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TESTO Commento su Luca 10,38-42

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Martedì della XXVII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (08/10/2002)

Vangelo: Lc 10,38-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dalla Parola del giorno

Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa.

Come vivere questa Parola?

La scena che il Vangelo di oggi ci propone si apre con l'evento di salvezza per eccellenza: Dio che in Gesù cammina per le nostre strade, entra nella nostra storia particolare e si lascia accogliere, ricevere nella nostra casa. Egli diventa così il Dio-con-noi, l'Emmanuele.

Ora, una donna, Marta, accoglie Gesù nella sua casa. Lo riceve, riempie il proprio spazio vitale di Lui, si fa Sua ospite. E arriva sulla scena, inaspettatamente, un'altra donna, sua sorella Maria, a spiegarci, con l'evidenza scarna dei suoi atteggiamenti, cosa significhi farsi ospiti di Dio. Ella infatti "sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la Sua Parola" (v.39). Il ministero dell'ospitalità è tutto giocato su queste due azioni.

Sedersi ai piedi: silenziosa e umile, Maria profetizza qui tante altre scene evangeliche, dall'unzione di Betania alla lavanda dei piedi. Accogliere è dunque innanzitutto chinarsi, mettersi in ginocchio, scendere perché l'altro salga, acquisti dimensione e spessore nella nostra vita.

E poi ascoltare la Sua Parola: il movimento di discesa, la morte richiesta al nostro ego, è finalizzata solo alla possibilità di essere riempiti della Parola di vita, di essere da Essa trasfigurati e divinizzati. Accogliere il Verbo per divenire a nostra volta tabernacolo vivente della Sua Presenza fattasi nuovamente carne in noi.

Questa è la parte migliore; questa parte oggi sceglierò per me in preghiera, con voto interiore, ricordando che l'ascolto tanto più risulta accogliente, quanto più rimane costante e fedele nei giorni (da notare l'imperfetto durativo: "Maria ascoltava").

La voce di un maestro di preghiera vivente

L'incarnazione è la prova suprema che Dio vuol parlare all'uomo. Si è fatto come noi perché lo potessimo capire, lo potessimo sentire.
Andrea Gasparino

 

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