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TESTO Anche noi missionari del Risorto

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

III Domenica di Pasqua (Anno C) (22/04/2007)

Vangelo: Gv 21,1-19(forma breve Gv 21,1-14) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

4Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

15Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Anche Luca si sofferma su una pesca miracolosa, collocandola al capitolo 5 del suo Vangelo, cioè nel bel mezzo della sua missione prepasquale che lo porta a predicare alle folle e in una determinata circostanza in cui aveva smesso di parlare alla turba a bordo di una barca, nel lago di Genesaret (Lc 5, 4 – 11). In quella circostanza avveniva che Pietro riconosceva immediatamente in Gesù il suo Maestro; probabilmente era già suo discepolo, attento ascoltatore della Parola che Egli proferiva e per questo non gli poneva obiezione nel seguire il suo suggerimento ("Prendi il largo e calate le reti per la pesca") Solo in conseguenza dell'avvenuto prodigio Gesù lo qualifica "pescatore di uomini", e in tutti i casi il Maestro lucano viene professato immediatamente.

Diverso è invece il caso della pesca miracolosa narrata da Giovanni, che secondo alcuni studiosi non segue un ordine cronologico, ma sarebbe stata inserita solo posteriormente in aggiunta all'intero libro redatto dall'evangelista ad Efeso: qui avviene che Gesù viene riconosciuto soltanto dopo il prodigioso evento, da parte del discepolo che egli amava, il quale rivolto a Pietro esclama concitatamente: "E' il Signore"; anche qui si fa riferimento ad un elevato bottino di pesca, ma di esso viene precisata la quantità: 153 grossi pesci. Inoltre Gesù consuma il pasto a base di pesce con i suoi discepoli.

La differenza fra i due avvenimenti è una sola: la pesca narrata da Luca riguarda il ministero pieno di Gesù, il suo reclutamento di uomini in vista dell'annuncio del Regno e l'attualizzazione della missione sul momento; nel caso di Giovanni invece il miracolo della pesca riguarda la terza apparizione di Gesù: il Maestro intende cioè proporsi ai suoi discepoli come il Risorto che entra in comunione con loro nella nuova veste di gloria e tuttavia non può non esternare la sua invitta pazienza nel farsi riconoscere come tale. Infatti i discepoli pescatori non lo riconoscono immediatamente e Pietro ha bisogno perfino della delucidazione dell'altro discepolo per poter comprendere che si tratta proprio di Lui e infine Gesù deve consumare un pasto assieme ai suoi per far sì che essi una volta per tutte si convincano di lui; un pasto a base di pani e di pesci, proprio come quelli che Gesù aveva moltiplicato in precedenza per sfamare le folle e soprattutto per annunciare se stesso come il pane vivo disceso dal cielo (Gv 6, 5 – 14. 31 – 59)!

E' improbabile che il mare di Galilea ( o Tiberiade) fosse in quei tempi talmente reticente ed infruttuoso da non permettere neppure la raccolta di un solo pesce, visto che il mercato ittico era sempre stata la principale risorsa degli abitanti di quella regione che potevano ben contare sulla prosperità di quel braccio di mare; se quella volta non avevano preso nulla, è evidente che ciò potrebbe essere stato dovuto a una previa predisposizione del Signore medesimo, che intendeva in tal modo instaurare una pedagogia per essere riconosciuto e professato come il Signore, Re e Messia; e ciò nondimeno il suo intento non sta avendo frutto se non dopo lunghe traversie.

Ancora una volta il cuore dei discepoli è indurito e recalcitrante alla proposta del Risorto. Nonostante l'esperienza precedente delle apparizioni, i discepoli sono ben lungi dall'aver percepito la presenza del Signore che opera prodigi e che ha l'intento di fomentare nei suoi lo spirito missionario.

Gesù infatti tiene ad essere accettato come il Signore Risorto perché solo questo è il presupposto per poter adempiere la missione che condurrà fino ai confini della terra, quella dell'annuncio della stessa Resurrezione: gli apostoli saranno inviati a battezzare ogni creatura e recare l'annuncio della salvezza nel preconizzare la resurrezione di Gesù, come vuole il kerigma (=annuncio) di salvezza indirizzato a tutti i popoli ma come poter essere zelanti in tale ministero se non dopo aver esperito personalmente con convinzione il mistero della Resurrezione e avervi aderito senza riserve? In altre parole, come recare agli altri l'annuncio del Risorto se di esso non abbiamo fatto esperienza diretta?

E' questo lo scopo di Gesù: proporre se stesso come il Risuscitato e il Glorioso a coloro che di lui dovranno essere testimoni e in questo frangente coglie anche l'occasione per parlare ai discepoli della missione che avrebbero dovuto svolgere in tutti i luoghi della loro presenza: lo stesso numero 153 con cui si indica il quantitativo di provvigione marina (153 pesci grossi) è simbolico dell'universalità della missione e della totalità dei popoli da raggiungere; cosicché gli interlocutori sono messi al corrente che il loro annuncio dovrà raggiungere ogni uomo e infondersi su tutte le nazioni, interessando qualsiasi razza ed etnia. E infatti gli apostoli non esiteranno a parlare nel nome di Gesù eludendo i divieti dei sommi sacerdoti come nel caso di Pietro che accetta perfino di essere fustigato per amore del suo Signore; gli apostoli recheranno a tutti l'annuncio della salvezza nel comunicare a tutti che Cristo è risorto e tale attività missionaria sarà motivata e incoraggiata dall'assistenza dello Spirito Santo.

Annunciare Gesù risorto resta ancora adesso l'imput irrinunciabile di tutta la Chiesa nella persona dei ministri e dei singoli fedeli che, chi sotto un aspetto chi sotto un altro, recano a tutti la lieta notizia consolante e rinnovatrice dell'umanità; di essere missionari del Risorto occorre essere fieri e orgogliosi, fuggendo compromessi e titubanze contro le avversità che il nostro ministero comporta e non va omesso il coraggio e lo zelo apostolico nel comunicare la verità quando questa debba essere necessario e soprattutto quando debba costarci. Parlare di Gesù e testimoniarlo sfidando ogni sorta di avversità e di contrasto è impegno inderogabile di ogni cristiano convinto di essere stato raggiunto in prima persona dal Cristo.

E per questo occorre innanzitutto che ci lasciamo raggiungere dal Risorto.

 

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