TESTO Commento su Matteo 21,28-32
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Martedì della III settimana di Avvento (16/12/2003)
Vangelo: Mt 21,28-32
Matteo ha fatto confluire in questa parabola elementi molto diversi: oltre all'opposizione tra il dire e il fare che concludeva il discorso della montagna (7,21; cfr 23,3), si vede apparire quello del pentimento, mentre viene ripresa l'allusione a Giovanni Battista e alla fede (cfr 21,23-27); il tutto nel quadro di una vigna che richiama la parabola degli operai (19,30-20,16) e annuncia quella dei vignaioli omicidi (21,33-46).
Nel regno di Dio contano i fatti, non le parole. I due figli sono i "giusti" e i "peccatori" (cfr 9,13). Un detto rabbinico insegna: "I giusti promettono poco e fanno molto; gli empi parlano molto e non fanno nulla".
Il test è la docilità o meno all'appello di Giovanni Battista. I pubblicani e le prostitute, che in un primo tempo avevano rifiutato la volontà del Padre manifestata nelle legge, hanno creduto a Giovanni Battista e, tramite lui, hanno scoperto la via della salvezza nel regno annunciato da Gesù, mentre i capi d'Israele non lo ascoltarono e non gli credettero.
Questo brano trasmette molta consolazione e fiducia. Nessun peccatore deve scoraggiarsi. Questo testo annuncia un nuovo ordinamento di Dio, che contrasta con il modo di vedere umano e lo supera.