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TESTO Commento su Marco 10,35-45

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (22/10/2006)

Vangelo: Mc 10,35-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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35Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». 36Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». 37Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». 39Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. 40Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

41Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. 42Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. 43Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. 45Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

«Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Una domanda che non è nella linea della sequela; i due fratelli non avevano capito l'insegnamento del Maestro, erano stati con lui dall' inizio della sua predicazione, "...vide Giacomo e Giovanni, suo fratello, che stavano anch'essi sulla barca, rassettando le reti, e subito li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedeo, con gli operai, sulla barca, lo seguirono..." (Mc.1,19-20 ).

In quella sequela, ascoltarono i discorsi autorevoli di Gesù, quelli che stupivano le folle, che trascinavano le folle; Giacomo e Giovanni avevano visto le guarigioni, di muti, ciechi, paralitici, lebbrosi; avevano visto resuscitare i morti, moltiplicare i pani; ma soprattutto avevano ascoltato le sue parole, le sue parabole, e avevano ascoltato anche le predizioni sconvolgenti della passione imminente.

Proprio loro due, assieme a Pietro, erano stati testimoni della trasfigurazione del loro Maestro, avevano visto lo splendore del suo volto, e poi avevano ascoltato le parole provenienti dalla nube:

" Questi è il mio figlio diletto, ascoltatelo! " ( Mc.9,7) e poi la raccomandazione di Gesù al silenzio e quella spiegazione: "... sta scritto del Figlio dell'uomo che dovrà soffrire molto ed essere disprezzato..." ( ib.12)

Una lunga familiarità, una sequela generosa, ma i due fratelli, ancora, non capivano.

Il loro Messia era un sogno, l'illusione, del resto comune, di un salvatore, con potere politico e religioso, che fosse un trionfatore, uno di quei capi, col quale, appunto, dividere la gestione del potere.

In quel Maestro, che li aveva chiamati, e col quale avevano diviso lunghi percorsi di evangelizzazione, non riuscivano a ravvisare, quel Messia, il Cristo, di cui i profeti avevano parlato; essi erano ben lontani dall' identificare Gesù, il Figlio di Dio, che Pietro, a nome di tutti aveva riconosciuto, col Servo di Jahwè, descritto, tanto realisticamente e drammaticamente, da Isaia.

"Il Servo del Signore è cresciuto come un virgulto davanti a lui, e come una radice in terra arida.

Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire. Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo Il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità. (Is 53,2.3. 10 11)

È il passo della prima lettura di questa domenica che fa da introduzione e commento alla terza predizione, che Gesù fa della sua passione.

Come il Servo di Jahwè, prodigiosamente fiorito nel deserto, così è Cristo, il Figlio di Dio, l'Uomo nuovo, nato in una terra di peccato, per liberare gli uomini dal male; il suo potere non è come quello dei capi delle nazioni; lui non è un dominatore, né la sua vita una corsa verso la gloria; al contrario, lui si china sull'uomo per servirlo, per liberarlo dal male, primo fra tutti, il peccato.

«Voi sapete, sono le parole di Gesù, che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi sì farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell' Uomo infatti, non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

"provato In ogni cosa, commenta l'autore della lettera agli Ebrei, a somiglianza di noi, escluso Il peccato ".

Il messianismo di Gesù è tutto in quella frase: "Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti", è un messianismo di donazione, di donazione estrema, fino alla disumana tragedia del Golgota, tra violenza, scherni e insulti, nell'abbandono più desolante, da parte dei suoi e da parte del Padre: " Padre mio, Padre mio perché mi hai abbandonato?", grida il Cristo morente. (Mc.15,34 )

Di lì a poco, anche i due fratelli, faranno esperienza delle parole del Maestro, e vedranno realizzarsi, sotto i loro occhi, quel che, anticamente, aveva detto il Profeta:

"...ecco il mio servo.. uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima...Maltrattato si lasciò umiliare, e non aprì la bocca...Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo...fu eliminato dalla terra dei viventi...al Signore è piaciuto prostrarlo nei dolori...il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità..." ( Is.53,12 ss.)

E' questa la regalità del Cristo, il suo 'potere', che si esprime e si realizza nell'amore che si dona, senza misura.

"Spogliò se stesso, scrive Paolo nella lettera ai Filippesi, assumendo la condizione di servo, apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce; per questo Dio lo ha esaltato, e gli ha dato un nome che è al disopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli sulla terra e sotto terra. ed ogni lingua proclami che Cristo è il Signore..." ( Fil.2,7-11)

A questa la sequela, erano stati chiamati Giacomo e Giovanni, ed è chiamato ogni uomo; si tratta di un impegno di vita esigente, come è esigente l'amore, che si dona, gratuitamente e incondizionatamente agli altri.

E' a questa regalità che siamo chiamati, quando, anche il nostro mistero, si compirà in Cristo, nella vita eterna.

E' un percorso arduo, una " via Crucis", come quella del Figlio di Dio, ma sappiamo di non esser soli nel cammino, perché Cristo cammina ancora con gli uomini; sappiamo, poi dalla Storia, che tanti, uomini e donne hanno camminato su questa " Via", di donazione e di umile servizio, e, ancora oggi, vi camminano, ed un esempio per tutti, è la tragica vicenda di una semplice suora, Leonella Sgorbati, uccisa mentre svolgeva il suo lavoro al servizio dei poveri, in Somalia, lei, con la sua umiltà e generosità, ci ha ricordato, e mostrato, cosa sia la sequela, non fatta di parole, ma di amore e nient'altro.


Sr M.Giuseppina Pisano o.p.
Monastero SS.mo Rosari
mrita.pisano@virgilio.it

 

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