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TESTO Beati voi...il Paradiso della vita

mons. Antonio Riboldi

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (11/02/2007)

Vangelo: Lc 6,17.20-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,17.20-26

In quel tempo, Gesù, 17disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,

20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

21Beati voi, che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete,

perché riderete.

22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

25Guai a voi, che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete,

perché sarete nel dolore e piangerete.

26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

Anzitutto il mio pensiero e la mia preghiera vanno a Lourdes, dove quest'anno si celebrano solennemente i 150 anni dalle Apparizioni. Chi di noi, almeno una volta, non ha fatto l'esperienza di stare a Lourdes in pellegrinaggio per qualche giorno? Si ha sempre l'impressione che da quella grotta la Madonna non si sia mai allontanata, pronta a riceverci e consolarci, convertirci, mostrarci la bellezza dell'Amore di Dio. Ogni volta che si va a Lourdes, con fede, è come diventare bambini che finalmente incontrano la Mamma indispensabile, che sa capire, ascoltare, amare. Ed è veramente bello questo diventare bambini, che sentono la nostalgia della Mamma!

E lì, a Lourdes, la nostalgia si fa certezza di presenza, come quando si torna a casa e si trova mamma che ci attende. Lourdes lascia sempre in tutti il segno che noi non siamo orfani, che vaghiamo tristi in questa valle di tristezze, perché c'è la Mamma, che è sempre vicina.

Ho avuto l'occasione, anche lo scorso anno, di tornare a Lourdes insieme all'UNITALSI. Quando a sera l'esplanade si fa 'fiaccola', luce e speranza, scende tanta dolcezza e nostalgia di Cielo, che viene spontaneo cantare, come inno di fiducia: "Andrò a vederLa un dì".

E il nostro pellegrinaggio qui sulla terra diventa più sereno, sapendo di non essere soli e di camminare verso la felicità, che è la realizzazione della nostra nostalgia del Paradiso.

Non so se avete fatto caso: passando tra la gente e fissandola in volto, quasi sempre si nota una profonda tristezza o un vuoto, che la dice lunga su come viviamo oggi. Sembriamo tutti privi di qualcosa che ci è necessario: la felicità del cuore. Osserviamo, desideriamo, rincorriamo, magari, le tante futili attrattive che il mondo ci offre, ma ci accorgiamo che, appena raggiunte, non saziano la nostra profonda sete di felicità.

Sorprende, ormai, incontrare chi esprime serenità sul volto, negli occhi, irradiandola da tutta la persona, tanto che sorge spontaneo un interrogativo: "Ma questi che vivono tra noi, con noi, come noi, come possono essere così sereni e soddisfatti di tutto?". La risposta è nella nostra stessa natura di figli di Dio. Dio, il Padre, è immenso Amore e, quindi, Gioia, sempre, anche nei momenti difficili. Creandoci ci ha fatti "a sua immagine", ossia nati per amare ed essere amati.

È il peccato che oscura questa nostra natura. Gesù, Figlio del Padre, venendo tra di noi ha voluto farci ritrovare la Via della Gioia. All'inizio della sua predicazione, sul monte, ce l'ha indicata.

Ogni volta mi reco in Terrasanta, una delle mete che amo tanto è proprio il Monte delle Beatitudini. Su quella piccola altura, che si affaccia sul lago di Galilea, in uno splendido scenario della natura, cornice davvero adatta, fece il Discorso delle Beatitudini.

"C'era una gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e Sidone. Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: Beati voi poveri, perché vostro è il Regno dei Cieli. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'Uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei Cieli.

Ma guai a voi ricchi, perché avete già la vostra ricompensa. Guai a voi che siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. Guai quando tutti diranno bene di voi. Allo stesso modo facevano i loro padri con i falsi profeti" (Lc. 6, 20-26).

In quelle beatitudini possiamo leggere la vita, qui in terra, di Gesù, di Maria, dei Santi e dei cristiani convinti, che vivono in mezzo a noi, serenamente. La loro vita è stata ed è la professione di una meravigliosa libertà, che è il risultato della "povertà di spirito": una libertà che non accetta di essere schiava di falsi idoli, come il culto del denaro o del piacere, dell'apparire, del potere o del successo. Una meravigliosa libertà da tutto e, in primo luogo da se stessi, per poter far posto all'amore di Dio e diventare dono ai fratelli.

Non è la ricchezza in se stessa che si condanna...anzi, questa, quando si ha, come la ricchezza di una buona salute può essere "ben spesa". È il farsene schiavi, anziché dono, il vero peccato. La "ricchezza" diviene una schiavitù quando non si dà pane a chi non ne ha, sorriso a chi è triste, comprensione a chi soffre, vicinanza a chi è solo, completando ciò che manca alla passione di Gesù, come direbbe S. Paolo.

La "libertà da... e per..." è una vera beatitudine ed è il perché del sorriso e delle mani sempre tese verso tutti che, per fortuna, notiamo in molti cristiani. Difficilmente il mondo la rincorre e così si imbatte in quei terribili "guai", di cui parla Gesù nel Vangelo.
Cedo la parola di commento delle Beatitudini a Paolo VI:

"Beati noi se, poveri nello spirito, sappiamo liberarci dalla fallace fiducia nei beni economici e collocare i nostri primi desideri nei beni spirituali e religiosi e così abbiamo per i poveri riverenza ed amore, come fratelli ed immagine vivente di Cristo. Beati noi se, educati alla dolcezza dei forti, sappiamo rinunciare alla funesta potenza dell'odio e della vendetta ed abbiamo la sapienza di preferire al timore che incutono le armi, la generosità del perdono, l'accordo nella libertà e nel lavoro, la conquista della pace. Beati noi se non facciamo dell'egoismo il criterio direttivo della vita, e del piacere il suo scopo, ma sappiamo invece scoprire nella temperanza una fonte di energia, nel dolore uno strumento di redenzione e nel sacrificio la più alta grandezza. Beati noi se preferiamo essere oppressi che oppressori, e se abbiamo sempre fame di giustizia in continuo progresso. Beati noi se, per il Regno di Dio, sappiamo nel tempo e oltre il tempo, perdonare e lottare, operare e servire, soffrire e amare. Non saremo delusi in eterno" (1 Novembre 1960).

Quanti esempi viventi di queste beatitudini abbiamo nella storia della Chiesa: da San Francesco, che preferì sorella povertà alla ricchezza della propria famiglia, ai santi del nostro tempo.

Il Cottolengo che assisteva quelli che la società riteneva sgraditi, affidandosi totalmente alla Provvidenza, fino al punto di chiedere ai suoi confratelli di dare ai poveri quanto avanzava e "tenere nessun soldo in cassa, la sera". I santi Orione e Calabria e, se volete, il mio fondatore, Antonio Rosmini, che era molto ricco a Rovereto e lasciò tutto, scegliendo come abitazione una cella di estrema povertà, che si può ancora visitare, oggi, al Sacro Monte Calvario di Domodossola. Una cella che ogni volta mi mette meravigliosamente in crisi. Rosmini volle che la povertà in spirito fosse custodita gelosamente, perché affermava con convinzione che "la povertà è il muro di sostegno della Chiesa".

Quanta gente meravigliosa ho avuto modo di incontrare che, nelle beatitudini, a cominciare dalla povertà, ha trovato il segreto della felicità già qui in terra...perché la felicità è l'aspirazione di ogni uomo per vivere, ma per raggiungerla occorre il coraggio di fare terra bruciata di altro, che gioia non è.

Come quella anziana meravigliosa che un giorno, in sacrestia, volle darmi tutti i "suoi risparmi", perché affermava che "erano un ingombro alla presenza della felicità di Gesù che, quando venne sulla terra, era nudo e lo fu fino alla croce".

Come quel signore che, scrivendomi ed inviandomi per i poveri un assegno, mi disse: "Non mi lodi, la cifra sembra grande, ma è solo un graffio al mio egoismo e lentamente voglio levarmi tutta la pelle dell'egoismo che copre il volto della vita e non mi fa gustare la beatitudine vera".

Quando mi si chiede quali furono gli anni più belli della mia vita pastorale dico sempre: i tempi dopo il terremoto nel Belice, quando avevo perso tutto e mi era stata donata una tenda tra le tende, prima, e una baracca tra le baracche, poi: condividevo tutto con tutti.

Solo la Beatitudine della povertà di spirito può essere la via per cancellare le tante povertà del nostro desolato mondo e renderci beati.

Come dovremmo desiderare che in ognuno di noi nasca il desiderio di vivere "il codice di vita" di Gesù, con il coraggio di voltare le spalle al culto dell'egoismo, che spegne il sorriso nostro e di chi ci sta vicino.

Non sia mai che a qualcuno il profeta Geremia debba dire: "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno e il cui cuore si allontana dal Signore. Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede. Dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere" (Ger 17, 5-8).

Permettetemi, miei cari amici, che desideri che splenda sempre il sorriso sul vostro volto, perché, liberi da tutto, siate tutto per tutti. E' la grande felicità che prego per voi.

Se il nostro mondo salisse sul Monte delle Beatitudini e ne accogliesse l'invito, facendolo proprio, scomparirebbero fame, violenze, guerre, sfruttamento, e tutto quello che toglie la voglia di vivere. Siate beati, cari amici.

 

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