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TESTO Commento su Giovanni 21,1-19(forma breve Giovanni 21,1-14)

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III Domenica di Pasqua (Anno C) (22/04/2007)

Vangelo: Gv 21,1-19(forma breve Gv 21,1-14) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

4Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

15Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Il brano degli Atti ci racconta le imprese degli apostoli che creavano non pochi turbamenti all'autorità religiosa del tempo. Essi infatti erano stati arrestati per la seconda volta e liberati miracolosamente dalla prigione da un Angelo e, manco a dirlo, erano tornati al tempio per predicare la buona notizia di Gesù Cristo morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini. Prelevati dal capitano delle guardie comparvero nuovamente davanti al sinedrio e il sommo sacerdote li rimproverò severamente per non aver ascoltato l'ordine imposto dall'autorità, cioè di non più parlare di Gesù. La risposta di Pietro è pronta: "bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini"; poi vennero fustigati ed essi erano "lieti d'essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù". Se dovessimo dare un nome a questo comportamento questo è "coerenza", cioè il portare avanti sempre, anche di fronte alle difficoltà, alle imposizioni di chi ha il potere, ciò in cui crediamo anche a costo di subire torti, incomprensioni e violenza. Se poi questa coerenza comporta argomenti di fede è di estrema importanza, c'è una virtù da praticare che è coraggio ad oltranza (in greco parresia, come viene ricordato da alcuni Padri della chiesa). Questo però deve farci riflettere, quante volte la nostra coerenza è vacillata per timore d'andare contro a chi è più forte di noi, per paura d'essere emarginati, per paura di confrontarsi con una realtà che sta abbandonando quei valori e quelle proposte che sono costate la vita a Gesù?

Nel brano dell'Apocalisse, l'apostolo Giovanni ci ricorda che l'unico degno di potenza e ricchezza, quindi di ascolto e devozione è l'Agello, Gesù, immolato per tutti noi; egli è segno di speranza per chi vive nelle tribolazioni e di incoraggiamento a non abbassare mai la guardia perché la sua vittoria sarà anche la nostra vittoria. Vediamo questi valori richiamati nella invocazione nella messa dopo il Padre Nostro "tuo il Regno, tua la potenza e la gloria nei secoli".

Nel brano di vangelo troviamo Gesù che appare per la terza volta ai suoi discepoli, che, ancora frastornati ed indecisi sul da farsi, dopo la morte di Gesù erano ritornati alle loro occupazioni di prima. Il racconto ci dice con quale difficoltà essi riconobbero la figura di Gesù in quel personaggio che era comparso sulla riva e che ordinò loro di gettare le reti. Chi era forse costui che insegnava cosa fare a dei professionisti? Non avevano forse già provato di tutto? E' interessante che Gesù, presentatosi a loro, non si manifesta immediatamente, ma secondo il suo modo di fare (incontro con la Samaritana Gv 4,7) chiede qualcosa per lui agli altri, ed è altrettanto significativo che Lui, il Salvatore Risorto, si preoccupa di cucinare qualche cosa per i suoi discepoli, con amore di servizio.

Troviamo poi la sfida tra Gesù è Pietro, Gesù che chiede amore pieno e completo, e Pietro che offre il suo amore umano, pieno di difficoltà. Gesù infatti gli ricorda al termine del brano che ora egli fa quello che vuole, ma verrà un tempo in cui qualcuno lo porterà dove lui non vuole. Tutto ciò ci ricorda che Gesù, come un buon padre, si preoccupa dei propri figli e proprio nelle esigenze quotidiane, come il mangiare, ma però chiede in cambio la nostra coerenza nell'amore, anche quando le vicende della vita ci porteranno dove noi non pensavamo minimamente d'andare.

Il Sal 29 è proprio nella linea di questa speranza, cioè dell'aiuto che Dio ci riserva, un Dio la cui collera dura un istante e la sua bontà per tutta la vita, alla sera il pianto, alla mattina la gioia. Noi invece abbiamo una collera che dura qualche volta un po' di più e non sempre la mattina è portatrice di gioia nel nostro cuore, nella nostra famiglia, sul lavoro... e allora come dice il Sal "Signore Dio mio, a te ho gridato e mi hai guarito".

* Quanto c'impegna la fede, vissuta come coerenza, nella vita di tutti i giorni? Siamo capaci di praticare la "parresia" negli ambienti di lavoro, nella comunità, in famiglia? Viviamo in noi il sentimento della paura d'essere classificati come integralisti, bigotti, razzisti... se manifestiamo la nostra coerenza?

* La forza di questa coerenza, cioè essere pronti a dare ragione della speranza che è in noi, ha fondamento nella Pasqua di Gesù e nell'amore, oppure nelle nostre capacità...?

Commento a cura di Anna e Carlo Beltramo

 

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