TESTO Docili alla Croce…
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II Domenica di Quaresima (Anno C) (04/03/2007)
Vangelo: Lc 9,28-36
28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
L'esperienza di Dio è poliedrica. E' fatta, in altre parole, di mille atteggiamenti e di altrettante responsabilità. Ognuno, ovviamente, Gli risponde come sa, come può, come è capace.
Se proviamo, però, per un attimo a cogliere una sintesi tra tutti gli atteggiamenti che siamo capaci di vivere, credo che uno solo possa indicare l'atteggiamento di fondo gradito a Dio: la docilità.
E' l'atteggiamento più vero di un uomo che crede. E' fatto di ascolto e di obbedienza, di offerta e di intelligente coinvolgimento, di gratuità e di generosità.
Non a caso, oggi, la Colletta II di questa Domenica ci invita a chiedere al Signore "un cuore docile", capace di 'seguire amorevolmente il Cristo". La liturgia - grande maestra del mistero cristiano - conosce bene il cuore dell'uomo e sa che la 'docilità', se non riesce ad essere virtù, è sicuramente un dono da chiedere a Dio.
E sono profondamente convinto che la credibilità del nostro cristianesimo passa proprio dalla visibilità di questo dono e di questa consapevolezza. Non possiamo essere testimoni di fede se non manifestiamo, personalmente, i segni visibili e tangibili della nostra 'docile' adesione a Dio!
La fede di Abramo. Tutta la Scrittura è costellata da esempi meravigliosi di uomini di fede. E, quindi, di uomini docili. Abramo, Mosè, Gedeone, Elia, Geremia, Daniele... E potremmo continuare.
La loro storia si muove tra due coordinate: la piccolezza e la scarsità del proprio vissuto, da un lato, e la grandezza sia di Chi li chiama che del contenuto della Sua proposta, dall'altro. In una parola, una storia di paradossi. Credetemi: Dio fa sempre così.
Un vecchio, stanco e appagato dalla propria vita, condotto 'fuori' per chissà quali richieste o quali esperienze, all'improvviso come non mai si trova a dover alzare lo sguardo e a contare miriadi di stelle. Una sola è la promessa: 'Tale sarà la tua discendenza'.
E, invece di andare in pensione (come avrebbe gradito la maggior parte di noi uomini di questo nostro tempo), si mette in cammino, fiducioso - ma non esaltato - di quello che Qualcuno gli aveva promesso.
L'umanità di questo personaggio - Abramo - è descritta con i termini della perplessità, della domanda, della curiosità, dell'umile coinvolgimento, quasi un ultimo sforzo di vita... La sicurezza del Signore che assicura questo grande uomo è testimoniata dalla grandiosità impareggiabile della promessa e dal linguaggio, altamente simbolico, dei segni con cui la promessa è reciprocamente sancita.
E' d'obbligo una conclusione. Dio non è un ciarlatano; fa sul serio. L'uomo non può rispondere da mediocre: o tutto o niente. Ecco la testimonianza di una grande fede..., docile e sincera!
I nemici della Croce. Paolo è stato un uomo 'passionale' - una bella passione per Cristo, ovviamente -! Esprime con tutta la sua esuberanza il suo amore per Gesù Cristo, esortando, correggendo, accompagnando, pregando, spargendo addirittura lacrime di commozione e di amarezza là dove il Signore Gesù veniva amato o tradito. Fu un grande innamorato!
Ma alcune volte cogliamo in Paolo una sorta di appassionato rimprovero: non siate 'nemici della croce di Cristo'. E' lo scandalo di oggi, di allora... ed è lo scandalo di sempre. La croce di Gesù è il segno - e lo scandalo - più incredibile dell'amore di Dio.
La 'docilità', oggi tanto richiesta dal senso generale della Parola di questa domenica, non può non essere docilità alla Croce, a quel mistero di donazione, unico e irripetibile, cui il Signore Gesù non si è sottratto.
La Croce, gioia e corona di ogni credente. Ne siamo, forse, anche noi nemici? Non ne cogliamo il significato e le pretese?
Parlare di Gerusalemme. Quando degli amici si incontrano, si raccontano mille cose... del glorioso passato e del foriero futuro. E si fa festa, quasi ubriacandosi di ricordi e di auspici. Noi uomini sappiamo vivere così!
L'incontro di Gesù con Mosè ed Elia al Tabor, accompagnato da tre discepoli - Pietro, Giacomo e Giovanni (ognuno segno di un modo diverso di interpretare e seguire Gesù) -, è sinonimo di un incontro gioioso tra vecchi amici. E' il segno evidente che tutta la storia e le parole dell'AT convergono su un solo personaggio: Gesù di Nazareth, il Messia, l'inviato del Padre.
Ci si sarebbe aspettato uno spettacolo di esuberante festa, ma l'unico segno di una certa rilevanza fu la gloria che avvolse la loro persona.
Il resto fu un semplice e profondo 'parlare della dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme'. Cioè? La croce di Cristo, scandalo e stoltezza di chi crede e di chi non crede.
Una sola conferma, addirittura dal cielo: "Ascoltatelo. Ascoltate solo Lui. Non abbiate altri da ascoltare". Amarezza e sicurezza si intrecciano, mentre Gesù resta, ad un tratto, solo. Solo con se stesso, solo con il Padre, solo con la Croce.
In cosa consiste la 'docilità' di Gesù? 'Solo attraverso la passione possiamo giungere al trionfo della resurrezioné, recita il Prefazio odierno. E mi viene in mente la mia vita, con tanti dinieghi alla croce di Cristo. E mi vengono in mente il mio popolo, la mia comunità, le mie famiglie, i miei giovani, i miei collaboratori che, non di rado, nascondono il volto della croce di Gesù per trasformare la vita cristiana in una sorta di passerella allettante di emozioni e responsabilità ristrette.
Non è facile, tanto meno comprensibile, parlare di Gerusalemme.
Ma la sola 'docilità' che ci è richiesta è quella alla Croce.
Sia così per me e per tutti!