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TESTO Fa udire i sordi

mons. Antonio Riboldi

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (10/09/2006)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Leggendo il Vangelo che la Chiesa ci propone oggi, che racconta la guarigione del sordo muto, sorge subito una riflessione, quella cioè di vivere un mondo che davvero stordisce per le tante, troppe parole che sentiamo e che hanno il solo potere di renderci sordi, come se queste, le parole, fossero "un inarrestabile torrente di chiasso, che dà solo fastidio.

Penso che tanti di voi, che mi leggete, avrete fuggito a volte il chiasso del mondo, per trovare "pace" nella solitudine dei monti o in qualche luogo di silenzio, come sono i conventi, che la cronaca ha raccontato molto frequentati e ricercati, per gustare il silenzio e speriamo farsi riempire finalmente dalla parola di verità che solo Dio sa dire.

E come è dolce sentirsi riempito il cuore dalla dolcezza di Dio, che si fa parola di vita eterna: parole piene di dolcezza, di incoraggiamento, di voglia di "andare oltre", come invitava Gesù. Ed è davvero tanta la voglia, oggi, di ascoltare parole che siano dolcezza alla vita!

Così si esprime il grande profeta Isaia, che, quando parlava, donava solo parole suggerite dal Padre. "Dite agli smarriti di cuore: "Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi, si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il luogo riarso si muterà in sorgenti di acque" (Is 35,4-7).

E sono davvero tanti oggi gli "smarriti di cuore" che hanno bisogno di coraggio e di non temere. Basta guardarci attorno.

La parola dolce, quella vera, che va diretta al cuore, è come l'acqua fresca di una sorgente: disseta l'anima, assetata di verità.

Quante volte, chiamato da ogni parte a donare, a essere di aiuto ai troppi "sordomuti" del nostro tempo, rimango meravigliato di quanta sete la gente abbia davvero di sentire parole che siano come l'eco di Dio che ci parla oggi! E' incredibile come la gente abbia voglia di chiarezza. E di questo ringrazio il Signore che mi fa dono della sua parola, per farne a mia volta dono a chi mi ascolta.

Credo sia un dono offrirvi testimonianze di come la gente "è smarrita" e attende una parola che faccia quella chiarezza che solo Dio sa offrire.

Ogni anno, in una cittadina, si dedicava una settimana alla festa: una festa dove non c'era posto per Dio. Tutto lo spazio era dato al "chiasso", che conosciamo bene. La città era come avvolta in questo indescrivibile rumore, che è difficile chiamare festa...a meno che questo "carnevale" possa meritare il nome di festa.

Era da anni che alcuni volenterosi tentavano di creare uno spazio per la riflessione...come a volere rompere la notte dell'anima e farle conoscere uno sprazzo di cultura e spiritualità.

Venni chiamato per un incontro con la città. Dettai il titolo all'incontro: "Dio è il solo respiro dell'anima e la sua vera gioia". Al momento di aprire la serata nella grande aula non c'erano più di venti persone. "E' la risposta che la città dà ogni anno al nostro tentativo di elevazione dell'anima". "Attendiamo, dissi, il quarto d'ora proprio degli indecisi, incapaci di fare uno strappo alla mentalità corrente". Si riempì a poco a poco la grande sala, al punto che tanti furono costretti a stare fuori, accontentandosi di sentire dalle finestre aperte. Parlai con serenità di Dio e del bello di stare magari in silenzio nel suo ascolto. L'incontro durò più di un'ora. Erano le undici e, vedendo che nessuno si alzava per andarsene, ne chiesi il perché. "Padre, viviamo ogni giorno l'amarezza del chiasso e abbiamo bisogno di parole vere, questa sera ce le ha offerte. Facciamo fatica a rituffarci nel buio della città. Ci parli ancora". Parlai ancora e alla fine dissi: "Occorre sapere conservare nel cuore la verità che viene dall'ascolto ineffabile di Dio. Si può".

E a fatica la sala si svuotò, lasciando in tutti il ricordo di una "Voce che si può conservare...se si vuole".

Molti di voi avrete certamente almeno sentito parlare del grande poeta don Clemente Rebora. Era mio padre spirituale. Con lui trascorrevo a volte le mie vacanze alla famosa Sacra di S. Michele in Val di Susa. Visse, i primi quaranta anni, scrivendo meravigliose poesie, ma lontano da Dio. Come fede si sentiva muto e sordo. Ma venne il giorno in cui Dio irruppe nella sua vita. Cominciò la sua ricerca di Dio accostandosi al Card. Shuster, vescovo di Milano, che a sua volta, vedendo la seria ricerca di Dio, lo affidò a Padre Bozzetti, grande uomo di spirito e conoscitore delle anime. Rebora non resistette alla grazia. Chiese di entrare nell'Istituto della carità, dei Padri Rosminiani, e iniziò un cammino davvero di corsa verso la santità. Convertendosi fece un taglio netto con il passato, tanto che al momento di darsi a Dio, distrusse un patrimonio di poesie ed opere letterarie. E' rimasta famosa la sua poesia "strascè", ossia una poesia dedicata allo straccivendolo che si portava via il suo passato. E del suo passato non parlò più. Accompagnandolo nelle passeggiate, per i sentieri della Sacra, parlavo sempre io, cercando di raccontargli le poche cose che sapevo di letteratura o altro. Rispondeva sempre con lo stesso tono: "Bravo!" anche quando, alla luce della sua esperienza passata, avrebbe dovuto dirmi "ignorante!".

La sua unica passione era stare in silenzio con Dio e parlare di Dio. Una volta che gli feci notare questo suo atteggiamento, la risposta fu "Voi avete cominciato ad amare Dio da piccolo. Io ho da recuperare 40 anni vissuti nel nulla". E proprio a lui, come a tanti che sanno ascoltare la Parola e a volte te la offrono con pudore e gioia, pare si riferisca il Vangelo di oggi.

"In quel tempo, Gesù, di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decapoli. E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua: guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: "Effatà", cioè, "Apriti!" E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi parlavano e pieni di stupore dicevano: "Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e parlare i muti" (Mt 7,31-37).

Il Signore ha dato a noi tutti, credo, il dono dell'ascolto e della parola. Lui solo sa quanto bene possiamo comunicare con la parola, se ispirata, colma di amore e verità. Fa tanto bene incontrare amici, gente che, quando parlano, non si lasciano prendere la mano dalle facili sciocchezze o, peggio ancora, da parole che fanno male, ma sanno come spalancare le porte del cielo! E questo ancora di più nelle famiglie, tra sposo e sposa o tra semplici amici. Non ci si stancherebbe mai di ascoltare! Da parte mia sono davvero felice di essere con voi ogni settimana; di stare un poco con voi e nutrirci della Parola del Signore. Non finirò mai di ringraziare il Padre per questo dono. Credo che per voi - me lo confermano le tante lettere che mi scrivete - sia questo incontro un momento prezioso: un angolo di silenzio e ascolto. Fa bene. So come tanti di voi, non solo attendono l'arrivo della omelia, ma – vera condivisione di gioia - ne fanno dono agli amici, a conoscenti.

Alla fine di Agosto, fui invitato a Tortona per fare la Novena alla Madonna della Guardia, che lì ha un suo maestoso santuario, tenuto dai Padri di don Orione: un santuario circondato dalle tante opere di carità che la fantasia di questo santo sapeva diffondere in modo davvero incredibile. Ero emozionato dal vedere come la gente si passava la voce, ripeteva ciò che offrivo da meditare e invitava tanti, al punto che la grande basilica faceva fatica a contenere tutti. E con quanta gioia accoglieva la Parola. E' in quei momenti che noi, "cultori della Parola", possiamo misurare la grande sete di ascolto, la sete di quella verità che fa piazza pulita del pessimismo buio dell'anima, tanto diffuso, e mostra la bellezza di Dio!

Grazie, carissimi, perché così non siete più "sordi" e neppure "muri", lasciandovi accarezzare dalle dita di Gesù.

Con la Chiesa prego: "Il Signore è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati, il Signore libera i prigionieri, il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge lo straniero.

Egli sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie degli empi; il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione" (Salmo145).

 

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