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TESTO Gesù mette in guardia contro il pericolo dell’avarizia

padre Raniero Cantalamessa

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (15/10/2006)

Vangelo: Mc 10,17-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 10,17-30

17Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 18Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». 20Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». 22Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

23Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». 24I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! 25È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». 27Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

28Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, 30che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.

Un'osservazione preliminare è necessaria per sgomberare il campo da possibili equivoci nel leggere ciò che il vangelo di questa domenica dice della ricchezza. Mai Gesù condanna la ricchezza e i beni terreni per se stessi. Tra i suoi amici, vi è anche Giuseppe d'Arimatea "uomo ricco"; Zaccheo è dichiarato "salvo", anche se trattiene per sé metà dei suoi beni, che, visto il mestiere di esattore delle tasse che esercitava, dovevano essere considerevoli. Ciò che egli condanna è l'attaccamento esagerato al denaro e ai beni, il far "dipendere da essi la propria vita" e "l'accumulare tesori solo per sé" (cfr. Lc 12, 13-21).

La parola di Dio chiama l'attaccamento eccessivo al denaro "idolatria" (Col 3, 5; Ef 5, 5). Mammona, il denaro, non è uno dei tanti idoli; è l'idolo per antonomasia. Letteralmente, "l'idolo di metallo fuso" (cfr. Es 34, 17). Mammona è l'anti-dio perché crea una specie di mondo alternativo, cambia oggetto alle virtù teologali. Fede, speranza e carità non vengono più riposte in Dio, ma nel denaro. Si attua una sinistra inversione di tutti i valori. "Niente è impossibile a Dio", dice la Scrittura, e anche: "Tutto è possibile a chi crede". Ma il mondo dice: "Tutto è possibile a chi ha il denaro".

L'avarizia, oltre che idolatria, è anche fonte di infelicità. L'avaro è un uomo infelice. Sospettoso di tutti, si isola. Non ha affetti, neppure tra quelli della sua stessa carne, che vede sempre come sfruttatori e i quali, a loro volta, utrono spesso nei suoi confronti un solo vero desiderio: che muoia presto e così ereditare le sue ricchezze. Teso allo spasimo a risparmiare, si nega tutto nella vita e così non gode né di questo mondo, né di Dio, non essendo le sue rinunce fatte per lui. Anziché ottenerne sicurezza e tranquillità, è un eterno ostaggio del suo denaro.

Ma Gesù non lascia nessuno senza speranza di salvezza, neppure il ricco. Quando i discepoli, in seguito al detto sul cammello e la cruna dell'ago, sgomenti, chiesero a Gesù: "Allora chi potrà salvarsi?", egli rispose: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio". Dio può salvare anche il ricco. Il punto non è "se il ricco si salva" (questo non è stato mai in discussione nella tradizione cristiana), ma è "quale ricco si salva".

Ai ricchi Gesù addita una via d'uscita dalla loro pericolosa situazione: "Accumulatevi tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano" (Mt 6, 20); "Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne" (Lc 16, 9).

Si direbbe che Gesù consiglia ai ricchi di trasferire i loro capitali all'estero! Ma non in Svizzera, in cielo! Molti – dice Agostino – si affannano a seppellire il proprio denaro sotto terra, privandosi anche del piacere di vederlo, a volte per tutta la vita, pur di saperlo al sicuro. Perché non seppellirlo addirittura in cielo, dove sarebbe ben più al sicuro e dove lo si ritroverebbe, un giorno, per sempre? Come fare questo? È semplice, continua S. Agostino: Dio ti offre, nei poveri, dei facchini. Essi si recano là dove tu speri un giorno di andare. Dio ha bisogno qui, nel povero, e ti restituirà quando sarai di là.

Ma è chiaro che l'elemosina spicciola e la beneficenza non è più oggi l'unico modo per far servire la ricchezza al bene comune, e neppure forse il più raccomandabile. C'è anche quello di pagare onestamente le tasse, di creare nuovi posti di lavoro, di dare un salario più generoso agli operai quando la situazione lo permette, di avviare imprese locali nei paesi in via di sviluppo. Insomma, far servire il denaro, farlo scorrere. Essere dei canali che fanno passare l'acqua, non laghi artificiali che la trattengono solo per sé.

Padre Raniero Cantalamessa

 

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