TESTO La salvezza é una proposta aperta a tutti.
XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (26/08/2001)
Vangelo: Lc: 13,22-30
In quel tempo, Gesù 22passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 26Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».
Attraversando città e borgate, Gesù si dirige a Gerusalemme (v. 22). Luca non vuole descrivere un viaggio sotto l'aspetto geografico, ma dal punto di vista teologico: Gesù si propone a tutti, nello stesso modo come aveva inviato i discepoli (cfr. 10,1). Ed in ogni luogo insegna. Che cosa insegna? La risposta viene dalla comprensione del significato del cammino verso Gerusalemme. In Gerusalemme Gesù affronterà il sistema che genera morte. Ma dalla sua morte nasce vita per tutti.
1. Il cammino della salvezza: curiosità o impegno? (vv. 23-27)
v. 23 "Signore, è vero che sono pochi quelli che si salvano?". Questa curiosità era molto in voga al tempo di Gesù. Qualche rabbino liberale diceva che tutti i giudei si salvavano; altri più radicali, asserivano che la salvezza era destinata solo ai praticanti. Tutti, tuttavia, insistevano che l'accesso alla salvezza passava necessariamente per la questione della razza. Tutt'oggi ci sono difensori di queste teorie. Fino a poco tempo fa si diceva che "fuori dalla Chiesa non c'è salvezza". E molti credono che appartenere a una Chiesa, ostentare titoli cristiani, appartenere a qualche associazione o partito inverniciati di cristianesimo possa essere garanzia di salvezza. Gesù non risponde alla domanda. Per lui, il cammino della salvezza è una porta stretta (v. 24), cioè, l'unica garanzia è essere impegnati radicalmente col progetto di Dio (il Regno). Sappiamo tutti (ma non basta solo sapere) che il Regno richiede la pratica della giustizia.
Gesù chiarisce questo fatto con la parabola della porta chiusa (vv. 25-28). C'è la ressa delle persone davanti alla porta chiusa del banchetto. Qualcuno si crede amico di Gesù e pensa di avere dei diritti acquisiti: hanno mangiato e bevuto davanti a lui (v. 26) "Non so di dove siete" è la risposta contundente, rincarata nel v. 27 "...allontanatevi da me voi tutti che pratica ingiustizie".
Il rabbinismo, il legalismo farisaico e cristiano, le nostre messe, incontri, ritiri, omelie, catechesi, partecipazioni ai movimenti... se non sono accompagnanti dalla pratica della giustizia, non servono a nulla e finiscono per deporre contro di noi: "Non so di dove siete: allontanatevi!"
Come aprire dunque la porta? Comprendendo il significato del cammino verso Gerusalemme. Matteo lo spiega con altre parole: "Venite benedetti del Padre mio. Ricevete in eredità il Regno che mio Padre vi ha preparato dalla creazione del mondo. Perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere...." (Mt 25,34-36)
2. Impegnarsi per entrare nel cammino della salvezza (vv. 28-30)
L'impegno col Regno di Dio è l'unica garanzia che stiamo nel cammino della salvezza. I vv. 28-30 mostrano, da una parte, il pentimento e l'impotenza (pianto e stridore di denti) di coloro che, nonostante abbiano mangiato e bevuto con Gesù e ascoltato la sua predicazione, finirono con esserne esclusi; e dall'altra parte, persone che praticarono la giustizia e partecipano al Regno senza essere legati a nessuna istituzione. Cosa fare dunque? Il suggerimento finale del vangelo di oggi sembra indicare la pratica di Abramo, Isacco e Giacobbe, i profeti. I legalisti, liberali o radicali, credevano di stare in questo cammino... Ma Gesù garantisce loro che "altri" occuparono il loro posto. Ed i cristiani di oggi, che direzione stanno prendendo?
Per riflettere
La porta stretta, che a nessuno piace e, peggio, spesso non si apre proprio. Lo stesso Gesù, Lui che è porta dell'ovile, ha dovuto passarvi, camminando e insegnando, tenace e coerente, anche quando vedeva molto chiaro che a Gerusalemme non ci sarebbero stati allori da ricevere, bensì la croce. Noi cristiani, se non prestiamo un po' di attenzione, avanziamo i diritti di invitati, con titoli, medaglie, legalismi, con conoscenza profonda del Know How; sappiamo che il banchetto, là dentro è ciò che più speriamo e desideriamo. Ma abbiamo smarrito la chiave per aprire questa benedetta porta del Regno. Dar da mangiare agli affamati è passatempo delle devote della S. Vincenzo; vestire gli ignudi non ha più senso in una società super addobbata che per cambiare un poco "si sveste" mettendo a vendita anche il corpo, oltre che l'anima. "Non vi conosco..." Ma come? Ci viene da dire. Io sono prete, io sono battezzato, io sono devotissimo di Padre Pio, io pago l'8 per mille puntualmente; sborso dei bei soldoni per messe ed uffici per i defunti; non perdo una messa domenicale. Ed è vero, facciamo tutto questo, con devozione e sincerità. Ma la chiave? Si è persa in mezzo alla paglia delle elucubrazioni teologiche, come abbiamo perso il senso della gratuità, dell'accoglienza e del perdono.
"Allontanatevi da me..." ci è indigesto, soprattutto quando assistiamo impotenti (perché non vogliamo sporcarci le mani) all'entrata umile, ma decisa di quanti non appartengono al nostro orticelllo, di quanti, a nostro parere, non hanno nessuna carta in regola per essere dei cattolici "doc". Questo no, non è possibile che Dio sia tanto ingiusto con noi, suoi eletti, casta pura e reale. E poi, perché scegliere la croce? Non è più di moda oggi. Ma la tenerezza, la misericordia, la solidarietà, il perdono sono i veri compagni che dovremmo avere per entrare nel Regno. Sono quegli atteggiamenti di vita che ci traducono la parola "giustizia". Ciò che avete fatto a uno di questi piccoli, lo avete fatto a Me. Venite, benedetti del Padre mio! Mi sembra di vedere le moltitudini sbandate dei brasiliani raminghi, affamati, ammalati, analfabeti, sempre camminando, a piedi, verso una luce di vita che, immancabilmente è loro negata, anche dal nostro perbenismo cristiano. Non sono geloso se questi e queste mi precedono nel faticoso cammino e passano per primi dalla porta stretta. Mi insegnano la semplicità, per scomplicare la mia vita, piena di questo e di quello, mi danno voglia di vivere, perché, pur nelle disgrazie della vita, c'è ancora voglia e tempo di danzare la fratellanza. É ciò che mi salva dalla sindrome depressiva del vuoto che noi cristiani abbiamo saputo creare nei nostri spazi. Vuoto riempito di tante parole e discorsi, di belle teorie, ma attento a non lasciarsi contaminare dall' "apertura", dalla condivisione, dal "privarci" un po' del nostro abbondare per spezzarlo nel banchetto della Vita, con chi, dalla vita, abbiamo escluso.
Siamo ripetitivi, noiosi, perché abbiamo perso la vera "poetica" e non sappiamo più creare, solo ripetere gesti. La forza creatrice di Dio ci scomoda: meglio racchiuderla dentro quattro norme o convenevoli di situazione. Abbiamo tempo per discutere di tutto, perché lo stomaco non ronca di fame. E quando acciaccati per la comune sorte di chi vive e invecchia, ci ritroviamo soli, scopriamo che non abbiamo vissuto e, peggio, abbiamo impedito, di vivere la libertà dei Figli di Dio. Questo, grazie alla contraddizione cronica tra il nostro dire ed il fare, tra il nostro crederci eletti e vivere da separati. Per fortuna, Dio nella sua infinita bontà e misericordia, non ci lascia mancare i segni ed i tempi che ci aiutano ad aprire gli occhi ed il cuore e la speranza di sentirci un giorno chiamare "beati voi" non muore, soprattutto se guardiamo un po' di più questo mondo e le persone che ci vivono e se abbandoniamo l'assillo di santificarci per primi per poi elargire le briciole delle nostre santità. Camminando, ci santifichiamo, sempre se l'orizzonte non combacia col mio io, bensì con la giustizia del Regno.