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Martedì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (28/11/2006)

Vangelo: Lc 21,5-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Nel testo evangelico di oggi, Gesù, con un linguaggio apocalittico, comincia annunciando la rovina del tempio di Gerusalemme, all'interno del quale sta parlando. Nonostante la sua imponente bellezza, orgoglio di ogni israelita, sarà raso al suolo, finché non resterà pietra su pietra. Accade sempre, e più presto di quello che non si penserebbe, che non ne resti più pietra su pietra. Questa percezione del provvisorio della vita, che deve spingerci a guardare a Cristo come a colui che invece non passa, è uno dei segreti per la giusta interpretazione della nostra stessa esistenza. "Maestro, quando succederà questo? E quale è il segno che queste cose stanno per venire?" Gesù non soddisfa il prurito di curiosità circa il futuro. Noi gli chiediamo "quando" sarà la fine del mondo e quali saranno "i segni?" Egli non ne fissa una scadenza determinata. Non ha valore conoscerla, "la sa solo il Padre". Il regno di Dio non sarà proclamato certo da coloro che vi diranno: "Sono io, e il tempo è giunto. Non seguiteli". Gesù è venuto invece ad insegnarci che il mondo ha nel Padre il suo inizio e il suo termine, e ci chiama a vivere il presente in quest'ottica, l'unica che da senso alla vita. "Guardatevi di non lasciarvi ingannare". Bando alle false attese di una fine imminente. I pretesi segni della fine sono tutte cose che avvengono "prima", sono le circostanze del nostro accidentato quotidiano, e sarà sempre così: "guerre, rivoluzioni, terremoti, carestie, pestilenze, segni terrificanti nel cielo. Sono un indizio che il Regno è vicino e che la vicenda umana va verso il suo compimento. In questo fluttuare di situazioni si inserisce la testimonianza dei discepoli che seguono e annunciano il loro Signore e fanno del tempo della loro vita un tempo di speranza e di attesa. L'universo finirà. Tuttavia la vittoria non sarà del male, bensì della fedeltà di Dio al suo amore per noi. Il Regno qui in terra sarà sempre come un seme: gettato, accolto, morendo darà frutto.

 

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