TESTO Come superare la crisi di identità
III Domenica di Pasqua (Anno C) (29/04/2001)
Vangelo: Gv 21,1-19
1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
4Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
15Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Gli studiosi biblici ritengono che il cap. 21 sia un epilogo aggiunto posteriormente dallo stesso evangelista o uno dei suoi discepoli. Il testo deve essere nato come risposta ad alcuni problemi, come crisi di identità della comunità in piena missione; il riscatto di Pietro che, finalmente, incontra la sua identità; la perplessità davanti alla morte del "patriarca" della comunità del discepolo amato, probabilmente l'evangelista Giovanni.
1. vv. 1-14: Come superare la crisi di identità della comunità?
Ci troviamo nuovamente in un contesto eucaristico e con molte somiglianze col cap. 6; ma è anche un contesto missionario. La scena si apre col "mare di Tiberiade" e ci fa pensare all'ambiente di azione della comunità. Tiberiade che diede il nome al lago, fu costruita in onore dell'imperatore Tiberio. Giovanni chiama il lago "mare di Tiberiade" e non "mare di Galilea". Forse la cosa è intenzionale, dimostrando con ciò che la comunità (i discepoli) è in piena attività missionaria (pesca) in mezzo ai gentili (rappresentati dal lago). Cfr. v. 1.
Il v. 2 ci presenta sette discepoli insieme. Sette: ci dà l'idea della totalità; quando è relazionato con "sette popoli", indica la totalità delle nazioni. I sette sono capeggiati da Simon Pietro e decidono pescare (v. 3). Il fatto può essere letto simbolicamente. Da un lato può rappresentare le fughe della comunità che non possiede prospettive chiare. Difatti, secondo i sinottici, i discepoli furono chiamati ad essere pescatori di uomini. E ora ritornano a pescare pesci... D'altra parte - sia questa forse la vera intenzione di Giovanni - il fatto può indicare l'azione missionaria della comunità in mezzo ai pagani, dei quali il mare è simbolo. Nei vangeli, la pesca ha sempre una connotazione messianica ed escatologica.
Accettando la seconda ipotesi, vediamo i sette pescando in una notte senza frutto. É la crisi della comunità missionaria. La notte, in contrasto col giorno, simbolizza l'assenza di Gesù o dello Spirito (cfr. 9,4-5 e 15,5).
Come uscire dalla crisi di una comunità che non realizza il progetto di Dio? Troviamo la risposta in seguito. "Sul far del giorno" (v. 4a) è una allusione alla nuova realtà inaugurata dalla risurrezione. Ma i discepoli non "sapevano" che Gesù era sulla spiaggia. Manca qualcosa alla comunità: senza la fede nella risurrezione di Gesù il suo compito è sterile. E la risposta dei discepoli (v. 5) conferma questa sterilità.
La parola di Gesù risorto muda la situazione. Lanciando la rete a destra della barca, i discepoli prendono una grande quantità (lett. moltitudine) di pesci. Giovanni aveva utilizzato solo una volta questa parola "moltitudine" (cfr.. 5,3) riferendola ad "una moltitudine di infermi". Scegliendo questa "moltitudine", la comunità diventa feconda e fruttifera. La coscienza di questo nasce dall'amore. Il "discepolo amato" è l'unico capace di percepire che la comunità realizzerà la sua missione con successo (v. 6b) quando farà la sua scelta per Gesù e per la "moltitudine". Perciò è lui che scopre chi diede questo ordine: "É il Signore" (v. 7a).
Identificata la radice della crisi, Pietro sintetizza le nuove disposizioni della comunità: si veste (allusione al servizio, cfr. v. 13,4 come Gesù) e si butta in mare (disposizione ad affrontare il rischio). Pietro fa questo da solo perché ha il dovere di riconciliarsi con Gesù ed il suo progetto: non aveva accettato Gesù come servo (cfr. 13,6.8) e lo negò tre volte (18,17-27).
Giunti alla spiaggia, i discepoli vedono in primo luogo i segni dell'amore di Gesù per loro: brace, pesce e pane (v. 9). Vedono il segno di ciò che Gesù aveva loro preparato (cfr. cap. 6). Ma Gesù chiede qualcosa del frutto del loro lavoro. É così che si stabilisce la comunione tra Dio e le persone (v. 10).
Pienamente riconciliato, Pietro entra "da solo" nella barca e trascina la rete per terra (v. 11a). Da dove gli viene tanta forza per fare da solo ciò che prima era fatto con tanta difficoltà? (v. 6). É che "entrare nella barca" è la conseguenza immediata di "buttarsi in mare" (v. 7b). L'evangelista parla di 153 grandi pesci. Si è parlato molto di questa cifra. La spiegazione più plausibile sembra quella di S. Girolamo. Secondo lui, gli zoologi greci avevano classificato 153 specie di pesci. Il significato sarebbe dunque questo: l'azione della comunità, col mandato di Gesù, è capace di riunire tutti i popoli attorno a sé, senza con questo soffrire rotture (la rete che non si strappa; cfr. l'allusione alla tunica di Gesù, 19,24). E Pietro, convertito e riconciliato con Gesù, tira la rete che non si strappa (v. 11b).
Gesù prende l'iniziativa ed invita la comunità all'Eucaristia: "Venite a mangiare" (v. 12a). É la refezione dove sono presenti tutti i popoli (153 grandi pesci). A partire da questo gesto più nessuno ha bisogno di chiedere a Gesù: "Chi sei tu?" perché "sanno" che lui è il Signore (v. 12). Nel 4º vangelo troviamo varie volte questa domanda (cfr. 1,19; 8,25; 10,24; 18,33) senza che ci sia una risposta definitiva. Qui, nel finale, cessano le domande perché l'esperienza del Cristo risorto non ha più bisogno di loro.
2. vv. 15-19a: La vocazione del discepolo: comunione con Dio e solidarietà con le persone
Nella scena precedente Pietro non aveva nessuna attenzione da parte di Gesù: ora è il centro dell'attenzione di Gesù. Cosa si chiede a qualcuno che ha fatto le stesse scelte di Gesù? Lo troviamo nei versetti 15-19a, mentre i vv. 19b-23 illustrano la vocazione del discepolo.
Le condizioni per seguire Gesù diventano evidenti nella triplice domanda diretta a Pietro: "Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?", nella triplice risposta e nella conferma del compito. C'è una stretta relazione con la triplice negazione di Pietro (18,17-27). Difatti, Giovanni non ricorda il pianto di Pietro come aveva fatto invece Luca (22,62). Ciò che Gesù chiede è l'amore incondizionato. Concretamente questo amore si effettua nell'azione di Pietro che prolunga l'azione di Gesù, pastore e porta. Il discepolo entra per la porta che è Gesù (10,9), e di là condurrà le pecore, portandole a possedere la vita di Gesù (10,10).
Questo progetto assunto dal discepolo comporterà dare la propria vita, come fece Gesù. Difatti, l'espressione "stendere le mani" è una probabile allusione al gesto dei condannati alla crocifissione, che aprivano le braccia per essere caricate con la trave superiore della croce. E "lasciarsi cingere" ricorda la corda legata a quelli che erano condotti alla crocifissione. La vocazione è dunque seguire Gesù: "Io sono il cammino" (14,6) e diventa evidente nell'azione di Gesù.