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TESTO Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida (296)

don Remigio Menegatti   Parrocchia di Illasi

IV Domenica di Pasqua (Anno C) (29/04/2007)

Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature

La prima lettura (At 13,14.43-52) racconta una serie di fatti che segnano la definitiva decisione di Paolo di aprirsi ai pagani e annunciare loro il Vangelo di Gesù. Lui, che era ebreo di stretta osservanza, divenuto cristiano cerca il dialogo fruttuoso con i suoi fratelli: entra con Barnaba nella sinagoga mentre la comunità è riunita per la preghiera e l'ascolto della Parola. La buona accoglienza li porta a tornare la settimana seguente, quando invece trovano una forte opposizione di chi non accetta che la salvezza arrivi a tutti senza passare attraverso l'adesione alla legge di Mosè. Questo rifiuto della novità porta Paolo e Barnaba a dichiarare la loro decisa scelta per i pagani, in continuità con il comando di Gesù di andare in tutto il mondo per portare a tutte le genti il nuovo messaggio della salvezza.

Il vangelo (Gv 10, 2-30) presenta un breve tratto del discorso in cui Gesù si presenta come il pastore buono: lui conosce le sue pecore, ed esse lo seguono. Per esse è disposto a donare la vita per fedeltà alla missione affidatagli dal Padre, che manifesta anche in questo la sua unità d'amore con il Figlio.

Salmo 117
Acclamate al Signore,
voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,

presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che il Signore è Dio;
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Buono è il Signore,
eterna la sua misericordia,

la sua fedeltà per ogni generazione.

Il salmo sembra sottolineare alcune idee importanti che troviamo nella prima e terza lettura.

L'invito ad acclamare al Signore è rivolto a "voi tutti della terra". Non più solo il "suo popolo e gregge del suo pascolo" come avvertiva di essere il popolo eletto. Servire "il Signore nella gioia" non è monopolio riservato ad una sola nazione, che pure rimane come figlia primogenita di Dio. Tutti i popoli possono riferirsi a Dio affermando con verità che "egli ci ha fatti e noi siamo suoi", e riconoscendo così che "il Signore è Dio" per tutta la terra.

Un altro tema lo ritroviamo ancora nelle parole "gregge del suo pascolo". Il popolo eletto si riconosce come un gregge che ha Dio stesso come pastore buono che lo guida con sicurezza. Da qui nasce l'esultanza e la gioia con cui presentarsi al Signore per servirlo. Nel vangelo Gesù si presenta come il Pastore, che conosce le pecore e si fa seguire da esse.

Infine viene richiamato lo stile di Dio, mettendo in evidenza sia la bontà che la misericordia che usa con fedeltà verso "ogni generazione" e ogni uomo, perché Padre e pastore di tutti.

Un commento per ragazzi

Abbiamo appreso a scuola di civiltà che sono rimaste chiuse nel loro ambiente, evitando contatti con altre popolazioni. Spesso isolate anche geograficamente – in una valle particolarmente chiusa, oppure su un'isola molto lontana da altre terre emerse – rimangono saldamente legati alle loro tradizioni; continuano a trasmettere le conoscenze acquisite, ma limitate. Altre popolazioni invece, per il commercio, per il desiderio di conoscere e scambiare non solo merci, ma anche idee e scoperte, hanno saputo allargare il loro raggio di azione e sono cresciute in qualità, permettendo di "arricchirsi" delle loro intuizioni e tradizioni e valorizzando le scoperte di altri popoli.

Israele ha una grande vocazione: è il popolo "eletto", ovvero scelto direttamente da Dio come "figlio primogenito", destinatario delle promesse, custode dell'Alleanza che il Signore ha via via confermato a personaggi fondamentali di questa terra. Non è un popolo di navigatori: si accontenta si solcare il lago di Galilea per la pesca, e per raggiungere le città sull'altra sponda. Non sono commercianti di prodotti particolarmente interessanti. La loro cultura è legata unicamente alla Bibbia, il solo libro fondamentale, con i vari commenti rabbinici. Anche se conquistati da altri popoli – Persiani, Greci e poi Romani – rimangono chiusi alle loro "scoperte", convinzioni e "filosofie". Da una parte ciò ha permesso di conservare puro il prezioso tesoro della rivelazione: Dio si è fatto conoscere a loro. In questo popolo, e con questa decisa mentalità, è nato e cresciuto anche Paolo, un ebreo nato a Tarso, in Cilicia. Un uomo preparato da maestri importanti e quindi fortemente radicato nella sua fede. Un uomo che ha incontrato Cristo e ha scoperto che il gregge di Dio non è solo quello riunito già nell'ovile del popolo di Israele. Gregge di Dio sono tutti gli uomini; il Padre ha mandato il suo Figlio come Pastore buono perché anche gli altri – lo dice Gesù stesso – "ascoltino la mia voce, e mi seguano".

Gesù è il pastore che apre il recinto, non per far uscire – e disperdere – il gregge radunato in tanti secoli di fedeltà all'Alleanza. Su intenzione è far entrare tutti gli altri figli che Dio ha generato e appartengono ad altre nazioni; popoli che ancora non conoscono questo Padre buono. La scelta di Paolo e Barnaba è una precisa direzione verso cui camminare. Anche Gesù – se pur poche volte – aveva varcato i confini geografici per incontrare persone non appartenenti al popolo eletto. In diverse occasioni aveva accolto e ascoltato membri del suo popolo che erano lontani dalla via indicata da Dio. Il dialogo, e la forza della sua Parola, ha loro permesso di coinvolgersi in maniera profonda nelle sue parole, realizzando quel «ascoltano la mia voce» ricordato anche dal Buon Pastore. Infine nel momento supremo della sua donazione, uno "straniero" – il centurione romano – riconosce che egli era davvero il Figlio di Dio. Un centurione romano come il suo collega di Cesarea – si tratta di Cornelio – che incontra Pietro e si fa battezzare con tutta la sua famiglia (cfr At 10 ). Gesù è il Pastore che apre il recinto a tutti, affinché ogni popolo faccia parte del gregge che ascolta la sua voce, se viene annunciata. Ciò che manca non sono tanto gli ascoltatori, ma chi parla loro di Dio.

Si apre qui un discorso interessante, anche per dei ragazzi: la vocazione ad essere testimoni è per tutti, ma questo non esclude possibili risposte speciali. Sì, parlo della vocazione al sacerdozio. Tutti sappiamo godere della presenza vivace di qualche prete – significa "presbitero", ovvero "anziano" – che si dedica a noi ragazzi, alle nostre famiglie, alla vita della comunità. Forse la loro età media è abbastanza alta; forse è da tempo che non incontriamo preti giovani ed particolarmente entusiasti. Non possiamo pensare che ci sia una scuola che forma i preti avendo in sé una riserva inesauribile di "materia prima": i giovani disponibili al servizio.

Proprio voi ragazzi di oggi siete i potenziali preti del domani, per offrire ai futuri ragazzi la parola di Gesù che state ascoltando da preti che ora si dedicano a voi. E non dite che sarà impossibile: anche Paolo pensava impossibile per lui – fedele ebreo, saldamente ancorato alle sue idee e tradizioni – parlare di Gesù a tutti i popoli verso cui è partito con entusiasmo.

Un suggerimento per la preghiera

Riconosciamo "o Dio" nostro Padre che sei "fonte della gioia e della pace" e "hai affidato al potere regale del tuo Figlio le sorti degli uomini e dei popoli". Per questo ti chiediamo: "sostienici con la forza del tuo Spirito, e fa' che nelle vicende del tempo, non ci separiamo mai dal nostro pastore che ci guida alle sorgenti della vita". Donaci anche la disponibilità a seguirti e diventare a nostra volta testimoni di Cristo, nostro Pastore e grande amico.

Libri di don Remigio Menegatti

 

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