TESTO Commento su Mi 5,1.3
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Natività della Beata Vergine Maria (08/09/2004)
Brano biblico: Mi 5,1.3
Dalla Parola del giorno
Da te, Betlemme di Efrata, mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; Egli starà là e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore suo Dio.
Come vivere questa Parola?
Nel VII secolo, sullo sfondo di una catastrofe che vede Gerusalemme cinta d'assedio, il profeta Michea annuncia l'avvento di un misterioso sovrano che si "leverà" su Israele instaurando pace e sicurezza. La salvezza tuttavia giungerà non dal cuore del regno, ma da una piccola borgata, Betlemme, situata a circa otto chilometri dalla capitale. Da questo luogo insignificante e da un piccolo clan, simboli di impotenza e debolezza, Dio, dopo un momentaneo abbandono, "stenderà la sua potenza" nel grembo di una partoriente. Ecco perché la tradizione cristiana ha riconosciuto in questo oracolo una profezia messianica e la liturgia lo offre alla nostra meditazione nella festa della Natività di Maria.
Gesù di Nazaret è l'atteso Sovrano, il Pastore buono. Lui e solo Lui, nella debolezza dell'Incarnazione e nell'impotenza della croce, ci libera dalla schiavitù dei nostri quotidiani tradimenti che cingono d'assedio la libertà d'amare facendo bottino delle nostre ricchezze interiori. E con la forza del Signore ci conduce al pascolo: nel tempo, su sentieri di pace, e oltre la vita, nell'eterno banchetto nuziale che è quel "conoscere te, Padre, e il Figlio tuo che hai mandato nel mondo" (cfr. Gv 17,3). Una conoscenza che fin da ora si pasce d'amore nello spirito delle beatitudini.
Perché dunque non osare credere che cambiare si può, per la potenza che viene da Dio? Perché non consegnarsi a Lui disarmati, vuote le mani per accogliere il dono della pace? "Lui stesso – annuncia il profeta – sarà la nostra pace": non una tregua né un parziale compromesso concordato a tavolino, ma la pienezza della vita, respirata nel "sì" alla sua Parola che scardina ogni smania di avido potere e ci dona la libertà, nella verità di noi stessi. Come credenti, tocca dunque a noi per primi "levarci" con autorevolezza per scandire fiduciosi parole e gesti di pace. Qui, ora, nel fazzoletto di terra che calpestiamo, perché germi di bene duraturo si espandano come cerchi concentrici, toccando i più lontani orizzonti planetari.
Oggi, nella mia pausa contemplativa, invocherò lo Spirito perché mi conceda di rinascere in Cristo morendo a tutto ciò che in me muove guerra all'amore.
Fa', o Signore, che entriamo con fiducia nella tua logica di amore umile e disarmato, levando lo sguardo sul Cristo tuo Figlio che nell'impotenza dell'incarnazione e della morte ha donato al mondo la pienezza della vita.
La voce di un uomo spirituale del nostro tempo
Il reame dell'uomo assetato di potenza finisce dove ha inizio quello dell'accettazione del volere divino: in esso l'uomo diventa servo di tutto ciò che è più grande di lui: di Dio e della vita.
Giovanni Vannucci