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TESTO Un abisso chiamato indifferenza

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/09/2001)

Vangelo: Lc 16,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: 19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Una Parola impegnativa, quella di oggi: la parabola di Lazzaro e il ricco epulone (che ho scoperto essere un soprannome che potremmo tradurre: 'festaiolo e mangioné) conclude e arricchisce la delicata riflessione di domenica scorsa.

Sottolineo alcuni particolari di questa spettacolare e indigesta parabola. Anzitutto noterete che Dio conosce per nome il povero Lazzaro (il nome in Israele è manifestazione dell'intimo: Dio conosce la sofferenza di questo mendicante!) mentre non ha nome il ricco epulone che - peraltro - non viene descritto come particolarmente malvagio...Inoltre, il centro della parabola non è la 'vendettà di Dio che ribalta la situazione tra il ricco e il povero, come a noi farebbe comodo pensare, in una sorta di pena del contrappasso. Il senso della parabola, la parola chiave, a me pare, è: "abisso".

C'è un abisso fra il ricco e Lazzaro, c'è un burrone incolmabile. La vita del ricco, non condannato perché ricco, ma perché indifferente, è tutta sintetizzata in questa terribile immagine. E' un abisso la sua vita. Probabilmente buon praticante (come acidamente dice Amos verso i suoi contemporanei nella prima lettura, stupito dalla superficialità incosciente dei potenti di Israele), non si accorge del povero che muore alla sua porta. L'abisso invalicabile è nel suo cuore, nelle sue false certezze, nella sua supponenza. In altri tempi quest'atteggiamento veniva chiamato "omissione": cioe' un cuore che si accontenta di stagnare, senza valicare l'abisso e andare incontro al fratello.

Quante volte mi sento dire in confessionale: "non faccio del male a nessuno" come il ricco della parabola! Gia', ma questa tensione al minimo non può dissetare. Lazzaro, invece, chiamato per nome (tra l'altro: è una contrazione di Eleazaro che significa "Dio ha aiutato") riceve da Dio l'attenzione negatagli dal ricco.

Come ci poniamo di fronte a questa parabola? Il "passare oltre" già sentito nella parabola del buon samaritano torna prepotentemente a scuoterci. Non possiamo tirarci da parte di fronte al dramma della povertà che è la negazione dell'uomo, davanti al problema della disoccupazione, davanti ad un'economia, come dicevamo domenica scorsa, che vive del capitale scordando l'uomo. Gli eventi di queste settimane ci ricordano che il mondo è microscopico, che la globalizzazione è concreta ed effettiva: non esiste un paese che si possa tirare da parte. La scorsa settimana alcuni miei allievi, buoni adolescenti contemporanei preoccupati dei sms e dell'auto nuova sono diventati improvvisamente interessati al tema della pace discusso in classe, visto che alcuni devono partire per il servizio militare! L'attenzione al povero, che non è atto volontaristico e sociale tanto di moda oggi, diventa misura della nostra fede. Mi accorgo della povertà economica, spirituale, umana che ho intorno a me? Noi, che abbiamo conosciuto Colui che è più di Mosé e dei profeti, non possiamo far finta di non vedere Lazzaro che muore alla porta di casa. Il Vangelo di oggi, concludendo la riflessione di domenica scorsa, ci dice che l'anticonsumismo è la solidarietà, la condivisione. Una condivisione, però, intelligente. E' finito il tempo delle elemosine "una tantum", delle cinquemila date per far tacere il fastidio dell'insistenza di chi chiede e la coscienza. No: Dio chiama per nome Lazzaro, non gli sgancia un cinquemila. Si lascia coinvolgere, ascolta le ragioni, non accetta gli inganni, aiuta a crescere. Così la nostra comunità, sempre più, deve lasciare che lo Spirito susciti in mezzo a noi nuove forme di solidarietà che rispondano alle nuove forme di povertà. La sete del ricco, finalmente sete di chi ha capito, è una sete che fin d'ora percepiamo se abbiamo il coraggio di ascoltarci dentro. L'ammonimento di Amos che condanna gli "spensierati di Sion", cioe' i superficiali di tutti i tempi, ci aiuta a spalancare gli occhi e 'vedere' i nuovi Lazzaro alla porta.

Infine un richiamo forte alla conversione: epulone rimpiange il fatto di avere vissuto con superficialità i tanti richiami che gli venivano fatto ed invoca un miracolo per ammonire i suoi fratelli. No: i profeti e la Parola del vangelo dimorano abbondanti in mezzo a noi, a noi di accoglierli...

Che il Signore della misericordia converta i nostri cuori e susciti intelligenza e forza per aprire la nostra vita all'accoglienza del fratello che soffre!

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