TESTO Gesù il pastore che dà la vita
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IV Domenica di Pasqua (Anno C) (06/05/2001)
Vangelo: Gv 10,27-30:
«27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».
Brano corto e molto conosciuto che potrebbe soddisfare un'immagine romantica di Gesù. Il cap. 10 continua la tematica del cap. 9: la guarigione del cieco nato. Non è difficile vedere il conflitto che traspare nei capitoli su citati. Sembra che i veri ciechi siano l'istituzione religiosa del tempo, col suo apparato legale e le articolazioni politiche, in aperta opposizione e ostilità verso Gesù. L'episodio del Buon Pastore si svolge nel Tempio, nella festa della sua consacrazione. Gesù, secondo Giovanni, sarebbe l'ultima alternativa per ottenere la vita. Gesù è il vero "redentore" perché "conduce fuori" da questa istituzione simboleggiata dall'ovile (il Tempio) e dona la pienezza di vita.
Quando nei versi precedenti Giovanni parla di ladri e assaltanti, è una chiara allusione all'oppressione dell'istituzione religiosa del tempo. Nei vv. 25-26 si nota che il vero "consacrato" (Messia) è Gesù e non il Tempio. Inizia il nuovo e definitivo "esodo" del popolo di Dio, essendo accettato da coloro che aderiscono a lui (le pecore che conoscono la sua voce) e lo seguono, e rigettato da coloro che rifiutano seguirlo (i dirigenti religiosi, che non sono le sue pecore, cfr. v.26).
Ricordato il contesto, vediamo i vv. di oggi (vv.27-30).
Esiste una stretta relazione tra Gesù pastore e le sue pecore (vv. 27-28); relazione di reciprocità: le pecore ascoltano la sua voce (cioè obbediscono; cfr. v.2 e 9,22: "Io credo Signore"). Il Pastore conosce una per una e chiama le pecore per nome. La comunione si concretizza nella sequela.
E chi segue riceve la vita definitiva, caratterizzata dal dono dello Spirito (cfr. 3,5). Una vita che dura per sempre, perché supera la morte (cfr. 3,16; 8,51). Ed inoltre nessuno toglierà le pecore dalla mano di Gesù, essendo lui stesso il difensore contro i lupi, ladri e assaltanti. Lui è il pastore che dà la sua vita, non un mercenario che guarda solo i propri interessi e, nel pericolo, cerca solo di salvare la propria pelle.
Il v. 29 mette in scena il Padre (cfr. vv. 17-18) che confidò tutto il suo progetto a Gesù. Due volte è usata l'espressione "strappare dalle mani": una volta si riferisce a Gesù e nella seconda, al Padre; questo per sottolineare l'unità di potere e azione, prerogative comuni di ambedue.
Gesù è il nuovo Tempio, nel quale il Padre rivela e porta a compimento la nuova umanità. Criticare e rigettare Gesù significa fare la stessa cosa col Padre: difatti sono "uno" (v. 30).
Per riflettere
La Pasqua di Gesù, oggi si manifesta nelle persone, gruppi e comunità che si dedicano ad una vita abbondante e felice per tutti e lottano per la dignità. É un atteggiamento di tenerezza materna, quello che intravediamo nel Buon Pastore.
Ma c'è il rischio di trasformare questi versetti in un quadro idilliaco, se non teniamo conto del contesto del vangelo di Giovanni. É il rischio di svirtuare il nostro ascoltare la sua voce, catalogandola come pezzo statico di museo. Ci chiede obbedienza. Per questo è necessario che ci lasciamo conoscere, che non mettiamo ostacoli tra noi e Lui. Ostacoli di diverso genere, non ultimo l'ambiguità di appartenere ad una cristianità. Perché ambiguità? Per il fatto che non siamo gli unici a ricevere il cammino della salvezza.
Se da un lato ci conforta sapere che niente ci strapperà dalla sua mano, dall'altro rimane sempre la nostra libertà di rifiuto. In parole più semplici, dobbiamo scoprire se siamo veramente quelle "pecore" che il Padre ha messo nelle mani del Figlio e se, veramente, il Tempio dello Spirito sia il suo agire in mezzo a noi, o se, invece, continuiamo a costruirgli un tempietto stretto, ma totalmente controllato dai nostri umori.
Cercare, stabilire e vivere relazioni fraterne tra noi, non all'insegna di titoli o chincaglierie, bensì nella certezza che Lui stesso sta davanti, aprendo il cammino, nonostante i paraocchi e le scorciatoie che abilmente sappiamo cercare. Il Padre è maggiore di tutti... Attenzione quindi quando facciamo i mercenari. Ladri e assaltanti, lupi voraci e mercenari sempre esistono attorno all'ovile. Cosa li distingue dal Buon Pastore? E se dentro le nostre comunità, "pecore e capretti" non ascoltano la voce del pastore, è sordità da parte delle pecore o contrabbando mercenario del pastore? Il Padre buono che vede nel segreto, sa di cosa si tratti. E a noi, è rimasto un po' di discernimento per vivere tutti come prediletti del Pastore Buono? Esiste potere nella Chiesa? Che uso ne fanno le comunità cristiane?