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TESTO Quand'era ancora buio

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Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno A) (31/03/2002)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

L'evangelista Giovanni racconta che "nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio" (Gv 20,1). La circostanza temporale potrebbe sembrare insignificante: e così di fatto noi la riteniamo, quando in fretta spostiamo la nostra attenzione sulla pietra ribaltata dal sepolcro. Eppure non è per nulla irrilevante la precisazione dell'evangelista.

È infatti singolare che Maria di Màgdala vada al sepolcro quando ancora il sole deve sorgere. Facilmente possiamo immaginare quanto fosse abbattuto il suo animo in quella notte, ventiquattro ore dopo la morte e la sepoltura di Gesù. Di certo Maria – come tutti i discepoli – era affranta e delusa: "noi speravamo che fosse lui a liberare Israele..." (Lc 24,21); e doveva anche essere stanca: non soltanto per la concitazione dei giorni precedenti, ma soprattutto per quella profonda tristezza che aveva già fatto addormentare i discepoli nell'orto degli ulivi (Lc 22,45).

Appare dunque singolare che Maria di Màgdala – affranta, delusa e stanca – si rechi al sepolcro di Gesù "di buon mattino, quand'era ancora buio". Noi al suo posto saremmo certamente rimasti a dormire: come ci accade nei giorni difficili, quando il sonno – o qualsiasi altra forma di stordimento – paiono essere gli unici rimedi al nostro difetto di speranza; quando la rassegnazione sembra essere l'unica alternativa allo sconforto.

In verità, facilmente noi ci rassegniamo: magari davanti ad una crisi nella vita di coppia o di comunità; oppure di fronte ad un insuccesso nel lavoro; o ancora nelle quotidiane situazioni di fatica e di debolezza. In tali casi, la rassegnazione si presenta come la strada più veloce per risolvere il problema e voltare pagina: perché quando una storia di amore è finita – o quando si fallisce un obiettivo, oppure quando si sperimentano sempre le stesse fragilità – è inutile insistere, bisogna mettersi il cuore in pace e magari ricominciare da un'altra parte.

Non così fece in quel tempo – nel "giorno dopo il sabato" – Maria di Màgdala: non pensò neppure per un attimo a mettere il cuore in pace. Certo, essa non si aspettava la risurrezione di Gesù: o almeno non riusciva ad immaginarla, nonostante ne avesse sentito parlare dal Maestro stesso. E tuttavia non voleva rassegnarsi davanti a quella morte prematura ed ingiusta: nel suo cuore nutriva ancora una speranza, piccola ma reale.

Fu appunto quel barlume di speranza a buttare Maria giù dal letto quella mattina, "quand'era ancora buio". Probabilmente essa intendeva anzitutto rendere onore al corpo di Gesù, come leggiamo nel racconto degli altri evangelisti: Marco – in particolare – annota che "passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù" (Mc 16,1). Eppure è curioso che il vangelo di Giovanni non accenni a questa intenzione: anzi, tale lacuna appare un indizio significativo della speranza di Maria.

Ugualmente significativa risulta la corsa di Simon Pietro e dell'altro discepolo: "correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro" (Gv 20,4). Anche qui – in questa singolare gara – traspare una speranza: certo, una speranza confusa, perché "non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti" (Gv 20,9); ma è comunque innegabile che i due discepoli non si erano rassegnati all'evidenza negativa della morte di Gesù.

Significative, dunque, appaiono queste annotazioni dell'evangelista: e possono essere illuminanti anche per la nostra celebrazione della Pasqua. Perché soltanto se abbiamo nel cuore la medesima attesa di Maria e dei due discepoli ci accadrà – come accadde a loro – di "vedere il Signore" in questi giorni di Pasqua. Proprio come succede nella notte di San Lorenzo, secondo la leggenda: quando cade una stella, il tuo desiderio si può realizzare soltanto se sei stato capace di esprimerlo; se invece non hai formulato alcun desiderio, le stelle possono cadere a decine, ma a te non capita nulla di nuovo.

Appunto come una stella sorge Gesù Cristo risorto, in questi giorni di Pasqua: egli – cantiamo nell'Exsultet – è la "stella del mattino che non conosce tramonto", quella stella che brilla all'alba quand'è ancora buio. E la sua luce quest'anno non brillerà certo invano, se soltanto sapremo custodire la nostra speranza da ogni facile rassegnazione.

Buona Pasqua a tutti, quindi: perché davvero Cristo è risorto!

 

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