mi dicesti: "Che bella parrocchia! E c'è anche la luna!". Da allora non ti ho più visto né sentito, ma dato che siamo al primo... "trigesimo" di quel felice inizio, ho pensato bene di scriverti questa breve lettera, perché vorrei che la tua gioia di essere parroco crescesse di giorno in giorno.

Sì, lo so: questo miracolo della beatitudine è purtroppo un po' raro tra noi pastori, ma non è improbabile e niente affatto impossibile. Ed è proprio di questo che vorrei parlarti. Stai sereno, non ti rifilo un trattato di ascetica e mistica sulla carità pastorale. Ti vorrei parlare solo di una condizione assolutamente irrinunciabile - "sine qua non", si diceva ai miei tempi - perché il miracolo si avveri. Sarai un parroco felice nella misura in cui sarai un vero missionario. Non si scappa: o missionari o... dimissionari.

E' una conversione profonda, che bisogna rinnovare ogni giorno. Ogni mattina, prima di mettere i piedi fuori dal letto, beato te se dirai: "Grazie, Signore, per avermi creato, fatto cristiano, e grazie per avermi fatto questi piedi belli per il vangelo". Scrivi sullo specchio in sagrestia, o almeno in quello del bagno: "Non sono un professionista del sacro, né un insegnante della fede: sono un annunciatore del vangelo". Quando ero a Corinto io avevo scritto sulla porta della stanzetta nella casa di Aquila e Priscilla: Non sono stato mandato qui a battezzare, ma ad evangelizzare.
Ricordi la grammatica di base del missionario, che ti ho insegnato quando prima di essere tuo vescovo, ti ho fatto da rettore in seminario? E' una grammatica costruita su un quadrilatero di certezze che devono rimanere solide più delle fondamenta della tua splendida chiesetta romanica:

- La parola di Dio è come l'acqua e la neve, se cade...
- La Parola non è lontana, ma molto vicina al cuore, anzi è dentro. Basta trovare il modo per far scattare il contatto...
- "Come agnelli tra i lupi" non è per farci sbranare, ma per far accogliere il messaggio: quanto più siamo deboli umanamente...
- A noi tocca il compito di annunciare. E' il Signore che veglia sulla sua parola perché si realizzi...

Stai attento, Timoteo: devi essere severo nel vigilare che questo spirito missionario non venga aggredito da virus micidiali, quali l'IO-latria del prete che pensa: "Come me non c'è nessuno: prima di me e dopo di me, non ci sarà nessuno uguale a me!". Perciò niente cose alla "W il parroco!". Un altro virus che fa strage in casa nostra è quello dello stress da pastorale: correre, competere, confliggere e alla fine... l'eterno riposo! Ma non c'è da scherzare neanche con la depressio clericalis (si chiama così anche quando infetta i laici): la si vede come un messaggio scritto sulla maglietta in quei "nostri" che vanno in giro con l'aria fritta di chi sembra dire: "fateme 'na flebo". Ti ripeto: devi essere severo. E se lo sarai con te, potrai vigilare anche sullo spirito missionario dei "vicini". Per esempio i gruppi - dal coro a quello liturgico, a quello catechistico e caritativo, dall'AC ai carismatici - non devono essere luoghi di potere o gradini per emergere (è un pericolo sempre in agguato), ma sviluppare il servizio al vangelo. Allora la tua - la vostra - parrocchia non sarà una scuola in cui si spiega il cristianesimo o, peggio ancora, un ufficio di controllo della fede dei parrocchiani, ma riuscirete a far circolare la parola di Dio per le strade, in modo che la gente la incontri.

E con gli altri? Quelli che si servono della parrocchia per continuare abitudini e consuetudini sociali; quelli che la ignorano: cosa puoi esigere se non hanno le motivazioni? Allora ringrazia Dio tutte le volte che càpitano a messa. Tutte le volte che ti portano i figli al catechismo. Tutte le volte che ti chiedono i sacramenti, per sé o per i figli, o il funerale per il caro estinto. Anche se per le loro motivazioni non proprio di fede. Tutte le volte! Non è una disgrazia: è un dono di Dio che vengano, quando saresti tu che dovresti andare a cercarli.

Accogliendoli così come sono, non farai finta che abbiano le tue motivazioni. Quindi non li rimproveri e non li ricatti, non imponi loro dei compiti come se avessero le tue motivazioni, non parli loro e non fai prediche come se avessero la fede. Ti comporti da missionario: entri nella loro situazione, cerchi di capire le loro domande e i loro interessi, parli la loro lingua, proponi con libertà e chiarezza il messaggio, non imponi loro dei fardelli che nemmeno tu riesci a portare.
Per finire, permettimi di ricordarti alcune regole che ti potranno servire per misurare il tuo spirito missionario.

1. Non maledire i tempi correnti: è arrivato al capolinea il cristianesimo dell'abitudine e sta rinascendo il cristianesimo per scelta, per innamoramento.
2. Non anteporre nulla all'annuncio di Gesù Cristo, morto e risorto. Afferra ogni situazione, ogni problema, ogni interesse e riportalo lì, al centro di tutta la fede.
3. Annuncia il cristianesimo delle beatitudini e non vergognarti mai del vangelo della croce: Cristo non toglie nulla e dà tutto!
4. Il vangelo è da proporre, non da imporre. Non imporlo mai a nessuno, neanche ai bambini, soprattutto ai bambini: gli resterebbe un ricordo negativo per tutta la vita.
5. Non amareggiarti per l'indifferenza dei "lontani" e non invocare mai il fuoco dal cielo perché li consumi, ma fa' festa anche per uno solo di loro che si converte.
6. Ricorda: il kerygma non è come un chewing-gum che più si mastica e più perde sapore. Il messaggio cristiano non è da ripetere meccanicamente, è da reinterpretare nella mentalità e nella lingua della gente: vedi s. Paolo. Scusami: guarda me...
7. Sogna una parrocchia che sia segno e luogo di salvezza, non club di perfetti.
8. Non credere di comunicare il vangelo da solo! Almeno in 2, meglio in 12, molto meglio in 72! Creare un gruppo di parrocchiani veri per evangelizzare i presunti tali.
9. Ricordati che i laici non vanno usati come ausiliari utili, ma vanno aiutati a diventare collaboratori corresponsabili.
10. Non ridurti mai a vigile del traffico intraparrocchiale: tu non sei il coordinatore delle attività o il superanimatore di gruppi, ma sei una vera guida, sei il primo evangelizzatore.

Ti auguro di credere sempre nella presenza forte e dolce dello Spirito Santo e ti raccomando di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani.

Caro Timoteo, ti ripeto quanto ti scrissi nella mia prima Lettera: Custodisci con cura tutto quanto ti è stato affidato. Evita le chiacchiere contrarie alla fede. E ti raccomando pure quanto ti scrissi nella seconda Lettera: Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù: annuncia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e inopportuna, rimprovera, raccomanda e incoraggia con tutta la tua pazienza.

La grazia sia con te e con tutti i fedeli della tua comunità, anche con quelli che ancora non sei riuscito ad incontrare!

Paolo, missionario di Gesù Cristo

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4.3/5 (3 voti)

inserito il 01/10/2005

PREGHIERA

309. Le ali degli angeli

Anna Rita Mazzocco, Cantico di Tommaso

"Cos'è quest'uomo
perché tu, mio Dio,
l'abbia fatto poco meno degli angeli?" (Salmo 8).
Le sue ali sono di zucchero filato
i cieli a cui l'hai destinato
sono di latte e miele
mentre la tenerezza
con cui l'hai plasmato
l'ha reso per sempre
vulnerabile al tuo amore.
Mi accascio e mi rialzo,
piango e subito abbozzo un sorriso,
provo rancore mentre anelo la pace
sono deluso e intanto spero
mi rifugio impaurito
e sospiro l'avventura...

Per quali cieli
m'hai destinato mio Dio?
E cos'è quest'interminabile sfida,
che accompagna il mio respiro
e perché un'impalpabile ragnatela
basta ad imbrigliarmi le ali
per non farmi tornare a casa?
Cos'è quest'uomo mio Dio
perché tu l'abbia voluto
malato per sempre d'amore?

Io lo so, Signore:
so chi ha intessuto le ali degli angeli.
Conosco il telaio e l'ordito
usato per ricamarci il loro volo.
Riconosco l'impronta di quella mano
nel mistero che sono
perché nulla mi sazia
in questo misero orizzonte,
nulla m'acquieta
in questo spazio di tempo
che mi separa da te.

uomosenso della vitaricerca di sensorapporto con Diointeriorità

inviato da A. R. Mazzocco, inserito il 01/10/2005

ESPERIENZA

310. Vita!

- Non sapevo vivere. Nulla viveva in me, anche se affermavo il contrario. Ho chiesto perdono al Signore perché Lui mi aveva donato la vita, ma io non sapevo accoglierla. Ebbene, sei mesi dopo, un bel giorno, ho capito improvvisamente e ho visto che il Signore mi aveva risuscitato. E da quel giorno è iniziato un cammino di pace, un cammino di vita in cui nulla oppone più resistenza (Giovanni, 19 anni).

- Ho cominciato a lavorare nelle discoteche e l'ho fatto per cinque anni. Ho conosciuto droga, alcolici, sesso, omosessualità. Sono stata distrutta, tradita, ingannata. Ero diventata l'ombra di me stessa. Un giorno, nel momento in cui stavo per suicidarmi, il Signore è venuto a prendermi tra le sue braccia e per la prima volta mi sono fatta dire: "Io ti amo" e ho voluto vivere di nuovo (Anna, 21 anni).

- Ti è mai capitato di aver voglia di morire? Per molto tempo tutte le mattine guardavo dalla finestra dicendo a me stessa: "Ora mi butto!". Oggi non voglio più morire, perché ho scoperto che Gesù è vivo! Questa è la mia preghiera, il mio grido "Gesù è vivo!" (Viviana, 17 anni).

- Ho 19 anni e ho capito, dopo un tentato suicidio a 17 anni - che è fallito - che non potevo rimanere a non far niente della mia vita... Ora sono pronta, moralmente e fisicamente, a dare due o tre anni della mia vita per aiutare coloro che hanno bisogno senza ricevere nulla in cambio. E il fatto di non ricevere nulla in cambio (diciamo materialmente) è molto importante per me. Non credo che potrei costruire la mia vita, o perlomeno una parte di essa, senza offrire un po' della mia gioventù, allo scopo di dare il massimo di me stessa (Giusy).

senso della vitaviverevita

inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 23/09/2005

PREGHIERA

311. Preghiera del cieco nato

Bollettino Parrocchia S. Bertilla, Spinea (VE)

Non c'è peggior cieco, Signore, di chi non vuol vedere. E ne è passato del tempo perché anch'io mi accorgessi di non vederci.

Non è facile, Signore, ammettere di essere ciechi quando tutt'attorno fanno a gara per dimostrare di avere la vista più acuta, di scorgere il futuro, di indovinare ciò che è nascosto, di cogliere quanto è in profondità.

Solo quando mi sono reso conto di essere immerso nella notte, solo quando ho percepito con smarrimento e angoscia di non poter venirne fuori con le mie sole forze, solo allora ho inteso la tua voce, ho avvertito la tua presenza e tu mi hai potuto aprirmi gli occhi.

Allora ho gettato uno sguardo nuovo su di me e sulla realtà che mi circonda. Ho raccontato la mia storia ma non ho trovato gente disposta a credermi.

Anzi, ho visto crescere attorno a me l'irritazione e l'imbarazzo, la repulsione e il rifiuto.

Non importa, Signore, quello che conta veramente è l'averti incontrato e credere in te perché questo ha cambiato la mia vita.

conversione

inviato da Ester Da Ponte, inserito il 23/09/2005

PREGHIERA

312. Maria, donna obbediente

Tonino Bello

Si sente spesso parlare di obbedienza cieca. Mai di obbedienza sorda. Sapete perché? Per spiegarvelo devo ricorrere all'etimologia, che, qualche volta, può dare una mano d'aiuto anche all'ascetica.

Obbedire deriva dal latino "ob-audire". Che significa: ascoltare stando di fronte. Quando ho scoperto questa origine del vocabolo, anch'io mi sono progressivamente liberato dal falso concetto di obbedienza intesa come passivo azzeramento della mia volontà, e ho capito che essa non ha alcuna rassomiglianza, neppure alla lontana, col supino atteggiamento dei rinunciatari.

Chi ubbidisce non annulla la sua libertà, ma la esalta. Non mortifica i suoi talenti, ma li traffica nella logica della domanda e dell'offerta. Non si avvilisce all'umiliante ruolo dell'automa, ma mette in moto i meccanismi più profondi dell'ascolto e del dialogo.

C'è una splendida frase che fino a qualche tempo fa si pensava fosse un ritrovato degli anni della contestazione: "obbedire in piedi". Sembra una frase sospetta, da prendere, comunque, con le molle. Invece è la scoperta dell'autentica natura dell'obbedienza, la cui dinamica suppone uno che parli e l'altro che risponda. Uno che faccia la proposta con rispetto, e l'altro che vi aderisca con amore. Uno che additi un progetto senza ombra di violenza, e l'altro che con gioia ne interiorizzi l'indicazione.

In effetti, si può obbedire solo stando in piedi. In ginocchio si soggiace, non si obbedisce. Si soccombe, non si ama. Ci si rassegna, non si collabora.

Teresa, per esempio, che è costretta a dire sì a tutte le voglie del marito e non può uscire mai di casa perché lui è geloso, e la sera, quando torna ubriaco e i figli piangono, lei si prende un sacco di botte senza reagire, è una donna repressa, non è una donna obbediente. Il Signore un giorno certamente la compenserà: ma non per la sua virtù, bensì per i patimenti sofferti.

L'obbedienza, insomma, non è inghiottire un sopruso, ma è fare un'esperienza di libertà. Non è silenzio di fronte alle vessazioni, ma è accoglimento gaudioso di un piano superiore. Non è il gesto dimissionario di chi rimane solo con i suoi rimpianti, ma una risposta d'amore che richiede per altro, in chi fa la domanda, signorilità più che signoria.

Chi obbedisce non smette di volere, ma si identifica a tal punto con la persona a cui vuol bene, che fa combaciare, con la sua, la propria volontà. Ecco l'analisi logica e grammaticale dell'obbedienza di Maria.

Questa splendida creatura non si è lasciata espropriare della sua libertà neppure dal Creatore. Ma dicendo "Sì", si è abbandonata a lui liberamente ed è entrata nell'orbita della storia della salvezza con tale coscienza responsabile che l'angelo Gabriele ha fatto ritorno in cielo, recando al Signore un annuncio non meno gioioso di quello che aveva portato sulla terra nel viaggio di andata.

Forse non sarebbe sbagliato intitolare il primo capitolo di Luca come l'annuncio dell'angelo al Signore, più che l'annuncio dell'angelo a Maria.

Santa Maria, donna obbediente, tu che hai avuto la grazia di "camminare al cospetto di Dio", fa' che anche noi, come te, possiamo essere capaci di "cercare il suo volto".

Aiutaci a capire che solo nella sua volontà possiamo trovare la pace. E anche quando egli ci provoca a saltare nel buio per poterlo raggiungere, liberaci dalle vertigini del vuoto e donaci la certezza che chi obbedisce al Signore non si schianta al suolo, come in un pericoloso spettacolo senza rete, ma cade sempre nelle sue braccia.

Santa Maria, donna obbediente, tu sai bene che il volto di Dio, finché cammineremo quaggiù, possiamo solo trovarlo nelle numerose mediazioni dei volti umani, e che le sue parole ci giungono solo nei riverberi poveri dei nostri vocabolari terreni. Donaci, perciò, gli occhi della fede perché la nostra obbedienza si storicizzi nel quotidiano, dialogando con gli interlocutori effimeri che egli ha scelto come segno della sua sempiterna volontà.

Ma preservaci anche dagli appagamenti facili e dalle acquiescenze comode sui gradini intermedi che ci impediscono di risalire fino a te. Non è raro, infatti, che gli istinti idolatrici, non ancora spenti nel nostro cuore, ci facciano scambiare per obbedienza evangelica ciò che è solo cortigianeria, e per raffinata virtù ciò che è solo squallido tornaconto.

Santa Maria, donna obbediente, tu che per salvare la vita di tuo figlio hai eluso gli ordini dei tiranni e, fuggendo in Egitto, sei divenuta per noi l'icona della resistenza passiva e della disobbedienza civile, donaci la fierezza dell'obiezione, ogni volta che la coscienza ci suggerisce che "si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini".

E perché in questo discernimento difficile non ci manchi la tua ispirazione, permettici che, almeno allora, possiamo invocarti così: "Santa Maria, donna disobbediente, prega per noi".

MariaMadonnaobbedienzaascolto

inviato da Giulio Bianchi, inserito il 23/09/2005

PREGHIERA

313. Preghiera allo Spirito Santo

Simone il Nuovo Teologo, 949-1022

Vieni, luce vera,
vieni, vita eterna,
vieni, mistero nascosto,
vieni, tesoro senza nome,
vieni, realtà ineffabile,
vieni, felicità senza fine,
vieni, luce senza tramonto,
vieni, risveglio di coloro che sono addormentati,
vieni, resurrezione dei morti,
vieni, Onnipotente, che sempre crei, ricrei e trasformi col tuo solo volere.
Vieni, tu che sempre stai immobile ed in ogni istante tutto interamente ti muovi e vieni a noi distesi nelle tenebre, o tu che sei sopra tutti i cieli.
Vieni, gioia eterna, vieni, tu che hai desiderato e che desideri la mia anima miserabile.
Vieni, tu il solo dal solo, perché tu lo vedi, io sono solo.
Vieni, tu che mi hai separato dal tutto e mi hai fatto solitario in questo mondo.
Vieni, tu che sei divenuto tu stesso il mio desiderio, che mi hai fatto desiderare te, che sei l'assolutamente inaccessibile.
Vieni, mio respiro e mia vita, vieni, consolazione della mia povera anima.
Vieni, mia gioia, mia gloria, mia delizia senza fine.

Spirito Santo

5.0/5 (1 voto)

inviato da Anna, inserito il 23/09/2005

TESTO

314. Le beatitudini

Primo Mazzolari

...oggi leggo le beatitudini... leggo, non predico. Le beatitudini non si predicano: non sono per gli altri. Nessuno può darle a parole. Se le predico, tutti notano che io ne sono fuori. Cristo no, lui solo parla dal di dentro di ogni beatitudine: lui povero, mite, pacifico, misericordioso, lui il percosso, il morente... Che non si possano predicare l'ho capito bene in un lontano Ognissanti, quando mi fu imposto dietro minaccia: Tu prete oggi non predicherai... E quel giorno il prete ha letto soltanto: ma nel leggere egli piangeva e gli altri piangevano. Le parole che hanno la virtù di far piangere, o di gioia o di vergogna, non si predicano...

beatitudinipredicaretestimonianza

inviato da Luca Peyron, inserito il 21/06/2005

PREGHIERA

315. Preghiera per l'Ascensione

La tua ascensione al cielo, Signore,
mi colma di gioia perché è finito per me
il tempo di stare a guardare ciò che fai
e comincia il tempo del mio impegno.
Ciò che mi hai affidato,
rompe il guscio del mio individualismo
e del mio stare a guardare
facendomi sentire responsabile
in prima persona della salvezza del mondo.
A me, Signore, hai affidato il tuo Vangelo,
perché lo annunciassi su tutte le strade del mondo.
Dammi la forza della fede,
come ebbero i tuoi primi apostoli,
così che non mi vinca il timore,
non mi fermino le difficoltà,
non mi avvilisca l'incomprensione,
ma sempre e dovunque, io sia tua lieta notizia,
rivelatore del tuo amore,
come lo sono i martiri e i santi
nella storia di tutti i popoli del mondo.

ascensioneresponsabilitàimpegnotestimonianza

inviato da Giovanni Vacca, inserito il 19/06/2005

ESPERIENZA

316. Il miracolo della testimonianza

Fra Angelo De Padova

Sono un giovane cappellano dell'ospedale di Galatina (Le), voglio raccontarvi un fatto accaduto nel reparto di chirurgia poco tempo fa. Era ricoverato un giovane, battezzato ma non praticante, aveva dimenticato tutte le preghiere. Ogni giorno passavo a salutarlo, ma lui rimaneva indifferente al mio saluto; dopo una decina di giorni circa, mi chiede di confessarsi. Io dentro di me dicevo: "Son riuscito con la mia costanza, la mia semplicità e dolcezza, a fargli accostare a Gesù" e mi sentivo già orgoglioso di questo fatto miracoloso. Ma durante la confessione mi dice: "Stanotte ho capito che il Signore esiste davvero. Ho visto che quel vecchietto che tutti i giorni si faceva la comunione, con tutti i dolori che aveva e l'impossibilità quasi a muoversi, si è alzato dal letto ed è andato a rimboccare le coperte di un'ammalato che era accanto al mio letto".
Tutti siamo testimoni della carità di Cristo.

testimonianzasolidarietàcaritàamore

inserito il 19/06/2005

TESTO

317. I Giovani

I giovani sono belli. Tu li ami, Gesù.
I giovani sono ribelli. Tu li ami.
I giovani sono strani. Tu li ami.
I giovani si perdono. Tu li vai a cercare.
I giovani amano. Tu vivi nel loro amore.
I giovani sono confusi nell'amore. Tu hai compassione.
I giovani sparano cavolate. Tu dici... «cresceranno».
I giovani hanno immense potenzialità. Tu ne favorisci lo sviluppo.
I giovani sono infantili. Tu non li condanni.
I giovani hanno dentro ogni vocazione. Tu li chiami.
I giovani ti offendono. Tu li perdoni.
I giovani hanno le ali. Tu gli offri l'azzurro dell'immenso cielo.
I giovani ti abbandonano. Tu vai a morire da solo.
I giovani si drogano, bevono, fanno sesso. Tu pazienti
e proponi una vita esigente e pura.
I giovani fanno compromessi. Tu li inviti alla radicalità.
I giovani sono provocatori. Tu mantieni la calma.
I giovani vanno fuori di testa. Tu mantieni l'equilibrio.
I giovani sono menefreghisti. Tu ti interessi di loro.
I giovani sono entusiasti. Tu apri loro le vie dell'universo.
I giovani perdono tempo. Tu li apri all'eterno senza tempo.
I giovani fanno peccati. E tu non scagli la pietra.
I giovani sono gioia. Tu la moltiplichi nel loro cuore.
I giovani cantano, ballano, sono musica. Tu sei la loro danza.
I giovani sbagliano. Tu li capisci.
I giovani sono giovani. Tu sei il loro Dio giovane.
I giovani: tu fissi il tuo sguardo d'amore su ogni generazione e li ami.
E io, Signore? E noi...?

giovani

inviato da Anna Lollo, inserito il 19/06/2005

TESTO

318. Amici

Vinìcius De Moraes

Ho amici che non sanno quanto sono miei amici. Non percepiscono tutto l'amore che sento per loro né quanto siano necessari per me.

L'amicizia è un sentimento più nobile dell'amore. Questo fa sì che il suo oggetto si divida tra altri affetti, mentre l'amore è imprescindibile dalla gelosia, che non ammette rivalità.

Potrei sopportare, anche se non senza dolore, la morte di tutti i miei amori, ma impazzirei se morissero tutti i miei amici!

Anche quelli che non capiscono quanto siano miei amici e quanto la mia vita dipenda dalla loro esistenza...

Non cerco alcuni di loro, mi basta sapere che esistono. Questa semplice condizione mi incoraggia a proseguire la mia vita. Ma, proprio perché non li cerco con assiduità, non posso dir loro quanto io li ami. Loro non mi crederebbero.

Molti di loro, leggendo adesso questa "crônica" non sanno di essere inclusi nella sacra lista dei miei amici. Ma è delizioso che io sappia e senta che li amo, anche se non lo dichiaro e non li cerco.

E a volte, quando li cerco, noto che loro non hanno la benché minima nozione di quanto mi siano necessari, di quanto siano indispensabili al mio equilibrio vitale, perché loro fanno parte del mondo che io faticosamente ho costruito, e sono divenuti i pilastri del mio incanto per la vita.

Se uno di loro morisse io diventerei storto. Se tutti morissero io crollerei. E' per questo che, a loro insaputa, io prego per la loro vita.

E mi vergogno perché questa mia preghiera è in fondo rivolta al mio proprio benessere. Essa è forse il frutto del mio egoismo.

A volte mi ritrovo a pensare intensamente a qualcuno di loro. Quando viaggio e sono di fronte a posti meravigliosi, mi cade una lacrima perché non sono con me a condividere quel piacere...

Se qualcosa mi consuma e mi invecchia è perché la furibonda ruota della vita non mi permette di avere sempre con me, mentre parlo, mentre cammino, vivendo, tutti i miei amici, e soprattutto quelli che solo sospettano o forse non sapranno mai che sono miei amici.
Un amico non si fa', si riconosce.

amicizia

inviato da Anna Lollo, inserito il 19/06/2005

RACCONTO

319. E Dio creò la mamma   4

Bruno Ferrero, 40 Storie nel deserto

Il buon Dio aveva deciso di creare... la mamma. Ci si arrabattava intorno già da sei giorni, quand'ecco comparire un angelo che gli fa: "Questa qui te ne fa perdere di tempo, eh?". E Lui: "Sì, ma hai letto i requisiti dell'ordinazione? Dev'essere completamente lavabile, ma non di plastica... avere 180 parti mobili tutte sostituibili... funzionare a caffè e avanzi del giorno prima... avere un bacio capace di guarire tutto, da una sbucciatura ad una delusione d'amore... e sei paia di mani". L'angelo scosse la testa e ribatté incredulo: "Sei paia?!". "Il difficile non sono le mani - disse il buon Dio - ma le tre paia di occhi che una mamma deve avere". "Così tanti?". Dio annuì. "Un paio per vedere attraverso le porte chiuse quando domanda "che state combinando lì dentro, bambini?", anche se lo sa già; un altro paio dietro la testa, per vedere quello che non dovrebbe vedere, ma che deve sapere; un altro paio ancora per dire tacitamente al figlio che si è messo in un guaio "capisco e ti voglio bene lo stesso".

"Signore - fece l'angelo sfiorandogli gentilmente un braccio - va' a dormire. Domani è un altro...". "Non posso - ripose il Signore - ho quasi finito ormai. Ne ho già una che guarisce da sola se è malata, che può lavorare 18 ore di seguito, preparare un pranzo per sei con mezzo chilo di carne tritata e che riesce a tenere sotto la doccia un bambino di nove anni". L'angelo girò lentamente intorno al modello di madre, esaminandolo con curiosità: "E' troppo tenera", disse poi con un sospiro. "Ma resistente - ribatté il Signore con foga - tu non hai idea di quello che può sopportare una mamma!". "Sa pensare?". "Non solo, ma sa anche fare un ottimo uso della ragione e venire a compromessi", ribatté il Creatore. A quel punto l'angelo si chinò sul modello della madre e le passò un dito su una guancia: "Qui c'è una perdita", dichiarò. "Non è una perdita - lo corresse il Signore - è una lacrima". "E a che serve?". "Esprime gioia, tristezza, delusione, dolore, solitudine, orgoglio". "Ma sei un genio!", esclamò l'angelo. Con sottile malinconia Dio aggiunse: "A dire il vero, non sono stato io a mettercela quella cosa lì...".

mammamadrematernità

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inviato da Silvia Ongaro, inserito il 21/04/2005

PREGHIERA

320. Peccare   4

Michel Quoist, Preghiere

Sono caduto, Signore.
Ancora.
Non ne posso più, mai ce la farò.

Ho vergogna di me, non oso più guardarti.
Pure, ho lottato, Signore, perché ti sapevo vicino a me, chino su di me, attento.
Ma la tentazione si è scatenata come una tempesta,
ed ho voltato il capo,
e mi sono allontanato,
mentre tu restavi, silenzioso e dolorante,
come un fidanzato tradito che vede il suo amore allontanarsi nelle braccia del rivale.

Quand'è cessato il vento, caduto di colpo come di colpo s'era scatenato,
quando s'è spento il fulmine dopo aver fieramente illuminato la penombra,
in un momento, mi son ritrovato solo, vergognoso, disgustato, con il mio peccato nelle mani.

Quel peccato che mi nausea,
inutile oggetto che vorrei gettar via;
quel peccato che ho voluto e che non voglio più,
quel peccato che infine ho raggiunto allontanandoti freddamente, Signore,
quel peccato che ho colto, poi consumato, avido.
Ora lo posseggo, anzi mi possiede, come la tela del ragno tiene prigioniero il moscerino.

E' mio,
mi sta attaccato,
è entrato in me,
non posso disfarmene.

Mi pare che si veda,
ho vergogna di stare in piedi, vorrei strisciare per sfuggire gli sguardi,
ho vergogna di comparire davanti al mio amico,
ho vergogna di comparire davanti a te, o Signore,
perché tu mi amavi ed io ti ho dimenticato.
ti ho dimenticato perché ho pensato a me.

Signore, non guardarmi così.
Perché sono nudo,
sono sporco,
sono a terra,
lacero,
non ho più forze,
non oso più promettere nulla,
non posso che restare là, curvo, innanzi a te.

Via, piccolo, rialza il capo.
Non è soprattutto il tuo orgoglio ferito?
Se mi amassi, avresti dispiacere, ma avresti fiducia.
Credi che l'amor di Dio abbia limiti?
Credi che un solo momento Io abbia cessato di amarti?
Ma fai ancora affidamento su di te, piccolo,
non devi fare affidamento che su di me.

Chiedimi perdono
e poi rialzati vivamente,
perché, vedi, la cosa più grave non è cadere,
ma restare a terra.

peccatomisericordiaperdonoconfessionericonciliazione

5.0/5 (2 voti)

inserito il 21/04/2005

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