TESTO Rendere ragione della speranza
VI Domenica di Pasqua (Anno A) (05/05/2002)
Vangelo: Gv 14,15-21
«15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
"Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1Pt 3,15).
Queste parole dell'apostolo Pietro – che troviamo nella seconda lettura di domenica (1Pt 3,15-18) – incoraggiano e spaventano allo stesso tempo. Parlano infatti di una "speranza che è in noi", di una promessa di futuro che è racchiusa nei nostri cuori grazie alla fede nel Signore Gesù: e questo certo ci fa coraggio. Ma ci chiedono anche di "rendere ragione" della speranza che è in noi, di testimoniare nelle opere quella promessa che celebriamo nella fede: e questo francamente ci spaventa.
Ci pare infatti difficile "rendere ragione" della speranza oggi, in questo nostro mondo che spesso rinuncia a cercare una speranza, e che troppe volte si accontenta di vivere alla giornata. Anzi, oggi addirittura non riusciamo neppure a dire la nostra speranza, perché temiamo di essere presi in giro, come persone che camminano sulle nuvole...
In questa situazione, tendiamo facilmente a diventare risentiti e ostili nei confronti del mondo di oggi: la tentazione è quella di chiudere la porta, lasciando ognuno con le proprie convinzioni e magari lamentando la corruzione dei tempi moderni. Ci accade così di lagnarci spesso e volentieri della nostra società, dando ad essa la colpa per i mali che ci affliggono.
In realtà, questa nostra società continua ad avere bisogno di una speranza per la vita. Certo, spesso manifesta questo bisogno in modo confuso ed ambiguo, cercando risposte immediate ed effimere. E tuttavia questa nostra società ha comunque bisogno di una speranza, di un respiro più grande, di una prospettiva più aperta: ha bisogno di una speranza per guardare al futuro senza paure ed affanni.
A questo bisogno noi cristiani possiamo indicare un cammino possibile: e riusciamo a farlo appunto rendendo ragione della speranza che è in noi. Naturalmente dobbiamo farlo "con dolcezza e rispetto" (1Pt 3,15), senza forzature e senza violenze. Eppure "dobbiamo" farlo, vincendo il risentimento e l'ostilità nei confronti del mondo di oggi.
Così fece Gesù, nei giorni della sua esistenza terrena. Anche lui sperimentò lo scetticismo di questo mondo senza speranza: "Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!" (Mc 15,29-30) – gli dissero dopo averlo crocifisso. Ritenevano infatti debole ed ingenua la speranza di Gesù; e volevano smentirla, dimostrandone l'inconsistenza. Ma egli non ascoltò quelle parole sventurate, e neppure sfogò contro di esse il suo risentimento. Egli ascoltò soltanto la voce del Padre, e a lui ancora rivolse un'invocazione: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46). Così rese ragione della speranza che era in lui. E così si aprì la strada verso la risurrezione.
Allo stesso modo possiamo fare noi. Perché anche noi possiamo rimanere fedeli al Padre giorno dopo giorno, camminando verso il futuro guidati dai suoi comandamenti, senza lasciarci spaventare dalle ostilità del mondo e dalle fatiche della vita. Proprio attraverso questa fedeltà al Padre potremo rendere ragione della speranza che è in noi.
E in tale cammino non saremo soli: Gesù ci ha promesso il suo Spirito, il "Consolatore" che rimarrà con noi per sempre (Gv 14,15-21 – il Vangelo di domenica). In questo "Spirito di verità" (Gv 14,17) la speranza che è in noi assumerà il volto concreto della nostra storia, e si rinnoverà giorno dopo giorno. E forse accadrà anche a noi quello che accadde a Filippo – come leggiamo nella prima lettura di domenica (At 8,5-8.14-17) – che con la sua predicazione portò grande gioia in quella città della Samaria, a quella gente straniera che lo aveva ascoltato. Forse accadrà anche a noi di trasmettere un po' di gioia a questa nostra città, che a volte ci pare così straniera ed ostile. Sarebbe bello: e si rinnoverebbe nella vita la Pasqua di Cristo che stiamo celebrando nella fede.