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TESTO Donaci, o Dio, la sapienza del cuore

don Marco Pratesi   Il grano e la zizzania

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Santissima Trinità (Anno C) (03/06/2007)

Brano biblico: Pr 8,22-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 16,12-15

12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

Gran bel testo la prima lettura: ricco, ma anche problematico. È una parte del discorso della Sapienza che leggiamo nel c. 8 del Libro dei Proverbi. Possiamo riassumere quanto la Sapienza afferma di se stessa in cinque punti.

1. La sapienza nasce da Dio, è generata, prodotta da lui (v. 22).
2. È prima della creazione (vv. 23-26).
3. È col Creatore, accanto a lui mentre crea (vv. 27-29).
4. Gioisce, gioca, ride, danza (v. 30).

5. In particolare la sapienza si diletta nel mondo umano, tra gli uomini (v 31).

La Sapienza appare distinta da Dio (dato che è generata da Dio), ma anche dal creato (dato che è prima di esso). Il testo sembra oscillare, in sostanza ne vien fuori l'idea di una specie di mediazione. la Sapienza, come qualcosa di intermedio, mette in comunicazione Dio col mondo umano, e proprio questo è il punto di arrivo dell'inno.

Se è prima della creazione, la Sapienza è in grado di abbracciarla completamente e, letteralmente, di comprenderla totalmente; la domina, nulla le sfugge di essa. Essa "tutto conosce e tutto comprende" (Sap 9,11).

La Sapienza era presente mentre Dio creava: ha quindi un ruolo nella creazione. Ma quale? Qui (v. 30) si pone tra l'altro un problema testuale, per il quale rimando all'esegesi specialistica. Credo improbabile che si accenni al tema della sapienza ordinatrice (molti traducono, come la CEI: "come architetto"). Si tratta di un tema assente nel resto del discorso, che sarebbe presente solo in questo unico termine, ed introduce una prospettiva estranea all'inno. È molto più coerente col contesto, che parla di diletto, intendere "bambino": come un bambino, la sapienza gioca e ride presso Dio mentre crea. Si tratta dunque di un ruolo non attivo, di una partecipazione per così dire soltanto "affettiva": mentre egli crea, la Sapienza gioisce per l'opera del Creatore. (Questo dato è comunque presente nel testo, indipendentemente dalla scelta testuale che si opera.) È quanto nota il racconto di Genesi 1, quando per sette volte (numero che esprime pienezza) ripete che "Dio vide che era cosa buona". Pare inoltre un riferimento al racconto di Genesi 1 l'affermazione della Sapienza che dice: "ero la sua delizia ogni giorno" (v. 30b), perché ogni giorno della creazione Dio gode della sua opera.

Come si è notato, il punto di arrivo di questo "cammino" della sapienza, e della sua gioia, è il mondo umano. Anche qui esiste una corrispondenza con Genesi 1, quando, a proposito della creazione dell'uomo si nota che "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona" (v. 31): il compiacimento di Dio raggiunge qui il suo vertice.
Che cosa ha da dirci tutto questo?

Prima di tutto: la Sapienza non è affare puramente umano. Essa proviene da Dio e con lui mette in contatto. Parteciparne, significa in qualche modo porsi al di fuori e al di sopra del creato, quasi partecipare del punto di vista stesso di Dio.

Non però "al di sopra" nel senso di distacco o indifferenza. Al contrario, essere sapienti significa partecipare della gioia di Dio per il creato. È qualcosa di tutt'altro che distaccato. Si comprende bene allora perché l'organo della sapienza sia il cuore (cf. Pr 2,1.10;14,33), e perché essa non sia da indentificare con la cultura: non occorrono la scienza (in senso moderno) né i libri per gustare in profondità la bellezza di quanto Dio ha voluto e realizzato.

Sapienza significa assaporare con gioia l'esistente, il che non si può ovviamente fare senza coglierne anche in qualche misura il senso. Perciò la Sapienza aggiunge: "beati quelli che osservano le mie vie!" (8,32, non letto). Il sapiente è beato.

Sapiente è chi si fa bambino insieme alla Sapienza, chi con lei si lascia trascinare in questa danza gioiosa e in queste risa infantili. Ancora una volta, il mistero di Dio è nascosto agli intelligenti e rivelato ai piccoli (cf. Mt 11,25).

A Betlemme, vedremo la Sapienza di Dio fatta bambino, e deliziarsi tra gli uomini; tra essi effondere in permanenza il suo Spirito, Sapienza di Dio in noi.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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