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TESTO Commento su Giovanni 16,12-15

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Santissima Trinità (Anno C) (03/06/2007)

Vangelo: Gv 16,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

Con la celebrazione della solennità della Pentecoste la Liturgia ci ha fatto compiere l'ultimo tratto del nostro cammino di attualizzazione del Mistero pasquale, culmine e sintesi di tutta la Storia della salvezza. Abbiamo infatti ripercorso il lento dispiegarsi del disegno redentivo di Dio attraverso i secoli. Quel disegno era volto a ripristinare ciò che era stato infranto dal peccato adamitico e si è finalmente compiuto con il dono del Figlio il quale morendo e risorgendo ha restituito all'uomo lo Spirito e perciò la comunione di vita e d'amore con il Padre, come era nei primi momenti dell'Eden.

Il disegno quindi è compiuto, ma la Liturgia oggi, con audace volo in verticale, ci proietta nel seno stesso della Trinità, perché tutto era partito dall'amore Trinitario e tutto torna a quel centro incandescente.

Se arduo in qualche modo è stato il nostro percorso liturgico pasquale, con questa impennata ci troviamo nel cuore abissale del Mistero: per troppa luce abbaglia nostri deboli occhi umani!

Di questo bagliore accecante sono espressione i testi liturgici odierni. La scelta di queste letture propone ciascuna una sfaccettatura diversa di questo unico, fulgente Diamante... (le immagini che stiamo adoperando dicono la fatica del tentativo di una debole umana comprensione: ce ne scusiamo).

Ia Lettura: Pr 8,22-31

In questo celebre passo la Sapienza, con grande lirismo di linguaggio, è presentata come una persona, la quale rivela la sua origine eterna da Dio, la parte attiva che ebbe nella creazione come 'architetto', artista collaboratore di Dio nell'azione creatrice. E' la stessa funzione che il cap. 1° della Genesi attribuisce alla Parola divina. Nei versetti immediatamente seguenti questo passo (sfortunatamente non citati nella Liturgia odierna) la Sapienza rivela anche la missione che deve svolgere tra gli uomini, "in mezzo ai quali ha posto le sue delizie", ai quali offre la Vita quando viene ascoltata.

In questa personificazione poetica della Sapienza, gli studiosi vedono, ci sembra a ragione, l'evolversi della rivelazione che sfocerà di lì a poco nel NT, dove il Cristo viene identificato appunto con la Sapienza creatrice (cfr. Mt 11,19; 1Cor 1,24.30). Questo è particolarmente evidente nel prologo di Giovanni, dove molti tratti della Sapienza sono appunto attribuiti al Verbo, ma anche tutto il suo Vangelo presenta il Cristo come la eterna, divina Sapienza.

L'accento di questa prima Lettura sulla personificazione della Sapienza dell'AT vicinissima a Dio ma pur sempre sua 'creatura' (v.22) con questo rimando al Cristo del NT, Figlio coeterno del Padre, già ci orienta verso la Trinità, dove ci immerge la IIa Lettura.

IIa Lettura: Rm 5,1-5

In questo breve passo della grande lettera ai Romani con poche incisive frasi Paolo mette in piena luce la grandezza e la ricchezza dell'azione salvifica operata dal Signore Gesù nella sua Pasqua. Di questa salvezza sempre in atto (specialmente nella celebrazione liturgica) sono attori le Persone della Trinità Santissima: Dio Padre, con il quale il Figlio ci ha riconciliati nella pace per mezzo della sua morte e risurrezione, restituendoci la possibilità della comunione di vita con Lui, per mezzo dello Spirito, il Dono del Padre, frutto della Pasqua del Figlio, quello Spirito che 'versa' nel nostro cuore il suo Amore, l'Agape.

E' questo Amore divino che nella concretezza della vita, esposta ancora alla 'tribolazione' in tutte le sue possibili forme, sostiene la pazienza e la speranza del cristiano, portando a 'pienezza queste preziose virtù attraverso la progressiva, misteriosa pedagogia della fede esercitata nella 'tribolazione'.

Non possiamo non ammirare la luminosità di questa sintesi perfetta tra la dimensione teologica (trinitaria, Cristologica e pneumatica) e quella della prassi della vita cristiana, nella quale la fede, resa viva e operante dalla divina forza dell'Amore agapico dello Spirito, orienta il nostro vivere in tensione verso il Padre, essendo divenuti ormai figli nel Figlio. In tal modo la morale cristiana più autentica, senza nulla perdere della sua importanza, acquista la sua vera dimensione, purificata da ogni soffocante legalismo.

IIIa Lettura: Gv 16,12-15.

Sono appena quattro i versetti di questo splendido passo dedicato allo Spirito, che costituisce l'ultima delle sue cinque promesse fatte da Gesù in quel suo lungo discorso durante l'ultima Cena, nel quale Egli fa traboccare quanto di più intimo e profondo ha nel cuore mentre sul quadrante della Storia della salvezza (e di tutta la Storia dell'umanità) sta per scoccare la Sua Ora (per le altre quattro promesse cfr. Gv 14,15-17; 25-26; 15,26-27; 16,7-11).

In quest'ultima promessa lo Spirito riceve da Gesù l'appellativo di "Spirito della verità". Nel linguaggio di Giovanni "verità" significa 'piena rivelazione di Dio', che nella persona e nell'agire di Gesù ha raggiunto la sua pienezza definitiva. Sarà lo Spirito, una volta donato nella Pentecoste, a introdurre gradatamente il cristiano lungo il suo iter esistenziale di fede, e la stessa Chiesa nella sua orante riflessione teologica e pastorale, nella sempre più profonda comprensione della Rivelazione divina e perciò dello stesso Signore Gesù.

Questa crescente comprensione non è soltanto intellettuale, ma è soprattutto 'esperienziale' perché conduce a quella 'conoscenza' in cui l'amore gioca quel ruolo assolutamente essenziale che troviamo sin dalle prime battute dell'AT (Gen 4,1 secondo il testo ebraico e quello greco della "Settanta" con il suo pregnante significato sponsale, che percorrerà tutta la Scrittura). Di questa "conoscenza" parla lo stesso Signore Gesù quando dice: "Questa è la Vita eterna, che conoscano te unico Dio vero e colui che tu hai inviato, Gesù Cristo" (Gv 17,3). Questa Vita eterna ha già inizio nella fase terrena della nostra vita cristiana e troverà la sua definitiva pienezza in Cielo, 'in sinu Patris'!

In questi pochi versetti il 'circolo' trinitario della Persone divine è veramente perfetto e di una grande chiarezza. Le tre Persone, Il Padre, il Figlio e lo Spirito sono veramente un unico Dio. Il battezzato al quale è promessa questa divina 'conoscenza', è invitato a entrare in questo incandescente ' erchio' di Vita.

La celebre, bellissima icona della Trinità di Andrej Rublev suggerisce questo invito divino. Infatti i Tre Angeli sotto la tenda di Abramo (vi allude la sottile quercia di Mamre sul retro della scena) siedono in cerchio intorno alla mensa della Eucaristia: teologia perfetta! perché è l'Eucaristia che attualizza il Mistero Pasquale sintesi di tutta la Storia della salvezza.

L'Angelo al centro è Cristo Signore, la cui mano indica la coppa eucaristica verso cui è rivolto il dolcissimo sguardo dei Tre, quello del Padre sulla destra e dello Spirito sulla sinistra.

Il cerchio divino non è chiuso, ma sul davanti c'è come un posto vuoto, quello che allusivamente è offerto a chi contempla l'icona, nel tacito invito dell'Angelo centrale che indica l'Eucaristia! Quale meravigliosa sintesi trinitaria, Cristologica, pneumatica ed ecclesiale!

Vorremmo concludere con le splendide parole di Papa Benedetto all'Angelus nella Solennità della SS. Trinità:

"Grazie allo Spirito Santo, che aiuta a comprendere le parole di Gesù e guida alla verità tutta intera (cfr Gv 14,26; 16,13), i credenti possono conoscere, per così dire, l'intimità di Dio stesso, scoprendo che Egli non è solitudine infinita, ma comunione di luce e di amore, vita donata e ricevuta in un eterno dialogo tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo - Amante, Amato e Amore, per riecheggiare sant'Agostino. In questo mondo nessuno può vedere Dio, ma Egli stesso si è fatto conoscere così che, con l'apostolo Giovanni, possiamo affermare: "Dio è amore" (1 Gv 4,8.16), "noi abbiamo riconosciuto l'amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto" (Enc. Deus caritas est, 1; cfr 1 Gv 4,16). Chi incontra il Cristo ed entra con Lui in un rapporto di amicizia, accoglie la stessa Comunione trinitaria nella propria anima, secondo la promessa di Gesù ai discepoli: "Se uno mi ama, osserverà fa mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).

Tutto l'universo, per chi ha fede, parla di Dio Uno e Trino. Dagli spazi interstellari fino alle particelle microscopiche, tutto ciò che esiste rimanda ad un Essere che si comunica nella molteplicità e varietà degli elementi, come in un'immensa sinfonia. Tutti gli esseri sono ordinati secondo un dinamismo armonico che possiamo analogicamente chiamare "amore".

Ma solo nella persona umana, libera e ragionevole, questo dinamismo diventa spirituale, diventa amore responsabile, come risposta a Dio e al prossimo in un dono sincero di sé. In questo amore l'essere umano trova la sua verità e la sua felicità.

Tra le diverse analogie dell'ineffabile mistero di Dio Uno e Trino che i credenti sono in grado di intravedere, vorrei citare quella della famiglia. Essa è chiamata ad essere una comunità di amore e di vita, nella quale le diversità devono concorrere a formare una "parabola di comunione".

Commento a cura delle Monache Benedettine di Citerna

 

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