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TESTO Commento Luca 6,17.20-26

Suor Giuseppina Pisano o.p.

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (11/02/2007)

Vangelo: Lc 6,17.20-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù, 17disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,

20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

21Beati voi, che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete,

perché riderete.

22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

25Guai a voi, che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete,

perché sarete nel dolore e piangerete.

26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

"Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio..."

Il discorso delle "beatitudini" è al centro della liturgia della Parola di questa domenica.

Gesù, che precedentemente si era ritirato sul monte, in preghiera, prima di scegliere i dodici che lo avrebbero seguito più da vicino, e avrebbero condiviso la sua missione, ora, scende dal monte e si ferma, come Luca precisa: "in un luogo pianeggiante..".

Gesù, discende, e si ferma di fronte ad una moltitudine, che è in attesa delle sue parole, e, sicuramente, di un gesto, che risani le tante situazioni di dolore.

Quel Gesù, che nella sinagoga di Nazareth aveva fatto sue le parole di Isaia, e la missione da lui annunciata, di portare il lieto messaggio ai poveri, segno della predilezione degli ultimi, da parte di Dio; ora fissa il suo sguardo su quella folla, carica di povertà e ricca solo di speranza, in quel giovane profeta, che avrebbe potuto guarire, consolare, e liberare, perfino dagli spiriti immondi, tutti, infatti, sapevano che, da lui "usciva una potenza che guariva..." ( Lc. 6,19 )

Se nel racconto di Matteo, Gesù parla da un'altura ( Mt.5,1 ), qui, nel racconto di Luca, egli sembra confondersi, con tutti quei poveri accorsi a Lui, e desiderosi, non solo di ascoltarlo, ma di toccarlo, nella certezza, che quel contatto avrebbe potuto risanarli.

Prima di iniziare il suo discorso, che, ancor oggi, ha dell'incredibile, Gesù posa lo sguardo sui suoi discepoli, non tutti i presenti, infatti erano seguaci di Gesù, e, con questo gesto, Egli li invita, tacitamente, alla quella sequela che li farà "beati".

"Beati, voi poveri,...beati, voi, che ora avete fame,...beati voi che piangete..., beati voi quando gli uomini vi odieranno, vi metteranno al bando,...vi insulteranno.... a causa del Figlio dell'Uomo..."; Gesù, col le sue parole, non intende certo esaltare, e neppure approvare, situazioni di indigenza e di sofferenza, ma affermare che, la fede in Lui, il Figlio di Dio, che ha condiviso e preso su di sé tutto il dolore dell'uomo, solo questa fede, può trasformare, in beatitudine, anche le situazioni di sofferenza estrema.

No, Gesù, non esalta né il pianto, né la fame, né l'indigenza, né la persecuzione, o quant'altro rechi dolore all'uomo, infatti, il racconto di Luca, si conclude con quell'ammonimento terribile, espresso in quel: "Guai a voi", più volte ripetuto, all'indirizzo di quanti, chiusi nel loro soddisfatto egoismo, e nella loro superba autosufficienza, vivono incuranti di Dio e del prossimo, bisognoso di aiuto, di giustizia e di solidarietà.

La 'beatitudiné, qualunque sia la condizione in cui l'uomo vive, sta nell'incontrare Cristo, e fare di Lui la pietra angolare, la roccia su cui costruire tutta l'esistenza.

Solo la fede in Gesù, Figlio di Dio, può dar ragione della povertà vissuta in pace, del pianto che attende conforto, dell'odio senza vendetta, così, come soltanto la fede, può dar la forza nelle persecuzioni, affrontate nel nome di Lui.

Il senso vero della beatitudine possiamo leggerlo, anche, nel breve passo del profeta Geremia, che così recita, riguardo a chiunque si affidi, pienamente, a Dio e, in Lui riponga tutta la sua speranza:" ..beato l'uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. Egli è come un albero piantato lungo l'acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi; nell'anno della siccità non intristisce, non smette di produrre i suoi frutti." (Geremia 17, 5 8 )

Si, beato, già sulla terra è, chi ha fatto di Cristo, la scelta fondamentale della vita, chi ha Lui, come pastore da seguire, Lui, come Via da percorrere, nella certezza che la speranza, di raggiungere felicità, non andrà delusa.

"Beati voi poveri, dice il Signore, perché vostro è il regno di Dio, beati voi che piangete perché riderete, del sorriso della consolazione, beati voi odiati, banditi e perseguitati, esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli..."

E' la beatitudine che ha animato i martiri e tutti i confessori della fede, la beatitudine che ogni cristiano onesto e coerente vive, ogni cristiano, uomo o donna che sia, di cui il Salmista sembra aver tracciato il ritratto in quei pochi versetti che recitano:

Beato l'uomo, che non segue, il consiglio empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
ma si compiace della legge del Signore,

la sua legge medita, giorno e notte ( sl.1 )

Beatitudine è: accogliere la parola del Vangelo, in tutta la sua ricchezza; beatitudine è: tener presente e vivo Cristo, nella propria vita, e contemplarne il Mistero.

L'amore di Cristo, e la sequela di Lui, infatti, sono la ragione profonda di tutto il discorso delle beatitudini; al di fuori della fede nel Figlio di Dio, morto e risorto per noi, quelle beatitudini, che parlano di povertà e di pianto, sarebbero soltanto stoltezza, come Paolo scrive:

"... se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi, noi abbiamo avuto speranza in Cristo, soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti". (1 Cor.15,16 20 )

Il discorso delle beatitudini è, dunque, un banco di prova della fede e dell'amore a Cristo redentore: "Chi ci separerà dall'amore di Cristo? - scrive Paolo- Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?.... Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori in Colui che ci ha amati" (Rm.8,35-37)

Ognuno di noi, oggi, come duemila anni fa, è ancora chiamato, a fare la sua scelta fondamentale: o vivere uniti a Cristo, Figlio di Dio, o rifiutarlo; è l'uomo, infatti, a determinare il proprio destino eterno, scegliendo tra la vita o la morte, tra la beatitudine o l'infelicità, la comunione o la solitudine più amara che esista, tra la beatitudine della visione di Dio o il buio per sempre.


Sr. M. Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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