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XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (10/09/2006)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,31-37

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Ci vuole davvero un miracolo per scoprire la parolina che ti fa entrare in un sistema privato e nel mondo segreto di un'altra persona. La chiamiamo 'password' la composizione alfanumerica che consente di addentrarsi, anche furtivamente, negli angoli più reconditi, custodi della privacy, affidati alla tecnologia.

Ogni volta che ci troviamo di fronte ad uno sbarramento del genere cresce la curiosità e prospera la voglia di sapere cosa mai vi sia custodito... dietro un codice...in un cassetto chiuso a chiave... dietro il silenzio...

Allora la nostra smania e la nostra arte si scatenano per forzare il sigillo, più disposti al furto che alla condivisione. Perché è più produttivo, più veloce, più sbrigativo il primo che la seconda.

Ci alletta di più la tecnica dell'invasione anziché quella della paziente attesa di una spontanea apertura. Ci affascina più il segreto gelosamente protetto che i sentimenti e le motivazioni della persona.

Dall'altra parte crescono così, a dismisura, i nodi difensivi, i codici segreti per timore di aggressioni indesiderate.

Il vero miracolo non è scoprire la password o lo squarcio attraverso il quale penetrare nell'intimità di qualcuno, bensì guadagnarsi la sua fiducia e mettersi pazientemente all'ascolto. Questo esige tempo, energie, onestà, partecipazione, dolcezza, tutte cose che richiedono uno sforzo che non sempre siamo disposti a fare.

Di fronte all'ermetica chiusura di un uomo sordo e muto, bloccato nell'espressione, tappato come una bottiglia di effervescente spumante, chiuso nel suo mondo di pensieri taciuti, Gesù non ordina di parlare e di udire, come avranno fatto tanti beffeggiando il suo mutismo, ma gli si avvicina perché percepisca il Suo contatto fisico, lo tocca perché avverta con la pelle quella trasmissione d'affetto che non gli è consentito riconoscere con i sensi addormentati.

Lo porta lontano dalla massa, segno di un rapporto diverso dall'umiliazione e dalla derisione comune.

Fa capire che l'impedimento primo alla parola e alla ricezione non è dovuto solo al difetto fisico, ma spesso è causato da assenza delle condizioni di fiducia.

'Con chi parli se nessuno ti ascolta? Con chi ti confidi se nessuno si interessa a te? A chi racconti le tue cose se trovi davanti quelli più sordi di te?'... E così finisci per non 'sentire' più niente di un mondo che 'non senti' tuo...

Il Maestro potrebbe con una sola parola aprire le sigillate cateratte dell'infelice, come ha già fatto per sedare il mare turbolento, e invece gli si accosta, tocca con le dita gli orecchi insensibili e bagna con la Sua saliva la lingua senza vita.

Un gesto, che noi definiremmo poco dignitoso per un nobile taumaturgo e per giunta poco igienico, per il Maestro diventa il segno della vicinanza, della condivisione, della partecipazione, della solidarietà che non si schifa neppure della secrezione personale di un malcapitato.

Un gesto che esprime prossimità nel senso di coinvolgimento, compassione e partecipazione alla storia martoriata degli uomini. Lo confermano lo sguardo al cielo e il sospiro, che non sono invocazione di potenza ed espressione di fastidio, ma che raccontano al cielo tutto il dolore per la condizione umana, afflitta dal peccato, arginata dal proprio egoismo, e perciò incapace di comunicabilità.

Un gesto che non mette in risalto la superiorità e la bravura del guaritore, ma l'uguaglianza delle parti.

Solo se ci si pone allo stesso livello si compie il miracolo della comunicazione, solo se si condivide una storia si può dire tranquillamente 'apriti', non con tono imperativo, ma con la persuasione che nasce dalla fiducia.

Solo somigliandosi ci si capisce e si consente ad un altro di entrare nel proprio mondo. Diversamente, anche se i sensi sono perfettamente funzionanti, trasmetteranno solo falsità rimanendo muti e sordi alla realtà.

Una password svela i documenti segreti, la vicinanza e la fiducia sono la password che sblocca i cuori!

 

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