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TESTO A te, Signore, innalzo l'anima mia (283)

don Remigio Menegatti   Parrocchia di Illasi

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (28/01/2007)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature

La prima lettura (Ger 33, 14-16) ci presenta in sintesi la chiamata di Geremia: scelto da Dio prima ancora della sua stessa esistenza, il profeta gode della protezione di Dio e della sua consacrazione. Di conseguenza Geremia, come ogni altro profeta, non deve temere l'opposizione di chi lo contesta e contrasta, perché il Signore lo ha reso "come una fortezza" e un "muro di bronzo" per contrapporsi anche ai "re di Giuda e i suoi capi contro il suoi sacerdoti e il popolo del paese".

Il vangelo (Lc 4, 21-30) riprende la proclamazione del ruolo messianico di Gesù e racconta le reazioni per nulla disponibili e aperte dei suoi compaesani. Gesù allora richiama le figure di Elia e di Eliseo: anche loro sono stati rifiutati dal popolo eletto e hanno portato la salvezza alla gente straniera, come la generosa vedova in Zarepta di Sidone e Naaman, il lebbroso proveniente dalla Siria. La reazione delle persone di Nazaret rimane decisa contro Gesù, tanto che lo scacciano dalla sinagoga con l'intenzione – ma senza riuscirci - di eliminarlo gettandolo da un dirupo su cui si ergeva la città.

Salmo 70
In te mi rifugio, Signore,
ch'io non resti confuso in eterno.
Liberami, difendimi per la tua giustizia,
porgimi ascolto e salvami.

Sii per me rupe di difesa,
baluardo inaccessibile,
poiché tu sei mio rifugio e mia fortezza.

mio Dio, salvami dalle mani dell'empio.

Sei tu, Signore, la mia speranza,
la mia fiducia fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,

dal seno di mia madre tu sei il mio sostegno.

Dirò le meraviglie del Signore,
ricorderò che tu solo sei giusto.
Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza

e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi.

Il salmo potrebbe apparire come l'invocazione del profeta - in questo caso Geremia - che conferma la sua fiducia nel Signore e rinnova la sua richiesta di aiuto. Davanti a un compito impegnativo, per cui è reso "come una fortezza" e "come un muro di bronzo", ogni credente, consapevole della delicatezza della sua missione, chiede a Dio di essere per lui "rupe di difesa", "baluardo inaccessibile", "mio rifugio e mia fortezza" e di salvarlo dalle mani dell'empio che non riconosce il Signore e il suo inviato.

Questa invocazione è frutto di un legame profondo che nasce non da teorie su Dio imparate a memoria, bensì dall'esperienza di aver altre volte goduto della protezione del Signore, l'Altissimo. A Dio il fedele si conferma legato profondamente: "in te mi rifugio", perché "sei tu la mia fiducia fin dalla mia giovinezza". Una fiducia assunta, potremmo dire, con il latte materno. Si tratta infatti di una fede quasi assorbita dalla esperienza stessa dei propri genitori, attraverso le loro parole che sono divenuti insegnamenti fondamentali per la maturazione dell'uomo di Dio.

Un commento per ragazzi

Conosciamo certo le vicende di atleti, e soprattutto di alcuni sport, che sono dovuti andare lontano per emergere e diventare finalmente quei campioni che avevano sempre sognato. Possiedono certamente le qualità per sfondare, ma non sempre quanti sono loro vicini dimostrano capacità di accorgersene e l'accortezza di sfruttare l'importante occasione che si presenta loro. Campioni, ma anche artisti, con un potenziale enorme che non viene subito apprezzato nella propria nazione.

Era capitato anche a Elia ed Eliseo. Il primo, soprattutto, ritenuto in seguito il più grande tra i profeti d'Israele, ad un certo momento era stato allontanato dalla sua terra, costretto ad andare lontano per sfuggire a morte sicura. Tanto Elia, quanto Eliseo, suo discepolo, non smettono di fare quanto Dio ha pensato per loro, non rinunciano alla loro missione. Semplicemente si spostano e fanno del bene da un'altra parte, coinvolgono nella loro storia positiva persone che sembravano destinate a non incontrare il Dio di Israele. Succede così per la vedova di Zarepta di Sidone che condivide il pane con Elia, e scopre che, nonostante la carestia, lei continua ad aver pane fin che non ritorna la pioggia e quindi matura il grano nuovo. Anche Naaman, proveniente dalla Siria, sperimenta la potenza del Dio che Eliseo ha invocato per lui e si scopre liberato dalla lebbra. Gesù nella sinagoga di Nazaret, paese in cui è cresciuto, manifesta la coscienza di essere lui pure profeta, mandato da Dio.

Come Elia ed Eliseo, anche il falegname di Nazaret consacrato da Dio per una missione unica, avverte il rischio di essere imprigionato nella mentalità ristretta del suo paese e della religiosità che aveva perso il respiro ampio di altri tempi. Un modo di pensare la fede che aveva scordato l'orizzonte aperto verso cui muoversi per annunciare la fedeltà di Dio non solo al popolo eletto, bensì anche a tutti gli uomini, perché nessuno rimane escluso dal suo amore. Le preoccupazioni di Gesù si rivelano subito fondate: la mentalità chiusa dei suoi compaesani viene confermata dalla loro decisione di eliminarlo. Infatti lo cacciano fuori dalla sinagoga, per dichiarare che è "scomunicato", e tentano pure di ucciderlo, pensando, forse, che è preferibile perdere un sedicente profeti che non conferma la missione speciale di Israele, e la chiusura rispetto a tutti gli altri. Di fatto Gesù non compirà molti miracoli tra i suoi compaesani e beneficerà alcune volte persone "straniere" lasciando ai suoi discepoli la chiara indicazione di arrivare con il loro vangelo a tutti i popoli della terra, senza escludere alcuno dei figli di Dio. Si tratta dell'universalismo della salvezza, perché l'amore di Dio non conosce confini.

Gesù non vuole essere rabbino per un piccolo popolo, un insegnante speciale per la gente che si riunisce di sabato nella sinagoga di Nazaret. È il Figlio di Dio mandato per portare la buona notizia della salvezza per tutti. È il Messia, sì, venuto per il primogenito: il popolo di Israele, discendente di Abramo. Non dimentica però che proprio in Abramo Dio ha benedetto tutte le stirpi della terra, e quindi ogni popolo ha il diritto di ricevere la testimonianza di chi lo ha incontrato. Come gli antichi profeti che hanno superato i confini di Israele, adesso siamo chiamati a diventare profeti pure noi, in costante contatto con coetanei proveniente da tanti Paesi della terra. Dio ci rende forti e coraggiosi, ci dona il suo Spirito, perché la missione affidataci è proprio senza confini.

Un suggerimento per la preghiera

O Dio, di fronte a tante fatiche e rifiuti, subìti anche da tuo Figlio, aiutaci a comprendere come "nel profeta accolto dai pagani e rifiutato in patria manifesti il dramma dell'umanità che accetta o respinge la tua salvezza". Ti chiediamo anche: "fa' che nella tua Chiesa non venga meno il coraggio dell'annunzio missionario del Vangelo" e rendi pure noi profeti coraggiosi perché possiamo confidare nella tua forza.

Libri di don Remigio Menegatti

 

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