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TESTO Commento su Marco 12,38-44

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (12/11/2006)

Vangelo: Mc 12,38-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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38Diceva loro nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

41Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. 43Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

".. nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere "

Il senso vero della povertà, vissuta per il Regno dei cieli, è il tema della liturgia eucaristica di questa domenica.

La povertà: Cristo l' ha collocata tra le beatitudini:" Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli" ( Mt.5,3 ), non una qualunque indigenza, dunque, ma quella povertà vissuta con dignità, nella pace e nella fiducia in Dio, che è Padre e soccorre i suoi figli, come anche il Salmista canta:
Il Signore è fedele per sempre,
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.
Il Signore ridona la vista ai ciechi
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge lo straniero.
Egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie degli empi ( sl. 145 )
.

Il passo del Vangelo di oggi, ancora ci parla dei giorni che precedono la passione; Gesù è a Gerusalemme, nel tempio, dove ha incontrato i capi dei sacerdoti, gli scribi e i farisei, ed ha affrontato, con loro, alcune controversie; ora, sempre nel tempio, dopo il colloquio con lo scriba che aveva compreso il cuore della Rivelazione, Gesù mette in guardia i suoi discepoli e quanti lo seguivano, dalla quella presunta religiosità, che è strumento per esibirsi e primeggiare, una falsa pietà, fatta di ipocrisia e di vana ostentazione, dietro la quale si nasconde, spesso, l' ambizione del potere.

Gesù, dal luogo in cui si trovava, poteva osservare l'andirivieni delle persone, che mettevano la loro offerta nel tesoro del tempio, " tanti ricchi ne gettavano molte..", e, sotto gli occhi di tutti; in questo contesto, che assomiglia ad uno spettacolo, ecco farsi avanti una vedova; una donna la cui condizione economica e sociale, era, all'epoca, particolarmente drammatica.

Le vedove, infatti, con la morte del marito, non avevano più chi assicurasse loro personalità giuridica, e il sostegno economico, tanto che, spesso, erano ridotte alla mendicità, oppure, venivano a trovarsi in balia di altre persone, e, non sempre raccomandabili.

Ora, al tempio, nel cortile delle donne, avanza, verso le cassette per le offerte, una di queste povere donne, e mette, in una delle cassette, "due spiccioli", due monete di rame, le più piccole in corso: un' autentica miseria. La donna non bada, certo, alla magra figura che fa', in confronto alle grosse, ma non generose, offerte dei molti ricchi; tuttavia, col suo gesto, richiama l'attenzione e l'approvazione del Cristo, che fa di lei un'icona della vera povertà e carità.

«In verità vi dico -proclama il Maestro, rivolto ai discepoli- questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Con quelle due monete, la donna, avrebbe, sicuramente, comprato qualcosa con cui sfamarsi, ma, al suo bisogno, antepone il servizio di Dio, con un semplice gesto, rivolto alla maestà di Lui; i ricchi, invece, davano, ostentatamente, solo una piccolissima parte delle loro ricchezze, senza per questo, soffrire privazioni; lei no, lei si priva del necessario, e perciò, la sua offerta è, di gran lunga, superiore alle altre.

Questa vedova vive la beatitudine dei poveri, che hanno riposto tutta la loro fiducia in Dio," Padre dei poveri e difensore delle vedove", come canta il Salmista ( sl.68,6), come spesso, la Scrittura insegna, e come ha predicato lo stesso Signore Gesù, all'inizio della sua missione.

Povertà beata è, quella che rende interiormente libera la persona, e le consente di crescere nella fede e nella carità, quella carità, che ha gli occhi aperti sui bisogni degli altri, e il cuore misericordioso nel soccorrerli.

Povertà beata è quella animata dall'amore che antepone gli altri a se stessi, e ripone la sua fiducia in Dio, che provvede, ogni giorno, alle sue creature." Io vi dico - raccomanda Gesù - per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, o di come vestirete. Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, e non raccolgono, eppure il Padre vostro celeste li nutre; non valete, voi, più di loro?...Cercate, prima, il regno di Dio e la sua giustizia, tutto il resto, vi verrà dato in sovrappiù ". ( Mt. 6,31-33)

Questa figura di donna, povera, generosa, fedele e giusta, ha un riscontro, anche nell'Antico Testamento, e, la liturgia di questa domenica, ce la ripropone: è la vedova, che, a Zarepta, in un momento di grave carestia, ospitò il profeta Elia, che sfuggiva alla persecuzione della regina Gezabele..

Alle parole del profeta, che chiedeva un po' d'acqua e un pezzo di pane, la donna rispose: «Per la vita del Signore tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' di olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo, andrò a cuocerla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo»; tuttavia, sulla parola dell'uomo di Dio, che la rassicura sulla provvidenza del Signore, il quale, non avrebbe permesso si esaurisse la farina della giara, né l'olio dell'orcio, servi prima il profeta, e, successivamente, mangiò lei col figlio.

E il racconto, così conclude:" Mangiarono Elìa, la vedova e il figlio di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e I' orcio dell'olio non diminuì, secondo la parola che Il Signore aveva pronunziata per mezzo.di Elìa. "

E' anche questo, un segno di povertà feconda, perché benedetta, benedetta, perché animata dall'amore del prossimo, che è immagine di Dio.

Povertà beata, consigliata da Gesù al giovane, che ricercava della 'perfezione'; a lui, il Maestro aveva suggerito di vender ogni suo bene a favore dei poveri, questo, non perché la povertà sia, per se stessa, un valore, ma perché essa, educando alla libertà interiore e alla misericordia, autentica e generosa, educa alla carità, e, con ciò, introduce alla contemplazione del Mistero di Dio che, per amore, si è fatto povero nel Figlio, come Paolo insegna:" Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò e stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini..." ( Fil.2,6-8 ) per donare, in riscatto, se stesso.

Solo nel nome di Cristo ha senso la povertà, scuola di condivisione fraterna, scuola di carità e di autentica umiltà, nel riconoscimento del limite, proprio di ogni creatura che, sempre, ha bisogno degli altri, così, come tutti, abbiamo bisogno dell'aiuto che viene dall'Alto, per giungere alla salvezza eterna.


Sr M.Giuseppina O.P.
mrita.pisano@ virgilio.it

 

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