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TESTO Ascensione prova e fondamento

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

Ascensione del Signore (Anno C) (20/05/2007)

Vangelo: Lc 24,46-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,46-53

46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

"La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono." (Eb 11, 1); con questo passo veniamo introdotti al senso reale della nostra adesione a Dio che comnporta l'atteggiamento di apertura incondizionata nei suoi confronti: la fede. Questa prospettiva, caratteristica di chi apre il cuore alla Verità che ci si dona, viene definita prova delle cose che non si vedono: attraverso di essa noi infatti accettiamo per vero quello che non ci consta immediatamente al tatto e alla vista e che non sperimentiamo sensorialemente né siamo in grado di provare. Unica prova valida è la stessa Paola del Signore.

La fede del resto non sarebbe tale qualora i suoi contenuti fossero verificabili ed esperibili: di fronte al dono di Dio e alla verità rivelata non si deve porre ostacolo né si deve obiettare, ma semplicemente riporre la fiducia e la speranza, affidarsi al mistero stesso incondizionatamente e senza riserve. Chi crede e si affida non deve cercare prova alcuna se non nella parola stessa del Signore.

Per i discepoli che noi ora vediamo attoniti guardare il cielo, l'ascesa di Gesù costituisce un monito a vivere la propria fede nel Signore sotto questa prospettiva: adesso che il Maestro è salito alla sfera del divino, essi non potranno più interagire con lui come avevano fatto fino ad allora: non sarà loro possibile incontrarlo, intrattenersi con lui, seguire le sue esortazioni alla comunione e alla missione né sottostare alle sue disposizioni materiali; questo tuttavia non vuol dire che egli non presenzierà più nella loro vita e soprattutto nel loro operato di annuncio. Dovranno semplicemente incontrarlo secondo l'aspetto specifico che lui stesso aveva loro indicato: "Dove due o più sono nel mio nome, io sono in mezzo a loro"; oppure "Ecco io sono con voi fino alla fine del mondo" e quindi percepire la sua presenza misteriosa ma attiva ed insinuante nell'ordinarietà della loro vita e in tutte le loro atività. Gesù infatti sarà sempre presente in mezzo a loro, susciterà lo zelo missionario qualificando e affermando la comunità apostolica che sarà sempre sostenuta e guidata anche in forza dello Spirito della verità che lo stesso Signore aveva promesso in precedenza; questo comporta tuttavia che da parte si ometta la consuetudine di vedere e toccare con mano ma che si accolga consapevolmente la sua presenza invisibile come certa e fruttuosa aprendosi al dono della verità e questo non può che avvenire nell'ottica della fede e della fiduciosa apertura del cuore, messa da parte ogni pretesa di razionalismo e di sensorialità.

Se pure Gesù insomma non sarà più visto da loro nel puro senso materiale, nella prospettiva della fede sarà visto ed esperito comunque come costantemente presente in mezzo a loro e per questo che, superato lo sgomento e l'imbarazzo iniziale, essi si lanceranno fiduciosi nell'apostolato di annuncio salvifico provando con la stessa esperienza di fede che ingenera certezza che il loro Signore ancora vive e agisce.

E in effetti, se pure asceso e invisibile Gesù sarà sempre presente in ogni circostanza in cui essi si troveranno e recherà lui stesso alla sua chiesa i meritati frutti di tanto zelo e apostolato missionario mentre gli apostoli vivendo la fede in lui esorteranno gli altri a riporre in lui fede e speranza come Risorto.

Quella della fede è la prospettiva che, unica fra tutte, può rincuorare nelle occasioni di sfiducia e nelle circostanze di scoramento e di abbattimento, poiché in nulla possiamo mai trovare consolazione nello sconforto se non nella certezza gratuita del dono che il Signore ci fa' di se stesso e questo soprattutto nelle circiostanze spiacevoli quali un lutto o uno stato di abbandono: in questo caso solo la fede può risollevarci e sostenerci giacché in nessun'altra dimensione è possibile trovare consolazione e fiducia; la fede richiede però che non si frapponga la nostra ostinazione a Dio ma che a lui ci si apra fiduciosamente e senza riserve, riconoscendolo presente e vicino anche se non esperibile con mano e solo in questa occasione ci si troverà consolati.

La fede è l'elemento determinante che ci aiuta anche a riprendere il cammino con coraggio senza fermarsi alla considerazione della disfatta ma prodigandoci verso il futuro e in tal senso sempre la Lettera agli Ebrei ci ricorda che la fede è il fondamento delle cose che si sperano, cioè che si aspettano con ansia e che attendono di essere da noi raggiunte poiché nel credere e nell'affidarci esse in parte sono state raggiunte.

Dall'Ascensione del Signore siamo pertanto esortati alla fiducia e alla speranza che ci provengono in quello che non possiamo esperire né provare ma che tuttavie sussiste e guida costantemente la nostra vita recando forza e consolazione.

 

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