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TESTO Gesù si presenta agli uomini

mons. Antonio Riboldi

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/01/2007)

Vangelo: Lc 1,1-4; 4,14-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,1-4; 4,14-21

1Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, 3così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, 4in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.

16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

18Lo Spirito del Signore è sopra di me;

per questo mi ha consacrato con l’unzione

e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,

a proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista;

a rimettere in libertà gli oppressi,

19a proclamare l’anno di grazia del Signore.

20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Credo che abbiano fatto impressione benefica le parole che il Santo Padre, in occasione del Messaggio Urbi et Orbi, ha lanciato agli uomini del nostro tempo. È bene leggerlo, in questa domenica, in cui Gesù, nel Vangelo, fa il suo ingresso nel mondo di allora, che non era troppo differente dal nostro.

I tempi, che l'uomo interpreta, portano sempre i segni della sua debolezza, come se Dio non avesse mai aperto le porte del Cielo, le porte della speranza che non è utopia, ma pietra angolare su cui porre le fondamenta dei nostri progetti di vita. La ragione di questo enorme disagio è che non ci si affida a Colui che può salvarci.

Benedetto XVI, nel messaggio di Natale, si domanda: "Ha ancora valore e significato un 'Salvatore' per l'uomo del terzo millennio? È ancora necessario un 'Salvatore' per l'uomo che ha raggiunto la Luna e Marte e si dispone a conquistare l'Universo, per l'uomo che esplora senza limiti i segreti della natura e riesce a decifrare i codici meravigliosi del genoma umano? Ha bisogno di un 'Salvatore' l'uomo che ha inventato la comunicazione interattiva, che naviga nell'oceano virtuale di Internet (come faccio io) e grazie alle più moderne ed avanzate tecnologie massmediali ha ormai reso la terra, questa grande casa comune, un piccolo villaggio globale? Si presenta l'uomo come sicuro e autosufficiente, artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi. Sembra, ma non è così. Si muore ancora di fame e di sete, di malattie e di povertà in questo tempo di apparente abbondanza e di consumismo sfrenato. C'è chi vede il proprio corpo e quello dei propri cari, specialmente bambini, martoriato dall'uso delle armi, del terrorismo e da ogni genere di violenza in un'epoca in cui tutti invocano e proclamano il progresso, la solidarietà e la pace per tutti. E che dire di chi privo di speranza è costretto a lasciare la propria casa e la propria patria per cercare altrove condizioni di vita degne dell'uomo? Che fare per aiutare l'uomo che è ingannato da facili profeti di felicità, chi è fragile nelle relazioni e incapace di assumere responsabilità per il proprio presente e per il proprio futuro in questo tempo e si trova a camminare nel tunnel della solitudine e finisce spesso schiavo dell'alcool e della droga? Che pensare di chi sceglie la morte credendo di inneggiare alla vita? Come non sentire che proprio dal fondo di questa umanità gaudente e disperata si leva un'invocazione straziante di aiuto. Per questo oggi, proprio oggi, il Salvatore viene tra la sua gente, Lui, il Salvatore vero" (dal messaggio Urbi et Orbi).

Come non condividere l'accorata analisi del Santo Padre, che toglie dal volto dell'uomo ogni ipocrisia, ogni smorfia che chiama sorriso, svelando ciò che è: un grido alla salvezza, una preghiera che Qualcuno gli mostri la via della salvezza.

Per questo Gesù si presenta alla sua gente, dopo 30 anni vissuti nel silenzio della povera casa di Nazareth con Giuseppe e Maria, vera culla di gioia e santità, vera anima di una vita dono del Padre, e subito proclama la sua missione di salvezza.

Racconta S. Luca: "In quel tempo Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffondeva in tutta la regione. Insegnava nelle sinagoghe e tutti facevano grandi lodi. Si recò a Nazareth, dove era stato allevato ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia. Apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me. Per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato ad annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutta la sinagoga stavano sopra di lui. Allora cominciò a dire: Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (Lc 4, 14-21).

È la risposta di Dio alla disperazione o sete di speranza degli uomini di tutti i tempi...come se quell'Oggi non avesse mai sera o mattino, ma fosse un proclama per tutti noi 'gaudenti e disperati' in cerca del Salvatore.

Quanta gente incontro, nel mio piccolo, che non è affatto contenta: cerca di placare la sua innegabile sete di felicità in cose o obiettivi che non possono essere il Salvatore, ossia Colui che toglie la sete del cuore. Ci si trova alle volte con gli occhi pieni di lacrime, che la dicono lunga sulla nostra insoddisfazione, come camminassimo nel nulla, quando vorremmo vedere i passi della nostra vita rivolti verso la gioia, che solo Dio dà in pienezza.

Verrebbe la voglia, tante volte, di gettare le braccia al collo di tanti, ma tanti, che attendono chi sappia dire una parola di vita o dare un abbraccio di speranza. E Gesù si propone, lo vogliamo o no, come l'Unico che ha braccia grandi, dolci, come quelle del Bambino, pronte ad accogliere tutti, senza alcuna distinzione, anche i peccatori, per far conoscere la dolcezza e la misericordia del Cielo.

Ed invece, a volte, abbiamo quasi paura di quelle braccia tese, di quel Cuore che si offre come una grande, immensa casa, quella di Dio. Ed è davvero strana questa paura di affidarci alla Parola del Salvatore, mentre senza prudenza ci si affida alle false promesse dei tanti fasulli e ingannevoli profeti del nostro tempo. Noi forse preferiamo le parole vuote degli uomini alla Parola del Verbo fatto Carne. C'è davvero bisogno di entrare in quell'Oggi, senza paura, per farci prendere dallo stesso stupore che fu dei compaesani di Gesù.

C'è un bel racconto, tratto dal libro di Neemia, che vale la pena leggere e meditare.

"In quel giorno il sacerdote Esdra portò la Legge davanti all'assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il Libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce, fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci di intendere. Tutto il popolo porgeva l'orecchio a sentire il Libro della Legge. Fedra lo scriba stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruita per l'occorrenza.

Esdra aprì il Libro in presenza di tutto il popolo, perché stava più in alto di tutto il popolo. Come ebbe aperto il Libro tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande e tutto il popolo rispose: Amen, amen, alzando le mani. Si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. I leviti leggevano il Libro e alla fine dissero: Questo giorno è consacrato al Signore vostro Dio. Non fate lutto e non piangete. Perché tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava la Parola della Legge. Neemia disse: Andate, mangiate carni grasse e bevete vino dolce e mandate porzioni a quelli che nulla hanno preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro Dio. Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la nostra forza" (Neemia, 6, 8-10).

La commozione della gente di Nazareth e del popolo d'Israele è anche la commozione che prende tante volte chi si accosta alla Parola del Signore, con la stessa fede o sete di salvezza. Quanta gente ho visto piangere di gioia, come se la Parola udita avesse sciolto il ghiaccio del cuore. Forse, a volte, quelle lacrime di gioia non ci sono per la trascuratezza o abitudinarietà con cui ci mettiamo in ascolto o ci accostiamo alla Parola...e lo si vede durante certe omelie, che dovrebbero essere proclamazione della Parola e, forse, sono solo 'prediche', con poca convinzione, fede e gioia. Ma c'è tanta gente che cerca e trova il Salvatore nella continua familiarità con il Vangelo, a casa, in viaggio, come se senza quella lettura non potesse 'vivere'.

Riusciremo noi a farci prendere dalla fame della Verità? Riusciremo a dare voce alla nostra necessità di un Salvatore che ci aiuti a uscire dalla 'massa gaudente e disperata' di oggi?

È quello che in fondo sto cercando di fare con queste riflessioni, che offro ai miei amici. E tante lettere mi dicono che sono molti coloro che si lasciano prendere cuore e mente dalla Luce della Parola e scoprono o riscoprono, in Gesù, il Salvatore...uscendo dalla 'massa gaudente e disperata'.

Sono dunque grato a Dio ed alla vostra buona volontà, per questo incontro settimanale, pregando che Gesù, il Salvatore, mostri il Suo Volto, a chi Lo riconosce e ascolta con fede e stupore.

 

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