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TESTO Cristo è pienezza della vita dell'uomo

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IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/01/2007)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Nel profeta, che Dio consacra e invia, si trova la forza stessa di Dio. Egli quindi non si deprime neppure dinanzi a gravi difficoltà; ha la certezza che non sarà sopraffatto, dal momento che il Signore lo accompagna. Il cantico dell'amore, Paolo lo mette al vertice di tutti i carismi, di tutti i doni divini. In crescendo egli ci mostra poi i tre doni prestigiosi, la profezia, la gnosi e la fede, anzi la pienezza della fede, capace di trasportare le montagne. Eppure questi tre doni non costituiscono pienamente il soggetto cristiano che, senza l'amore, resta "uno zero". La povertà stessa e il dono della propria libertà in un gesto eroico, se non sono accompagnati da una carica d'amore, sono boria e auto-glorificazione. L'uomo resta simile a un fachiro che mette in pericolo il corpo, non è un martire autentico. Quando manca l'amore, tutto quello che si fa non ha nessun valore. L'amore si manifesta come pazienza, gratuità, misericordia, umiltà, mitezza, fiducia, sopportazione. In Gesù di Nazaret riconosciamo i tratti più precisi e più sicuri del vero profeta. Essi traspaiono, in primo luogo, dalla sua consapevolezza di aver un destino pasquale davanti a sé e di doverlo affrontare con docilità e con coraggio. La povertà della vedova e la malattia di Naaman e, di riflesso, il ministero di Elia e di Eliseo, offrono a Gesù l'opportunità di presentarsi come il benefattore dell'uomo in difficoltà. Egli, infatti, è colui che da ricco qual era si è fatto povero per farci ricchi della sua povertà. Egli è il medico celeste che è venuto per guarirci dalla malattia mortale. È proprio per questo che dovrà morire: perché ha preteso di fare, in nome di Dio e con la potenza di Dio, ciò che solo Dio può fare. Ma intanto non è ancora venuta la sua ora.

 

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