TESTO Il senso del tempo
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III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (26/01/2003)
Vangelo: Mc 1,14-20
14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
A che cosa paragonare il Regno di Dio?
"Domani arriva un'ispezione in ufficio". Brivido e panico si spargono tra gli impiegati. Chi prima si limava le unghie è preso da improvvisa frenesia. Si interrompono le telefonate a figli, parenti e fidanzati. Improvvisamente ciascuno è preso dall'urgenza e dalla fretta di far apparire che tutto è a posto, tutto è in ordine, tutto sta andando per il dovuto. Anche se probabilmente dopo l'ispezione le cose torneranno come prima. C'è qualcosa di questa situazione che ha a che fare con il Regno di Dio; ma il Regno di Dio non è come un'ispezione punitiva.
Non un'occasione passeggera
"Sabato c'è una festa in oratorio". Succede raramente, ma capita, che l'iniziativa raccolga improvvisamente il successo, e tutti si danno da fare. Chi prepara l'ambiente, chi prepara il cibo, chi organizza le musiche e i giochi, e l'ambiente si elettrizza, perché finalmente c'è qualcosa da fare. A volte emergono doti insospettate, in persone che stavano nell'ombra, e si scopre che Maria è una ballerina, Marco un disegnatore, Giovanni un chitarrista, e Paolo un irresistibile comico. Succede anche che dopo la festa ritornino ad essere gli stessi ragazzi annoiati di prima. Il Regno di Dio ha qualcosa in più a che fare con tutto ciò, ma non è una festa occasionale.
La festa continua
"Maria e Marco si sposano". Si conoscono da dodici anni, sono fidanzati da sette, e finalmente si decidono. La notizia si sparge come un fulmine tra amici e parenti. Ci sarà una grande festa, si faranno grandi regali, Giovanni si prepara a suonare in Chiesa e Paolo a fare gli scherzi al ristorante. La festa finirà, ma qualcosa non sarà più come prima. Le loro vite sono ora indissolubilmente unite. Il Regno di Dio è qualcosa di questo tipo.
Il tempo è compiuto
Quando Gesù annuncia che "Il tempo è compiuto, e il Regno di Dio è vicino" mette innanzitutto in risalto una qualità nuova del tempo. Non è più il tempo annoiato di chi non ha nulla da fare. Non è neppure il tempo rassegnato, di chi non ha più nulla da sperare. Non è neanche il tempo teso e preoccupato di chi sta aspettando troppo a lungo una cosa che non arriva. L'attesa è finita, il tempo è compiuto, il Regno di Dio è in arrivo. Non si può restare con le mani in mano, non ci si può occupare di cose da poco. Questa percezione generale del tempo ha grande influsso nella nostra vita: determina il modo di sentire la tristezza, la gioia, la noia, la stanchezza... il lieto annuncio di Gesù ci immette nel "tempo compiuto", ricco di significati e di opportunità, il tempo in cui si manifesta il Regno di Dio.
Il Regno di Dio è vicino
Certamente per cogliere appieno il significato di questa espressione dovremmo aver presente tutta la storia di salvezza di cui si parla nella Bibbia, che parla di un'attesa di secoli: da Abramo, a Mosè, al re Davide, dopo l'amarezza dell'esilio, il popolo di Israele aveva tenuto viva la speranza nel "Regno di Dio": cioè Dio stesso che si mette alla guida del suo popolo, senza più intermediari. Gesù è, nella sua persona, la manifestazione del Regno, lo sposo dei tempi messianici. In lui Dio e l'umanità sono indissolubilmente uniti. Ma se da parte di Dio l'offerta di salvezza è ormai piena e irrevocabile, si attende una corrispondenza da parte umana: "Convertitevi e credete al Vangelo".
"Seguitemi"
L'avvento del Regno comporta un cambiamento stabile nella persona che lo accoglie. Non si tratta di una folgorazione istantanea, né di un cambiamento occasionale, e neppure di un travestimento opportunistico. E' un cambiamento reale e radicale. Con grande sapienza narrativa, la prima immagine che l'evangelista ci presenta è la chiamata dei discepoli, per farci capire fino a che punto arriva questo "convertirsi e credere". La chiamata di Gesù tocca il cuore della loro esistenza: i pescatori di pesci diventano pescatori di uomini; la barca, le reti, perfino il padre: tutto viene lasciato. Il padre potrà cavarsela con in suoi salariati; ma non esistono salariati in grado di fare il lavoro del Regno di Dio.
Una sana inquietudine
L'ascolto di questa parola del Signore mette innanzitutto in discussione il nostro modo di vivere il tempo. Troppo affanno da una parte, troppa noia dall'altra, e in mezzo troppe distrazioni. Ci rendiamo conto che qualcosa non va, ma non riusciamo a porvi un rimedio. Il primo rimedio è recuperare la consapevolezza spirituale che non stiamo vivendo semplicemente la nostra vita, la nostra storia: la nostra vita acquista un senso pieno perché il Signore è presente con noi, ci accompagna: è lui il vero padrone del tempo. Basta un imprevisto, una malattia, una disgrazia, per farci comprendere la fragilità dei nostri progetti. Il tempo è quindi un'occasione preziosa per vivere secondo il progetto di Dio.
I discepoli sono chiamati nel loro lavoro, mentre riassettano le reti. Lì il Signore fa scoprire la loro vocazione, che comporta l'abbandonare il lavoro. Non per tutti si impone una scelta così radicale, almeno esteriormente. Ma in profondità potrebbe imporsi l'esigenza di vivere il lavoro in maniera radicalmente diversa. Metà della nostra giornata è impegnata dal lavoro: non può essere una parentesi insignificante. Il nostro essere cristiani non può essere un bell'abito da sfilarsi mentre si indossa la divisa di lavoro. Ma è possibile seguire Gesù anche nel nostro lavoro?
Flash sulla I lettura
Il libretto di Giona è un libretto satirico, fortemente caricato di ironia, contro un atteggiamento sbagliato di esclusivismo da parte del popolo eletto. La situazione narrata ha il valore di una grande parabola, in cui Dio si rivela come il Dio di tutti i popoli, anche dei più feroci nemici degli ebrei. Giona è convinto di annunciare una distruzione inevitabile della città assira di Ninive, la città degli oppressori feroci e crudeli che per secoli avevano dominato in Oriente. Ma la sua predicazione ottiene l'effetto di convertire la città, per cui Dio la perdona e non la distrugge.
"Ognuno desista dalla sua condotta malvagia e dalla violenza...": i segni esteriori del digiuno e del vestire di sacco non sono un vuoto formalismo, ma segni efficaci di una trasformazione della vita. Si rinuncia all'orgoglio, alla prevaricazione, al soddisfacimento immediato di tutti i propri bisogni e desideri, da cui nascono facilmente la violenza e la sopraffazione. Tutti i libri profetici sono un pressante appello al cambiamento di vita e alla conversione di Israele. Il libro di Giona ha l'audacia di riferirla ai pagani: anche i Niniviti potrebbero convertirsi e risultare graditi a Dio. Viceversa, il popolo di Israele soffre di una cronica incapacità di ravvedersi. Il messaggio del libro di Giona è salutare anche per le nostre comunità, anch'esse malate di esclusivismo, di protagonismo, di rancori mai pienamente superati.
Flash sulla II lettura
"Il tempo si è fatto breve...": le parole dell'apostolo rivelano la sua attesa di un imminente ritorno del Cristo, probabilmente molto diffusa nel primo secolo a.C. Tuttavia illuminano anche la nostra condnizione oggi: noi siamo "stranieri" in questo mondo, e non abbiamo il pieno possesso su nessuna delle realtà mondane: né l'amore, né il ilavoro, né la famiglia... Per Paolo diventa urgente ricercare subito, nell'immediato, il modo migliore di aderire a Dio ed entrare nel suo Regno.
"quelli che hanno moglie vivano come se non l'avessero, quelli che piangono come se non piangessero...": si tratta di non assolutizzare nessuna realtà puramente umana,, di riferire tutto a Dio, e alla sua venuta imminente. La stessa urgenza vale per noi oggi, che rischiamo di lasciarci soffocare dalle troppe cose da fare, e, paradossalmente, diventiamo incapaci di gustarle appieno. Il giusto distacco a cui allude Paolo consente di vivere per Dio, e nello stesso tempo di dare il giusto valore a tutte le realtà umane.
"Passa la scena di questo mondo": con un termine teatrale, si indica un cambiamento di fondale: bellissima immagine che dà tutto il senso della fragilità delle cose. Tuttavia l'intonazione non è pessimistica o negativa: è piuttosto l'esultanza per l'avvento ormai prossimo del Regno.