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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - Cristo Re (26/11/2006)

Vangelo: Gv 18,33-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 18,33-37

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Il sogno dell'uomo è quello di possedere un pezzetto di terra dove fermarsi tranquillamente e poter dire: "Sono il padrone, sono il re, posso fare quello che mi piace e nessuno può mettermi fuori!". Sarà un fazzoletto di prato, saranno quattro mura, sarà un vaso sul balcone o sarà... un misero spazio in fondo al cimitero!

Un pezzo di terra dove accoccolarci lo troveremo tutti, se non altro quando diventeremo... terra!

Lo sapeva benissimo il Pittore dell'universo, che ha realizzato su una spaziosa tavolozza un mondo così grande da contenere i piedi di tutti coloro che si sarebbero trovati a marciare su questa superficie...

Lo sapeva benissimo anche quando ha fatto balenare all'orizzonte di un popolo ramingo una terra promessa, con la speranza che, inseguendo questo sogno, quegli uomini camminassero su strade di umana perfezione...

Ma era proprio terra quella che voleva donare il Padre all'umanità, pur sapendo che le avrebbe offerto un campo di battaglia, soggetto ad invasione e ad usurpazione continue? pur sapendo che un lembo di terra, conquistato e perduto un'infinità di volte, sarebbe stato il tormento di tutta la sua vita?
Misera promessa e magra eredità di un Dio ricco e magnanimo!

Col miraggio di una terra 'dove scorre latte e miele' voleva donare una signoria più solida, una ricchezza incomparabile, una gioia più gustosa... senza più il timore di aggressioni, senza più il rischio di espropriazioni, e senza l'affanno di ulteriori annessioni e ampliamenti!

"Questa sì che è vera eredità benedetta! Ma dove si trova e quando prenderemo possesso?"

Pilato si tranquillizza al pensiero che il Regno di questo strano personaggio non sia di questo mondo... aveva temuto di trovarsi davanti ad un pretendente di ciò che lui si era guadagnato con tanta piaggeria. Noi, invece, siamo sconcertati e delusi, credevamo di poter correre al catasto per denunciare il diritto alla proprietà di una particella!

Come al solito è tranquillo chi possiede e deluso chi non ha niente...

Che non sia un'altra favolosa illusione... comprensibile da parte degli uomini, ma assurda da parte di Dio?

Pure a Mosè era stata promessa una terra e, quando stava per tagliare il nastro d'arrivo, gli è stata consegnata quella vera ed eterna, sicura e incorruttibile, gustosa come il latte e il miele.

La guida terrena, senza rendersene conto, varca la soglia di una eredità eterna... i piedi stanchi e sanguinanti di chi cerca Dio e si lascia guidare da Lui conducono sempre ad un approdo sicuro.
Ma non è solo nell'eternità la nostra patria da conquistare.

'Il mio Regno non è di questo mondo' significa che esso è lontano dalla mentalità corrente di piantatori di bandiere o costruttori di recinzioni, ma è un Regno la cui conquista comincia con la padronanza di sé.

Gesù incide su di un monte la 'Magna Charta' delle beatitudini, come sul Sinai il Padre aveva inciso le tavole della Legge. Queste servivano per una dignitosa e umana vita sociale, quelle servono a chi ambisce possedere il Regno.

'Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei cieli e beati i miti perché erediteranno la terra': queste due beatitudini sono, ormai, la bussola del nuovo popolo in cammino verso la terra promessa e il fresco anelito che anima coloro che hanno scelto di essere umanamente perdenti.

Non sono più le armi la forza dei nuovi conquistatori, non è l'arroganza l'elmo dei combattenti, non è la violenza o l'astuzia l'asso nella manica dei vincitori, ma è la paziente dolcezza, frutto di chi possiede la signoria dei propri istinti, l'avamposto per l'attacco alle mura del Regno.

E al di là delle mura troveremo un popolo pacifico, di gente dichiarata povera solo perché non ha mai mostrato i denti per difendere un pezzo di terra, non per incapacità ma per disinteressata condivisione.

Gente che si ritrova ad essere felice comproprietaria e coerede della Gloria del Figlio di Dio.

 

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