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TESTO La nuova creazione

padre Tino Treccani

II Domenica di Pasqua (Anno C) (22/04/2001)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

1. La creazione della comunità messianica (vv.19-23)

É la sera della domenica di Pasqua; un riferimento all'antica prassi cristiana di celebrare l'Eucaristia nel giorno del Signore, sull'imbrunire. Per i giudei già era iniziato un nuovo giorno, mentre per Giovanni è ancora il giorno della risurrezione, il nuovo tempo inaugurato dalla vittoria di Gesù sulla morte. Siamo in un contesto eucaristico. Le porte chiuse denotano da una parte la paura dei discepoli e dall'altra il nuovo stato di Gesù, per il quale non ci sono più barriere. Gesù si presenta in mezzo alla comunità (altro riferimento al contesto eucaristico) e saluta i discepoli con la parola che indica la pienezza dei beni messianici: "La pace (shalom) sia con voi!" É lo stesso saluto di congedo (cfr. 14,27). Ora è il saluto dell'Agnello vincitore che porta ancora i segni della vittoria, le ferite nelle mani e nel costato (v. 20a). É di lui che la comunità si alimenterà.

La comunità reagisce con allegria (cfr. 16,20.22). Così rafforzata, al comunità è pronta per la missione che il proprio Gesù aveva ricevuto: "essere inviati" (v. 21b). Lo Spirito Santo garantisce la missione della comunità. Per Giovanni, la Pentecoste inizia in questo stesso giorno. Battezzati nello Spirito Santo (cfr. 1,33) i cristiani devono continuare il progetto di Dio, sintetizzato nei versetti 22b-23 (rimettere i peccati).

Cosa è "peccato" per Giovanni? É aderire all'ordine ingiusta che ha messo a morte Gesù. I peccati sono atti concreti decorrenti da questa scelta. Fondamentalmente, il compito della comunità è mostrare, con parole e azioni, che chi si chiuse al progetto di Dio, rimane nei suoi peccati (cfr. 9,41: "Il vostro peccato rimane").

Il soffio di Gesù sui discepoli, ricorda Gen 2,7, il soffio vitale di Dio: nasce la comunità dei seguaci di Gesù che continueranno la sua missione (v. 20,21). Per il suo Spirito diventeranno suoi testimoni davanti al mondo (15,26ss); manifesteranno con atti e opere l'amore gratuito e generoso del Padre (9,4). Inevitabilmente, anche a loro, cioè dinanzi alla testimonianza, succederà come a Gesù: chi accoglie e chi rifiuta, arrivando perfino a uccidere i discepoli in nome di Dio (15,18-21); 16,1-4). Non è missione della comunità, come non lo era quella di Gesù, giudicare gli uomini (3,17; 12,47). Il giudizio sarà dato nel constatare e confermare il giudizio che l'uomo dà a se stesso di fronte al progetto di Dio.

2. La fede matura (vv. 24-19)

Nelle comunità cristiane del primo secolo era presente un malinteso: i testimoni oculari starebbero su un livello superiore a rispetto di chi non vide il Signore risorto. Sembra che l'episodio di Tommaso voglia chiarire questo. Tommaso era uno dei Dodici ed aveva vissuto con Gesù, prima della passione: l'importante non è aver vissuto con Gesù prima della sua morte, bensì vivere la vita che nasce dalla sua risurrezione, assumendo il progetto di Dio come scelta personale. Nonostante la buona volontà di Tommaso (11,16 "andiamo anche a noi a morire con lui"), egli non aveva fatto l'esperienza del Cristo vivo, nemmeno ricevette lo Spirito (cfr. v. 24). Contrariamente a quanto facevano i convertiti, non accetta la testimonianza dei discepoli. La sua fede è ancora debole: non nasce dall'esperienza di amore della comunità, ma dipende da segni straordinari.

Il riferimento all'ottavo giorno, denota ancora una volta il contesto eucaristico del testo. Per il 4º Evangelo, la risurrezione di Gesù si prolunga per tutti i giorni della storia.

Tuttavia, la maggior professione di fede nel 4º Evangelo la troviamo in bocca a Tommaso: "Mio Dio e mio Signore!" Riconosce in Gesù il servo glorificato (Signore), in piena uguaglianza con il Padre (Dio). É la prima volta, eccetto che nel Prologo, in cui Gesù è chiamato di Dio. Notiamo che il capo d'accusa per la morte di Gesù fu proprio il fatto di essersi proclamato uguale a Dio (5,18), o di farsi Dio (10,33).

La scena termina con l'unica beatitudine esplicita nel vangelo di Giovanni (cfr. 13,17). Privilegia coloro che crederanno senza aver visto. Il Vangelo è sfida e apertura per il futuro: accettarlo o rifiutarlo. Lì si gioca la sorte dell'essere umano e del cristiano.

3. Epilogo

Gli studiosi ammettono che qui si chiude il vangelo di Giovanni. Il cap. 21 sarebbe stato aggiunto posteriormente. L'epilogo sintetizza l'azione di Gesù, marcata da "segni", la cui funzione è i l proprio oggettivo del vangelo: suscitare la fede e l'adesione al progetto di Gesù, il Cristo, compiuto nella sua morte e risurrezione. Questo progetto è lo stesso del Padre, di cui il Figlio è espressione fedele. Aderendo a lui, le persone hanno la vita.

Per riflettere

Ci riuniamo nel giorno del Signore per celebrare l'eucaristia. C'è da chiederci che progetti di vita possono nascere in seno alle comunità cristiane. Da chiederci se le comunità uniscono, o se, purtroppo, se non segregano, allontanano le persone. Viviamola tentazione di Tommaso, ogni giorno, alla ricerca affannosa di grandi segni, di azioni portentose, chiedendo, magari, al caro Papa, di realizzare il miracolo della Pace mondiale. La pozione "magica" non sta in quanto sappiamo di Cristo, di Chiesa, di riti e come li viviamo, li rinnoviamo lungo la vita; bensì, penso, dovrebbe scaturire da quella esperienza quotidiana di incontro col Risorto. E questo incontro solo avviene dentro di una comunità. Non abbiamo investiture prescelte e dirette da un rapporto individualistico con Dio. La fucina dell'amore, potrebbe essere anche la banalità di azioni ripetitive, ma costanti nel rivelare il dono della fede che abbiamo ricevuto, condiviso in una carità che sa perdonare i peccati. Ma Lui ci ha avvisato: ciò che non vogliamo perdonare, nemmeno Lui può fare il miracolo. La pace che non vogliamo costruire come frutto di giustizia, non cadrà mai dal cielo come una manna. Il male che vediamo negli altri, nel mondo, "lontano da Cristo e dalla Chiesa", è il nostro male, con cui le nostre mani si devono sporcare. E' interessante che l'evangelista Giovanni, parla di paura dei discepoli, di fronte alle avversità. Sono uomini semplici, normali, banali, ma interessante che nel momento dell'eucaristia non c'è nessuno predominando sull'altro o spacciandosi migliore o con più diritti: tutti invece, invitati a ricevere lo Spirito, il soffio di vita che spazza via ogni morte e ogni peccato. Altro che messaggio soft. Si tratta pure di calarsi le brache (dice Paolo, "farsi tutto a tutti") se il vangelo lo esige e non avanzare la spada di una boriosa supremazia culturale o peggio razziale. Il mondo è pieno di luoghi comuni, ma anche di tanti segni di speranza, di generosità efficace. Può diventare una eterna eucaristia se scegliamo proprio il progetto di Gesù: la misericordia non è utopia, tanto meno il perdono. Spalanchiamo i nostri cenacoli e non temiamo di dare la nostra vita, come cibo e bevanda condivisi. Solo c'è vita se sappiamo rompere il guscio del comodismo, della rassegnazione, della fine e subdola invidia nei confronti di chi sa rischiare, mentre ce ne stiamo rintanati e protetti da ovatte che non salvano più nessuno. É Pasqua, è cammino, è missione.

 

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