Quando hai bisogno, Qumran ti dà una mano, sempre.
Ora Qumran ha bisogno di te.
- Clicca qui per sapere il perché.
Hai cercato famiglie
Hai trovato 303 ritagli
PREGHIERA
Questo nuovo giorno sia veramente tuo,
da te condotto nella mia vita,
secondo la tua volontà.
Che io sia guidata per mano da te.
A te affido quanto ho di più caro:
la famiglia, la vera amicizia,
il lavoro, le mie responsabilità,
i miei problemi, le mie sofferenze,
la mia città, la mia patria.
Affido a te la mia fede debole,
il mio coraggio incerto,
la mia fiducia spenta,
la mia volontà stanca,
il mio cammino disorientato.
Dammi tu l'energia per vivere con dignità,
per affrontare e superare le difficoltà
con coerenza e con coraggio.
Fammi, Signore,
strumento di pace dovunque sarò,
con chiunque mi incontrerò,
e in qualunque vicenda verrò a trovarmi.
Signore, sento che tu mi stai dicendo:
«Buon giorno!».
Grazie, Signore!
E questo l'unico augurio
di cui ho veramente bisogno,
non solo perché sincero,
ma perché onnipotente!
buongiornoaffidarsinuovo giorno
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 02/06/2002
TESTO
262. Un buongiorno un po' speciale... 2
Buongiorno....
Quando ti sei svegliato questa mattina ti ho osservato e ho sperato che tu mi rivolgessi la parola anche solo poche parole, chiedendo la mia opinione o ringraziandomi per qualcosa di buono che era accaduto ieri.
Però ho notato che eri molto occupato a cercare il vestito giusto da metterti per andare a lavorare. Ho continuato ad aspettare ancora mentre correvi per la casa per vestirti e sistemarti e io sapevo che avresti avuto del tempo anche solo per fermarti qualche minuto e dirmi: "Ciao". Però eri troppo occupato.
Per questo ho acceso il cielo per te, l'ho riempito di colori e di dolci canti di uccelli per vedere se così mi ascoltavi però nemmeno di questo ti sei reso conto.
Ti ho osservato mentre ti dirigevi al lavoro e ti ho aspettato pazientemente tutto il giorno. Con tutte le cose che avevi da fare, suppongo che tu sia stato troppo occupato per dirmi qualcosa.
Al tuo rientro ho visto la tua stanchezza e ho pensato di farti bagnare un po' perché l'acqua si portasse via il tuo stress. Pensavo di farti un piacere perché così tu avresti pensato a me ma ti sei infuriato e hai offeso il mio nome, io desideravo tanto che tu mi parlassi, c'era ancora tanto tempo.
Dopo hai acceso il televisore, io ho aspettato pazientemente, mentre guardavi la TV, hai cenato, però ti sei dimenticato nuovamente di parlare con me, non mi hai rivolto la parola.
Ho notato che eri stanco e ho compreso il tuo desiderio di silenzio e così ho oscurato lo splendore del cielo, ho acceso una candela, in verità era bellissimo, ma tu non eri interessato a vederlo.
Al momento di dormire credo che fossi distrutto. Dopo aver dato la buona notte alla famiglia sei caduto sul letto e quasi immediatamente ti sei addormentato. Ho accompagnato il tuo sogno con una musica, i miei animali notturni si sono illuminati, ma non importa, perché forse nemmeno ti rendi conto che io sono sempre lì per te.
Ho più pazienza di quanto immagini. Mi piacerebbe pure insegnarti ad avere pazienza con gli altri, ti amo tanto che aspetto tutti i giorni una preghiera, il paesaggio che faccio è solo per te.
Bene, ti stai svegliando di nuovo e ancora una volta io sono qui e aspetto senza niente altro che il mio amore per te, sperando che oggi tu possa dedicarmi un po' di tempo.
Buona giornata...
Tuo papà Dio.
preghieraDioamore di Diorapporto con Dio
inviato da Don Giovanni Benvenuto, inserito il 02/06/2002
PREGHIERA
263. Preghiera di un uomo che ha sofferto molto
Signore, è ormai molto tempo che mi è stato inflitto l'ultimo colpo. Veniva dopo tanti altri...
Non ho più niente da perdere, o, per lo meno, ben poca cosa. Forse, verrà finalmente la pace?
Vorrei che venisse; dolcemente, come il sonno.
Fa', Signore, che non infastidisca mai gli altri con le mie pene. Dopo tutto, che importanza hanno, per loro, i miei dolori? Concedimi di non indignarmi mai, per il fatto che nulla di quanto mi ha ferito li commuove. E' normale. Come potrebbero comprendere?
Fa' che dopo tutto quello che ho sofferto, non trovi strano che nel mondo vi siano ancora fiori e raggi di sole. E delle famiglie unite e degli amori felici e delle convivenze serene. E dei fanciulli che vivono.
Salvami dall'imporre le mie miserie.
Signore, salvami dal frugare nel passato, e dal voler rivivere le ore dolorose di una vita ormai finita...
Salvami dal contemplare continuamente nel fondo di me stesso quei volti amati, quei sorrisi perduti, e tutta quella antica felicità, che ha durato una sola stagione.
Salvami dallo scrutare le mie miserie.
Signore, proteggimi anche dalla tenebrosa gioia della disperazione.
Fa' che non assomigli mai a quel vecchio re doloroso, nella tragedia di Shakespeare, che si incantava senza fine alla tempesta e al vento e a tutte le sventure che piombavano nella vita.
La mia sofferenza non ha un bel titolo di gloria.
Salvami dal cantare le mie pene.
Signore, rendimi calmo e staccato da tutto, ma senza indifferenza. Che io sia aperto e buono, maturato dalla sofferenza, pronto a dare agli altri quello che non ho avuto.
Non mi resta niente. A che cosa ancora mi potrei aggrappare? Eppure io vorrei che la gioia di ogni uomo trovasse come un'eco nel mio cuore purificato.
Piuttosto che soffrire senza utilità per nessuno e aggravare ulteriormente le tristezze del mondo, vorrei che da tutte le lacrime che ho versato, mi venisse il potere di comprendere gli altri, fino nell'intimo del loro essere, là dove sono veramente se stessi, là dove aspettano l'amore.
Vorrei che il mio dolore servisse a qualcosa.
E quando niente vi avrà consolato...
...dite:
«Padre nostro che sei nei cieli;
Sia santificato il tuo nome
Venga il tuo regno.
Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Rimetti a noi i nostri debiti,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori.
E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Amen».
solitudinesofferenzacrocedoloresolidarietàcompassione
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 01/06/2002
TESTO
Kahlil Gibran, Il Profeta
E una donna che reggeva un bambino al seno disse: Parlaci dei figli.
Ed egli disse:
I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie dell'ardore che la vita ha per se stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
e benché vivano con noi non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
Poiché essi hanno i loro propri pensieri.
Potete dar ricetto ai loro corpi ma non alle loro anime,
Poiché le loro anime dimorano nella casa del domani, che neppure in sogno vi è concesso di visitare.
Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercate di rendere loro simili a voi.
Poiché la vita non va indietro né indugia con l'ieri.
Voi siete gli archi da cui i vostri figli come frecce vive sono scoccate.
L'Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell'infinito, e vi piega e vi flette con la sua forza perché le sue frecce vadano veloci e lontane.
Fate che sia gioioso e lieto questo esser piegati dalla mano dell'Arciere:
Poiché come ama la freccia che scaglia, così Egli ama anche l'arco che è saldo.
famigliacoppiafigligenitorimatrimonio
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 29/05/2002
TESTO
Primo Mazzolari, Omelia 3 aprile 1958, Giovedì Santo
Gesù chiama "amico" Giuda: questa parola dice l'infinita tenerezza della carità del Signore.
Noi possiamo tradire l'amicizia di Cristo, Cristo non tradisce mai noi, suoi amici!
Anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di lui, anche quando lo neghiamo.
Davanti ai suoi occhi, davanti al suo cuore noi siamo sempre gli amici del Signore.
Lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico.
Perché la Pasqua è questa parola, detta a un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi.
Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi disperiamo.
Per lui, noi saremo sempre gli amici.
L'audio dell'omelia è disponibile qui:
https://fondazionemazzolari.it/omelie-2/
e il testo integrale su Famiglia Cristiana
perdonoconversionepeccatomisericordia di Diorapporto con Dio
inviato da Mariangela Molari, inserito il 27/05/2002
ESPERIENZA
266. Andate in missione per cercare luoghi e modi per dare la vita
Questo titolo un po' strano è quello che meglio descrive il mio viaggio in Bangladesh fatto proprio lo scorso settembre. Fin dall'inizio del mio cammino di preparazione al PIME, iniziato lo scorso ottobre, ho sempre avuto come motivazione principale quella di scoprire cosa avrei potuto fare come medico in una Missione.
E così mi sono completamente affidata a questo cammino, io ho deciso di parteciparvi, tutto il resto mi è stato donato.
Nel mese di aprile ho saputo che la mia destinazione sarebbe stata il Bangladesh.
Non sapevo nulla di questo paese, solo che è il più povero del mondo...
Sono partita per questa esperienza caricata molto positivamente, la gioia e la curiosità erano davvero grandi, ma avevo anche un po' di paura. Le aspettative erano molte ma ho voluto un po' accantonarle dicendo: "Lascio al Signore di decidere quello che vorrà donarmi con questa esperienza".
Al momento della partenza sapevo solo che io, a differenza delle due ragazze che sono partite con me, sarei stata da sola in un'altra missione più a nord del paese, dove mi aspettava il lavoro in un dispensario.
Il primo impatto all'arrivo a Dahka è stato davvero traumatico, la prima sera i miei sentimenti e le emozioni erano incontrollabili continuavo a ripetermi: Perché sono qui? Non potevo seguire i consigli di chi mi ha sempre un po' scoraggiato in questo viaggio?!. Ma chi me lo ha fatto fare? Voglio tornare a casa!
Dahka è una città lasciata a metà, tutto è stato iniziato ma ben poco è stato portato a termine, grande caos, forti rumori, traffico peggio che a Milano, odori nauseabondi...
Ma in fondo la mia destinazione era un piccolo villaggio del nord, questo mi faceva avere la speranza che le cose sarebbero cambiate.
Dopo due giorni ho raggiunto Boldipukur, la mia piccola e accogliente missione. Le case diroccate hanno lasciato spazio al verde che è la nota caratteristica del B, qua la gente vive nelle capanne in mezzo alla natura, proprio intorno alla missione.
Uno spettacolo meraviglioso!
Così le angosce e le paure che mi avevano accompagnato fino a quel momento hanno lasciato spazio ad una sensazione di pace. Sono stata ospite di una piccola comunità di cinque suore, tre bengalesi e due italiane, suor Eleonora e suor Mariangela. Mi sono sentita subito ben accolta, mi sentivo come a casa mia.
A differenza di Dahka dove sono stata solo spettatrice di un mondo che sentivo estremamente estraneo a me e anche un po' ostile, in questo ambiente sono dovuta scendere allo scoperto, entrando nella quotidianità di questa gente, nelle loro case, nelle loro vite.
Sono entrata con timore, quasi in punta di piedi per non voler far notare troppo la differenza e mi sono scontrata subito con una povertà che disarma e fa cadere tutte le certezze.
Appena arrivata in missione mi hanno mostrato la mia camera e subito mi ha colto una sensazione di disagio: non funzionava il ventilatore, assolutamente necessario per affrontare alcuni momenti della giornata, e l'acqua che scendeva dal mio rubinetto era arancione. "Voglio tornare a casa" e il solito "Chi me lo ha fatto fare?!".
In risposta a queste mie domande mi hanno portato a fare un giro nel villaggio appena fuori le mura della missione e ho visto gente che vive nelle capanne, in una unica stanza c'è tutto e soprattutto nessuna comodità, niente ventilatore, niente acqua corrente, solo la luce per chi è fortunato.
La povertà che ho incontrato nel piccolo villaggio è diversa da quella di Dahka, è una povertà dignitosa, hanno davvero poco per il loro sostentamento, ma quel poco lo condividono.
Ho voluto conoscere la realtà della Sanità in B, suor Mariangela si è fatta carico di questa cosa e mi ha fatto vedere tutto quello che le era possibile, portandomi da una cittadina all'altra, consapevole che di fronte ad alcune realtà sarei rimasta senza parole.
Così ho visitato l'ospedale governativo di Rangpur, la città più grande vicino alla mia missione, una decina di chilometri, penso che le parole non riescano a rendere il significato di quello che ho visto: non credevo di essere in un ospedale. La struttura è fatiscente, mi verrebbe da paragonarla alla stazione centrale, ogni angolo di corridoio o di scala è utilizzato come bagno o spazzatura. Nel reparto di chirurgia generale, uno stanzone enorme nel quale sono ricoverati una cinquantina di persone, uomini e donne insieme, chi su di un letto dalle lenzuola putride, chi addirittura per terra adagiato su delle coperte di lana anch'esse molto sporche. Ogni paziente ha al suo fianco la famiglia per qualsiasi necessità, l'ospedale non dà cibo, ma nemmeno i farmaci necessari al ricovero. Tutto è a carico del paziente.
E' stato sufficiente vedere quel reparto per chiedere alla suora di portarmi via, non volevo veder più nulla e nel cuore la speranza che non succeda mai nulla per cui i missionari abbiano bisogno di un ricovero urgente.
La speranza si è accesa quando invece a Dinajpur ho visto l'ospedale gestito dai Missionari, una stretta al cuore, nella povertà e nella semplicità della struttura, riesco comunque a riconoscere un ospedale. Corridoi e stanze pulite, ognuno ha un proprio letto con lenzuola degne di essere chiamate tali.
L'esperienza comunque più significativa l'ho vissuta proprio al dispensario dove ho potuto agire direttamente.
Il dispensario raccoglie tutti i giorni dalle 100 alle 150 persone e più provenienti dai villaggi limitrofi, solo donne e bambini. Vi lavorano solo due suore infermiere, il numero di utenti sarebbe troppo alto con gli uomini.
Vengono fatte accomodare 5 o 6 persone tutte insieme e ognuno dice apertamente il proprio problema, non esiste certo la legge sulla privacy.
Così le suore gestiscono i loro pazienti, ascoltandoli, facendo diagnosi, consigliando terapie con farmaci che loro stessi devono pagare. E non si può certo eccedere con i farmaci, dipende da quanti soldi può offrire il paziente.
I primi giorni mi domandavo che senso avessero tali terapie che non duravano più di quattro giorni a dosi che da noi non utilizziamo nemmeno nei bambini. E ho fatto fatica a mettere da parte le mie conoscenze e le mie certezze per entrare in un'ottica che è completamente diversa dalla mia.
Ho subito pensato a come noi, facilmente, possiamo avere dei farmaci che ci aiutano e a quanti Km di strada devono fare loro per raggiungere il dispensario che copre un territorio vastissimo. Certo nei villaggi ci sono i loro dottori che nella maggior parte dei casi sono stregoni che impongono terapie che io non ho voluto nemmeno conoscere.
Certo che i ricordi sono davvero tanti e potrei stare raccontare per ore...
Prima di partire mi hanno consigliato di non andare a vivere un'esperienza di questo tipo con l'idea di andare a fare grandi cose, con l'idea di salvare il mondo, ma anzi, di lavorare poco e di guardare, ascoltare, imparare.
E così ho fatto, sono partita dicendo: "Non dirò di no a nulla e farò tutto quello che mi verrà proposto...".
Ora il sentimento che sento davvero forte nel mio cuore è quello della gratitudine, io non ho fatto assolutamente nulla in questa esperienza, ho solo ricevuto tanti doni.
E quello davvero più grosso è stato quello di una comunità accogliente che mi ha permesso di essere davvero libera di guardare, ascoltare, registrare tutto quello che veniva messo sul mio cammino.
Ho fatto migliaia di km per scoprire in terra straniera uomini e donne italiane, sì, i missionari!!
"Negli occhi una terra lontana, nel cuore una speranza, andare ai confini del mondo per far conoscere te" sono le parole di un canto che porto nel cuore da quando sono tornata e racchiudono davvero il senso del mio viaggio.
Porto nel cuore queste persone che mi hanno insegnato uno stile di vita davvero semplice e sobrio, il loro sguardo carico di amore, i loro sorrisi... riflesso di un amore più grande che li accompagna e li sostiene ogni giorno.
Non posso che chiedervi di pregare per queste persone perché possano davvero continuare questa grande opera che non è altro che la loro vita per Dio!
inviato da Mariangela Molari, inserito il 26/05/2002
TESTO
Quando dirai: "Ti voglio bene!"
dirai: "Ti do la mia vita, ho bisogno di te,
sono troppo ricco, non posso pensare solo a me".
Quando ti sentirai dire: "Ti voglio bene!"
sarà l'invito a sciogliere le vele
nel grande mistero buio e luminoso
che approda a rive inesplorate.
Quando nascerà l'amore, abbi paura e trema:
non è l'avventura facile e rosea
di un sentimento che esplode
ma la partenza di un nuovo cammino.
Quando dirai: "Ti voglio bene!"
è una ferita che si apre nel cuore, un fuoco che brucia
e distrugge sterpi morti e secchi.
Quando ti sentirai dire: "Ti voglio bene!"
sarà l'amore stesso di Dio
che bussa al tuo cuore
e ti invita al grande banchetto.
Quando nascerà l'amore, piega le ginocchia,
prega e ringrazia, chiedi di essere capace
di godere il dono stupendo di Dio.
Quando nascerà l'amore, apri le finestre e porte
accendi sole e stelle, inizia la vita nuova nel mondo,
diventa dono per tutti.
inviato da Mariangela Molari, inserito il 22/05/2002
RACCONTO
Quando un uomo, il cui matrimonio era in crisi, cercò il suo consiglio, il maestro disse: «Devi imparare ad ascoltare tua moglie.»
L'uomo prese a cuore questo consiglio e tornò dopo un mese per dire che aveva imparato ad ascoltare ogni parola che la moglie dicesse.
Il maestro gli disse sorridendo: «Ora torna a casa e ascolta ogni parola che non dice.»
ascoltomatrimoniocoppiafamiglia
inviato da Emilio Centomo, inserito il 22/05/2002
RACCONTO
«Perché continui a parlare dei miei errori passati?», domandò il marito.
«Credevo che avessi perdonato e dimenticato!»
«Sì, ho perdonato e dimenticato», disse la moglie, «ma voglio essere sicura che tu non dimentichi che io ho perdonato e dimenticato».
No. L'amore non tiene a mente le offese. L'amore fa nuova la persona amata, ogni giorno.
inviato da Emanuela Salvucci, inserito il 21/05/2002
TESTO
S. Biavaschi, Il profeta del vento
Nessuno è creato dalla Vita come sostegno per i vostri sogni, perché due occhi non sono fatti per guardare l'uno verso l'altro, ma entrambi verso la stessa direzione; diventando così ognuno luce per l'altro. Crescete comprendendo questo, e troverete, assieme a ciò che cercavate, anche ciò che non cercavate. Ma dopo questo, non dubitate più. Se dubitate che sia Amore, infatti, già non è Amore. E non calcolate. Se calcolate i vostri passi, infatti, già non è Amore.
Non appoggiatevi all'altro con tutto il vostro peso. Ma posatevi come un raggio di Sole su una foglia. E come una foglia accogliete l'altro raggio di Sole. Asciugate le vostre lacrime e senza timore concedete al vostro cuore questa luce e al vostro animo questo calore. Ma state attenti agli incanti! Perché i raggi di Sole non sono il Sole. Non riversate sull'altro tutta la vostra nostalgia di cielo: egli non è in grado di contenerlo, né mai voi potreste contenere il suo. Non valutate l'altro per ciò che non potrebbe mai avere, o finirete per svalutare voi. E tutto questo non è Amore. Non precipitate l'uno dentro l'altro, ma tenendovi per mano camminate insieme.
Portate l'amato non al centro del vostro cuore, ma del suo, perché lì troverà anche il vostro, e insieme troverete il cuore al centro del cosmo.
Sarete sottoposti a molte prove, e spesso l'orgoglio vi chiederà di scegliere sé al posto dell'Amore. Ma non ritiratevi da queste battaglie, perché altre non ve ne sono di più utili per voi. Se vincerete, avrete vinto. Se perderete combattendo e affilando il cuore, avrete vinto. E quando il tempo vi avrà condotto fino a farvi decidere di fondere per sempre le vostre due vite, conoscerete quote più alte, ma anche la durezza di cadute mai pensate. E vedrete spesso andare in frantumi tutti i vostri sogni. Ma sarà allora che potrete dischiudere davvero le vostre ali.
Non maledite gli eventi, perché siete voi che avete in mano il timone del vostro destino. E non sarà rompendo questo vostro vaso e dicendo addio all'amato, che le vostre radici troveranno nuova forza: questa gabbia di creta è in realtà ciò che le salva dall'essiccare.
Siete voi che dite, quando non vi sentite amati: l'Amore è finito. Quella è invece la stagione in cui comincia. Poiché il valore di chi governa la nave è nel condurla anche controvento.
Siete voi che dite, quando finiscono le sensazioni: Ma io non amo più. Non scambiate però l'Amore con le sue sole sensazioni. Poiché il valore di chi governa la nave è nel condurla talvolta anche a vele sgonfie, fino ad altre zone di Vento.
Pertanto siate fedeli, perché nell'infedeltà diventate doppi e quadrupli. E se vi è già difficile condurre una vita, come potreste condusse due o quattro? Dividendo in due un germoglio non si hanno due vite, ma nessuna. Pensando di incontrare nuove gioie incontrereste dolori maggiori di quelli cui voltate le spalle. Perciò tornate a guardare verso chi vi aspetta, ma non per dirgli: Tu non mi ami. Bensì: lo non so amarti. Questo è necessario per far scendere l'Amore sull'amato.
Alzate lo sguardo sulle virtù dell'altro, perché avete passato il tempo senza conoscervi.
Ma se poteste entrare, e a volerlo potreste, nella mente di chi vi ha accompagnato, per sfogliare insieme il libro della vostra vita, scoprireste quanto siano belle in realtà tutte quelle pagine già scritte, e quanto saranno belle tutte quelle ancora bianche.
Ricordate che il vostro cuore nasconde un Vento inesauribile che saprebbe amare, oltre al vostro amato, anche oltre il vostro amato. E attraverso di lui amare anche tutto quanto il mondo.
Ergetevi come gabbiani in queste possibilità di volo assieme. Non fatevi orfani di gioie grandi e di dolori grandi, accontentandovi di rischiare solo in parte. Ma alzate il capo e abbiate fiducia, poiché se di questo Amore amerete, sarete come due raggi che si incontrano al centro della ruota, ove poter cogliere assieme tutto il senso del nuotare della Vita.
amoreinnamoramentodialogocoppiafamigliamatrimonio
inviato da Luca Peyron, inserito il 20/05/2002
TESTO
271. Gli indizi per trovare l'amore vero 1
Esite un modo per verificare se un amore è Amore vero? Vi proponiamo sei domande a cui dare una risposta.
1 - Prova dei criteri. Se i criteri di scelta del lui/lei si basano su: "mi piace" e "stiamo bene insieme" tutto può finire presto perché sono criteri non sufficienti. La prima domanda di prova è: ho fatto di me stesso/a un dono, lungamente preparato, anche con sacrificio? Ho un progetto di vita ben chiaro che ho scoperto coincide perfettamente con quello dell'altro/a? Ho alle spalle una maturità, non solo fisica, ma soprattutto psichica e una preparazione adeguata?
2 - Prova della partecipazione. L'amore vero vuole partecipare, condividere, dare, raggiungere. La seconda domanda di prova è: siamo capaci di partecipare, condividere? Voglio diventare felice o fare felice l'altro/a e gli altri (servizio... volontariato...)?
3 - Prova del rispetto. Non vi è vero amore senza rispetto, senza la capacità di rispettarsi reciprocamente. La terza domanda è: abbiamo veramente abbastanza rispetto reciproco, sia per il corpo che per le idee dell'altro/a? Sono orgoglioso del mio fidanzato/a?
4 - Prova delle abitudini. L'amore accetta l'altro con le sue abitudini. Non sposatevi sperando che le cose cambino con il tempo. Il pensiero: "Spero di cambiarlo/a" ha sempre fallito! Occorre accettare l'altro/a come è ora, incluse le sue abitudini ed i suoi difetti (non i vizi!) La quarta domanda è: oltre ad amarlo, vi piacciono le sue abitudini?
5 - Prova della disputa. E' importante aver veramente discusso, non tanto per la discussione in sé, quanto per l'essere poi riusciti a riconciliarsi, per aver cioè sperimentato la capacità di perdonarsi. La quinta domanda è: siamo capaci di perdonarci a vicenda e di cedere l'uno all'altro?
6 - Prova del tempo. Non sposatevi se, maturi e preparati, non avete passato almeno un'estate ed un inverno attraverso un cammino di conoscenza reciproca. Se per caso avete dei dubbi sui vostri sentimenti di amore, il tempo vi darà la risposta. Se i dubbi riguardano la sincerità dei sentimenti dell'altro/a allora il chiedere un lecito sacrificio può fugare i sospetti. La sesta ed ultima domanda di prova è: il nostro amore ha passato l'estate e l'inverno? Ci siamo conosciuti, dentro, sufficientemente?
amorematrimoniofidanzamentocoppiadialogofamiglia
inviato da Luca Peyron, inserito il 19/05/2002
PREGHIERA
Signore Gesù,
Tu sei i miei giorni,
non ho altri che te
nella mia vita.
Quando troverò
un qualcosa
che mi aiuta,
te ne sarò immensamente grato;
però Signore,
quand'anche io fossi solo,
quand'anche non ci fosse nulla
che mi dà una mano,
non ci fosse neanche
un fratello di fede
che mi sostiene,
Tu, o Signore, mi basti,
con Te ricomincio da capo.
Tu mi basti, Signore:
il mio cuore,
il mio corpo, la mia vita,
nel suo normale modo di vestire,
di alimentarsi, di desiderare
è tutta orientata a Te.
Io vivo nella semplicità
e nella povertà di cuore;
non ho una famiglia mia,
perché Tu sei la mia casa,
la mia dimora, il mio vestito,
il mio cibo,
Tu sei il mio desiderio.
fiduciaabbandonoprovvidenzarapporto con Dio
inviato da Mariangela Molari, inserito il 11/05/2002
TESTO
Prego per voi,
perché possiate conservare nei vostri cuori la gioia di amare Dio,
la gioia dell'amore e della bontà,
e di condividere questa gioia con tutti quelli con i quali vi trovate,
con le persone che lavorano al vostro fianco,
davanti a tutti i membri della vostra stessa famiglia.
Quello che importa non è la quantità del dono,
bensì l'intensità dell'amore con cui lo diamo.
C'è qualcosa in più di cui vi posso parlare:
della mia esperienza con i Poveri più poveri.
Devo ancora trovare la prima donna Povera disposta ad abortire.
Senza dubbio darà alla luce suo figlio.
È possibile che abbandoni la sua creatura sulla strada,
ma non sarà lei a eliminare suo figlio.
È un qualcosa che dobbiamo imparare dai Poveri:
la grandezza del loro amore per il figlio.
Preghiamo.
Chiediamo a nostro Signore che non si allontani dal nostro fianco
nel momento della tentazione.
Perché allo stesso modo in cui fu tentato Gesù,
il diavolo tenterà anche noi.
Non dobbiamo aver paura,
perché Dio è amore.
Se Dio ci ama, dal momento che lui è Padre amoroso,
non smetterà di aiutarci.
Quando ci rendiamo conto di aver commesso un errore,
andiamo da lui e diciamogli:
«Dio mio, mi spiace! Sono pentito!».
donoamoreperdonoabortovitapovertà
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 11/05/2002
RACCONTO
Racconta una antica leggenda che un bambino che stava per nascere disse a Dio:
- Mi dicono che mi stai per mandare sulla terra però come vivrò così piccino e indifeso come sono?
- Tra molti angeli ne ho scelto uno per te, che ti sta aspettando e avrà cura di te.
- Però dimmi: qui nel cielo non faccio altro che cantare e sorridere; questo basta per essere felice.
- Il tuo angelo ti canterà, ti sorriderà tutti i giorni e tu sentirai il suo amore e sarai felice.
- Ma che farò quando vorrò parlare con te?
- Il tuo angelo ti unirà le manine e ti insegnerà il cammino perché tu possa avvicinarti a me, benché io ti sarò sempre a fianco.
In quell'istante, una grande pace regnava nel cielo però già si udivano voci della terra e il bambino premuroso ripeteva soavemente:
- Dio mio se già me ne devo andare, dimmi il suo nome... come si chiama il mio angelo?
- Il suo nome non importa, tu la chiamerai "mamma".
inviato da Luca Mazzocco, inserito il 10/05/2002
TESTO
I bambini sono formidabili imitatori: si comportano come i genitori, nonostante tutti gli sforzi per insegnare loro le buone maniere.
inviato da Don Angelo, inserito il 09/05/2002
TESTO
La vita è così... Sono cose che capitano. Succede...
Sì.
Succede che io stia bene e quell'altro languisce in un sanatorio. Succede che io rischi l'indigestione e l'indiano muore di fame.
Succede che io tenga il mio bravo conto in banca e il vicino di casa vada a impegnare una coperta al Monte di Pietà.
Succede che io mi preoccupi per scegliere la villeggiatura e la famiglia di fronte si disperi per il pagamento dell'affitto (due camere in otto).
Succede che io vada in ufficio con l'utilitaria - è più maneggevole della coupé - e lo scaricatore si presenti alle 6 di mattino sulla banchina del porto a vedere se qualcuno ha bisogno delle sue braccia.
Succede che i miei figli ricevano per Natale dei doni favolosi e quella bambina sarda scriva: "Caro Gesù Bambino, vorrei una mela...".
Succede.
Succede che io sia un buon cristiano e quegli altri no.
Succede che io faccia l'elemosina e quegli altri la ricevano.
Succede che io abbia (o mi illuda di avere) Cristo senza la Croce, e quegli altri la croce senza il Cristo.
Succede.
Il gioco della vita è bizzarro. "A chi tocca tocca" (purché tocchi sempre agli altri).
Ma ho già i miei fastidi, io! Perché occuparmi di quelli degli altri?
Che c'entro io?
C'entri, eccome! Dal momento che c'entra anche Dio.
Ecco, ora mi sembra sia possibile rispondere a una semplicissima domanda del catechismo: "Dov'è Dio?".
"Dio è all'altro capo della croce".
La mia croce. Proprio questa. E anche quella dell'altro.
Dovunque ci sia una croce, non c'è che da afferrarla con le mie mani. Da un lato qualsiasi. Dall'altro c'è sempre Lui.
D'ora in poi so dove trovarlo.
crocesofferenzasolidarietàingiustiziapovertà
inviato da Stefania Raspo, inserito il 09/05/2002
TESTO
Grazie, figliola carissima, per avermi dato l'opportunità di fare ancora formine di sabbia, di andare in barca, di spingere in mare barchette giocattolo, di salire sulla giostra, e di accarezzare le caprette allo zoo. Grazie per avermi dato la scusa per fare in casa la marmellata e per cuocere torte di compleanno; grazie per aver riportato il divertimento nella mia esistenza...
Grazie per aver creduto che le mie torte di compleanno fossero magiche, i miei disegni sorprendenti e le mie storie le più belle del mondo.
A volte, quando sono particolarmente giù, mi rincuori - proprio come facevo io a te.
E questo mi incoraggia e mi rallegra. Grazie per tenermi d'occhio, amore.
E' sempre una sorpresa scoprire di avere una figlia giovane come te. Grazie, cara, per non pensare che io sia vecchia. O, almeno, non così vecchia... La cosa più bella che mi hai dato è l'amicizia.
Grazie per i denti di leone appassiti, per i ciottoli bagnati, per le caramella già succhiate, per i baci appiccicosi. Grazie per amarmi...
Grazie per raccontarmi quando il tuo ragazzo ha dei problemi, anche se non c'è niente che io possa fare per aiutarlo. Grazie per telefonarmi avvertendo che sta sta iniziando un documentario alla tele e per chiedermi ricette in cucina. Grazie per i tuoi bigliettini di buon compleanno, che arrivano sempre puntuali. Grazie per darmi consigli. Grazie per lasciarmi entrare nella tua vita.
...Grazie per avermi mostrato, quando pensavo che i miei giorni di mamma fossero finiti, che la stagione migliore per noi sta iniziando adesso...
inviato da Stefania Raspo, inserito il 09/05/2002
PREGHIERA
Rabindranath Tagore, Gitanjali, 63
Mi hai fatto conoscere ad amici che non conoscevo. Mi hai fatto sedere in case che non erano la mia. Mi hai portato vicino il lontano, e reso l'estraneo un fratello. In fondo al cuore mi sento a disagio quando abbandono l'abituale rifugio; scordo che il vecchio abita nel nuovo, e là tu stesso hai dimora.
Attraverso la nascita e la morte, in questo oppure in altri mondi, ovunque mi conduci, sei tu, lo stesso, unico compagno della mia vita senza fine, che unisci con legami di gioia il mio cuore a ciò che non è familiare.
Se conosco te nessuno mi sarà estraneo, non vi sarà porta chiusa, né legami.
Oh esaudisci la mia preghiera: ch'io non perda mai la carezza dell'uno nel gioco dei molti.
mondialitàmissionefratellanza universale
inviato da Suor Cristina Giustozzi, inserito il 09/05/2002
RACCONTO
Gianni Rodari, Favole al telefono, Einaudi
Una mattina, al Polo Nord, l'orso bianco fiutò nell'aria un odore insolito e lo fece notare all'orsa maggiore (la minore era sua figlia):
- Che sia arrivata qualche spedizione?
Furono invece gli orsacchiotti a trovare la viola. Era una piccola violetta mammola e tremava. di freddo, ma continuava coraggiosamente a profumare l'aria perché quello era il suo dovere.
- Mamma, papà - gridarono gli orsacchiotti.
- Io l'avevo detto subito che c'era qualcosa di strano - fece osservare per prima cosa l'orso bianco alla famiglia. - E secondo me non è un pesce.
- No di sicuro - disse l'orsa maggiore -, ma non è nemmeno un uccello.
- Hai ragione anche tu - disse l'orso, dopo averci pensato su un bel pezzo.
Prima di sera si sparse per tutto il Polo la notizia: un piccolo, strano essere profumato, di colore violetto, era apparso nel deserto di ghiaccio, si reggeva su una sola zampa e non si muoveva. A vedere la viola vennero foche e trichechi, vennero dalla Siberia le renne, dall'America i buoi muschiati, e più di lontano ancora volpi bianche, lupi e gazze marine. Tutti ammiravano il fiore sconosciuto, il suo stelo tremante, tutti aspiravano il suo profumo, ma ne restava sempre abbastanza per quelli che arrivavano ultimi ad annusare, ne restava sempre come prima.
- Per mandare tanto profumo - disse una foca - deve avere una riserva sotto il ghiaccio.
- Io l'avevo detto subito - esclamò l'orso bianco - che c'era sotto qualcosa.
Non aveva detto proprio così, ma nessuno se ne ricordava. Un gabbiano, spedito al Sud per raccogliere informazioni, tornò con la notizia che il piccolo essere profumato si chiamava viola e che in certi paesi, laggiù, ce n'erano milioni.
- Ne sappiamo quanto prima - osservò la foca. - Com'è che proprio questa viola è arrivata proprio qui! Vi dirò tutto il mio pensiero: mi sento alquanto perplessa.
- Come ha detto che si sente? - domandò l'orso bianco a sua moglie.
- Perplessa. Cioè, non sa che pesci pigliare.
- Ecco - esclamò l'orso bianco - proprio quello che penso anch'io.
Quella notte corse per tutto il Polo un pauroso scricchiolio. I ghiacci eterni tremavano come vetri e in più punti si spaccarono. La violetta mandò un profumo più intenso, come se avesse deciso di sciogliere in una sola volta l'immenso deserto gelato, per trasformarlo in un mare azzurro e caldo, o in un prato di velluto verde. Lo sforzo la esaurì. All'alba fu vista appassire, piegarsi sul suo stelo, perdere il colore e la vita.
Tradotto nelle nostre parole e nella nostra lingua il suo ultimo pensiero dev'essere stato pressappoco questo:
- Ecco, io muoio... Ma bisognava pure che qualcuno cominciasse... Un giorno le viole giungeranno qui a milioni. I ghiacci si scioglieranno, e qui ci saranno isole case e bambini.
responsabilitàimportanza del singolo
inviato da Emilio Centomo, inserito il 08/05/2002
ESPERIENZA
Teresio Bosco, Madre Teresa di Calcutta, biografia
C'è un episodio, nella vita di madre Teresa, che sconvolge molte convinzioni e lascia pensosi, forse uno degli episodi-chiave per capire questa figura. Lo raccontò lei stessa.
«Durante una notte passata nella stazione di Howrah, a Calcutta, verso mezzanotte quando i treni sono tutti fermi per qualche ora, arrivò una poverissima famiglia che veniva di solito a dormire alla stazione. Erano una madre e quattro figli, dai cinque agli undici anni. La madre era una buffa', piccola cosa avvolta in un sari bianco di cotone, sottile per quella notte di novembre, con i capelli rasi a zero, stranamente per una donna. Aveva con sé dei recipienti di latta, qualche straccetto e dei pezzi di pane, tutto quanto possedeva per sé e per i suoi figli. Erano mendicanti. La stazione era la loro casa.
I bambini, tre ragazze e un bimbo che era il più piccolo, erano come la madre pieni di vivacità. A quell'ora, in piena notte, sedettero tutti su un marciapiede della stazione presso le rotaie, vicino ad altre innumerevoli famiglie e mendicanti solitari che già dormivano tutt'intorno, e fecero il loro pasto serale di pane secco, probabilmente quanto era avanzato a un rivenditore che verso sera lo aveva ceduto a un prezzo bassissimo. Ma non fu un pasto triste. Essi parlavano, ridevano e scherzavano. Sarebbe difficile trovare una riunione di famiglia più felice di quella.
Quando il breve pasto fu finito, andarono tutti a una pompa con grande allegria, si lavarono, bevettero e lavarono i loro recipienti di latta. Poi stesero con cura i loro stracci per dormire vicini, e un pezzo di lenzuolo per coprirsi tutti.
E fu allora che il ragazzino fece qualcosa di assolutamente meraviglioso: si mise a danzare.
Saltava e rideva fra i binari, rideva e cantava sommesso con incontenibile gioia.
Una simile danza, in una simile ora, in così assoluta miseria!».
Madre Teresa affermò tante volte che per noi occidentali, tristi nella nostra ricchezza, rintanati nelle nostre lussuose caverne, il povero è un «profeta». Pur nella miseria dove la nostra economia scaltra l'ha esiliato, egli ci insegna dei valori grandi che noi abbiamo dimenticato: l'amore per gli altri, la gioia che nasce dal gustare le piccole cose, l'amicizia, la capacità di entusiasmarsi per qualche cosa.
«Noi lo aiutiamo ad uscire dalla miseria. Ma lui ci regala qualcosa di più: ci insegna una maniera diversa di vivere: servirsi delle cose, ma non diventare prigionieri delle cose, credere che ci sono valori assai più importanti del denaro: l'amore, il calore della famiglia, il sorriso dei bambini, l'amicizia, la gioia...».
inviato da Marianna Sebastiani, inserito il 08/05/2002