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TESTO Le azioni mostrano chi sono le persone

padre Tino Treccani

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (25/02/2001)

Vangelo: Lc 6,39-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,39-45

In quel tempo, Gesù 39disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

41Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.

Luca continua il "discorso della pianura" presentando Gesù come l'espressione massima della misericordia divina. I versetti di oggi chiudono questo discorso di Gesù, indirizzato in maggioranza ai discepoli. Nella comunità ci sono problemi interni: qualcuno si giudica superiore agli altri e emette giudizi sugli altri come se la religione fosse qualcosa da dire e insegnare "per gli altri", e non per sé stessi in primo luogo. La nuova società inizia dentro la comunità se cominciamo a trasformare profondamente le relazioni tra di noi.

1. Solo Dio può giudicare (vv. 39-40)

Perché le persone hanno tanta fretta di emettere giudizi? "Può un cieco guidare un altro cieco?..." (v. 39). Solo Dio può giudicare (vv. 37-38). In Matteo (cfr. 15,14) ciechi sono i farisei, ma qui in Luca sono i discepoli che, giudicando, pretendono di mettersi al posto di Dio. Voler guidare gli altri può sembrare un gesto di amore, ma quando siamo ciechi e pretendiamo essere guide, il nostro amore è puro egoismo, perché porta le persone nella buca.

"Un discepolo non è maggiore del maestro. Ogni discepolo ben formato sarà come il Maestro" (v. 40). Il Maestro è Gesù: lui non giudica né condanna (cfr. Gv 3,17). Il nuovo modo di relazionarci presuppone una comunità dove nessuno giudica nessuno (cfr. 6,37).

2. Correzione fraterna (vv. 41-42)

Se Dio è l'unico che può giudicare, come agire di fronte alle persone che sbagliano? Il vangelo dice che è ipocrisia volere rendere migliori gli altri, perché pretendendo di correggere il prossimo, facilmente diventiamo giudici o guide degli altri. La norma comune è la misericordia del Padre (v. 36). É facile praticare una religione "per gli altri"; è difficile vedere la trave nei nostri occhi. Se non vogliamo essere ipocriti, dobbiamo togliere prima la trave dai nostri occhi.

Una persona cattiva può, con la sua critica, migliorare gli altri? Cosa fare dunque di fronte agli errori degli altri? Forse serve la "cura dello specchio": cercare di imitare il buono che vediamo negli altri e correggere dentro di noi ciò che pensiamo sbagliato nei nostri simili.

3. Le azioni mostrano chi sono le persone (vv. 43-45)

Ancora Matteo applica il paragone dell'albero buono e cattivo ai farisei (cfr. Mt 12,33-35). Luca lo applica alla comunità: la pratica rivela chi sono le persone (v. 44). Gesù è l'albero buono che produce frutti di liberazione. La sua morte ha generato vita nuova e mostrò cosa significa creare relazioni sociali giuste. Per la causa del Regno ha dato la sua vita. I suoi gesti rivelano la sua identità.

Ci possiamo chiedere a rispetto delle scelte preferenziali di ogni persona e della comunità intera. Relazioni sociali perverse sono segno di scelte sociali perverse.

"L'uomo buono trae fuori il bene dal prezioso tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo invece, dal suo cattivo tesoro trae fuori il male. Con la bocca infatti si esprime tutto ciò che si ha nel cuore" (v. 45).

Per riflettere

Sincerità e ipocrisia sono un po' come gli argini dentro i quali scorrono le nostre relazioni. Focalizzare le pagliuzze e le travi, dipende, dice Gesù, dalle nostre scelte fondamentali, cioè su che cosa scommettiamo la nostra vita. Spesso e volentieri ci riteniamo "laureati" nel puntare il dito contro gli altri, ma ci manca l'esperienza paziente della misericordia. Siamo zelanti nel voler pulire il cortile e magari anche la casa del fratello e non ci accorgiamo che il nostro "tesoro interno", forse, non è tanto così prezioso, o, per lo meno, niente di più e in meglio di quello delle persone che critichiamo.

Una religiosità che non paga di persona col prezzo della misericordia è semplice ipocrisia, sembra dirci il brano di oggi.

Eppure la questione è reale, proprio dentro le comunità cristiane. Gli "specchi" sembrano spesso ritornarci una immagine narcisistica, compiaciuta del nostro "sentirci giudici e guide". Non vedendo, nemmeno riusciamo a livellare le "buche" come suggerisce il Battista.

C'è da chiederci, cosa sia questo "buon tesoro del cuore" che ci possa aiutare a fare scelte coerenti, senza sostituire Dio. Ogni discepolo ben formato sarà come il Maestro... Cioè il "formarci" alla scuola della Vita esige dialogo, ascolto, tenacia e pazienza e, soprattutto, seguire l'esempio dell'unico Maestro. La bocca parla ciò che abbiamo nel cuore; cosa annunciamo ai quattro venti e cosa invece non diciamo? La parola è un dono prezioso e lo sarà sempre più dai frutti buoni che la nostra bocca può produrre. La correzione fraterna esige l'eliminazione di metodi tenebrosi nelle nostre relazioni: quando è veramente la carità a guidare la delicata opera di pulitura di pagliuzze e travi, non ci sarà più spazio per il giudizio di condanna. Sarà la festa piena di speranza e vita risorta; sarà il culto gradito a Dio perché manifesterà la sua misericordia tramite i nostri cuori, la solidarietà, l'uguaglianza, la dignità ed il rispetto e l'ipocrisia di voler "guidare gli altri" si trasformerà in coscienza sincera dei propri limiti. Il vedere, non solo smetterà di vivisezionare le persone, ma saprà andare oltre le incongruenze e contraddizioni, proprie di ognuno di noi, e cercherà il cammino comune a tutti: siate misericordiosi, come lo è il Padre vostro nei cieli.

Non possiamo perdere la speranza: se i nostri frutti non sono grande cosa, possiamo cambiare, crescere. La grazia non ci mancherà certo, perché Dio è il grande interessato nella qualità del nostro raccolto. O, tristemente, crediamo che qualcuno, per natura, nasce buono, ed altri nascono cattivi? Cosa è che "manifesta" la nostra storia umana chiamata ad essere immagine e somiglianza del Dio della Vita? È quel tesoro nascosto nel cuore di cui la parola si fa messaggera e la testimonianza garanzia. É nel parlare che l'uomo si rivela e mostra il suo cuore, ci dice il Siracide. La morte mostrerà sempre il suo pungiglione e la forza della sua legge, ma sappiamo che la nostra fatica non è vana nel Signore.

 

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